Quando usare la cassa di zinco o il cassone impermeabile esterno e rimovibile rispetto alla bara lignea nell’inumazione di infetti

Nell’impiego delle casse destinate alla sepoltura entro loculo o nicchia muraria, per i trasporti da comune a comune oltre i 100 Km, oppure ancora per i trasferimenti di cadaveri umani portatori di morbo infettivo diffusivo, o, infine nei trasporti internazionali (ovviamente fuori dei casi contemplati dalla Convenzione Internazionale di Berlino) è consentito che la regione a seguito della devoluzione di compiti e funzioni dallo Stato agli enti territoriali, realizzato con Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri 26 maggio 2000, ai sensi dell’Art. 7 D.LGS n.112/1998, possa autorizzare l’uso di materiali diversi ed alternativi rispetto a legno, zinco o piombo purché essi siano in grado di garantire la stessa resistenza a stress meccanico e la perfetta impermeabilità del feretro che assicurano le casse mortuarie confezionate secondo tecniche e criteri costruttivi?

Se seguissimo alla lettera il disposto dell’Art. 117 comma 4 Cost. nella sua nuova formulazione introdotta dalla Legge. Cost. n. 3/2001 la risposta dovrebbe esser positiva.
La regione, così nell’atto autorizzativo, dovrebbe indicare anche le caratteristiche di cui detti materiali innovativi saranno dotati.
Il condizionale, tuttavia, è d’obbligo perché, di fatto, anche dopo l’approvazione della Legge Costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001 L’autorizzazione necessaria per l’adozione di nuovi materiali per bare (Art. 31 e Art. 75 comma 3 DPR 285/90) o per valvole depuratrici e altri dispositivi (art. 77 DPR 285/90), è invece materia che resta allo Stato, sulla base di un cavillo normativo (per altro, già utilizzato per l’emanazione del DM 7 febbraio 2002), ritenendo tali fattispecie inquadrabili nella previsione di cui all’art. 115, comma 1, lettera b) del D.Lgs 112/98; poiché tali autorizzazioni non sarebbero semplici provvedimenti autorizzatori, bensì atti a contenuto normativo. Questo orientamento del Dicastero della Salute è stato recentemente riconfermato con l’emanazione dei due Decreti Ministeriali entrambi del 5 luglio 2002 (l’ultimo dei quali è stato rettificato con D.M. 2 novembre 2011) e del Decreto Ministeriale 7 febbraio 2012.

Si veda a tal proposito anche la circolare del Ministero della Salute del 21/05/2002 n. 400 VIII/9L/1924.
Bisogna subito notare come con l’allegato 3 del regolamento n. 6 del 9 novembre 2004 la regione Lombardia, con una soluzione controcorrente rispetto alla posizione del Ministero ricordata con la sullodata circolare 21/05/2002 n. 400 VIII/9L/1924, abbia autonomamente legiferato, con norma speciale, sui criteri costruttivi con cui fabbricare casse mortuarie.
Tale iniziativa, però, sconta i limiti di efficacia propri di un regolamento adottato da un ente territoriale, il comma 1 dell’Art. 18, infatti, circoscrive l’ambito di validità quando prescrive che per i trasporti fuori regione i si continuino ad osservare le disposizioni del DPR 285/90.
Su quest’aspetto forse si sarebbero potuti evidenziare profili di illegittimità, ma, al momento, non risulta che detto regolamento sia stato impugnato o siano in corso procedimenti per dichiararne l’incompatibilità con le norme di rango superiore.

Come prima rilevato, il ricorso a contenitori flessibili, realizzati con plastica biodegradabile e facilmente combustibile, ma in grado di assicurare per diverso tempo, anche dopo il trasporto, l’ermeticità a liquidi e gas post mortali, è permesso ai sensi dei sopraccitati DD.MM emanati dal Ministero della Salute su parere del Consiglio Superiore di Sanità.
I dispositivi ad effetto “barriera” nella loro applicazione sempre più diffusa e convinta da parte delle imprese funebri o dei gestori delle aree sepolcrali incontrano, però, un’importante restrizione: non possono esser utilizzati al posto dell’involucro di lamiera in cofani confezionati per la sepoltura di infetti se la loro destinazione ultima sarà l’inumazione.

Quindi per cadaveri portatori di morbo infettivo-diffusivo, allorché altissimo è il rischio di contagio, si deve seguire letteralmente la procedura di cui all’Art. 25 del DPR 285/90 (se non è intervenuta apposita disciplina regionale come in Lombardia ed Emilia-Romagna ad esempio) con il cadavere racchiuso entro duplice cofano, assolutamente solo ligneo e metallico, e trasportabile solo a cassa saldata, ossia quando si sia concluso il periodo d’osservazione e sia già stato rilasciato il permesso di seppellimento ex Art. 74 DPR n.396/2000.

