Cremare resti mortali

I cadaveri durante la loro permanenza nella tomba, sia essa una fossa di terra oppure un tumulo, sono soggetti a diverse trasformazioni di stato intermedie prima di degradare a semplice ossame e, quindi, in polvere secondo il celebre monito biblico (et in pulvem reverteris!).

L’attività cimiteriale è ciclica e non ad accumulo, è, dunque, finalizzata alla scheletrizzazione dei corpi e non al loro mantenimento nella condizione di integrità immediatamente successiva al decesso, proprio per assicurare spazio alle nuove sepolture; quindi, dopo il periodo di sepoltura legale, si eseguono le operazioni di esumazione o estumulazione volte a rimuovere le vecchie tombe (con il loro contenuto), così da poterle riutilizzare.

Dal 10 febbraio 1976, da quando entrò in vigore il vecchio regolamento di polizia mortuaria per ogni cadavere, anche tumulato, deve esser fissato un tempo massimo di sepoltura (coincidente, quasi sempre, con l’esaurirsi della concessione) oltre il quale procedere con il disseppellimento proprio per verificare l’avvenuta mineralizzazione dei tessuti organici e provvedere alla raccolta delle ossa. Sono, infatti, vietate le concessioni perpetue.

Particolari condizioni ambientali, chimiche e fisiche possono inibire, rallentare o modificare radicalmente i processi di normale decomposizione della materia organica di cui consiste il corpo umano, quindi non è sempre vero che all’atto dell’apertura della tomba si rinvengano solo ossa, spesso, in effetti, i corpi sono ancora incorrotti (per effetto dei fenomeni postmortali di corificazione, saponificazione o mummificazione) o solo parzialmente intaccati dalla putredine.

Il maggiore dei problemi gestionali per i cimiteri italiani è proprio questo: i morti non si scheletrizzano nei tempi e nei modi previsti!

Da circa 10 anni a questa parte si rileva con sempre maggior frequenza come le salme sepolte in terra, nei loculi o nelle tombe, decorso il periodo usuale di sepoltura (rispettivamente 10 e 30-35 anni) abbiano elevate percentuali di mancata o imperfetta scheletrizzazione.

Questo dato tendenziale, inizialmente avvertito nel corso delle esumazioni decennali (20% di inconsunti, con punte in zone umide del 70-80%) è in effetti la sommità di un iceberg, perché solo in questi, e nei prossimi anni, cominceranno ad entrare in rotazione i loculi o i posti salma in tomba frutto della crescita delle tumulazioni degli anni sessanta. Già in molte città si avvertono percentuali di indecomposti che variano fra il 20-30% e il 50-60% ed anche più in caso di estumulazione.

Ci si è quindi cominciato a chiedere quali fossero le cause di un simile trend negativo, tenuto conto che spesso i terreni di inumazione erano gli stessi (e in certi casi si era addirittura determinato un abbassamento delle falde superficiali per effetto di forti emungimenti dai pozzi) capaci, in passato, di garantire una certa efficienza “mineralizzante”.

E’ stato, inoltre, per certi versi sconvolgente constatare come nella tumulazione più si seguiva alla lettera la norma di legge e più si ottenevano risultati pessimi in termini di efficacia “mineralizzante”.

In pratica l’ impermeabilità ai liquidi e ai gas della bara e della cella muraria, unita magari alla puntura conservativa, determina condizioni di prolungamento nel tempo dei fenomeni di scheletrizzazione.

A partire dagli anni ‘90 si comincia ad avvertire l’esigenza di una norma con cui affrontare questa difficoltà strutturale, ossia lo smaltimento di cadaveri dissepolti ma ancora intatti che, non potendo esser ridotti in cassetta ossario o in ossario comune, continuerebbero ad occupare per ancora molto altro tempo posti feretro, riducendo, così, la capacità ricettiva del camposanto per i nuovi morti.

L’attuale regolamento di polizia mortuaria è varato il 10 settembre del 1990, ma, con una certa miopia, non introduce nuovi strumenti operativi, limitandosi a prescrivere per gli inconsunti estumulati un ulteriore periodo di interro, ed, ovviamente, in sede di calcolo del fabbisogno cimiteriale, ovvero del dimensionamento dei campi a sistema di inumazione, si dovrà appunto considerare questa ulteriore esigenza in termini di fosse.

