Atti di disposizione in conflitto sulla spoglia del de cuius

Cara Redazione,

Aspra contesa è sorta tra i miei famigliari. In una surreale battaglia del tutti contro tutti non si riesce a decidere in merito ad una tomba in scadenza. Il titolare della stessa non vuole procedere al rinnovo, abbandonando i resti mortali contenuti nell’avello di cui sopra al loro destino (probabilmente cremazione o in alternativa interro in campo comune). Questa eventualità mi pare aberrante, come potrei oppormi?

Per enucleare correttamente il problema fulcro di questo breve saggio dobbiamo muovere da una tragica, ma realistica considerazione: gli umani DSC 6391nelle loro relazioni (Aristotele parlava dell’uomo in termini di “Zoon Politikon” , ossi animale politico e sociale) sono intrinsecamente rissosi e versati in modo spontaneo per la lite autodistruttiva. Nulla di strano, (senza concessioni Heheliane secondo cui la guerra sarebbe “l’entrata di Dio nel mondo“, o peggio ancora, “la sola igiene del mondo”, così come enunciato nel manifesto dei Futuristi) allora, se un legislatore davvero illuminato scriva le norme partendo da un’ipotesi razionalmente pessimistica.

Più volte è stato sostenuto che l’individuazione del diritto a disporre della salma, o di quanto ne residui,non abbia, in quanto tale, una definizione in norma positiva, quanto discenda da un’elaborazione giurisprudenziale (anche non sottovalutando come la gran parte delle decisioni della giurisprudenza nelle materie della c.d. polizia mortuaria, derivino, non a caso, proprio da conflitti intra-familiari sulla disposizione del defunto), divenuta tale da considerarsi non solo costante, quanto consolidata. Così costante al punto che non è stato difficile introdurla, schematicamente, nell’art. 79, comma 1 D.P.R. 10 settembre 1990, n.285

Spesso si pongono questioni sul diritto di disposizione della salma (o, del cadavere, dato che in alcune regioni è stata formulata una definizione distintiva tra i termini di “salma” e di “cadavere”, che si estende anche ai resti mortali e quanto altro. La questione emerge quando vi siano più soggetti in una qualche relazione col defunto, specie quando non vi sia un accordo comune o, almeno, non contestato da altri. Si può, a questo proposito, considerare il fatto come non vi siano norme che regolano, che impongano determinati procedimenti anche formali, documentali nella scelta di due delle tre pratiche funebri (l’inumazione o, alternativamente, la tumulazione), a differenza della terza (cremazione) nella quale le forme di manifestazione della volontà di disposizione sono abbastanza puntualmente regolate.

Il primo elemento cardine che assume rilevanza giuridica è quello per cui il diritto di disporre del cadavere spetta, in primis, al defunto stesso, da manifestare, ovviamente, in vita e, tendenzialmente, nella forma testamentaria

Sono d’obbligo due quesiti filosofici e di sistema: Il diritto di sepoltura può esser inteso come diritto della personalità: diritto personale o personalissimo, proiettato nel post mortem da inserire nel solco tracciato dall’Art. 5 del Codice Civile? Ed in subordine le relazioni dei familiari sul cadavere costituiscono diritti soggettivi o interessi di pietas?

Gli atti di disposizione su salme, cadaveri, resti mortali, ossa o ceneri seguono due criteri, quello dello jure sanguinis ed in subordine quello di poziortà (leggasi priorità) enunciato dall’Art. 79 DPR 285/1990 (Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria).

Lo Jus sanguinis è il diritto della consanguineità che si origina appunto dai rapporti di parentela.

il diritto di intervenire per la sepoltura del de cuius (e quindi per le operazioni anche conseguenti, in quanto presuppongono in genere una diversa ulteriore sepoltura) non è legato a questioni ereditarie, bensì è “jure sanguinis”, cioè connesso ai legami di sangue, nella famiglia.

In una sepoltura privata (sia essa un tumulo o un campetto d’inumazione dato in concessione ex Art. 90 comma 2 DPR 285/1990) bisogna distinguere tra la titolarità della concessione e la legittimazione a disporre della salma.

