TAR Campania, Sez. III, 16 dicembre 2015, n. 5742

Testo completo:
TAR Campania, Sez. III, 16 dicembre 2015, n. 5742

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4176 del 2014, proposto da:
Società Piemme S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Lucio De Luca di Melpignano, presso il cui studio elegge domicilio, in Napoli, Via Cesario Console, n. 3;
contro
Comune di Piano di Sorrento, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Romina Pontecorvo, con domicilio fissato ex lege in Napoli, presso la Segreteria del T.A.R. Campania;
per l’annullamento:
– dell’ordinanza dirigenziale – Settore 2 – Attività Produttive in data 25 luglio 2014, n. 92 con cui è disposta la chiusura ad horas del laboratorio artigianale per la produzione, la trasformazione ed il confezionamento di prodotti alimentari nei locali siti in Piano di Sorrento alla via Maresca n. 80/D e la consequenziale cessazione immediata dell’attività artigianale;
– di ogni altro atto anteriore, connesso e consequenziale, compresa in particolare la nota dell’Ufficio tecnico comunale prot. n. 14975 del 1° luglio 2014.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Piano di Sorrento;
Viste le memorie difensive;
Vista l’ordinanza cautelare n. 2126 del 19 dicembre 2014;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 ottobre 2015 il dott. Gianmario Palliggiano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- Riferisce la ricorrente Società Piemme s.r.l. di essere proprietaria dell’immobile sito in Piano di Sorrento, Via Maresca 80/D.
L’immobile, costruito agli inizi degli anni ’60, è costituito da un unico livello, occupa una superficie coperta di circa 800 metri quadri ed è circondato da un’area verde di 1.500 mq circa; a monte e a valle sono ubicati altri due immobili di proprietà aliena.
Nel tempo ha avuto diverse destinazioni d’uso.
Acquisito dalla società ricorrente, veniva adibito a laboratorio per la produzione di liquori (l’antico “Limoncello di Sorrento”) e di prodotti da forno in sciroppo alcoolico nonché per commercializzare analoghi prodotti alimentari.
A partire dal 2006 e fino al 2012 la ricorrente PIEMME presentava tre DIA (11 luglio 2006, 4 dicembre 2007 e 17 giugno 2008) ed una SCIA (5 dicembre 2012) per l’esecuzione di opere di ordinaria e straordinaria manutenzione.
In data 19 aprile 2014, la società ricorrente presentava certificato di agibilità – ai sensi dell’art. 25, comma 5, d.p.r. 380/2001 – con relativo certificato di conformità urbanistico-edilizia e, in data 19 maggio 2014, comunicava al Comune di Piano di Sorrento il trasferimento del laboratorio dal Comune di Sant’Agnello, alla via Maresca del comune di Piano di Sorrento; per questo allegava, tra gli altri documenti, la planimetria dell’immobile, la relazione tecnico-descrittiva attestante la conformità dell’immobile alla normativa urbanistica, il rispetto delle norme sull’abbattimento delle barriere architettoniche, ai sensi del d.p.r. 503/1996, nonché la perizia giurata attestante la conformità alle prescrizioni per l’antincendio.
Nonostante la regolarità per i profili urbanistico, commerciale, sanitario e della sicurezza, il comune di Piano di Sorrento, con provvedimento n. 92 del 25 luglio 2014, ha ingiunto la chiusura ad horas e la cessazione dell’attività artigianale del laboratorio in questione. Il provvedimento trovava il suo presupposto nel fatto che sarebbero state realizzate opere in carenza di titolo abilitativo e che l’immobile violerebbe il R.D. 1265 del 1934 (Testo Unico Leggi Sanitarie) per mancato rispetto della distanza dal cimitero comunale.
2.- La società Piemme ha impugnato il menzionato provvedimento con l’odierno ricorso, notificato e depositato il 1° ottobre 2014.
Resiste il comune di Piano di Sorrento che, con memoria depositata il 2 settembre 2014, ha chiesto il rigetto del ricorso.
Con ordinanza cautelare n. 2126 del 18 dicembre 2014, il TAR ha accolto la richiesta di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato.
Parte ricorrente, in vista dell’udienza pubblica del 22 ottobre 2015, ha prodotto documenti, tra i quali la sentenza n. 4814 del 14 ottobre 2015, con la quale la VII Sezione di questo TAR ha accolto il ricorso R.G. 5629/2014, avente ad oggetto l’ordinanza n. 107 del 19 settembre 2014 di ingiunzione a demolire l’opificio, a fronte di contestate irregolarità urbanistico-edilizie, le quali costituiscono il fondamento del provvedimento impugnato con l’odierno ricorso.