Prendere coscienza di una problema significa anche dotarsi di un linguaggio tecnico-giuridico con cui, poi codificare le disposizioni normative per risolverlo o, quanto meno arginarlo: il cadavere mummificato, corificato o saponificato rappresenta un’entità medico legale di difficile interpretazione, invece il legislatore per uniformare i protocolli operativi della complessa macchina chiamata “polizia mortuaria”, decide, in diversi passaggi, ma con un obiettivo di fondo chiaro, di adottare una definizione amministrativa ed uniformante, basata su un criterio temporale, prima con la Circolare Ministeriale 31 luglio 1998 n. 10, poi con la Legge 30 marzo 2001 n. 130 ed infine con il DPR 15 luglio 2003 n. 254: da questo momento i cadaveri indecomposti sono detti “Resti Mortali”, ossia esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo conservativo a prescindere dal loro stato di reale conservazione (completo prosciugamento, presenza di parti molli…), se sono trascorsi almeno 10 anni dalla loro inumazione o 20 anni dalla loro tumulazione.

Quindi i cadaveri inconsunti, se dalla prima sepoltura sono passati gli anni di sepoltura legale (10 per l’inumazione, 20 per la tumulazione), cessano di esser tali e divengono resti mortali, ossia una nuova fattispecie cimiteriale cui l’ordinamento giuridico italiano riserva riconoscimento e protezione affievoliti rispetto al cadavere.

Prima, in mancanza di una norma positiva, anche la giurisprudenza più autorevole della Suprema Corte di Cassazione aveva oscillato non poco sul concetto di cadavere ora estendendolo sino alla completa dissoluzione dello stesso in ossa sciolte, ora limitandolo al solo corpo umano privo sì delle funzioni vitali, ma dotato di tutte le fattezze anatomiche ben riconoscibili e tali da suscitare sentimento di pietà e devozione verso i defunti.

In linea teorica anche all’interno dell’architettura normativa del DPR 285/90 è sempre consentita la cremazione dell’esito del fenomeno cadaverico trasformativo conservativo su richiesta dei familiari aventi titolo (a meno che non vi fosse un divieto espresso in vita dal de cuius). Per coloro che sono morti dopo il 1990 vale inoltre il criterio del silenzio assenso, cioè ai familiari si sostituisce il Responsabile del cimitero quando sia stata data opportuna pubblicità della destinazione finale di tali inconsunti, previa decisione del Sindaco con apposita ordinanza, ma vi sono due fortissime limitazioni altamente paralizzanti:

  • l’impossibilità di cremare cadaveri di persone decedute quando vigeva ancora il vecchio regolamento di polizia mortuaria (in regime di DPR 803/1975 si sarebbe potuto dal luogo alla cremazione solo dietro espresso volere del de cuius senza che tale volontà potesse esser surrogata o integrata dai famigliari dello stesso).

  • L’obbligo di un turno supplementare di inumazione per gli indecomposti estumulati, con l’implicito divieto, quindi, di cremare l’indecomposto subito dopo l’estumulazione

In regime di DPR 285/90 solo laddove si fossero verificate condizioni oggettive di carenza di spazi cimiteriali il Sindaco avrebbe potuto emettere una ordinanza (ma sono casi estremi) con la quale cremare subito anche esiti di fenomeni cadaverici di persone morte prima del 1990, così come ricordato dallo Stesso Ministero della salute in risposta allo stesso quesito posto da due distinti comuni con p.n. 400.VIII/9Q/1686 e 400.VIII/9Q/2515 ambedue del 4/7/2003.

La grande rivoluzione avviene con l’emanazione del DPR 15 luglio 2003 n. 254, esso, essendo una fonte di pari grado rispetto al regolamento di polizia mortuaria può intervenire sul suo testo per cambiarne l’assetto anche con potere “abrogante”, così come conferma lo stesso Ministero della Salute con risoluzione n. 400.VIII/9Q/3886 del 30.10.2003: “A parziale modifica ed integrazione del citato articolo 86 del tuttora vigente regolamento di polizia mortuaria di cui al decreto del Presidente della Repubblica n.285 del 1990, è consentito autorizzare, ad istanza degli aventi titolo, anche la cremazione dei resti mortali provenienti da estumulazione alla scadenza del prescritto periodo ventennale, senza alcun obbligo di una preventiva, ulteriore fase di inumazione di durata almeno quinquennale” .

Da questo pronunciamento della stessa autorità sanitaria statale emerge sempre come centrale l’elemento della volontà, che è una costante di tutta la legislazione in tema cremazione.

Questa volontà può risolversi in:

  • atto di disposizione in termini di diritti personalissimi e di pietas (il dar sepoltura attiene alla sfera più intima delle relazioni giuridiche e parentali);

  • una decisione (cioè un potere discrezionale esercitato da un soggetto a rilevanza politica) che attiene alle funzioni del sindaco e va formalizzata con opportuna pubblicità notizia in un’apposita ordinanza.