La seconda pone su di un piano di parità i parenti nel grado piu’ prossimo, che devono, comunque, agire di comune accordo; la prima e’ elemento determinante per l’individuazione delle persone a cui e’ riservata la sepoltura in un dato sepolcro in concessione, infatti Infatti i familiari del concessionario sono, in genere, titolari dello jus sepulchri, ma non titolari della concessione, almeno sin tanto che non si verifichi la condizione del subentro.

Bisogna poi ricordare come non sia il concessionario a stabilire / individuare chi possa essere sepolto nel sepolcro in concessione, quanto il fatto 01dell’appartenenza alla famiglia, la quale vanta un diritto di riserva (e la definizione di famiglia a tal fine e’ data dal regolamento comunale di polizia mortuaria). Il concessionario potrebbe ampliare / restringere la definizione di famiglia pre-stabilita come riservataria del diritto ad essere accolta nel sepolcro (fino al limite della capienza fisica) in sede di stipula dell’atto di concessione (e solo in questo memento) ed ai sensi dell’Art. 83 il comune può concedere al concessionario la facoltà di tumulazione di persone terze, secondo criteri stabiliti dai regolamenti comunali. Parte della dottrina ritiene che solo il concessionario originario, cioè il fondatore del sepolcro sibi familiaeque suae (per sé e per la propria famiglia) possa “derogare” alla familiarità del sepolcro permettendone l’accesso alle spoglie mortali di soggetti terzi rispetto al nucleo famigliare, altri studiosi della materia funeraria, invece sono più possibilisti e tendono a mitigare la rigidità della norma, tuttavia configurandosi il diritto di sepolcro come mera aspettativa per cui l’ordine di sepoltura in posti all’interno di una tomba di cui si è contitolari di concessione, è, salvo patti contrari notificati all’Amministrazione comunale, in relazione all’ordine cronologico di morte occorre il consenso unanime di tutti i titolari di quote della tomba stessa perché si addivenga ad una compressione del loro jus sepulcrhi.

Nelle ipotesi di sepolcri collettivi (familiare e comunitario) la titolarità del diritto di sepolcro, soprattutto quello primario, presenta alcuni caratteri particolari, infatti appartiene al fondatore e ai membri della famiglia o agli appartenenti all'”ente”. In tal modo si determina una particolare forma di comunione fra i vivi titolari; da non confondersi tuttavia con la comunione dei diritti reali, in quanto soggetta ad un regime peculiare, caratterizzato dalla indisponibilità del sepolcro da parte di uno o di alcuno soltanto dei suoi titolari

Per quanto concerne la natura del diritto secondario di sepolcro, si è del parere di escluderne la realità, per la mancanza di ogni potere di uso, e se ne afferma, invece, la natura personale ed intrasmissibile, individuandone la titolarità in tutti i congiunti della persona sepolta, anche se non titolari del diritto primario, i quali hanno facoltà di accedere al sepolcro e di opporsi ad ogni trasformazione che arrechi pregiudizio alla sepoltura.

Il principio di poziortà, invece, stabilisce chi abbia titolo privilegiato e quindi la precedenza nel decidere la destinazione di una spoglia mortale anche dopo il periodo legale di sepoltura (20 anni per le tumulazioni 10 anni per le inumazioni ai sensi dell’Art. 3 DPR 15 luglio 2003 n. 254). Il criterio di poziorità individuato dall’art. 79, comma 2 dPR 10 settembre 1990, n. 285 altro non è se non la sintesi dell’elaborazione giurisprudenziale in materia di titolarità a disporre della salma e dei resti mortali. Per giurisprudenza consolidata è il coniuge superstite a poter disporre del corpo del coniuge defunto, decidendone luogo e modalità di sepoltura. In mancanza del coniuge occorre il consenso unanime di tutti i congiunti dello stesso grado.

Le estumulazioni straordinarie vengono autorizzate dall’ufficio comunale di polizia mortuaria su istanza di parte (solo per quelle ordinaria, ossia all’estinguersi della concessione si può procedere d’ufficio).