La ratio di questa norma è molto chiara: la bara quando sia giunta in cimitero sarà sottoposta al taglio del coperchio zincato come dettato dall’Art. 75 comma 2 DPR 285/90, così da favorire la percolazione di acque piovane e di conseguenza i processi di naturale decomposizione, ma sotto alla schiena del cadavere deve permanere intatta la vasca di lamiera, in modo da contenere, nel tempo, la lisciviazione dei liquami cadaverici ad alto potere ammorbante che potrebbero diffondersi negli strati più profondi del terreno e contaminare le falde freatiche.

La disposizione della cassa metallica (interna oppure esterna rispetto alla cassa di legno è ininfluente poiché tra il cadavere ed il fondo della buca verrebbe pur sempre a trovarsi la lastra di zinco e per la legge italiana si possono aprire squarci solo sul coperchio della cassa metallica, non sul suo fondo.
Pare, allora, legittimo concludere che in caso di infetti Il filtro naturale di suolo dallo spessore di almeno 50 cm tra il fondo della fossa e la vena acquifera potrebbe non esser sufficiente a scongiurare l’inquinamento delle acque.
Questa disposizione, così precisa e stringente, entra però il conflitto con il paragrafo 9 della Circolare Ministeriale n. 24 del 24 giugno 1993 almeno nella parte del testo in cui si asserisce:

“Per il trasporto oltre 100 km di feretri contenenti cadaveri destinati alla inumazione è consentito il ricorso a particolari cofani esterni a quello di legno di materiali impermeabili e con adeguata resistenza meccanica a chiusura stagna eventualmente riutilizzabili previa disinfezione, purché in possesso dell’autorizzazione di cui all’art. 31 del decreto del Presidente della Repubblica n. 285/1990.
Tale sistema è preferibile nel caso di trasporti di cadaveri di persone morte di malattie infettive-diffusive destinati alla inumazione.”
La norma della circolare ministeriale n.24/93 tende, dunque, a ridurre il ricorso al feretro confezionato con la cassa metallica per trasporto e sepoltura di infetti, mentre i più recenti decreti ministeriali, con un percorso logico esattamente contrario, impongono sempre l’adozione del cofano di lamiera, ora vicariato dai dispositivi palstici ad effetto impermeabilizzante”.

Arriviamo, allora,a questo paradosso normativo: per un un semplice atto istruttivo come la Circ. Min. n,24/1993 (ma di grande valore esplicativo!) il contenitore ermetico serve solo durante il trasferimento e, quindi, al momento dell’interro deve esser rimosso, per l’altra norma, invece, (Artt. 18, 25 e 75 comma 2 DPR n.285/1990) parimenti autorevole e legittimata, nonché gerarchicamente superiore, durante il periodo legale di sepoltura il cadavere infetto deve giacere sempre in una vasca metallica che ne isoli la schiena dall’ambiente esterno al feretro stesso.
Il dispositivo ad effetto barriera non è, allora, idoneo non perchè non riesca a contenere al proprio interno i fenomeni percolativi del cadavere infetto (è, infatti, adatto al trasporto di infetti da avviare a cremazione) ma perchè è progettato proprio per dissolversi dopo qualche tempo.
Tra i due disposti in stridente contraddizione tra loro quale prevale?

La scelta non è agevole ed il dilemma sussiste, anche perché questa situazione costringe l’interprete a complicate ricostruzioni di un sistema di norme applicabili in concreto basandosi di volta in volta su diversi criteri (cronologico, gerarchico, di specialità…)
Il vero problema, però, al di là delle diatribe dottrinali è il disagio cui sono sottoposti necrofori ed affossatori durante movimentazione e manipolazione dei feretri che prima della sepoltura debbano esser manomessi, così da creare soluzione di continuità nella lamiera.

In questo frangente (inumazione di infetti) sfilare la cassa di legno dal cassone esterno ed impermeabile, prima di calarla nella fossa, così come praticare tagli sulla copertura della cassa zincata significa esporsi, anche se per brevissimo tempo, all’azione dei miasmi cadaverici molto pericolosi, un dispositivo ad effetto barriera interno alla cassa lignea per obbligo di legge, potrebbe, invece, assolvere simultaneamente due funzioni: proteggere gli operatori funebri e cimiteriali da contagio, poiché nessuno, una volta sigillato ermeticamente l’involucro plastico, entrerebbe più a diretto contatto con il cadavere ed i suoi vapori fetidi ed anche consentire la naturale mineralizzazione dei tessuti organici, la presenza dello zinco, al contrario, tende ad inibire tale processo di dissoluzione.