Come manifestare allora la volontà per la cremazione dei resti mortali?

il diritto a disporre dei cadaveri non si esaurisce in seguito alla prima destinazione degli stessi, ossia dopo il periodo legale di sepoltura.

Circa l’opzione cremazionista per resti mortali ed ossame (inconsunti), si pensa debbano trovare applicazione le norme contemplate per la cremazione delle cadaveri al momento immediatamente successivo al decesso, specie per quanto riguarda la priorità tra coniuge e parenti nei vari gradi e, nel caso di difetto del coniuge, la possibile pluralità di persone nello stesso grado (indipendentemente dalla linea di parentela o dalla sua ascendenza o discendenza). E’ sempre richiesta un’autorizzazione da cui, però, deve emergere solo la volontà di cremare il resto mortale o le ossa. Non è più necessaria, infatti, la procedura aggravata volta ad escludere la morte sospetta o dovuta a reato.

La cremazione dei resti mortali e delle ossa può esser deliberata d’ufficio da parte del comune quando vi sia disinteresse da parte dei familiari del defunto. La loro opposizione o contrarietà alla cremazione, invece, deve sempre esser rispettata.

Il disinteresse si qualifica come un atteggiamento inequivoco protratto per un tempo sufficientemente lungo e certo o quale mancanza di soggetti titolati a decidere sulla destinazione alternativa di ossa e resti mortali.

Secondo un certo filone del dibattito tra gli studiosi della materia funeraria l’assenso all’incinerazione degli esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo-conservativo provenienti da esumazioni ed estumulazioni ordinarie o delle semplici ossa non sembrerebbe richiedere requisiti particolari di forma, come accade, invece, per incinerare un cadavere,se non quello della sua dichiarazione resa al competente ufficio (potrebbe esser anche quello del cimitero) da parte di chi è legittimato a richiedere ed ottenere la cremazione dei resti mortali. Altri giuristi si spingono ancora oltre con una lettura più estrema del DPR 254/2003, a loro avviso addirittura gli aventi titolo non esternerebbero neppure una volontà ma un semplice assenso (cioè una non contrarietà) qualora il comune attraverso l’ordinanza che regola le estumulazioni avesse previsto in via generale la cremazione come trattamento dei resti mortali.

Tale assenso non avrebbe natura di istanza rivolta alla pubblica amministrazione, né rientrerebbe tra le dichiarazioni sostitutive di cui all’art. 47 del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 poiché il procedimento non avrebbe luogo ad impulso dei familiari, come avviene, invece, per la cremazione dei cadaveri.

Questo aspetto sembra un sofisma, ma è molto importante, perché rimarca la profonda differenza tra cadavere e resto mortale: Ad esempio: l’autorità comunale non può deliberare d’ufficio la cremazione di un cadavere (se non vi siano gravissimi pericoli igienico sanitari per la salute pubblica come in caso di epidemie o reali rischi di infezione endemica) perché per cremare un cadavere anche in caso di silenzio del de cuius, occorre pur sempre la volontà non sostituibile da terzi estranei, dei più stretti famigliari, e se si registra l’inerzia di quest’ultimi per la legge italiana la naturale sepoltura di un defunto è solo l’inumazione.

Se seguiamo questa logica di giusta semplificazione basterebbe, dunque un’autodichiarazione degli aventi titolo ai sensi del DPR 445/2000.

Per oppure ossa o resti mortali non richiesti si possono adottare provvedimenti autorizzatori contestuali e cumulativi (una sola autorizzazione per più resti mortali oppure per ossa appartenute a diversi cadaveri).

La dottrina si interroga ancora su questo dilemma: “il divieto di cremazione da parte del de cuius si estende solo al suo cadavere o anche ai resti del suo cadavere?”. Cadavere e resto morali sono due fattispecie distinte e non più sovrapponibili, il divieto di cremazione, pertanto, andrebbe limitato al solo cadavere (inteso come corpo unano ancor integro subito dopo la morte) e non dovrebbe spingersi oltre.

Diversa, invece, sarebbe un’inibizione legata alla durata di una concessione. Esempio: concessione di 90 anni con assoluta proibizione di estumulare un feretro per ridurne o bruciare i resti mortali. In quest’ipotesi il resto mortale sarebbe cremabile solo al naturale estinguersi del rapporto concessorio.

127 thoughts on “Cremare resti mortali

  1. Sì, si può fare.

    “Vuolsi colà dove si puote ciò che si vuole…e più non dimandare” come direbbe Dante nel viaggio nell’aldilà, per quietare gli spiriti infernali.

    Vabbè, dopo questa parentesi di alta scuola letteraria entriamo in medias res.