Laddove sia esplicitamente previsto (nell’ordinanza o nel regolamento comunale) che l’operazione cimiteriale si effettui anche a richiesta di uno solo dei familiari, il quale “si intende agisca in nome e per conto e col preventivo consenso di tutti gli interessati” il responsabile del servizio non fa che attenersi a regole prestabilite e non ha responsabilità nel caso di possibili azioni di terzi. Anzi, ne avrebbe se discostasse il suo comportamento dai criteri stabiliti da ordinanza o regolamento.

Nella fattispecie in esame occorre la volontà di provvedere all’estumulazione manifestata da tutti i più stretti famigliari del nonno.

Se c’è opposizione da parte di uno degli aventi diritto essa deve esser formalizzata e motivata dinnanzi agli uffici competenti, è meglio giuocare d’anticipo e bloccare l’estumulazione prima che questa avvenga.

Il disinteresse manifestato ed inequivocabile vale come un implicito consenso.

Una forma di disinteresse è la mancanza di congiunti sino al sesto grado, ossia di coloro che soprattutto dopo l’entrata in vigore dell’Art.1 comma 7 bis Legge 28 febraio 2001 n. 26 devono assumersi l’onere della sepoltura o della cremazione, oppure un inerzia certa e prolungata, motivata dal rifiuto a provvedere.

L’Amministrazione comunale, laddove intervenga una vertenza fra familiari, ne resterà estranea, limitandosi a mantenere fermo lo stato di fatto fino a che non sia raggiunto un accordo fra le parti o non sia intervenuta una sentenza del Giudice di ultima istanza, passata in giudicato. Circa le responsabilità per il familiare che non aveva titolo a richiedere una operazione cimiteriale si è del parere che, tranne non rilevino fatti penali, non è sanzionabile un comportamento se questo non viola precise disposizioni di legge (ad es. dichiarazione falsa in atto sostitutivo di notorietà).

In altri termini se il Comune ha dato corso ad una istanza di uno o più familiari, poi rivelatisi non titolati a fare detta richiesta per effetto di norme locali, si ha una violazione per il familiare del regolamento locale, depenalizzata, soggetta a sanzione amministrativa ai sensi dell’art. 107 del DPR 285/90.

In sede di recepimento dell’istanza, tuttavia, è bene specificare come eventuale dichiarazione mendace integri diverse fattispecie di reato come, ad esempio, falso privato in atto pubblico e violazione di sepolcro.

C’è un importante sentenza su cui meditare: Tribunale di Milano, 11 ottobre 1979 La traslazione delle salme dei genitori, pur se regolarmente autorizzata dalla competente autorità comunale, può avvenire soltanto con il consenso di tutti i figli. Pertanto ben può il giudice ordinario, su istanza del figlio che non ha prestato il consenso ed il cui diritto funerario sia stato così violato, pronunciare la condanna degli altri a curare tutto quanto necessario per fare ritrasferire le salme nel luogo di prima sepoltura, ovvero a provvedervi egli stesso a spese degli altri, nell’ipotesi di mancata esecuzione spontanea, osservando le formalità di cui agli art. 612 ss. c.p.c.. questa premessa è necessaria a focalizzare bene la situazione descrittaci da un nostro lettore.

La formale richiesta di esumazione o estumulazione costituisce una manifestazione di volontà che va collocata nell’ambito della titolarità dell’esercizio dei diritti a disporre di salme, cadaveri e loro trasformazioni di stato (ossa, ceneri, resti mortali) in termini di diritti personalissimi.

Se si tratta di esumazione/estumulazione ordinaria (quindi che è già prevista ed avverrebbe comunque ed in ogni caso) parte della dottrina ritiene che sia l’ufficio del gestore del cimitero ad avere potestà nel procedimento di individuazione dei familiari.

Tale richiesta, secondo alcuni commentatori non avrebbe natura di istanza rivolta alla pubblica amministrazione, né rientrerebbe tra le dichiarazioni sostitutive di cui all’art. 47 del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 dal momento che il procedimento non ha luogo ad impulso dei familiari e che questi esprimono solo il desiderio, assumendosene anche l’onere, dell’acquisto di cassetta zincata e celletta ossario per la tumulazione delle ossa.