La causa, dopo breve discussione, è stata introitata per la decisione.
3.- Parte ricorrente ha in sintesi dedotto le seguenti censure:
1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 6 d.p.r. n. 380/2001; eccesso di potere per presupposto erroneo, carenza d’istruttoria e difetto di motivazione. Il provvedimento è stato adottato nell’espresso presupposto che “l’immobile è stato oggetto di esecuzione di diverse opere realizzate in carenza di titolo abilitativo”. La ricorrente censura la genericità ed l’indeterminatezza di questo assunto tale da rendere impossibile anche una difesa puntuale.
2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 338 r.d. n. 1265/1934; eccesso di potere per travisamento dei fatti, in quanto l’immobile in questione preesiste almeno fin dal 1966; lo stesso, pertanto, essendo ubicato fuori del centro abitato ed essendo il comune di Piano (all’epoca) privo di P.R.G., per la costruzione del fabbricato non richiedeva licenza edilizia.
3) Violazione del principio della tutela dell’affidamento del terzo; mancata comparazione dell’interesse pubblico con l’interesse privato; sproporzionalità dell’azione amministrativo: nella fattispecie l’amministrazione ha generato con il proprio comportamento sia commissivo sia omissivo, l’affidamento nella ricorrente di avere agito in piena legittimità.
4.- Assume la società ricorrente che, nel caso in esame, l’amministrazione comunale ha generato con il proprio comportamento sia commissivo sia omissivo, l’affidamento di avere agito in piena legittimità. Fa riferimento, al riguardo, alla deliberazione del Consiglio comunale di Piano di Sorrento n. 287 del 29 dicembre 1969 con la quale fu approvata una transazione con l’allora proprietario dell’immobile in questione, relativamente ad un giudizio pendente innanzi al Consiglio di Stato ed avente ad oggetto un provvedimento del medesimo comune di Piano di Sorrento.
Ebbene, la società ricorrente afferma che, con tale deliberazione, il comune ha operato una legittimazione urbanistica dell’immobile in argomento con rinuncia alla fascia di rispetto cimiteriale
5.- In senso contrario, l’amministrazione comunale, nel difendere il proprio operato, sostiene che l’ordinanza impugnata, nel suo impianto motivazionale, non fa che ricondursi alla nota prot. n. 14975 del 1° luglio 2014. Con tale nota, l’Ufficio Tecnico Comunale, nel rendere la relazione sull’esito dei sopralluoghi effettuati presso l’immobile in proprietà della Piemme nelle date del 22 e del 27 maggio 2014, ha messo in evidenza le violazioni che hanno poi determinato l’assunzione del provvedimento in questa sede impugnato, in particolare che le opere edilizie rilevate sono carenti di titolo abilitante ad hoc.
Rileva l’amministrazione comunale che, per costante orientamento della giurisprudenza, l’esercizio di un’attività commerciale è condizionato dalla presenza di un titolo abilitante che può formarsi solo in virtù di regolarità edilizia, carente nel caso in questione; l’immobile ricadrebbe infatti all’interno dell’area di ampliamento di progetto del cimitero e, pertanto, sarebbe costruito in violazione delle norme di cui al menzionato R.D. n. 1265/1934, il quale vieta costruzioni entro il raggio di 200 metri dal perimetro di un cimitero.
6.- Il ricorso merita accoglimento.
6.1.- Il provvedimento impugnato regge la propria motivazione, da un lato, sull’esecuzione di “opere realizzate in carenza del titolo abilitativo” e, dall’altro, sul mancato rispetto della fascia cimiteriale, all’epoca pari a 200 metri, ai sensi dell’art. 338 D.p.r. 1265/1934, il testo unico delle leggi sanitarie.
6.1.- Il Collegio osserva preliminarmente che, con sentenza n. 4814 del 14 ottobre 2015, la Settima Sezione di questo TAR ha accolto il ricorso col quale l’odierna ricorrente aveva impugnato l’ordinanza n. 107 del 19 settembre 2014. Con tale ordinanza il comune di Piano di Sorrento aveva ingiunto la ricorrente Piemme a demolire l’opificio produttivo, avendo constatato diversi illeciti edilizi. L’ordinanza in parola, benché successiva cronologicamente, costituisce il fondamento logico-giuridico del provvedimento impugnato con l’odierno ricorso che trova uno dei presupposti nelle asserite irregolarità edilizie.