    La cremazione dei resti mortali provenienti da esumazione/estumulazione è legale e legittima ai sensi degli Artt. 5 e 6 DPR 15 luglio 2003 n. 254, come ha confermato lo stesso Ministero della Salute con risoluzione del 30/10/2003 di p.n. 400.VIII/9Q/3886.

    Già la Circ. MIn. 31 luglio 1998 n. 10 presentava forti aperture in questo senso, ma difettava di forza integrativa/abrogativa sull’Art. 86 comma 2 DPR n.285/1990, in quanto una circolare non è fonte del diritto, ma un semplice atto istruttivo.

    Ad ogni modo il DPR n.254/2003 interviente sulla questione e rende, di fatto, operativa la diretta cremazione dei resti mortali, senza più bisogno di un ulteriore turno di rotazione in campo di terra di durata quinquennale (quadra indecomposti).

    Si procede secondo questo schema:

    1) Istanza di cremazione, in bollo, rivolta al comune di prima sepoltura da parte di tutti gli aventi diritto a disporre jure sanguinis del resto mortale da esumare/estumulare, individuati secondo il criterio di poziorità stabilito dall’Art. 79 comma 2 DPR n.285/1990. (Prevale la volontà del coniuge superstite, poi, a scalare, di tutti i congiunti di pari livello sino al sesto grado di parentela (Artt. 74, 75, 76, 77 Codice Civile). Tra soggetti di parti grado occorre l’unanimità. La volontà di cremare il defunto dissepolto non richiede particolari formalizzazioni, come l’atto sostitutivo di atto di notorietà ex DPR n.445/2000, necessarie invece per cremare un defunto nell’immediatezza del decesso (Circ. Min. 1 settembre 2004 n. 37). Secondo alcuni giuristi basterebbe un semplice assenso, magari espresso ai termini dell’art. 3 comma 9 della Legge 15/5/97 n. 127 allo stesso gestore del campostanto, tramite l’ufficio cimiteriale, senza bisogno di rivolgersi al comune. MOlto dipende dall’ordinanza sindacale con cui si regolano le operazioni cimiteriali ex Artt. 2 comma 4 ed 86 comma 1 DPR n.285/1990 (ad esempio se la cremazione è il trattamento automatico e “d’ufficio” per i cadaveri indecomposti deliberato dal comune anche nel caso di assenza o disinteresse dei parenti del defunto la procedura è ulteriormente semplificata).

    2) Autorizzazione all’esumazione/estumulazione rilasciata dal comune sotto la cui giurisdizione amministrativa insiste il cimitero di prima sepoltura se quest’ultime non sono ordinaria (cioè quando sia completamente trascorso il periodo di sepoltura legale parti a 10 anni per le inumazioni e 20 anni per le tumulazioni in loculo stagno, tuttavia non bisogna dimenticare che le estumulazioni vanno effettuate ex Art. 86 comma 1 alla scadenza della concessione).

    3) Autorizzazione alla cremazione del resto mortale perfezionata, sempre dal comune di prima sepoltura secondo i criteri prima esaminati.

    4) Autorizzazione al trasporto ex Art. 24 DPR n.285/1990 del resto mortale alla volta del crematorio e poi, sempre con lo stesso decreto di trasporto ex Art. 26 DPR n.285/1990 alla destinazione ultima delle ceneri le quali, in base alla Legge REgionale, potranno esser tumulate in cimitero, affidate presso un domicilio privato, disperse in cimitero (cinerario comune o giardino delle rimembranze) o in natura.

    Autorizzazione alla cremazione ed al trasporto, se competono allo stesso ufficio comunale (Artt. 48, 3 ed art. 89 T.U.E.L DECRETO LEGISLATIVO n.267/2000) possono anche esser contestuali ex Art. 11 legge 4 gennaio 1968, n. 15 (si risparmia un passaggio burocratico a tutto vantaggiò della celerità della pratica da evadere).

    Il Ministero della Salute, con la risoluzione p.n. DGPREV-IV/6885/P/I.4.c.d.3 del 23/3/2004, è intervenuto, a seguito del DPR 254/03, sulle modalità per il confezionamento e il trasporto di resti mortali, di seguito sintetizzate: a) la procedura per il confezionamento dei resti mortali a seguito di estumulazione viene equiparata, per quanto possibile, a quella a seguito di esumazione; b) nel caso non sussistano motivi ostativi di natura igienico-sanitaria, per il trasporto di resto mortale è sufficiente l’uso di contenitore di materiale biodegradabile (inumazione) o facilmente combustibile (cremazione). Il contenitore di resti mortali deve avere caratteristiche di spessore e forma capaci di contenere un resto mortale, di sottrarlo alla vista esterna e di sostenere il peso. Il contenitore di resti mortali, all’esterno deve riportare nome cognome, data di nascita e di morte; c) nel caso in cui la competente autorità di vigilanza (A.U.S.L. o Comune in funzione delle specifiche normative regionali o locali) abbia rilevato la presenza di parti molli, è d’obbligo per il trasporto dei resti mortali, l’uso di feretri aventi le caratteristiche analoghe a quelle per il trasporto di cadavere ex Art. 88 DPR n.285/1990 e paragrafo 4 Circ. MIn. n.10/1998.

