I cadaveri durante la loro permanenza nella tomba, sia essa una fossa di terra oppure un tumulo, sono soggetti a diverse trasformazioni di stato intermedie prima di degradare a semplice ossame e, quindi, in polvere secondo il celebre monito biblico (et in pulvem reverteris!).
L’attività cimiteriale è ciclica e non ad accumulo, è, dunque, finalizzata alla scheletrizzazione dei corpi e non al loro mantenimento nella condizione di integrità immediatamente successiva al decesso, proprio per assicurare spazio alle nuove sepolture; quindi, dopo il periodo di sepoltura legale, si eseguono le operazioni di esumazione o estumulazione volte a rimuovere le vecchie tombe (con il loro contenuto), così da poterle riutilizzare.
Dal 10 febbraio 1976, da quando entrò in vigore il vecchio regolamento di polizia mortuaria per ogni cadavere, anche tumulato, deve esser fissato un tempo massimo di sepoltura (coincidente, quasi sempre, con l’esaurirsi della concessione) oltre il quale procedere con il disseppellimento proprio per verificare l’avvenuta mineralizzazione dei tessuti organici e provvedere alla raccolta delle ossa. Sono, infatti, vietate le concessioni perpetue.
Particolari condizioni ambientali, chimiche e fisiche possono inibire, rallentare o modificare radicalmente i processi di normale decomposizione della materia organica di cui consiste il corpo umano, quindi non è sempre vero che all’atto dell’apertura della tomba si rinvengano solo ossa, spesso, in effetti, i corpi sono ancora incorrotti (per effetto dei fenomeni postmortali di corificazione, saponificazione o mummificazione) o solo parzialmente intaccati dalla putredine.
Il maggiore dei problemi gestionali per i cimiteri italiani è proprio questo: i morti non si scheletrizzano nei tempi e nei modi previsti!
Da circa 10 anni a questa parte si rileva con sempre maggior frequenza come le salme sepolte in terra, nei loculi o nelle tombe, decorso il periodo usuale di sepoltura (rispettivamente 10 e 30-35 anni) abbiano elevate percentuali di mancata o imperfetta scheletrizzazione.
Questo dato tendenziale, inizialmente avvertito nel corso delle esumazioni decennali (20% di inconsunti, con punte in zone umide del 70-80%) è in effetti la sommità di un iceberg, perché solo in questi, e nei prossimi anni, cominceranno ad entrare in rotazione i loculi o i posti salma in tomba frutto della crescita delle tumulazioni degli anni sessanta. Già in molte città si avvertono percentuali di indecomposti che variano fra il 20-30% e il 50-60% ed anche più in caso di estumulazione.
Ci si è quindi cominciato a chiedere quali fossero le cause di un simile trend negativo, tenuto conto che spesso i terreni di inumazione erano gli stessi (e in certi casi si era addirittura determinato un abbassamento delle falde superficiali per effetto di forti emungimenti dai pozzi) capaci, in passato, di garantire una certa efficienza “mineralizzante”.
E’ stato, inoltre, per certi versi sconvolgente constatare come nella tumulazione più si seguiva alla lettera la norma di legge e più si ottenevano risultati pessimi in termini di efficacia “mineralizzante”.
In pratica l’ impermeabilità ai liquidi e ai gas della bara e della cella muraria, unita magari alla puntura conservativa, determina condizioni di prolungamento nel tempo dei fenomeni di scheletrizzazione.
A partire dagli anni ‘90 si comincia ad avvertire l’esigenza di una norma con cui affrontare questa difficoltà strutturale, ossia lo smaltimento di cadaveri dissepolti ma ancora intatti che, non potendo esser ridotti in cassetta ossario o in ossario comune, continuerebbero ad occupare per ancora molto altro tempo posti feretro, riducendo, così, la capacità ricettiva del camposanto per i nuovi morti.
L’attuale regolamento di polizia mortuaria è varato il 10 settembre del 1990, ma, con una certa miopia, non introduce nuovi strumenti operativi, limitandosi a prescrivere per gli inconsunti estumulati un ulteriore periodo di interro, ed, ovviamente, in sede di calcolo del fabbisogno cimiteriale, ovvero del dimensionamento dei campi a sistema di inumazione, si dovrà appunto considerare questa ulteriore esigenza in termini di fosse.
