La cremazione di cittadini stranieri

L’art. 79 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 definisce le procedure per il rilascio dell’autorizzazione alla cremazione. Tale disposizione va valutata anche in correlazione con la L. 30 marzo 2001, n. 130, seppure nel suo attuale stato di inattuabilita’ (limitatamente all’art. 3, che determina l’inattuabilita’ anche dell’art. 2; mentre e’ pienamente in vigore, dal 3 maggio 2001 in relazione agli articoli da 4 alla fine), nonche’, in alcune regioni, con le leggi regionali emanate in proposito (ammesso che queste abbiano portata effettivamente idonea a dare attuazione alla L. 30 marzo 2001, n. 130, al di la’ della volonta’ dichiarata in questo senso).

In buona sostanza, i presupposti per il rilascio dell’autorizzazione alla cremazione da parte dell’autorita’ comunale (art. 107, comma 3, lett. f) D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 257 e succ. modif.), possono essere sintetizzati nella presenza di:
a) una volonta’,
b) assenza di reato (“certificata” dal medico curante con particolari modalita’).

Nel caso di morte improvvisa (o, sospetta di essere improvvisa) e’ necessario il nulla-osta dell’autorita’ giudiziaria (a rigore, nel caso di morte dovuta a reato, sospetta di esserlo, non sarebbe ammessa la cremazione del cadavere, cosa cui si fa, operativamente, fronte con una specifica richiesta in questo senso che l’autorita’ giudiziaria valuta nel caso specifico).
La volonta’ puo’ assumere diverse “forme”, preliminarmente assicurando il rispetto della volonta’ del defunto e, conseguentemente, ponendo in primo piano la volonta’ espressa nelle forma testamentaria (a condizione, ovviamente, che il testamento, quale ne sia la forma, abbia effetti; art. 620, comma 5 C.C.).

Sempre in riferimento alla volonta’ del defunto, viene considerata l’adesione ad una SO.CREM., caso nel quale e’ richiesta la dichiarazione autografa del defunto, convalidata dal Presidente della SO.CREM.

Ma prima di considerare questa seconda forma di manifestazione della volonta’ del defunto, la norma considera il caso che la volonta’ del defunto manchi nella forma testamentaria, individuando una titolarita’ dei familiari alla manifestazione della volonta’ alla cremazione.

E’ utilizzato, intenzionalmente, il termine di familiari per evidenziare un istituto surrogatorio rispetto alla volonta’ del defunto, espressa nella forma del testamento: e’ stato discusso se la dichiarazione cui sono chiamati i familiari abbia per contenuto una quale “rappresentazione” della volonta’ del defunto, oppure se esercitino un proprio potere di disposizione sulla salma. Al di la’ di ogni considerazione su questo punto, su cui e’ intervenuta anche una circolare telegrafica del Ministero dell’interno (n. 37(2007) del 1° settembre 2004), che potrebbe essere condivisa solo laddove fosse operante l’art. 3, lett. b), n. 3) L. 30 marzo 2001, n. 130 (per la parte che prevede: “…o di qualsiasi altra espressione di volonta’ da parte del defunto …”), la dichiarazione dei familiari costituisce procedimento necessario quanto non vi sia testamento (o, adesione a SO.CREM.).

Tale dichiarazione e’ affidata non genericamente ai familiari, quando ad determinati soggetti, individuati in posizione di poziorita’ (cioe’ considerando la concorrenza della priorita’ e del potere di disporre della salma), con la conseguenza che i familiari in posizione antecedente escludono quelli in posizione successiva.

Tra l’altro, si deve anche considerare come tali criteri di poziorita’ altro non siano se non la riduzione in forma semplice di quella che e’ stata, in Italia, la valutazione in sede giurisdizionale circa il titolo a disporre della salma (la parte nettamente maggioritaria della giurisprudenza in materia di polizia mortuaria riguarda, per l’appunto, quelle che possono definirsi come “liti in famiglia”, rispetto a chi possa disporre della salma.

Tale dichiarazione, resa dai soggetti titolari del potere di disporre la cremazione del cadavere, e’ soggetta ad autenticazione della sottoscrizione, da parte dei funzionari competenti alle autenticazioni di firma nell’ambito dei procedimenti amministrativi (oggi, art. 21, comma 2 d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 e succ. modif.).

Si tratta di presupposti e di procedure per il rilascio dell’autorizzazione alla cremazione (e, del resto, il d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e’ norma di rango secondario).
Queste fonti non intervengono per quanto riguarda gli aspetti di diritto soggettivo e affrontano “come” dare attuazione alla possibilita’ di cremazione che l’ordinamento italiano ammette (art. 343 TULLSS).

Allorquando il defunto sia cittadino straniero, occorre ricordare come l’esistenza ed il contenuto dei diritti della personalita’ siano regolati dalla legge nazionale della persona (art. 24 L. 31 maggio 1995, n. 218 [1]) e poiche’ la cremazione rientra tra i diritti della personalita’, al pari del ricorso ad altre pratiche funerarie, o in relazione agli atti di disposizione del proprio corpo, occorre fare riferimento alla legge nazionale del defunto.
Non mancano ordinamenti di altri Stati che non ammettono la cremazione o che regolano diversamente le modalita’ e le procedure per giungere alla cremazione.

Pertanto, A) la cremazione puo’ essere autorizzata se ed in quanto essa sia ammessa dalla legge nazionale del defunto e B) sulla base delle condizioni e presupposti stabiliti, regolati dalla legge nazionale caso per caso applicabile.

