TAR Sicilia, Sez. I, 14 marzo 2005, n. 370

Norme correlate:
Capo 10 Decreto Presidente Repubblica n. 285/1990
Art 338 Regio Decreto n. 1265/1934
Art 33 Legge n. 47/1985

Testo completo:
TAR Sicilia, Sez. I, 14 marzo 2005, n. 370
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, Sezione Prima, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso R.G. n. 628/2003 Sezione Prima, proposto da: ARMANO Gandolfo, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Luigi Spedale e Franco Lupo, elettivamente domiciliato presso lo studio del primo, in Palermo, via Tripoli n. 3,
CONTRO
– il Comune di Polizzi Generosa, in persona del Sindaco pro-tempore,rap.to e difeso dall’Avv. Giovanni Pagano presso il cui studio in Palermo, via F.sco Crispi n.119 ha eletto domicilio
PER L’ANNULLAMENTO PREVIA SOSPENSIVA
– dell’ordinanza n. 99 del 27.08.2002, con la quale è stata ingiunta la demolizione delle opere edili in essa meglio descritte e specificate.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Vista la memoria prodotta dall’amministrazione a sostegno delle proprie difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Designato relatore alla udienza pubblica del 28 febbraio 2005 il Referendario dott. Fabio Taormina;
Udito l’Avv.to L. Spedale per parte ricorrente;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso ritualmente notificato e depositato parte ricorrente ha impugnato il provvedimento di ingiunzione e diffida a demolire di un immobile di propria pertinenenza deducendo le censure di violazione di legge ed eccesso di potere: il manufatto era infatti vetusto, e risalente ai primi anni del 1900 – come peraltro ribadito con memoria conclusiva ritualmente depositata.
Fu ristrutturato nel 1965 (come peraltro provato attraverso la produzione da parte della difesa di tre dichiarazioni sostitutive rese da soggetti che a vario titolo presero parte ai lavori in quell’anno).
A quel tempo le mura del cimitero del comune – che fu poi successivamente ampliato- distavano più di 200 metri dal sito, e nessuna zona di rispetto dell’area cimiteriale poteva riscontrarsi.
All’epoca dell’edificazione del manufatto neppure, nell’area, insisteva alcun vincolo paesaggistico.
Né v’era stata violazione alcuna della legge urbanistica n. 1150/1942 avuto riguardo all’epoca di edificazione del medesimo, in ordine al quale non sarebbe stato necessario il preventivo rilascio della concessione edilizia e, conseguentemente, di esso non potrebbe essere ordinata la demolizione.
Nessuna motivazione coerente con tali dati fattuali poteva supportare il provvedimento repressivo in oggetto.
Il vincolo paesaggistico risaliva al 1989; il vincolo cimiteriale risaliva al 24.4.1977 (deliberazione n. 32/1977 con la quale fu adottato il regolamento edilizio con annesso programma di fabbricazione).
L’amministrazione ha depositato una memoria scritta sostenendo la infondatezza del ricorso e chiedendone la reiezione: parte ricorrente, infatti, aveva edificato un manufatto che non poteva essere sorto in epoca così risalente e che, comunque, era sprovvisto di titolo abilitativo.
Tali indicazioni temporali remote erano quindi unicamente finalizzate ad eludere il disposto della c.d. “legge ponte”: era palese la infondatezza del ricorso.
Fissata la camera di consiglio del 21.2.2003 per la trattazione della domanda cautelare, l’istanza di sospensione è stata accolta.
Alla pubblica udienza del 22.2.2005 il ricorso è stato trattenuto in decisione dal Collegio.
DIRITTO
Il ricorso è fondato e deve essere accolto.
L’art. 338 del RD n. 1265/1934, nel suo testo originario, così statuiva:
“I cimiteri debbono essere collocati alla distanza di almeno duecento metri dai centri abitati. é vietato di costruire intorno agli stessi nuovi edifici e ampliare quelli preesistenti entro il raggio di duecento metri.
Il contravventore è punito con l’ammenda fino a lire 1000 e deve inoltre, a sue spese, demolire l’edificio o la parte di nuova costruzione, salvi i provvedimenti di ufficio in caso di inadempienza.
Il prefetto, quando abbia accertato che a causa di speciali condizioni locali non è possibile provvedere altrimenti, può permettere la costruzione e l’ampliamento dei cimiteri a distanza minore di duecento metri dai centri abitati.
Il prefetto inoltre, sentito il medico provinciale e il podestà, per gravi e giustificati motivi e quando per le condizioni locali non si oppongano ragioni igieniche, può autorizzare, di volta in volta, l’ampliamento degli edifici preesistenti nella zona di rispetto dei cimiteri.
I provvedimenti del prefetto sono pubblicati nell’albo pretorio per otto giorni consecutivi e possono essere impugnati dagli interessati nel termine di trenta giorni.
Il ministero per l’interno decide sui ricorsi, sentito il consiglio di Stato”.