Prendere coscienza di una problema significa anche dotarsi di un linguaggio tecnico-giuridico con cui, poi codificare le disposizioni normative per risolverlo o, quanto meno arginarlo: il cadavere mummificato, corificato o saponificato rappresenta un’entità medico legale di difficile interpretazione, invece il legislatore per uniformare i protocolli operativi della complessa macchina chiamata “polizia mortuaria”, decide, in diversi passaggi, ma con un obiettivo di fondo chiaro, di adottare una definizione amministrativa ed uniformante, basata su un criterio temporale, prima con la Circolare Ministeriale 31 luglio 1998 n. 10, poi con la Legge 30 marzo 2001 n. 130 ed infine con il DPR 15 luglio 2003 n. 254: da questo momento i cadaveri indecomposti sono detti “Resti Mortali”, ossia esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo conservativo a prescindere dal loro stato di reale conservazione (completo prosciugamento, presenza di parti molli…), se sono trascorsi almeno 10 anni dalla loro inumazione o 20 anni dalla loro tumulazione.
Quindi i cadaveri inconsunti, se dalla prima sepoltura sono passati gli anni di sepoltura legale (10 per l’inumazione, 20 per la tumulazione), cessano di esser tali e divengono resti mortali, ossia una nuova fattispecie cimiteriale cui l’ordinamento giuridico italiano riserva riconoscimento e protezione affievoliti rispetto al cadavere.
Prima, in mancanza di una norma positiva, anche la giurisprudenza più autorevole della Suprema Corte di Cassazione aveva oscillato non poco sul concetto di cadavere ora estendendolo sino alla completa dissoluzione dello stesso in ossa sciolte, ora limitandolo al solo corpo umano privo sì delle funzioni vitali, ma dotato di tutte le fattezze anatomiche ben riconoscibili e tali da suscitare sentimento di pietà e devozione verso i defunti.
In linea teorica anche all’interno dell’architettura normativa del DPR 285/90 è sempre consentita la cremazione dell’esito del fenomeno cadaverico trasformativo conservativo su richiesta dei familiari aventi titolo (a meno che non vi fosse un divieto espresso in vita dal de cuius). Per coloro che sono morti dopo il 1990 vale inoltre il criterio del silenzio assenso, cioè ai familiari si sostituisce il Responsabile del cimitero quando sia stata data opportuna pubblicità della destinazione finale di tali inconsunti, previa decisione del Sindaco con apposita ordinanza, ma vi sono due fortissime limitazioni altamente paralizzanti:
- l’impossibilità di cremare cadaveri di persone decedute quando vigeva ancora il vecchio regolamento di polizia mortuaria (in regime di DPR 803/1975 si sarebbe potuto dal luogo alla cremazione solo dietro espresso volere del de cuius senza che tale volontà potesse esser surrogata o integrata dai famigliari dello stesso).
-
L’obbligo di un turno supplementare di inumazione per gli indecomposti estumulati, con l’implicito divieto, quindi, di cremare l’indecomposto subito dopo l’estumulazione
In regime di DPR 285/90 solo laddove si fossero verificate condizioni oggettive di carenza di spazi cimiteriali il Sindaco avrebbe potuto emettere una ordinanza (ma sono casi estremi) con la quale cremare subito anche esiti di fenomeni cadaverici di persone morte prima del 1990, così come ricordato dallo Stesso Ministero della salute in risposta allo stesso quesito posto da due distinti comuni con p.n. 400.VIII/9Q/1686 e 400.VIII/9Q/2515 ambedue del 4/7/2003.
La grande rivoluzione avviene con l’emanazione del DPR 15 luglio 2003 n. 254, esso, essendo una fonte di pari grado rispetto al regolamento di polizia mortuaria può intervenire sul suo testo per cambiarne l’assetto anche con potere “abrogante”, così come conferma lo stesso Ministero della Salute con risoluzione n. 400.VIII/9Q/3886 del 30.10.2003: “A parziale modifica ed integrazione del citato articolo 86 del tuttora vigente regolamento di polizia mortuaria di cui al decreto del Presidente della Repubblica n.285 del 1990, è consentito autorizzare, ad istanza degli aventi titolo, anche la cremazione dei resti mortali provenienti da estumulazione alla scadenza del prescritto periodo ventennale, senza alcun obbligo di una preventiva, ulteriore fase di inumazione di durata almeno quinquennale” .