Dovendo l’ufficio del gestore cimiteriale assicurare la riscossione degli oneri dell’inumazione, esumazione, estumulazione e cremazione, il cui inadempimento determina responsabilità patrimoniale, deve esser individuato un meccanismo capace di individuare velocemente ed esattamente chi richieda dette operazioni.

Ai sensi del paragrafo 5 Circ. Min. n.10 del 31 luglio 1998 la cremazione dei resti mortali può esser deliberata d’ufficio da parte del comune quando AAAA0058vi sia disinteresse da parte dei familiari alle operazioni di esumazione (ed oggi anche estumulazione dopo l’emanazione del DPR 254/2003) ordinaria ed il Sindaco, con pubbliche affissioni, abbia provveduto ad informare preventivamente la cittadinanza del periodo di loro effettuazione e della modalità di “smaltimento”prestabilito per i resti mortali (reinumazione o avvio a cremazione), l’indifferenza è da considerare come assenso al trattamento stesso.
I famigliari hanno il diritto di opporsi alla cremazione di ossa e resti mortali stabilita d’ufficio dal comune (in caso contrario vale il principio del silenzio assenso), quindi per esercitare questo loro potere che si configura come un diritto della personalità (decidere di sè stessi e dei propri cari anche per il periodo successivo alla morte) debbono esser preventivamente informati con i modi ed i tempi di cui sopra.

Anche quando sia già avvenuta l’operazione cimiteriale senza che nessuno abbia richiesto di poter disporre di ceneri oppure ossa conviene non procedere subito con lo sversamento delle ossa nell’ossario comune o la dispersione degli esiti da cremazione (le ceneri) nel cinerario comune, poichè il diritto a disporre di cadaveri e lor trasformazioni di stato nopn si esaurisce dopo il periodo legale di sepoltura.

Ossa e ceneri potranno sostare per un congruo tempo nel deposito mortuario del cimitero, trascorso infruttuosamente questo lasso di tempo ai sensi del combinato disposto tra gli Art.. 85 comma 1 ed 80 comma 6 verranno depositare in forma indistinta e promiscua nei due spazi (ossario e cinerario) adibiti ad accoglierle.

La Circ. Min. n. 24/1993 prevedeva per l’autorizzazione alla cremazione dei resti mortali un non dissenso da parte degli aventi titolo, con la Circ. 10/1998 e soprattutto il DPR 254/2003 occorre invece l’esplicito consenso (o il manifestato disinteresse che vale pur sempre come assenso). La procedura ad un primo esame sembra essersi appesantita, in realtà la definizione in via amministrativa e standardizzata di “Resto Mortale”permette semplifica notevolmente le operazioni poiché la tipologia dell’esito da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo conservativo può esser individuata d’ufficio dal comune senza più laboriose distinzioni caso per caso.

Siccome l’avvio a cremazione dei resti mortali si configura come un potere discrezionale dell’amministrazione comunale tale potestà decisionale deve necessariamente estrinsecarsi in un atto di diritto positivo (ossia scritto) come:

1) L’ordinanza sindacale con cui si regolano le operazioni cimiteriali in attuazione del disposto di cui agli art. 22, 85, 86, 88 e 89 del DPR 285/90i DPR 285/90.

2) Un provvedimento contingibile ed urgente come chiarito dal Ministero della Salute, in risposta a due distinti quesiti di Comuni (p.n. 400.VIII/9Q/1686 e 400.VIII/9Q/2515 ambedue del 4/7/2003). “il sindaco, ove ricorrano i presupposti, può emanare apposita ordinanza contingibile ed urgente, limitata temporalmente, per disciplinare localmente situazioni che necessitino di interventi urgenti a garanzia della salvaguardia delle condizioni di igiene pubblica e della salute della popolazione.”.

