Emergenza sanitaria Covid-19: la risposta del settore funerario alla prima ondata

Premessa
La pandemia da Covid-19 ha generato – anche nel settore funerario – un’emergenza dalle dimensioni e dalle peculiarità totalmente inaspettate e non prevedibili, portando altresì alla luce i nodi irrisolti dell’ordinamento mortuario, dovuti principalmente a normative datate, ad una disomogeneità di disciplina sul territorio nazionale per interventi regionali plurimi non sempre rientranti nella competenza dell’ente territoriale, e le note difficoltà della gestione economica e finanziaria dei cimiteri, unita ad un’insufficiente programmazione regionale di localizzazione dei crematori.
Quello che è emerso con evidenza è che, per rispondere ad alcuni degli aspetti critici verificatisi all’inizio della pandemia, è necessaria un’idonea programmazione da parte dei gestori dei cimiteri e crematori, oltre ovviamente alla collaborazione degli operatori del comparto funebre, per la risoluzione di alcune problematiche.
Pertanto, una delle priorità di Utilitalia-SEFIT – la Federazione delle imprese pubbliche, private e miste del settore funerario aderenti a Utilitalia – è stata quella di diffondere conoscenze e mezzi, utili per rispondere in modo ottimale all’emergenza, ancora in atto, in particolare alcuni strumenti di valutazione come i c.d. stress test con la finalità di metterli a disposizione degli associati così da poterli replicare autonomamente ed in considerazione delle specificità della propria realtà locale, nella consapevolezza che le problematiche variano significativamente da Nord a Sud, dai piccoli Comuni ai grandi centri urbani. Di seguito si presentano alcune peculiarità del settore funerario, nelle sue componenti funebre, cimiteriale e cremazione, le difficoltà della prima ondata e alcune indicazioni su come affrontare la seconda ondata.

Il settore funebre
Nel settore funebre italiano, operano circa 6.000 imprese funebri che, a seconda della loro collocazione geografica, presentano importanti differenze nella struttura e nella specifica operatività.
Nelle aree metropolitane si evidenzia una proliferazione di piccoli operatori funebri, con forte concorrenza sul mercato, che si avvalgono di imprese funebri di grandi dimensioni (cd centri di servizio) che normalmente forniscono il trasporto funebre e in molti casi anche la bara già allestita in cui incassare il defunto. Poche invece sono le imprese funebri organizzate in proprio.
Nel Sud Italia e nelle zone circostanti i grandi centri urbani le imprese funebri sono spesso di piccole dimensioni e si occupano anche di altre attività collaterali quali fiorista, marmista.
Altra differenza, che si può rilevare sul territorio, è la presenza delle cosiddette case funerarie, attualmente diffuse soprattutto al Nord ma in espansione anche al centro sud. Altro dato da evidenziare nell’ambito del funebre è l’assenza (o quasi) dell’istituto della previdenza funeraria.

Il settore cimiteriale
In Italia sono presenti circa 16,000 cimiteri, situati in oltre 8,000 Comuni. In generale, sull’attuale fisionomia dei cimiteri, intesa soprattutto in termini di disponibilità delle sepolture, ha fortemente inciso l’aumento negli ultimi anni della scelta cremazionista.
Secondo i dati ISTAT si è calcolato che in Italia i morti nel 2019 sono stati 634,472, con un tasso di mortalità del 1,05% circa.
Secondo stime di Utilitalia SEFIT, l’incidenza della cremazione per il 2019 è stata del 30,7% dei defunti; 18,8% delle sepolture di feretri sono state in terra; il 50,5% in loculi.
La ricettività cimiteriale presenta grandi differenze tra Nord, Centro e Sud del Paese:
– nelle aree del Nord, dove si è maggiormente sviluppata la cremazione (che ha raggiunto anche il 50% e in certi casi il 70%), si registra un eccesso di disponibilità di loculi e posti in terra e in tomba privata;
– al Centro si ha maggiore disponibilità di posti in terra, ma scarsità di loculi liberi;
– al Sud e Isole vi è carenza sia di posti in terra, sia di loculi e posti in tombe private.
Risulta evidente come la ricettività cimiteriale sia molto diversa da zona a zona e anche da città a città e come dovranno essere organizzate in modo diverso le risposte ad improvvisi aumenti di mortalità determinati dalla pandemia.