Da questo pronunciamento della stessa autorità sanitaria statale emerge sempre come centrale l’elemento della volontà, che è una costante di tutta la legislazione in tema cremazione.
Questa volontà può risolversi in:
- atto di disposizione in termini di diritti personalissimi e di pietas (il dar sepoltura attiene alla sfera più intima delle relazioni giuridiche e parentali);
-
una decisione (cioè un potere discrezionale esercitato da un soggetto a rilevanza politica) che attiene alle funzioni del sindaco e va formalizzata con opportuna pubblicità notizia in un’apposita ordinanza.
Come manifestare allora la volontà per la cremazione dei resti mortali?
il diritto a disporre dei cadaveri non si esaurisce in seguito alla prima destinazione degli stessi, ossia dopo il periodo legale di sepoltura.
Circa l’opzione cremazionista per resti mortali ed ossame (inconsunti), si pensa debbano trovare applicazione le norme contemplate per la cremazione delle cadaveri al momento immediatamente successivo al decesso, specie per quanto riguarda la priorità tra coniuge e parenti nei vari gradi e, nel caso di difetto del coniuge, la possibile pluralità di persone nello stesso grado (indipendentemente dalla linea di parentela o dalla sua ascendenza o discendenza). E’ sempre richiesta un’autorizzazione da cui, però, deve emergere solo la volontà di cremare il resto mortale o le ossa. Non è più necessaria, infatti, la procedura aggravata volta ad escludere la morte sospetta o dovuta a reato.
La cremazione dei resti mortali e delle ossa può esser deliberata d’ufficio da parte del comune quando vi sia disinteresse da parte dei familiari del defunto. La loro opposizione o contrarietà alla cremazione, invece, deve sempre esser rispettata.
Il disinteresse si qualifica come un atteggiamento inequivoco protratto per un tempo sufficientemente lungo e certo o quale mancanza di soggetti titolati a decidere sulla destinazione alternativa di ossa e resti mortali.
Secondo un certo filone del dibattito tra gli studiosi della materia funeraria l’assenso all’incinerazione degli esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo-conservativo provenienti da esumazioni ed estumulazioni ordinarie o delle semplici ossa non sembrerebbe richiedere requisiti particolari di forma, come accade, invece, per incinerare un cadavere,se non quello della sua dichiarazione resa al competente ufficio (potrebbe esser anche quello del cimitero) da parte di chi è legittimato a richiedere ed ottenere la cremazione dei resti mortali. Altri giuristi si spingono ancora oltre con una lettura più estrema del DPR 254/2003, a loro avviso addirittura gli aventi titolo non esternerebbero neppure una volontà ma un semplice assenso (cioè una non contrarietà) qualora il comune attraverso l’ordinanza che regola le estumulazioni avesse previsto in via generale la cremazione come trattamento dei resti mortali.
Tale assenso non avrebbe natura di istanza rivolta alla pubblica amministrazione, né rientrerebbe tra le dichiarazioni sostitutive di cui all’art. 47 del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 poiché il procedimento non avrebbe luogo ad impulso dei familiari, come avviene, invece, per la cremazione dei cadaveri.
Questo aspetto sembra un sofisma, ma è molto importante, perché rimarca la profonda differenza tra cadavere e resto mortale: Ad esempio: l’autorità comunale non può deliberare d’ufficio la cremazione di un cadavere (se non vi siano gravissimi pericoli igienico sanitari per la salute pubblica come in caso di epidemie o reali rischi di infezione endemica) perché per cremare un cadavere anche in caso di silenzio del de cuius, occorre pur sempre la volontà non sostituibile da terzi estranei, dei più stretti famigliari, e se si registra l’inerzia di quest’ultimi per la legge italiana la naturale sepoltura di un defunto è solo l’inumazione.
Se seguiamo questa logica di giusta semplificazione basterebbe, dunque un’autodichiarazione degli aventi titolo ai sensi del DPR 445/2000.
Per oppure ossa o resti mortali non richiesti si possono adottare provvedimenti autorizzatori contestuali e cumulativi (una sola autorizzazione per più resti mortali oppure per ossa appartenute a diversi cadaveri).