Dal momento che l’autorizzazione alla cremazione costituisce un atto amministrativo, come in tutti i casi in cui in procedimenti amministrativi debba farsi ricorso all’applicazione di una legge straniera, occorre dare “prova” della legge straniera, nelle forme dell’art. 2, commi 2 e 2.bis d.P.R. 31 agosto 1999, n. 394 e succ. modif. [2] (Disposizioni applicabili anche ai cittadini comunitari, pur se tale norma sia compresa nel Regolamento di attuazione al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, a norma dell’articolo 1, comma 6, del D. Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, non tanto in relazione all’art. 1, comma 2 del testo unico stesso, quanto sul presupposto che, a parte gli aspetti formali, la prova di una data condizione di stato o di una legge (straniera) applicabile, in ambiti diversi da quelli giudiziali, non puo’ che derivare se non da una dichiarazione, attestazione, certificazione, altro (non importa il nomen juris quanto la sostanza) se non dalle autorita’ competenti dello Stato che regolano uno status o in cui viga la legge straniera.).

Pertanto, andra’ valutato sulla base della legge nazionale del defunto, provata con le modalita’ sopra indicate, sia l’ammissibilita’ al ricorso alla cremazione, sia le modalita’ di procedimento, inclusa l’individuazione dei soggetti che possano disporre in tale senso, nonche’ delle modalita’ con cui tali disposizioni possano essere date.

Le sole norme “italiane” (cioe’ del d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285) che trovano applicazione anche nel caso di richiesta di rilascio di autorizzazione alla cremazione di un defunto cittadino straniero, sono, oltre che quelle sulla competenza al rilascio dell’autorizzazione (e fatto – comunque – salvo il caso che la legge straniera non definisca diversamente, quando lo possa fare), quelle prescritte dall’art. 79, commi 4 e 5 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, avendo un carattere di applicazione territoriale, come in genere si ha per le norme penalistiche (art. 3 C. P. [3].

Ad analoghe considerazioni, dovrebbe pervenirsi in relazione alle altre pratiche funerarie ammesse, salvo il caso della pratica considerata dall’ordinamento giuridico che regola l’ordinamento cimiteriale italiano come “normale”, “automatica” (cioe’ utilizzabile in via generale, senza che sia necessaria alcuna richiesta in tal senso da parte dell’interessato o di chi abbia titolo a disporre della salma), quella dell’art. 337 TULLSS e, in sua attuazione dell’art. 49, comma 1 e art. 58 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, mentre rientrano nel trattamento di ordine generale antecedentemente visto, ogni forma diversa di sepoltura (comprese, quindi, le inumazioni in fosse diverse da quelle nel c.d. campo comune e, sempre, in tumulazione).


[Note:] [1] Si riporta l’art. 24 L. 31 maggio 1998, n. 218:
“””1. L’esistenza ed il contenuto dei diritti della personalita’ sono regolati dalla legge nazionale del soggetto; tuttavia i diritti che derivano da un rapporto di famiglia sono regolati dalla legge applicabile a tale rapporto.
2. Le conseguenze della violazione dei diritti di cui al comma 1 sono regolate dalla legge applicabile alla responsabilita’ per fatti illeciti. “””
[2] Si riporta l’art. 2 d.P.R. 31 agosto 1999, n. 394 e succ. modif.:
“”” Articolo 2 (Rapporti con la pubblica amministrazione.
1. I cittadini stranieri regolarmente soggiornanti in Italia possono utilizzare le dichiarazioni sostitutive di cui all’articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, limitatamente agli stati, fatti e qualita’ personali certificabili o attestabili da parte di soggetti pubblici o privati italiani, fatte salve le disposizioni del testo unico o del presente regolamento che prevedono l’esibizione o la produzione di specifici documenti (1).
2. Gli stati, fatti, e qualita’ personali diversi da quelli indicati nel comma 1, sono documentati mediante certificati o attestazioni rilasciati dalla competente autorita’ dello Stato estero, legalizzati ai sensi dell’articolo 49 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 200, dalle autorita’ consolari italiane e corredati di traduzione in lingua italiana, di cui l’autorita’ consolare italiana attesta la conformita’ all’originale. Sono fatte salve le diverse disposizioni contenute nelle convenzioni internazionali in vigore per l’Italia. L’interessato deve essere informato che la produzione di atti o documenti non veritieri e’ prevista come reato dalla legge italiana e determina gli effetti di cui all’articolo 4, comma 2, del testo unico (1).
2-bis. Ove gli stati, fatti e qualita’ personali di cui al comma 1 non possono essere documentati mediante certificati o attestazioni rilasciati da competenti autorita’ straniere, in ragione della mancanza di una autorita’ riconosciuta o della presunta inaffidabilita’ dei documenti, rilasciati dall’autorita’ locale, rilevata anche in sede di cooperazione consolare Schengen locale, ai sensi della decisione del Consiglio europeo del 22 dicembre 2003, le rappresentanze diplomatiche o consolari provvedono al rilascio di certificazioni, ai sensi dell’articolo 49 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1957, n. 200, sulla base delle verifiche ritenute necessarie, effettuate a spese degli interessati (1).”””
(1) Comma cosi’ modificato dall’art. 2, comma 1 d.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334.
[3] Si riporta l’art. 3 Codice penale:
“”” Articolo 3 – Obbligatorieta’ della legge penale.
La legge italiana obbliga tutti coloro che, cittadini o stranieri, si trovano nel territorio dello Stato, salve le eccezioni stabilite dal diritto pubblico interno o dal diritto internazionale.
La legge penale italiana obbliga altresi’ tutti coloro che, cittadini o stranieri, si trovano all’estero, ma limitatamente ai casi stabiliti dalla legge medesima o dal diritto internazionale. “””

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