    Per le ceneri, preventivamente alla loro collocazione definitiva dovrà esser prodotto il titolo dimostrante lo JUS SEPULCHRI, ossia il diritto di accoglimento delle stesse in un determinato sepolcro, ancorchè atipico.

    Si rammenta che tutte le operazioni cimiteriali trasporto del feretro e cremazione sono a titolo oneroso per l’utenza ai sensi dell’Art.1 comma 7bis, Legge 28 febbraio 2001 n. 26. Per le tariffe della cremazione si veda il D.M. 1 luglio 2002.

  2. Salve, avrei bisogno di chiedere un’informazione.Tra qualche mese dovremo esumare la salma di mio padre.Il ns cimitero è sovraccarico e non cè al momento spazio x custodire i resti.Volevo sdunque sapere se è possibile cremare i resti.Grazie

  3. Allora: la soluzione megliore sarebbe l’estumulazione ex Art. 88 DPR n.285/1990: si abbatte la tamponatura del loculo e si sfila il feretro, se la bara dimostra la perfetta tenuta stagna si procede al trasporto fuori del recinto cimiteriale. Il “rifascio” detto altrimenti “avvolgimento” ex Circ. Min. 31 luglio 1998 n. 10 con un cassone esterno in metallo si rende necessario se la cassa è interessata da lesioni della lamiera da cui potrebbero fuoriuscire miasmi e liquindi cadaverici.

    Pochissimi impianti di cremazione, tuttavia, sono autorizzati a cremare feretri foderati con la lastra di zinco (o peggio ancora piombo) a causa delle sempre più rigide norme in materia di emissioni tossiche nell’atmosfera, l’deale, allora è è inserire nel forno la sola cassa di legno, allora di rende necessaria la preventiva rimozione del cofano di zinco, sia esso ancora perfettamente efficente o deteriorato (come spesso succede nelle bare tumulate da molto tempo per corrosione del nastro metallico. Lo zinco, infatti, con il trascorrere degli anni si passiva e tende a consumarsi, ecco perchè L’Art. 30 DPR n.285/1990 prescrive uno spessore minimo (0.66 mm che salgono a 0.74 in caso di tumulazioni “in deroga” ex Art. 106 DPR n.285/1990 e paragrafo 16, con relativo allegato tecnico Circ. Min. n.24/1993.

    Immergere le manine (lo dico da beccamorto) nel “brodo cadaverico” che ristagna sul fondo della cassa non è particolarmente simpatico, ma in certe Regioni diventa un’operazione fondamentale ed inevitabile, perchè in Lombardia, ad esempio, nessun crematorio è autorizzato a bruciare lo zinco.

    La bara, preferibilmente sarà di solo legno, con gli spessori massimi previsti dalla Legge in caso di cremazione (Circ. Min. n.24/1993) (legno dolce con spessore di cm. 2) e sarà confezionata con accessori (viti, fodera, cuscino) facilmente combustibili. Si veda anche il D.M. 12 aprile 2007 (autorizzazione all’impiego di un cofano in cellulosa con telaietto autoportante in legno per defunti da avviare alla cremazione o all’inumazione)

    Per garantire l’eremeticità durante il trasferimento si ricorre, alternativamente a:

    1) cassone esterno, facilmente asportabile, realizzato in vetroresina, plastica, metallo, lavabile e disinfettabile prima di un nuovo uso

    2) rivestimento interno alla cassa lignea con un dispositivo plastico ad effetto impermeabilizzante in sostituzione della controcassa metallica, ex Art. 31 DPR n.285/1990. Si tratta di una plastica flessibile e molto biodegradabile o sublimabile.

    Se il defunto è ancora cadavere (sono passati meno di 20 anni dalla sepoltura) occorre necessariamente una bara con le caratteristiche stabilite dagli Artt. 30, 31 e 75 DPR n.285/1990 (in LOmbardia vale, invece, l’allegato 3 al REg. REg. 9 novembre 2004 n.6.