Il settore cremazione
Attualmente in Italia sono presenti 85 impianti di cremazione, con oltre 150 forni totali, principalmente dislocati al Nord e al Centro del Paese, con sotto-dotazione al Sud. Quindi la potenzialità di cremazione si trova principalmente nel Nord e Centro Italia, mentre è molto bassa nel Sud e nelle Isole.
L’incidenza della cremazione dei soli cadaveri al momento del funerale è circa del 30%. La media di cremazioni eseguite per impianto è di circa 2650 cremazioni/anno (somma di 2.200 corpi e 450 resti mortali).Si può calcolare in media una potenzialità giornaliera di cremazione del sistema italiano dell’ordine di 6 cremazioni/giorno per forno, che – all’occorrenza – potrebbe essere aumentata circa del 50%, ma non più dell’80%.
Nel periodo di massima epidemia si è andati in overbooking, pur essendo il Nord il territorio dove è dislocata la maggior parte degli impianti di cremazione.
Questo conferma del fatto che il sistema dei crematori può contribuire ad alleviare la situazione di stress, causato da una pandemia, ma solo ad integrazione dei sistemi tradizionali di sepoltura.

La prima ondata di Covid-19
In Italia i primi casi conclamati di Covid-19 sono stati individuati il 20 febbraio 2020, in alcune aree del Nord (principalmente Lombardia) e, come noto, le iniziali misure restrittive adottate dal Governo, limitatamente a quei territori, non si sono dimostrate sufficienti a causa di una già pregressa diffusione del virus in aree circostanti, che non era stata registrata.
Da qui la decisione di estendere a tutto il territorio nazionale le necessarie misure di contenimento della diffusione del virus, anche se, nel frattempo, gli effetti della rapida diffusione del contagio si sono abbattuti in primis sul settore sanitario e subito dopo su quello funerario.
Una nota Istat sull’andamento della mortalità nel periodo gennaio-agosto 2020, rispetto al periodo 2015-2019, ha precisato che a partire dal mese di marzo si è rilevata una importante rottura della tendenza alla diminuzione della mortalità riscontrata per i primi due mesi del 2020.
A livello territoriale, il Nord è stata l’area in cui si è registrata l’inversione di tendenza più marcata, a seguito della diffusione dell’epidemia di Covid-19; in particolare in Lombardia si è passati da una diminuzione dei decessi del 5,8% del bimestre gennaio-febbraio 2020 -rispetto al 2015- 2019- ad un aumento del 191,2% nel mese di marzo. A seguire, l’Emilia–Romagna con un aumento del 69,1%, ed il Trentino Alto-Adige con un aumento del 62,2%.
Nel mese di aprile si è registrata, pur in un contesto ancora drammatico, una riduzione dell’eccesso di mortalità totale, rispetto allo stesso periodo del 2015- 2019, proprio in alcune delle aree, che per prime erano state colpite più duramente dall’epidemia di Covid-19.
A livello nazionale, i decessi totali sono scesi dagli oltre 85mila di marzo ai 72mila di aprile e la variazione è passata da un aumento medio del 47,2% di marzo (27 mila e 500 decessi in più rispetto alla media 2015- 2019) al 39,2% di aprile (20 mila decessi in più).
La diminuzione più importante, in termini di decessi e di variazione percentuale, si è osservata in Lombardia: i morti per il totale delle cause sono diminuiti dai 25 mila e 500 di marzo ai 17 mila di aprile 2020 e l’eccesso di decessi rispetto alla media degli stessi mesi del periodo 2015-2019 è sceso dal 191,2% al 117,1%.
Nel mese di maggio, a livello medio nazionale, i decessi totali sono risultati ancora lievemente superiori alla media dello stesso mese del periodo 2015-2019 (quasi 52 mila nel 2020, +2,1%). Nei mesi di giugno e luglio si è registrato, al contrario, a livello nazionale un calo del numero dei decessi rispetto alla media 2015/2019 (rispettivamente dell’1,5% e del 3%).
Nello stesso periodo, la variazione è risultata negativa per tutte le ripartizioni.