Secondo un certo filone del dibattito tra gli studiosi della materia funeraria l’assenso all’incinerazione degli esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo-conservativo provenienti da esumazioni ed estumulazioni ordinarie non sembrerebbe richiedere requisiti particolari di forma, come accade, invece, con gli elementi di procedura aggravata introdotti dalla Circ. Min. Affari Interni n. 37 del 01/09/2004 se non quello della sua dichiarazione a chi è legittimato ad autorizzare la cremazione dei resti mortali.

Capitolo a parte merita la sistemazione delle urne attraverso l’istituto dell’affido: qui le opzioni si moltiplicano esponenzialmente in caso di rinuncia alla custodia o discordia tra gli aventi causa del de cuius: alcune regioni ragionano in termini generici di conferimento in cimitero, quale luogo istituzionalmente preposto all’accoglimento delle urne ex Art. 50 DPR 285/1990, ma anche questo disposto in sé piuttosto semplice è sotteso da mille venature: qual è il cimitero?: Quello di residenza o decesso de de cuius verso il quale il defunto stesso ha maturato ope legis un titolo d’accoglimento, oppure qualunque altro sepolcreto verso il quale per effetto dello jus sepulchri sorto da un atto di concessione ex Art. 90 DPR 285/1990 il de cuius vantasse analogo diritto di sepoltura in tomba privata? Il conflitto insanabile tra i discendenti o la loro inerzia nell’addivenire ad un accordo (che si sostanzierebbe nella stipula di un atto di concessione per tumulare l’urna) producono la fattispecie residuale, almeno nello spirito del DPR 285/1990 della dispersione in cinerario comune. (solo in questo caso alla volontà del de cuius può sostituirsi l’inazione di chi jure sanguinis è deputato a provvedere).

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Carlo Ballotta

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32 thoughts on “Atti di disposizione in conflitto sulla spoglia del de cuius

  1. BUONGIORNO,
    IL CONCESSIONARIO DELLA TOMBA è SOLO MIO NONNO CHE HA LA CONCESSIONE NEL 1946, IL FRATELLO MUORE NEL 1934
    NEL 1962 IL NONNO ASSEGNA IL POSTO AL FRATELLO GIà MORTO E ALLA MOGLIE, GENITORI DELL’ASSEGNATARIA DEL POSTO ANCORA IN VITA.

  2. Atto di concessione e “riserva” dei soggetti titolari, jure sanguinis, del diritto di sepolcro sono due elementi intimamente connessi, proprio perchè il concessionario, in quel momento, quando la concessione si perfeziona, detta la disciplina da seguirsi nell’accesso ai posti feretro, sibi familiaeque suae, ossia per sè e per la propria famiglia.

    Negli anni ’70, a livello nazionale, vigeva ancora il vecchio regolamento di polizia mortuaria approvato con Regio Decreto . 1880/1942.

    Si deve anche considerare come un sepolcro familiare (o, gentilizio) si trasformi in ereditario se sia estinta la famiglia del concessionario, che ha titolo a subentrare al concessionario (e, qui, molte questioni vanno valutate alla luce del Regolamento comunale di polizia mortuaria).
    Nella specie, non vi era un concessionario, quanto due concessionari, entrambi ‘fondatori’ del sepolcro.
    Tra l’altro, proprio il Regolamento di polizia mortuaria dovrebbe (ne sarebbe la ‘fonte’ tipica, ed unica) regolare il subentro al concessionario alla sua morte: spesso, il subentrante assume tale qualita’ senza necessita’ di un apposito atto, ma solo con un provvedimento, a carattere ricognitorio, oggetto delle registrazioni sugli atti concernenti la concessione.

    Diventa, quindi, cruciale, risalire all’atto di concessione, così da ricostruire a cascata rapporti giuridici e diritti che ruotano intonto ad una particolare sepoltura privata.

  3. MI SCUSI SONO DI NUOVO LUCIA,
    IL POSTO ASSEGNATO ALLA CUGINA NON è STATO ASSEGNATO DAL CONCESSIONARIO DELLA TOMBA (MIO NONNO PADRE DI MIO PADRE).
    AL COMUNE SI TROVA IL POSTO ASSEGNATO MA NON LA CONCESSIONE A QUESTO POSTO.
    MIO NONNO MUORE NEL 1974 L’ASSEGNAZIONE NEL 1978.
    GRAZIE.