    SE, invece, ex Art. 3 comma 1 lettera b) DPR n.254/2003 il morto è, nel frattempo, diventato resto mortale (dopo i 20 anni di tumulazione) potrebbe bastare anche un semplice contenitore di cui alla risoluzione ministeriale p.n. DGPREV-IV/6885/P/I.4.c.d.3 del 23/3/2004.

    Se ex Circ. MIn. n.10/1998 si rileva sul resto mortale la presenza di parti molli o si ricorre alle procedure spiegate prima o si asciuga il resto con particolari sali quaternari di ammonio o sostanze a base batterico-enzimatiche.

  4. X Carlo
    Grazie x la risposta.
    Si, in effetti mi sono espressa male.
    Chiedendo se necessaria l’estumulazione per la cremazione intendevo chiedere se era poi indispensabile aprire la bara per la cremazione e non voler trasformare il tumulo in forno crematorio ^_^ questo in quanto mi era stato detto che il feretro andava nel forno così com’era dopo l’estumulazione (e lo zinco?).
    Inoltre chiedevo se si autorizza il trasferimento del feretro così come lo si trova sempre che integro senza necessariamente aprirlo. Leggevo sul sito che potrebbe esser sufficiente una “impermealizzazione”? Ancora grazie

  5. …E come si fa a cremare un feretro senza, prima, averlo estratto dalla cella muraria in cui fu racchiuso?????? Usiamo il napalm e lo bruciamo sul posto oppure riempiamo il loculo di benzina e poi inzia pure il falò!?? SEmbra una mia solita battutaccia, ma in Cina succede proprio così! Della serie… rispettiamo lo Jus Eligendi SEpulcrum, quindi la volontà del de cuius. Ma si sa, i seguaci del maoismo non sono di metodi particolarmente democratici.

    Comunque i passaggi amministrativi sono i seguenti:

    innanzi tutto, ai sensi dell’Art. 3 comma 1 lettera b) DPR n.254/2003 il defunto non è più cadavere,ma “resto Mortale”, perchè sono già trascorsi i 20 anni di sepoltura legale, ed è cremabile ai sensi dell’Art.3 comma 4 DPR n.254/2003 senza la procedura aggravata di cui all’Art. 79 commi 4 e 5 DPR n.285/1990 (esclusione di morte sospetta violenta, o, peggio ancora dovuta a reato con eventuale nulla osta della Magistratura ex Art. 116 comma 1 Decreto Legislativo n.271/1989). L’autorizzazione compete al comune sotto la cui giurisdizione amministrativa si trova il cimitero di prima spoltura.

    1) dichiarazione ai sensi del DPR n.445/2000, (soggetta sin dall’ordigine ad imposta di bollo ed DPR n.642/1972)), di tutti gli aventi titolo a disporre del resto mortale, individuati secondo il principio di poziorità (potere di disposizione + prevalenza dello jus coniugii e dello Jus Sanguinis) enunciato dall’Art. 79 comma 2 DPR n.285/1990, ossia prevale il coniuge, quando ancora in vita (e se non ha divorziato), poi di seguito tutti i congiunti di pari grado in ordine di priorità, sino al sesto grado di parentela ex Artt. 74 e segg. Codice Civile.

    2) verifica da parte del comune dei titoli formali e dello Jus Sepulchri: il defunto ha titolo ad esser accolto nel nuovo sepolcro? Egli è annoverato dall’atto della concessione quale soggetto legittimato ad esser tumulato in quella data tomba?

    3) controllo preventivo sulla reale estumulabilità del feretro: non debbono esserci disposizioni testamentarie in senso contrario del de cuius (se il defunto chiese di non esser mai estumulato, ma di permanere nella stessa tomba, almeno sino alla fine della concessione questa sua volontà va rispettata) e sulla materiale operazione cimiterilae: il feretro deve esser facilmente raggiungibile tramite diretto accesso all’esterno ai sensi dell’Art. 76 comma 3 DPR n.285/1990, se invece per raggiungere il feretro bisogna movimentare altre bare, potrebbero sorgere delle complicazioni, risolvibili con la procedura di deroga di cui all’Art. 106 DPR n.285/1990, implementata dall’allegato tecnico di cui al parafrafo 16 Circ. MIn. n.24/1993.

    4) rilascio da parte del comune di prima sepoltura delle relative autorizzazioni a) all’estumulazione, all’eventuale cremazione, al trasporto ed alla nuova tumulazione.

