Il difficile ruolo delle federazioni

Due pronunce (TAR Friuli Venezia Giulia, Sez. I, 17 maggio 2021, n. 152 e TAR Campania, Napoli, Sez. III, 26 agosto 2021, n. 5627, al solito reperibili per gli Abbonati PREMIUM nella Sezione SENTENZE) portano ad affrontare il tema della “rappresentatività”, in sede giurisdizionale, delle Federazioni (comunque siano denominate), cioè il tema della legittimazione attiva in vista di una qualche tutela dei propri aderenti.
In particolare, la prima sottolinea come le federazioni siano sprovviste di titolo ad assumere rappresentanza (rappresentatività?) in ambiti che abbiano attinenza ad aspetti non strettamente rientranti nella propria funzione, mentre la seconda precisa (o, meglio, conferma) come per la conforme giurisprudenza, nel processo amministrativo la legittimazione attiva (e, dunque, l’intervento in giudizio) di associazioni rappresentative di interessi collettivi obbedisca a regole stringenti, essendo necessario che la questione dibattuta attenga – in via immediata – al perimetro delle finalità statutarie dell’associazione e, cioè, che la produzione degli effetti del provvedimento controverso si risolva in una lesione diretta del suo scopo istituzionale, e non della mera sommatoria degli interessi imputabili ai singoli associati (Consiglio di Stato, Sez. V, 12 ottobre 2020, n. 6037).
In altre parole, per radicare una legittimazione processuale attiva non è sufficiente il ruolo della federazione in quanto tale, ma occorre che vi sia il fumus che l’atto impugnato leda la federazione, cosa ben diversa se la lesione, fondata o meno che sia ritenuta (la valutazione sulla fondatezza spetta alla giurisdizione), vada o meno a ledere i singoli associati.
Ma questo porta a considerare come, da circa/oltre quattro lustri, si sia anche registrata una crescita delle federazioni (sempre, prescindendo dalle denominazioni auto-assunte, quali, es.: associazioni, ecc.) si siano moltiplicate, talora attraverso specifiche caratterizzazioni, altre volte riferendosi ad ambiti territoriali ben definiti, in tal caso a volte costituendo “segmentazioni territoriali” di federazioni operanti in ambito nazionale, fino a verificare come, su diversi “tavoli” siano divenute presenti anche federazioni generaliste che, fino a date fasi, neppure consideravano il settore, ponendo questioni non secondarie di rappresentatività, ma anche di ricerche di “linee (abbastanza) uniformi” circa le istanze argomentate.
Il pluralismo associativo è un valore, ma non lo è più quando divenga eccessivo, situazione nella quale non può che aversi che confusioni e reciproche contraddizioni.
Il loro pluralismo (ma si dovrebbe dire: la loro pluralità, la loro proliferazione) sembra non tenere conto di come, al contrario, nel settore si stiano registrando ormai processi di aggregazione, talora non immediatamente espliciti, che potrebbero portare a mutare gli scenari complessivi del settore, generando soggetti “forti” e, per questo, dotati di poteri d’influenza e riducendo le federazioni (alcune di esse) a “immagini” dietro cui vi è spazio per le nuove aggregazioni per muovere le leve senza apparire.
Apparirebbe importante che quanti vogliano assumere ad un ruolo di rappresentanza, di rappresentatività facessero uno sforzo per capire i processi in corso, e “ri-calibrare” le proprie azioni in modo da non subirne le conseguenze.
Il ché richiede un elevamento nel grado di professionalità, anche sotto il profilo associativo.
In alcuni casi, vi è già attenzione sui processi aggregativi in corso, ma in molti altri questi non sono neppure colti.

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Sereno Scolaro

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