6.2.- Al riguardo, questo TAR, con la menzionata sentenza 4814/2015, ha in particolare ravvisato la fondatezza dei motivi di ricorso con i quali la ricorrente Piemme aveva dedotto che, nonostante l’opificio ricadesse in zona di rispetto cimiteriale, gli atti ed i comportamenti univoci assunti dall’amministrazione comunale, nel corso di oltre 50 anni, avevano nella sostanza cristallizzato lo stato di fatto esistente, ingenerando un diritto alla conservazione ed al recupero funzionale del bene e radicando un affidamento del privato alla conservazione giuridica ed all’utilizzo del complesso produttivo in coerenza con il PRG vigente, avuto anche riguardo all’accordo transattivo autorizzato con delibera consiliare n. 39/1969.
Al riguardo, il Tar rilevava che: “i motivi di ricorso si presentano fondati in quanto l’Amministrazione, per la prima volta, con l’atto in questa sede gravato, ha contestato la stessa legittimità urbanistica dell’opificio di cui è causa, in quanto inserito in zona di rispetto cimiteriale, nonostante lo stesso fosse recensito nel P.R.G. vigente tra gli edifici esistenti ex art. 338 T.U.L.S, e quindi legittimato in deroga al vincolo di rispetto cimiteriale.
16.4.1. Detta qualificazione, unitamente alla circostanza dell’esistenza dell’accordo transattivo intervenuto fra le parti, allegato da parte ricorrente, non può pertanto che portare a ritenere, in assenza di un atto di autotutela sui medesimi (P.R.G. e delibera consiliare legittimante l’accordo transattivo) la legittimità urbanistica dell’opificio, peraltro confermata da comportamenti concludenti della P.A, che mai in precedenza (vale sottolinearlo) era intervenuta a contestare la legittimità ex se dell’opificio, in quanto ricadente in zona di rispetto cimiteriale.”
6.3.- Quanto chiarito dall’illustrata sentenza n. 4814/2015 è sufficiente per superare le contestazioni mosse dall’amministrazione comunale in merito alla regolarità edilizio-urbanistica dell’immobile di proprietà della società ricorrente.
Va soltanto aggiunto che, sulla base dei documenti versati agli atti della causa a cura della società ricorrente, emerge che quest’ultima aveva eseguito opere di ordinaria e straordinaria manutenzione sulla base delle tre DIA – presentate nelle date dell’11 luglio 2006, 4 dicembre 2007, 4 marzo 2008 – e della SCIA, presentata il 5 gennaio 2012.
Più in particolare, le tre DIA hanno riguardato:
– nel 2006, lavori di adeguamento funzionale dell’immobile;
– nel 2007, opere di rifacimento del muro di confine crollato;
– nel 2008, la cabina elettrica interrata.
La SCIA del 2012 era attinente ad opere di completamento e rifinitura, sospese in attesa della definizione della procedura espropriativa.
Le opere sopra indicate, coincidendo con interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, rientrano nella previsione di cui all’art. 6, comma 1, lett. a) e comma 2, lett. b) e c) d.p.r. 380/2001 (come sostituito dall’art. 5 d.l. n. 40 del 2010, convertito nella L. n. 73 del 2010); in quanto tali le stesse non necessitano di titolo abilitativo ovvero richiedono, limitatamente a quelle di carattere straordinario, “la previa comunicazione anche per via telematica dell’inizio dei lavori”.
In ogni caso, la società ricorrente si è cautelata, ravvisando l’opportunità di inviare per le descritte opere, denunce di inizio attività e, nel 2012, la segnalazione certificata, atti nei confronti delle quali l’amministrazione comunale non è mai intervenuta né con l’esercizio dei poteri inibitorio/interdittivi né con quelli di autotutela.
Emerge, pertanto, la genericità della motivazione del provvedimento impugnato il quale si riferisce, con espressione invero indeterminata, a “diverse opere realizzate in carenza di titolo autorizzativo”, senza circoscrivere esattamente la natura e la consistenza delle difformità riscontrate.
7.- Ciò chiarito in merito allo specifico profilo della regolarità urbanistico-edilizia degli interventi contestati dall’amministrazione comunale, può passarsi all’esame dell’altro profilo della motivazione col quale l’amministrazione comunale contesta la violazione del vincolo di rispetto della fascia cimiteriale.
Sul punto, appare opportuno al Collegio condurre una sintetica rassegna della normativa vigente in materia.
7.1.- L’individuazione di fasce di rispetto intorno ai cimiteri risale al menzionato art. 338 R.D. 1265/1934 che, nella sua formulazione originaria, al primo comma, disponeva che i cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno duecento metri dai centri abitati; la norma, al tempo stesso, introduceva il divieto di costruire intorno agli stessi nuovi edifici e di ampliare quelli esistenti “entro il raggio di duecento metri”.
Il Prefetto disponeva del potere di consentire la costruzione e l’ampliamento di cimiteri a distanza inferiore ai duecento metri dai centri abitati allorché, a causa di speciali condizioni, non era consentito provvedere altrimenti. Inoltre, su motivata richiesta del consiglio comunale, in assenza di ragioni igieniche ostative, il Prefetto poteva anche ridurre l’ampiezza della zona di rispetto, delimitandone il perimetro in relazione alla situazione dei luoghi, entro il limite di 100 metri per i Comuni con popolazione superiore ai 20.000 abitanti, e di 50 metri per gli altri Comuni.
7.2.- A sua volta, il Regolamento governativo di polizia mortuaria, approvato con d.p.r. 10 settembre 1990 n. 285, nel disciplinare i piani regolatori cimiteriali comunali, all’art. 57, comma 1, puntualizza che i cimiteri devono essere isolati dall’abitato mediante la zona di rispetto prevista dal citato art. 338 r.d. 1265/1934.
Il comma 3 sanciva il divieto di costruire nuovi edifici o di ampliare quelli preesistenti “entro la fascia di rispetto”.
Il comma 4 ribadiva che, nell’ampliamento dei cimiteri esistenti, la fascia di rispetto non può essere inferiore a 100 metri dai centri abitati nei comuni con popolazione superiore ai 20.000 abitanti, ed a 50 metri per gli altri Comuni.
Gli appena menzionati commi 3 e 4 dell’art. 57 del d.p.r. n. 285/1990 sono stati abrogati dall’art. 28 della legge 1° agosto 2002 n. 166, recante disposizioni in materia di infrastrutture e di trasporti.
Quest’ultima norma – nel rivisitare, tra l’altro, la disciplina statale sulle zone limitrofe ad aree cimiteriali – ha sostituito i commi 1, 4, 5, 6 e 7 dell’art. 338 r.d. 1265/1934.
7.3.- Per effetto delle modifiche legislative, l’attuale formulazione di quest’ultima disposizione, al comma 1, precisa che: “I cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato. È vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell’impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge”.
Pertanto, la normativa statale in materia, da un lato, pone limiti all’attività edificatoria dei privati nelle aree circostanti il perimetro dei cimiteri e, dall’altro, impone ai comuni l’osservanza di determinate distanze minime dai centri abitati, le quali si concretizzano nel fissare un limite “invalicabile” – la fascia di rispetto – laddove s’intenda costruire nuovi cimiteri ovvero ampliare quelli esistenti.
Tuttavia, il Consiglio Comunale, ai sensi del menzionato art. 338, comma 3, è investito del potere in deroga di ridurre il limite sino a 50 metri, in funzione dell’ampliamento dei cimiteri esistenti ovvero della costruzione di nuovi cimiteri, oppure in presenza di determinate circostanze di rilievo pubblicistico, ossia per dare esecuzione ad un’opera pubblica o all’attuazione di un intervento urbanistico.
Trattasi in entrambi i casi di eccezioni giustificate da esigenze pubblicistiche correlate alla stessa edilizia cimiteriale oppure ad altri interventi pubblici ovvero privati ma di rilievo pubblico, purché compatibili con le concorrenti ragioni di tutela della zona. Il comma 5 chiarisce, infatti, che la riduzione della zona di rispetto deve tenere conto degli elementi ambientali di pregio dell’area; la richiamata riduzione, sempre ai sensi del comma 5, è applicabile, con identica procedura, anche per la realizzazione di parchi, giardini e annessi, parcheggi pubblici e privati, attrezzature sportive, locali tecnici e serre (in merito alle ipotesi di deroga, cfr., ex multis, Consiglio di Stato, sez. VI, 4 luglio 2014, n. 3410; T.A.R. Napoli, sez. IV, 14 novembre 2014, n. 5942).