La dottrina si interroga ancora su questo dilemma: “il divieto di cremazione da parte del de cuius si estende solo al suo cadavere o anche ai resti del suo cadavere?”. Cadavere e resto morali sono due fattispecie distinte e non più sovrapponibili, il divieto di cremazione, pertanto, andrebbe limitato al solo cadavere (inteso come corpo unano ancor integro subito dopo la morte) e non dovrebbe spingersi oltre.
Diversa, invece, sarebbe un’inibizione legata alla durata di una concessione. Esempio: concessione di 90 anni con assoluta proibizione di estumulare un feretro per ridurne o bruciare i resti mortali. In quest’ipotesi il resto mortale sarebbe cremabile solo al naturale estinguersi del rapporto concessorio.
Salve spero di poter avere una risposta, grazie anticipatamente.
Mio padre è morto nel 1983 oggi i suoi resti sono al cimitero di Poggioreale, vorrei chiedere visto che la parente più prossima è mia madre noi figlie e il fratello rimasto in vita se si potesse cremare quel corpo per depositarlo in un urna e spostarlo proprio da quel cimitero che purtroppo ha avuto dei problemi di crollo nell’ala ovest,non dalla parte dov’è sepolto mio padre.Se si potesse fare a chi dovremmo rivolgerci,quali documenti portare a chi chiedere permesso? Vorremmo avvicinare nostro padre in un cimitero più sicuro o portare le sue ceneri a casa, è possibile? Mi scuso per le domande ma non conosco le prassi e avrei bisogno di chiarezza per capire insieme a mia madre come muoverci e proseguire.
Grazie ancora
X Laura,
ai sensi dell’art. 3 comma 5 D.P.R. 15 luglio 2003 n. 254 competente al rilascio delle singole autorizzazioni necessarie (estumulazione feretro, cremazione resto mortale, trasporto ceneri) è il Comune su cui insiste il Cimitero di attuale sepoltura, nel caso di specie Napoli.
Vi conviene allacciare subito un proficuo contatto con il locale ufficio della polizia mortuaria, di cui non conosco, però, le ramificazioni più periferiche, rispetto alla Città Partenopea. Di solito si affida quest’incombenza all’impresa funebre di fiducia per questo mero disbrigo di pratiche amministrative, che però – notoriamente – ha un costo…
ho un bel dubbio: è fattibile un’istanza unica per la cremazione di resti mortali di due coniugi tumulati in due loculi contigui, essendo uguali i richiedenti e i documenti richiesti?
è fattibile un’autorizzazione alla cremazione unica, o è preferibile scindere le autorizzazioni?
X Nicola,
no, purtroppo per Lei, ogni autorizzazione rilasciata è strettamente individuale e nominativa, quindi: se ad ogni autorizzazione perfezionata deve corrispondere specifica istanza su impulso di parte…
Bisognerà ripetere pedissequamente le intere operazioni burocratiche per ogni resto mortale da incinerare.
Diverso sarebbe se le due distinte richieste fossero materialmente insistenti su un unico supporto cartaceo, ma sarebbe più una questione di modulistica da reinventarsi e…imposta di bollo, cui sono soggette, sin dall’origine, tutte le domande atte ad ottenere un provvedimento autorizzativo dalla P.A.
L’unica, forse anche legittima, per il principio di economicità nell’azione amministrativa, autorizzazione (a trasporto e cremazione) cumulativa e contestuale è quella prevista per il trasporto e cremazione massivi di resti mortali, per cui vi sia desinteresse da parte degli aventi diritto a disporne, quando la destinazione di ufficio per gli esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo- conservativo sia, appunto, la cremazione: per default.
Buongiorno, vorrei sapere se è possibile lasciare istruzioni testamentarie riguardo ai tempi di tumulazione e cremazione. Ad esempio disporre che dopo solo pochi anni, ben prima quindi del termine della concessione, il defunto sia esumato e cremato.