Le difficoltà rilevate nella prima ondata e le possibili soluzioni individuate
La gestione del deposito dei feretri ha costituito un problema rilevante, a causa della saturazione delle camere mortuarie delle strutture sanitarie e delle RSA, che ha conseguentemente rallentato anche le successive fasi di trasporto e sepoltura.
In questi casi è stato consigliato, sulla base di quanto indicato dalla Circolare Ministero Salute del 2 maggio 2020 n. 15280, come modificata dalla successiva del 28 maggio 2020 n. 18457, punto D.6, di gestire lo stoccaggio dei feretri:
• mettendo a disposizione la camera mortuaria del cimitero, sempre nel rispetto delle necessarie misure igienico-sanitarie;
• recuperando spazi per sepolture temporanee;
• creando depositi di feretri intermedi, anche in chiese o altri ampi luoghi di sosta, in attesa di sepoltura o cremazione.
Per quanto riguarda le modalità di rilascio delle pratiche funebri di trasporto e sepoltura, è stata indicata come prioritaria la trasmissione per via telematica delle informazioni sul decesso e delle necessarie autorizzazioni per trasporto e sepoltura (v. art.1 OCDPC n. 664 del 18 aprile 2020 e art. 12 DL 19 maggio 2020, n. 34 s.m.i, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77).
Ciò ha risposto alle esigenze di celerità, dovute alla necessità di avviare, nel più breve tempo possibile, i feretri a sepoltura o cremazione, oltreché di prevenzione di diffusione del contagio, evitando la presenza fisica dei familiari nello svolgimento delle varie pratiche e facilitandoli altresì nelle situazioni di impossibilità a muoversi.
Il problema dei trasporti funebri insufficienti al numero di defunti, dovuto ad imprese funebri non tarate su numeri di servizi così elevati e concentrati temporalmente e localmente, si è inoltre sommato a situazioni di personale non utilizzabile, perché contagiato o in quarantena preventiva.
Le possibili soluzioni di aiuto hanno preso in considerazione anche il supporto di imprese territorialmente vicini e, in casi eccezionali, l’intervento di mezzi e personale dell’esercito.
Per il necessario aumento della capacità di stoccaggio del crematorio, si è consigliato di procedere:
• dotandosi di container frigo o mezzi refrigerati nei pressi dei crematori;
• estendendo l’utilizzo della camera mortuaria del crematorio o della sala del commiato a deposito feretri;
• prevedendo anche l’utilizzo di manufatti cimiteriali come luogo di deposito temporaneo, sempre nel rispetto delle necessarie misure igienico-sanitarie.
Per il potenziamento della capacità ricettiva dei cimiteri, si è invitato ad agire:
• liberando posti in loculo attuando alcuni passaggi normativo-procedurali;
• procedendo con sepolture a terra, anche con ampliamento del cimitero laddove lo stato di emergenza lo richieda (necessità di ordinanza sindacale contingibile ed urgente);
• utilizzando i cimiteri di territorio più ampio (v. OCDPC 18 aprile 2020, n. 664).
Queste quindi le soluzioni individuate, non sempre per tempo, per affrontare l’improvviso aumento di mortalità che ha avuto un grosso impatto sul settore funerario, specialmente sull’ambito della cremazione, che è risultata la scelta maggioritaria in aderenza all’idea – quanto meno trasmessa a livello mediatico – che fosse l’unica scelta possibile in questa fase emergenziale. Mentre così non era, dovendo il sistema pubblico garantire ed assicurare anche le inumazioni e le tumulazioni, oltre a salvaguardare il diritto di esprimere le proprie volontà, da parte delle famiglie colpite da un lutto.

Written by:

Valeria leotta

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