  4. Il diritto d’uso sul sepolcro privato, nel dettaglio, è regolato da:

    1) Atto di Concessione
    2) Regolamento comunale di polizia mortuaria

    Per rispondere correttamente al quesito bisogna enucleare il concetto di “RISERVA”, ovvero: quali sono le persone titolari dello Jus Sepulchri?, le quali, quindi, possono esercitare il diritto ad esser sepolte in quella particolare tomba?

    Esse sono specificate nell’atto di concessione?

    Se c’è il pieno subentro (con voltura della concessione e non solo nell’assunzione degli oneri manutentivi ex Art. 63 DPR n. 285/1990)) il nuovo concessionario si sostituisce all’originario fondatore nella duplice facoltà di esser sepolto o dar sepoltura in quella precisa tomba oggetto della concessione e così si amplia il novero di quanti, potenzialmente potrebbero vantare il proprio Jus Sepulchri sul sepolcro in questione.

    Nella fattispecie se non interviene una regolamentazione interna tra le parti, magari con una scrittura privata, alla quale il comune rimane estraneo in caso di contenzioso) La cugina rimane titolare del proprio Jus Sepulchri, siccome esso, quale diritto personalissimo è imprescrittibile e si acquisisce Jure Sanguinis)) ma anche il padre, nel frattempo deceduto, è portatore di uno Jus Sepulcri, perché in stretto rapporto di consanguineità con il nuovo concessionario.

    Se non diversamente specificato, a livello locale, da atto di concessione e regolamento comunale di polizia mortuaria sarà la cronologia egli eventi luttuosi a stabilire l’ordine di uso dei posti feretro sino al completamento della naturale capenza fisica della tomba, insomma chi prima muore…meglio alloggia.

  5. Buongiorno,
    nell’aprile del 2008 muore mio padre figlio del concessionario di una tomba a letto.
    il comune si rifiuta si seppellirlo in un posto assegnato a una sua cugina ancora vivente, figlia di un fratello di mio nonno.
    diventata io conessionaria della tomba posso assegnare il posto a mio padre?

  6. Il coniuge prevale su ogni altro parente, quale ne sia il grado.
    Il fatto che gli oneri siano assunti da persone diverse dal coniuge non influenza il titolo (anche se questo non sia esercitato) a disporre delle spoglie mortali.

  7. Se il coniuge non si fa carico delle spese del funerale del marito, perde il diritto alla scelta del luogo di sepoltura della salma? O meglio, la nuora può opporsi alla suocera sulla scelta del luogo anche quanto è la famiglia d’origine che ha affrontato le spese funerarie? grazie

  8. Si, è possibile, se sono non dissenzienti i familiari aventi titolo.
    In altre parole, se se ne disinteressano, non sono a conoscenza della morte del proprio caro, sono d’accordo con chi vuole assumersi questo onere, si può fare.
    Altrimenti è sempre il coniuge, e in sua assenza i parenti di grado più vicino, che se ne occupano

  9. E’ possibile ordinare un funerale e la sepoltura di una salma da persone che non sono dei consanguinei, pur esistendo dei consanguinei?

  10. Concessionario VERSUS aventi titolo jure sanguinis

    Problema: il comune di XYZ ha deciso legittimamente di non rinnovare più le concessioni in scadenza ex Art. 92 comma 1 DPR 285/1990, pertanto invita i concessionari (e solo loro) a decidere sulla destinazione dei resti mortali (interro in campo indecomposti ex Art. 86 comma 2 DPR 285/1990 o cremazione ex Art. 3 commi 5 e 6 DPR 15 luglio 2003 n. 254) che saranno rinvenuti durante le estumulazioni di massa.

    E’corretto, allora, individuare nel solo concessionario il soggetto deputato a disporre dei sullodati resti mortali? In subordine, come si può appurare il sicuro disinteresse degli aventi titolo?

    In ultimissima istanza il concessionario può vantare un diritto di disposizione non solo sul sepolcro ma anche per i defunti ivi sepolti, chiedendone, ad esempio, la riduzione dei resti ossei in cassetta ossario?

    Alcuni reg. locali sembrano ammettere tale possibilità residuale per evitare lo stallo (dovuto alla mancanza o al disinteresse dei congiunti più prossimi del de cuius) e soprattutto una rapida imputazione degli oneri per le operazioni cimiteriali.

    Il diritto di disporre delle salme (o, dato il tempo trascorso, delle spoglie mortali sino alla completa consunzione in ossa delle stesse) va esercitato da tutti coloro che ne abbiano titolo.

    Sull’individuazione di quali siano le persone che hanno titolo a disporre (in termini di poziorita’, nel senso che chi precede nell’ordine ha il potere, ma esclude anche chi lo segua nell’ordine) si deve fare riferimento alla giurisprudenza in materia.

    Solo che – fortunatamente – l’elaborazione giurisprudenziale in materia di diritto di disposizione del cadavere risulta strutturata nell’art. 79, 1 dPR 285/1990, norma volta ad altri fini, ma che comunque ‘sintetizza’ le persone che hanno titolo a provvedere.

    Il concessionario (secondo una norma inserita nell’atto di concessione) potrebbe avere potere di disposizione al momento dell’accesso al sepolcro di un determinato defunto (si pensi al “caso limite” della benemeranza ex Art. 93 comma 2 DPR 10 settembre 1990 n. 285)

    Sempre facendo salve eventuali specifiche previsioni del Regolamento comunale, specie per quanto riguarda gli aspetti del procedimento, il titolo a disporre della salma/cadavere/resti mortali, in quanto diritto della personalita’, prevale sulle posizioni giuridiche concernenti il sepolcro (come manufatto) che sono strumentali all’esercizio del diritto (personale) di sepoltura.

    La salma che sia stata tumulata in un sepolcro privato (come sono tuttte le tumulazioni) in quanto appartemenente alla famiglia del concessionario non diventa, per questo, sottratta al titolo di disposizione dei familiari.

    Puo’ senz’altro ammettersi questa modalità operativa per snellire i tempi e la procedura stessa: non mancano, infatti, comuni cin quali hanno previsto nei propri Regolamenti comunali una norma con cui si inserisce una presunzione di legittimazione, ad esempio: ‘ Si presume che chi agisce, lo faccia in nome e per conto di tutti gli aventi diritto e con il loro consenso, restando il comune estraneo ad ogni possibile controversia che possa sorgere tra le parti..

    Una ricerca anagrafica sugli aventi titolo Jure Sanguinis sarebbe senz’altro utile, anche se, in effetti, comporterebbe un certo aggravio procedurale, pertanto sarebbe meglio codificare questo passaggio in una norma formale del regolamento comunale di polizia mortuaria, sebbene in capo al comune non sorga nessun obbligo in tal senso.

    All’estinguersi della concessione, infatti, si procede d’ufficio alla rimozione dei feretri o da quanto ne residui (esiti da fanomeno cadaverico di tipo trasformativo conservativo o semplici ossa) , anzi data l’onerosità delle concessioni (Artt 95 e “retroattivamente” Art. 103 DPR 295/1990) un comportamento omissivo farebbe sorgere il capo all’amministrazione la responsabilità patrimoniale di cui all’Art. 93 Decreto Legislativo 267/2000.

    Nelle pubbliche affissione in cui s’informa la cittadinanza dei trattamenti previsti per le concessioni in scadenza è opportuno avvisare non tanto in concessionario (il quale, per altro, potrebbe indirettamente avere la funzione di mediatore tra l’autorità municipale e gli aventi titolo jure sanguinis, con notevoli vantaggi per la macchina comunale).

    Paradossalmente, se ex Art. 86 comma 1 DPR 285/1990 le estumulazioni si eseguono allo scadere della concessione, in una concessione perpetua, se non ricorre la fattispecie di cui all’Art. 88 DPR 285/1990, la quale potrebbe esser inibita da una specifica norma contenuta nell’atto di concessione) il feretro ha diritto alla permamenza nel tumulo sine die (from here to eternity… per i cultori della lingua inglese)

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