Grazie
X Alessio,
domanda intrigante: può una volontà testamentaria di carattere non partimoniale enunciare un atto di disposizione su spoglie mortali, proiettato nel proprio oscuro post mortem? Ossia, mutatis mutandis, come cristallizzare in forma juris una volontà postuma non su di sè (a questo punto basterebbe nominare un esecutore testamentario) ma su un defunto, soggetto terzo rispetto alla natura personalissima ed intrasmissibile dello jus sepulchri? Francamente non saprei e come me tutta la dottrina da cui attingo queste mie poche nozioni di diritto funerario, naviga a vista…insomma c’è chi dice qua e c’è chi dice là; consiglio spassionato: nella lacuna legis o se si preferisce nel marasma di questo bug ordinamentale è meglio provvedere sin quando la persona fisica titolata a richiedere le operazioni cimiteriali da Lei citate, sia ancora in vita.
grazie mille, risolto ogni dubbio!
Buongiorno. Ringrazio cortesemente chi vorrà rispondere. Mio padre è deceduto improvvisamente nel dicembre del 2018, vista l’immediatezza della morte e l’assenza di loculi disponibili, visto che i nonni materni(deceduti anni fa) hanno una tomba di famiglia con la disponibilità di due loculi, abbiamo chiesto che papà fosse provvisoriamente tumulato in uno dei due loculi liberi, visto che in un domani confido lontano, ci andrà mia madre. Mia madre ha altri tre fratelli che non risiedono nella nostra città e che un domani andranno nelle tombe di famiglia che hanno provveduto a costruirsi nelle città di residenza. Il problema è in una sorella di mia madre, che ha espresso subito dissenso perchè non voleva papà riposasse nella tomba dei nonni( non comprendiamo il motivo perchè comunque il loculo è di mia madre e potrà ben farne ciò che vuole). Per poter procedere alla sepoltura di papà, si sono recati dalla polizia mortuaria mia madre e i tre fratelli a firmare per la concessione provvisoria. In questo momento la sorella di mia madre inizia a creare noia brontolando su tutto, la disposizione dei fiori, sposta gli oggetti che noi portiamo per nostro padre, creandoci non poco dispiacere. La mia domanda è se è possibile, onde arrivare al litigio, di poter eventualmente far cremare nostro padre nel momento, confido più lontano possibile, in cui mancherà mia madre e far così riposare mamma e papà assieme. La tomba è nel comune di Rovigo (Veneto).Grazie a chi mi risponde. Monica
Buongiorno,
ho una domanda e spero mi potrete aiutare. Il mio papà è morto nel 2010 ed è sepolto nel cimitero di Bari. Io e mia madre viviamo da anni a Bologna. Lui avrebbe tanto voluto venire qui a vivere con me ma purtroppo non ha fatto in tempo. Ora vorrei cremarlo e portarlo qui a Bologna. Quali sono le procedure da seguire?
Vi ringrazio per l’attenzione.
X Cecilia,
l’operazione è senz’altro fattibile, e basterebbero tecnicamente pochi passaggi burocratici (meglio, comunque, esser sempre accompagnati e seguiti da una persona del settore ed esperta in materia funeraria). Si richiede, contestualmente al Comune di prima sepoltura l’autorizzazione all’estumulazione con conseguente cremazione del feretro.
Il Comune di nuova destinazione verificherà attentamente il titolo di accoglimento delle ceneri entro il proprio distretto territoriale di competenza (l’urna sarà custodita a domicilio o tumulata in cimitero?). Grazie a questo feed-back Bari autorizzerà il trasporto alla volta di Bologna, dove le ceneri saranno, poi, definitivamente deposte.
Buongiorno, l’operazione è fattibile ma dipende se suo padre è stato tumulato (chiuso in un loculo o una tomba di cemento) o inumato (messo nella nuda terra); nel primo caso si dovrà far domanda di estumulazione straordinaria visto che non sono ancora trascorsi 20 anni dalla tumulazione e si dovrà procedere alla cremazione della cassa con zinco in un forno adibitamente predisposto (non sono molti in Italia) mentre se è stato inumato si può già fare l’esumazione ordinaria e procedere alla cremazione dei resti
X Monica,
ex art. 88 del vigente regolamento nazionale di polizia mortuaria, approvato con D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285, l’estumulazione prima della naturale scadenza della concessione, è sempre possibile per trasferimento in altra sede o cremazione del defunto. Attorno all’istanza dovrà formarsi il pieno concenso di tutti gli aventi diritto a disporre della salma, in termini di diritti personalissimi e pìetas.
Buongiorno, mio marito è deceduto nel 1995 ed è stato tumulato a Catania in una cappella gestita da una confraternita. