Il cimitero circondato

Nell’art. 4 della L. (del Regno delle Due Sicilie) 11 marzo 1817, n. 655 (che per altro si applicava nei “ … nostri reali dominj al di qua dal Faro … , segno che la Sicilia disponeva di una propria autonomia) si leggeva:
[I] I comuni potranno stabilire i camposanti in qualunque fondo di proprietà pubblica, o privata, che sia riconosciuto atto a tale destinazione.
Se il fondo apparterrà allo Stato, o a corporazioni e stabilimenti pubblici indistintamente, il comune l’occuperà, senza accordare verun compenso: se poi sia di proprietà privata, il comune ne pagherà al proprietario un canone corrispondente.
[II] Ogni quistione che potrà elevarsi a tal riguardo sarà definitivamente risoluta dall’Intendente in Consiglio d’Intendenza
”.
Quello che si fa rilevare è l’aspetto insediativo, in particolare la previsione di assenza di indennizzi quando l’area prescelta per l’impianto del cimitero fosse di proprietà “pubblica”, in senso molto ampio.
Infatti, in ragione del Concordato (detto “Trattato di accomodamento”) del 2 giugno 1741 (quando vi era il Regno di Sicilia peraltro in unione monarchica col Regno di Napoli e questo aveva quale nome ufficiale “Regno di Sicilia al di là del Faro”) con la Chiesa cattolica, Concordato formatosi in contesto del tutto diverso da quelli dei Concordati del XIX e XX sec., dato che prevedeva, tra l’altro, che i beni ecclesiastici sarebbero stati tassati, in funzione di sostenere la superiorità dello Stato laico sulla Chiesa, per quanto che le congregazioni laicali (leggi: le associazioni di fedeli, non ordinati, tuttora previste dal diritto canonico) svolgevano una vera e propria azione economica.
Questa aveva un certo peso nel contesto sociale, in cui esse erano inserite, prevedendo:
… ogni decisione in materia religiosa è predisposta dal Cappellano Maggiore e necessita del beneplacito regale. La fondazione e la regolamentazione della Confraternita sono da ritenersi un dono della Regia Maestà …”.
Di questo passo si evidenziano le parti sottolineate. Infatti queste “congregazioni laicali”, quando proprietarie di aree individuate per l’impianto di cimiteri, non avevano titolo ad indennizzo.

In alcuni casi si è avuto l’impianto del cimitero su varie aree, in altri casi potevano anche esservi pre-esistenti cimiteri parrocchiali (anche in termini di diritto canonico), che sono stati “trasformati” in cimiteri comunali, in altri ancora alcune “congregazioni laicali” hanno chiesto, e ottenuto, l’assegnazione di porzioni, più o meno estese, di aree cimiteriali ai fini della sepoltura delle persone aderentivi.
Va detto come situazioni in qualche modo riassumibili a questi contesti siano state presenti anche dopo l’Unità d’Italia, ed anche dopo le c.d. “leggi eversive” (R.D. 7 luglio 1866, n. 3036 e L. 15 agosto 1867, n. 3848) avendosi presente come, fino a (circa) la fine del XIX sec. vi siano stati casi in cui aree cimiteriali siano state oggetto di “dono”, con tanto di decreto reale, a questa o quella Confraternita.

In molti casi, le aree cimiteriali, così in uso a questa o quella Confraternita, sono state “circondate”, spesso a seguito di ampliamenti delle aree di cimitero propriamente comunale, al punto che – oggi – non è individuabile, almeno ictu oculi, una specifica individualità, cosicché, salve ricostruzioni storico-documentali particolarmente attente (e laboriose), non è agevole distinguere la titolarità (e l’origine) di queste, in raffronto alle Confraternite assegnatarie da epoche meno remote.

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Sereno Scolaro

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