    5) se la nuova tomba insiste fisicamente nello stesso cimitero di prima sepoltura non occorre il decreto di trasporto ai sensi degli Artt. 23 e seg. DPR n.285/1990, ma bastano le pur sempre necessarie annotazioni sui registri cimiteriali previste dall’Art. 50 DPR n.285/1990 per il cambio di sepolcro ed il mutamento di stato el defunto (da feretro a ceneri, qualora si dia luogo alla cremazione). Le diverse autorizzazioni possono coesistere sullo stesso supporto cartaceo, poichè competono allo stesso ufficio (molto dipende da come il comune abbia organizzato i propri servizi ex Art. 48 comma 3 Decreto Legislativo n.267/2000.

    6) esecuzione dell’intervento sulla tomba (rimozione lapide, smuratura, trasporto del feretro presso il crematorio o direttamente alla nuova sepoltura) se all’apertura del tumulo la bara risulta lesionata si provvede, ex Art. 88 DPR n.285/1990 e paragrafo 4 Circ. Min. n.10/1998, al cosidetto rifascio in modo da rendere nuovamente impermeabile la bara alla perfusione di miasmi o liquidi postmortali.

  6. Salve
    Vorrei sapere come fare per trasferire il feretro di mio padre tumulato ca 27 aa fa da una congrega in un monumentino privato dove già sono le ceneri di mia madre. E’ indispensabile l’estumulazione? eventualmente è possibile la cremazione senza l’estumulazione?
    Grazie

    PS: il trasferimento avverrebbe nello stesso cimitero e la città è Napoli.

  7. No, non è possibile. Art. 13 Reg. REg. 9 novembre 2004 n.6: “La dispersione delle ceneri è autorizzata dall’ufficiale di stato civile del comune ove è avvenuto il decesso secondo la volontà del defunto espressa nelle forme di cui all’articolo 3, comma 1, lettera b), numeri 1 e 2, della legge 130/2001”.

    Il rinvio alla Legge Statale n.130/2001 è chiaro e palese: ala dispersione, anche per i suoi rilievi penali (Art. 411 C.P.) è di sola eleggibilità del de cuius attraverso disposizione testamentaria o iscrizione ad apposita associazione avente tra i propri fini la cremazione degli iscritti. Occorre uno scritto in tal senso da parte del de cuius. Se si tratta di testamento olografo esso per produrre i suoi effetti giuridici dovrà esser prima pubblicato ai sensi dell’Art. 620 Codice Civile.

    I congiunti del de cuius non possono improvvisarsi “nuncius”, con dichiarazione di scienza ex DPR n.445/2000, magari attraverso atto sostitutivo di notorietà, di un volere del defunto forse maturato ed espresso solo verbalmente, ma non formulato nella forma canonica prevista dalla legge.

    L’unica modalità di dispersione consentita, in via residuale è quella in cinerario comune di cui all’Art. 80 comma 6 DPR n.285/1990: norma ripresa anche dall’Art. 10 del regolamento regionale lomnardo n. 6/2004 o, secondo certa parte della dottrina più aperta e possibilista anche nel giardino delle rimembranze, purchè esso insista sempre entro il perimetro del cimitero.

  8. Sono residente in provincia di Varese, (Lombardia) posso chiedere al
    Comune ove sono residente, lo spargimento delle Ceneri di Mia Moglie
    (da me cutodite) anche se non esiste una volontà espressa dalla Defunta in vita ?
    Grazie per la risposta

  9. Ovviamente l’ordinanza del sindaco dovrà anche stabilire la destinazione delle ceneri provenienti dalla cremazione dei resti mortali.

    In Veneto (Art. 30 comma 2 LEGGE REGIONALE 4 marzo 2010, n. 18) ogni comune nel proprio regolamento (indispensabile ex Art. lettera c) L.R. n.18/1010 senza dimenticare gli Artt. 344 e 345 Regio Decreto n.1265/1934 ed in Regio Decreto n.2322/1865) deve anche individuare spazi per la conservazione delle singole ceneri sotto forma di sepoltura dedicata (si veda anche Art. 80 comma 3 DPR n.285/1990) o delle stesse in modo massivo e promiscuo (Art. 80 comma 6 DPR n.285/1990) nel cinerario comune, il quale potrebbe anche consistere nell’ossario comune o in un manufatto di lieve entità (pozzetto ipogeo, botola, camera epigea) o ancora per dispersione delle ceneri all’interno del perimetro cimiteriali (Art. 50 comma 1 lettera a) Legge Regionale 4 marzo 2010, n. 18).

    Mancando la volontà del de cuius per la dispersione in natura siccome essa è di sola eleggibilità da parte del de cuius e non è surrogabile da terzi le ceneri potranno esser:

    A) date in affido (con disciplina statuita dal comune (Art. 3 comma 1 lettera e) L.R. n.18/2010) e con le procedure di cui all’Art. 49 della suddetta legge regionale.

    B) Tumulate (nelle celle di cui all’Art. 30 comma 2 lettera c))

    C) inumate (Art. 49 comma 4 L.R. n.18/2010)

    D) sversate in modo indistinto nell’ossario comune di cui all’Art. 3 comma 1 lettera f) L.R. n.18/2010 come pratica residuale, quando non sia richiesta nessuna diversa sistemazione.

  10. La corretta procedura per recuperare spazi in seguito ad emergenza perchè mancano posti feretro è descritta in questo link: https://www.funerali.org/?p=330.

    Altrimenti si può sempre ricorrere ad un ordinanza contingibile ed urgente (Art. 50 comma 5 Decreto Legislativo n.267/2000) adottata dal Sindaco in qualità di Autorità Sanitaria Locale (Legge n.833/1978, Decreto Legislativo n.112/1998 e soprattutto Art. 50 comma 4 Decreto Legislativo n.267/2000. A questa conclusione era addivenuto anche il MInistero della Salute rispondendo a due questiti n. 400.VIII/9Q/1686 e 400.VIII/9Q/2515 ambedue del 4/7/2003 inoltrati rispettivamente da due comuni.

    Con l’entrata in vigore del DPR n.254/2003 è tutto più semplice, come rilevato dallo stesso Ministero (Risoluzione del Dicastero della Salute n. 400.VIII/9Q/3886 del 30.10.2003)siccome il trattamento consentito per i resti mortali derivanti da esumazione/estumulazione deve essere integrato (anche al livello di regolamento comunale di cui all’Art. 3 comma 1 lettera c) Legge Regionale Veneto n. 18 del 4 marzo 2010) dalla possibilità di procedere anche alla
    cremazione, secondo quanto disposto dagli aventi titolo.

    La definizione di “Resto Mortale”, cioè esito da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo-conservativo è data, in via generale, dall’Art. 3 comma 1 lettera b) DPR n.254/2003 il quale è sostanzialmente ripreso dall’Art. 6 comma 2 Legge Regionale Veneto 4 marzo 2010, n. 18.

    Per la regione Veneto si applica l’Art. 41 comma 2 Legge Regionale 4 marzo 2010, n. 18

    In sintesi, si seguono questi passaggi:

    1) Con ordinanza del sindaco (o del dirigente ex Art. 107 comma 3 lettera f) Decreto Legislativo n.267/2000) ai sensi degli Artt. 82 comma 4 ed 86 comma1 DPR n.285/1990 si disciplinano modi e tempi per le operazioni cimiteriali di esumazione ed estumulazione.
    2) L’ordinanza di cui sopra è emanata di concerto con L’ASL (in Veneto ULSS) di cui il comune si avvale per gli aspetti igienico sanitari, anche per definire le tecniche di confezionamento e trasporto (Ministero della Salute, risoluzione p.n. DGPREV-IV/6885/P/I.4.c.d.3 del 23/3/2004) degli indecomposti)
    3) La sullodata ordinanza indica anche il trattamento d’ufficio al quale saranno sottoposti i resti mortali, ossia: a)interro in campo indecomposti (Artt. 36 comma 4 e 40 comma 2 Legge Regionale Veneto n. 18/2010 b) cremazione (Art. 41 comma 2 Legge Regionale n.18/2010)
    4) ) Se l’ordinanza o, meglio ancora il regolamento comunale di polizia mortuaria vietano la ri-tumulazione gli aventi causa del defunto potranno opporsi solo alla cremazione, ma non all’interro dei resti mortali. Essi stessi o, in loro difetto il concessionario della sepoltura in scadenza dovranno provvedere agli oneri per lo smaltimento dei cadaveri inconsunti
    5) Il Comune tramite pubbliche affissioni oppure ogni altro mezzo di pubblicità-notizia informerà la cittadinanza sul trattamento d’ufficio previsto per i resti mortali
    6) Con l’Art. 1 comma 7bis Legge 28 febbraio 2001 n. 26 la cremazione è divenuta servizio pubblico locale a titolo oneroso, fatto salvo il caso di indigenza di cui all’Art. 5 Legge n.130/2001. Per le tariffe di cui all’Art. 5 comma 2 Legge n.130/2001 si rinvia all’Art. 3 D.M. 1 luglio 2002. Il comune, avendo tutto l’interesse ad incentivare la cremazione dei resti mortali può assumersene l’onere in caso di assenza, irreperibilità o disinteresse degli aventi titolo a disporre della spaglia mortale. In coso contrario le spese spetteranno ai concessionari o a quanti vogliano esercitare un diritto di disposizione sui resti mortali.

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