In attesa di auspicabili chiarimenti occorre, comunque, osservare scrupolosamente le norme sin qui enunciate, quindi per l’inumazione di infetti serve sempre la duplice cassa di cui all’Art. 25: se la cassa a tenuta stagna, di cui all’ Art. 30 comma 2 ed all’Art. 31 DPR 285/90 è incorporata alla cassa di legno (come nelle normali bare da tumulazione) verrà anch’essa sepolta dopo che il suo coperchio sarà stato opportunamente tagliato, se invece l’impermeabilità del feretro è dovuta ad una cassone asportabile di metallo, vetroresina quest’ultimo sarà tolto e disinfettato prima di un nuovo utilizzo, mentre verrà interrata la sola bara lignea, anche se il cadavere in essa racchiuso è portatore di morbo infettivo-diffusivo.

Written by:

Carlo Ballotta

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6 thoughts on “Quando usare la cassa di zinco o il cassone impermeabile esterno e rimovibile rispetto alla bara lignea nell’inumazione di infetti

  1. Buongiorno..io ho perso papà cinque mesi fa’ demenza vascolare da sei anni e negli ultimi mesi il suo corpo si consumava a vista d’occhio..lo abbiamo seppellito x terra perché nel loculo che ci davano era troppo alto e mamma con problemi alle gambe e schiena era disperata…ora vogliamo toglierlo e metterlo nel loculo che nel frattempo è sceso. Ma mi dicono che a Campagna Lupia non hanno mai fatto un intervento così e non saprebbero ne come ne cosa servirebbe..( mamma sta facendo un’esaurimento perché non riesce nemmeno a fare la scalinata x raggiungere papà nel piano rialzato dov’è tumulato perché sprovvisto di scivolo..cosa dobbiamo fare a chi dobbiamo far richiesta x questa cosa.. grazie

  2. Buonasera,
    in caso di inumazione di feretro che è stato preparato per la tumulazaione, (legno + zinco) io dovrei eliminare tutto lo zinco o è sufficente rimuovere il coperchio per permettere la penetrazione degli agenti meteorici?
    Io in qualità di necroforo devo rompere i sigilli, aprire la cassa, rimuovere lo zinco ( il coperchio ), richiudere il coperchio e procedere alla inumazione? E’ corretto?
    Grazie
    P.S.: Emilia Romagna

    1. X Daniele,

      La soluzione è contenuta nell’ art. 75 comma 2 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285: in caso di inumazione di feretro confezionato con la doppia cassa di legno e di zinco è del tutto legittimo, se non addirittura obbligatorio neutralizzare l’ermeticità del nastro metallico, rimuovendo, se necessario prima i sigilli di garanzia e poi il coperchio di legno (se lo zinco, come quasi sempre accade è interno) per poi aprire squarci e tagli sulla copertura di lamiera, così da permettere la penetrazione delle acque meteoriche nella bara, funzionale ai normali processi della decomposizione cadaverica, altrimenti inibita dal cofano a tenuta stagna.
      La procedura è già prevista dalla Legge, quindi si possono tranquillamente asportare i suggelli (di ceralacca? di materiale adesivo?) applicati da chi ha chiuso il feretro, senza bisogno di una qualche autorizzazione ulteriore (dell’A.USL o della Magistratura, nella fattispecie).
      l’art. 75 citato implicitamente vieta di trasbordare il cadavere in una nuova cassa di solo legno (l’operazione oltrechè scabrosa, riuscirebbe del tutto anti-igienica con rischio di contaminazione biologica per i necrofori), in modo da eliminare effettivamente non solo il coperchio, ma anche la vasca di zinco, pertanto il feretro da inumare sarà lo stesso impiegato per il trasporto.
      Invero alcuni regolamenti comunali (sul punto di dubbia legittimità) in questo caso richiedono anche che si pratichino fori sul fondo della cassa, la ratio della norma è consentire la lisciviazione cadaverica (i liquidi prodotti dal cadavere debbono trafilare e disperdersi nella profondità del terreno) altrimenti se questi ristagnassero a lungo sulla base della cassa (formata ancora dalla vasca di zinco) si potrebbe produrre il fenomeno post-mortale della saponificazione a carico della schiena del cadavere.

  3. X Vittorio,

    per la Legge Italiana (Art. 30 DPR n. 285/1990 e paragrafi 9 3 16 Circolare Ministeriale 24 giugno 1993 n. 24) la cassa metallica deve essere di zinco o di piombo. Non è, pertanto, ammesso il semplice ferro zincato.

  4. legandomi a quest’articolo avrei una domanda da porre:
    la cassa di zinco è fatta di zinco al 100% o è ferro zincato?

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