Alcuni aspetti in tema di affidamento delle urne cinerarie ai familiari

Il fatto che non vi sia ancora stata l’attuazione delle previsioni presenti all’inizio dell’art. 3 L. 30 marzo 2001, n. 130, cioè le modifiche al D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. in materia di cremazione e destinazioni delle ceneri alla luce dei “principi” ivi enunciati, ha posto non poche questioni interpretative.
In alcuni casi, come per il parere del Consiglio di Stato, Sez. I, 29 ottobre 2003, n. 2957, cercando di individuare quali tra le disposizioni della legge potessero ascriversi tra quelle self executing e quali richiedessero un qualche intervento normativo.
Non senza considerare che questo impianto apriva la questione della gerarchia tra le fonti del diritto (di rango primario) e quelle di rango secondario (regolamentari).
A questo si sono aggiunte le questioni, spesso controverse, discendenti dall’entrata in vigore della L. Cost. 18 ottobre 2001, n. 3, in particolare sul riparto della potestà legislativa (e, conseguentemente, regolamentare) tra i plurimi livelli di governo.
Come noto, in materia di destinazioni delle ceneri, quando non vi siano le condizioni di legge per la dispersione delle ceneri, vi sono plurime modalità per la loro conservazione, tra cui l’istituto dell’affidamento ai familiari delle urne cinerarie.
Il rinvio alle presupposte modifiche al D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. lascia pensare che il legislatore riteneva che una regolazione di maggiore dettaglio dell’istituto potesse aversi con disposizioni di natura regolamentare.
Non essendo ciò avvenuto, non sono mancati interventi regionali in proposito, spesso su aspetti in cui proprio non sussisteva, né sussiste, potestà legislativa delle regioni.
In particolare “sconfinando” nella materia dell’”ordinamento civile” (art. 117, comma 2, lett. l) Cost.).
Ad esempio, nel caso in cui l’istituto è stato ri-denominato quale “affidamento personale”, sembra per “anticipare” regolazioni legislative intervenute oltre un decennio dopo.
Ma l’affidamento ai familiari pare suggerire, in via interpretativa, che questi “familiari” siano, almeno per ragioni di contesto, individuabili alle luce dell’art. 3, comma 1,lett. b), n. 3) L. 30 marzo 2001, n. 130.
Tanto più che quest’individuazione è successivamente richiamata anche alla seguente lett. g).
Tuttavia la formula adottata nulla dice su chi abbia titolo a decidere per il ricorso a tale istituto, né sulle forme o su altri aspetti, anche operativi.
Più o meno nello stesso periodo vi è stata una legge regionale che ha previsto: “soggetto affidatario dell’urna può essere qualunque persona, ente o associazione scelta liberamente dal defunto ….. o da chi può manifestarne la volontà,.
Formulazione che è stata ripresa, più o meno a-criticamente, da un paio di altre regioni.
Tale impostazione solleva però perplessità per il fatto che “ente o associazione” difficilmente possono essere qualificabili come “familiari” e, soprattutto, essa espone a distorsioni nell’uso dell’istituto.
Inoltre una tale previsione sembra escludere la titolarità decisionale in capo agli aventi titolo di disporre delle spoglie mortali, se non fosse per l’attribuzione (riconoscimento?) solo de residuo, cioè quando la persona defunta non vi avesse già provveduto.
Tuttavia, questa formulazione riprende uno dei fondamenti della L. 30 marzo 2001, n. 130, quello sul rispetto della volontà della persona defunta, che pareva non sufficientemente rimasta sotto i riflettori.
Dal momento che, spesso, la realtà va oltre le previsioni astratte, si faccia ricorso ad una possibile situazione come di seguito descritta.
Una persona, coniugata e con un paio di figli, in una certa fase della vita (diciamo attorno alla mezza età) costruisce un rapporto relazionale con altra persona.
Un rapporto duraturo, che porta ad una cessazione degli effetti civili del matrimonio.
Ciò senza che ne segua altro, ma protraendosi per un quarantennio, senza alcuna formalizzazione (mera “coabitazione”).
Status che porta a richiamare l’art. 4 D.P.R. 30 maggio 1989, n. 223 e s.m., da non confondere con la “convivenza”, nei termini di “convivenza di fatto” ex art. 1, commi da 36 a 67 L. 30 maggio 2016, n. 76.
Istituto questo ultimo che porta a richiamare i commi 40, lett. b) e 41 (per le forme) di tale legge, da cui consegue che le persone coinvolte non siano “familiari” (secondo la lettura che se ne trae dalla L. 30 marzo 2001, n. 130).
Tra la persona con cui vi è stato questo rapporto relazionale (duraturo, ma non è solo la durata che rileva) e i membri con cui vi siano stati rapporti giuridici (coniugio e filiazione) possono esservi relazioni anche critiche e, talora, fortemente tali.
Alla morte della persona, se questa avesse aderito ad una So.Crem., ben può aversi che i figli (deceduto il precedente coniuge, ricordando che la cessazione degli effetti civili del matrimonio non consente più di qualificarlo quale tale), informati della volontà genitoriale per la cremazione siano parte attiva per la concessione di una nicchia cineraria.
In questa sede emerge che nella manifestazione di volontà resa alla So.Crem., il genitore defunto abbia sottoscritto una dichiarazione, del tenore seguente: “Affidamento ceneri conservazione a domicilio (nome e cognome, nata a .. il … residente via …, n. …, Comune, Prov.). data (di pugno) Firma (fatta per esteso e leggibile).”.
In altre parole, la persona defunta aveva, senza equivocità, espressa una propria volontà, con l’affidamento non conferito a “familiare”, almeno nell’ambito di qualificazione risultante dalla L. 30 marzo 2001, n.130, quanto a persona, con cui era sussistito un rapporto relazionale di una certa durata.
Ma ciò non toglie che tutta questa legge si incentri in primis nell’esigenza di rispettare la volontà della persona defunta.
Certo, in questa fattispecie, potrebbe sembrare che i figli vengano deprivati di ogni legittimazione a disporre delle spoglie mortali del genitore (parente in linea ascendente di 1° grado).
Cosa che ri-sottolinea come, tra le persone aventi diritto a disporre delle spoglie mortali delle persone defunte, vi sia – e prima di queste persone – la stessa persona defunta.

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