Va, infine, rilevato che l’ultimo comma dell’art. 338 r.d. 1265/1934 – come sostituito dall’art. 28, comma 1, lett. b) della legge 166/2002 – dispone che “all’interno della zona di rispetto per gli edifici esistenti sono consentiti interventi di recupero ovvero interventi funzionali all’utilizzo dell’edificio stesso, tra cui l’ampliamento nella percentuale massima del 10 per cento e i cambi di destinazione d’uso, oltre a quelli previsti dalle lettere a), b), c) e d) del primo comma dell’art. 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457.”.
8.- Tratteggiata la normativa vigente in materia, nel caso specifico, appare dirimente la considerazione che l’immobile in questione preesiste almeno fin dal 1966; ciò risulta dall’aerofotogrammetria Alisud redatta in data 20 dicembre 1966 (all. 2 all’atto introduttivo del ricorso).
L’immobile era altresì inizialmente ubicato fuori del centro abitato; poiché il Comune di Piano di Sorrento era all’epoca privo di Piano regolatore generale, per la costruzione del fabbricato non occorreva titolo edilizio specifico (all’epoca licenza edilizia).
Non possono poi trascurarsi i molteplici atti autorizzativi che avevano interessato l’opificio, per lo svolgimento delle connesse attività economico-commerciali.
Più in particolare, con provvedimento sindacale prot. n. 19582 del 19 ottobre 1996, il comune di Piano di Sorrento autorizzava l’esercizio dell’attività artigiana di produzione di oggetti in legno intarsiato sorrentino (all. 12).
L’ASL Napoli 3, con provvedimento del 17 dicembre 2013 (all. 3), aveva espresso parere favorevole per i locali da adibire all’attività svolta dalla ricorrente.
L’Agenzia delle dogane e dei Monopoli di Napoli, in data 22 maggio 2014, rilasciava la licenza per l’esercizio dell’attività di produzione di prodotti a base di alcool etilico, ai sensi del d. lgs. 504/1995.
9.- Orbene, su queste premesse attestanti la complessiva regolarità amministrativa, per diversi profili, dell’attività condotta dalla società ricorrente, interveniva il provvedimento impugnato che, senza considerare le precedenti DIA e SCIA, mai oggetto di specifica contestazione da parte dell’amministrazione comunale, e la preesistenza dell’immobile rispetto al successivo ampliamento dell’area cimiteriale, ordinava la chiusura immediata dell’opificio. Emerge, in questo senso, la carenza di una ponderata valutazione del contrapposto interesse privato il quale, proprio in considerazione dei precedenti comportamenti assunti dall’amministrazione comunale, aveva riposto un fondato affidamento sulla legittimità della propria posizione (Tar Campania, Napoli, sez. IV, 24 maggio 2010, n. 8343).
Peraltro, l’amministrazione comunale non ha dimostrato con elementi certi il fatto che, in seguito al progetto di ampliamento dell’area cimiteriale, la consistenza dell’immobile abbia subito variazioni plano-volumetriche che abbiano inciso sul rispetto del vincolo cimiteriale.
Al contrario, è significativo considerare che, con decreto n. 4 del 23 marzo 2012, il comune di Piano di Sorrento aveva disposto l’esproprio di una porzione dell’area di proprietà della ricorrente (particella n. 2542 del foglio 6) proprio allo scopo di provvedere all’ “ampliamento del cimitero comunale di San Michele Arcangelo, sito in Piano di Sorrento alla Via G. Maresca”. Ciò lascia ragionevolmente dedurre che, laddove vi sia stato un superamento dei limiti di legge circa la fascia di rispetto – comunque ammissibile in deroga, alla luce della sopra illustrata normativa vigente in materia – lo stesso è conseguente all’iniziativa del comune e non agli interventi edilizi della società ricorrente.
11.- Per quanto sopra, con rilievo assorbente, il ricorso va accolto, con conseguente annullamento degli atti impugnati.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.
Condanna il comune di Piano di Sorrento al pagamento, in favore della società ricorrente, delle spese del presente giudizio che liquida in complessivi € 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre accessori come per legge e rimborso del contributo unificato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 22 ottobre 2015 con l’intervento dei magistrati:
Fabio Donadono, Presidente
Gianmario Palliggiano, Consigliere, Estensore
Alfonso Graziano, Primo Referendario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/12/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Written by:

Meneghini Elisa

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