La giurisprudenza amministrativa si è più volte soffermata sulla natura di detto vincolo statuendo che “L’immobile edificato entro la fascia di rispetto cimiteriale non è sanabile, atteso che il vincolo cimiteriale comporta l’inedificabilità assoluta di singoli edifici da realizzare a distanza inferiore da quella stabilita (nel caso di specie, il tribunale ha applicato il dettato dell’art. 338 comma 1 r.d. 27 luglio 1934 n. 1265, vigente all’epoca sia della domanda di sanatoria, sia dell’adozione del provvedimento impugnato) “.
(T.A.R. Sicilia Palermo, sez. I, 8 aprile 2003, n. 504) ;
“Il vincolo cimiteriale di inedificabilità imposto dall’art. 338 r.d. n. 1265 del 1934 ha carattere di assolutezza, non necessita di provvedimenti attuativi di sorta ed è destinato a prevalere anche su previsioni difformi degli strumenti urbanistici; la possibilità di riduzione della fascia di rispetto di 200 metri imposta dall’art. 338 è ormai possibile, in virtù dell’entrata in vigore dell’art. 57 d.P.R. n. 285 del 1990 (Regolamento di polizia mortuaria) , soltanto per esigenze di ampliamento dei cimiteri esistenti”.
(T.A.R. Sicilia Catania, sez. I, 1 aprile 2003, n. 564).
La giurisprudenza amministrativa, poi, ha condivisibilmente ritenuto – ed è, questo, un punto nodale ai fini della decisione dell’odierno ricorso- che “In sede di rilascio di concessione edilizia relativa ad interventi ricadenti su area soggetta a vincolo paesaggistico o storico-artistico, indipendentemente dal tipo di concessione edilizia, va acquisito il parere dell’autorità preposta alla tutela del vincolo ogni qualvolta il vincolo esista all’epoca della valutazione della domanda di concessione, ancorché apposto in epoca posteriore alla domanda di concessione ovvero alla realizzazione dell’opera”.
(T.A.R. Liguria, sez. I, 25 novembre 2003, n. 1582).
Il vincolo opera, quindi, -e, può aggiungersi, con portata assoluta ed inderogabile- perché sussistente al momento in cui viene valutata la domanda di concessione tanto che, secondo la uniforme giurisprudenza amministrativa, “Ai sensi dell’art. 33 l. 28 febbraio 1985 n. 47, l’imposizione della zona di rispetto cimiteriale, di cui all’art. 338 l. 27 luglio 1934 n. 1265, discende direttamente dalla legge, e non costituisce quindi una forma di espropriazione comportante indennizzo: è pertanto legittimo il diniego di concessione in sanatoria per edificio rientrante in detta zona, indipendentemente dall’introduzione del citato vincolo nel p.r.g. avendo questo semplice valore ricognitivo del dettame della legge”.
(T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 6 ottobre 1993, n. 551).
Orbene: quanto all’epoca della realizzazione del manufatto per cui è processo, parte ricorrente ha fornito elementi di prova (ci si riferisce, ovviamente, alla avvenuta produzione da parte della difesa di tre dichiarazioni sostitutive rese da soggetti che a vario titolo presero parte ai lavori in quell’anno) che esso fu ristrutturato nel 1965.
L’amministrazione intimata ha genericamente contestato dette asserzioni senza fornire però una decisiva prova in senso contrario alle affermazioni di parte ricorrente (come pure avrebbe potuto,in via teorica, sol che avesse prodotto le aerofotogrammetrie dell’area asseveranti tale suo assunto).
Lo stesso verbale di sopralluogo, tuttavia, fa riferimento alla “vetustà dell’immobile che fa ritenere che le opere non siano di recente realizzazione”.
Non è probatoriamente contestata, cioè, l’affermazione di parte ricorrente circa l’epoca di realizzazione del manufatto.
E d’altro canto non può non ritenersi che spetti all’amministrazione provare – non foss’altro perché presupposto della propria azione amministrativa- che l’immobile fu realizzato in epoca successiva all’apposizione del vincolo: chè altrimenti il privato sarebbe sine die esposto a provvedimenti repressivi non supportati da elementi di comprova fattuale.
A tacere del fatto che risulta difficilmente scalfibile l’osservazione di parte ricorrente circa la improbabilità di un intervento edificatorio recente che sarebbe stato ben tempestivamente sanzionato dall’amministrazione in quanto l’immobile de quo è ubicato a ridosso del cimitero e pertanto in zona di frequente osservazione da parte delle autorità preposte alla repressione dei fenomeni di abusivismo edilizio.
Sotto altro profilo, neppure è stato contestato dall’amministrazione che – datasi per assunto che l’epoca di realizzazione del manufatto risalga al 1965- in detta epoca le mura cimiteriali distassero più di 200 mt dal manufatto,ovvero che successivamente il cimitero sia stato ampliato (il che equivale a dire che al momento della edificazione sul sito in oggetto non operava alcun vincolo cimiteriale).
Alla stregua delle susesposte considerazioni, e ritenendo che sia superfluo disporre una consulenza tecnica d’ufficio stante l’assenza di specifica contestazione su tali decisivi punti, il ricorso deve essere accolto, con conseguenziale annullamento dell’impugnato provvedimento.
Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione tra le parti delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione prima, accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

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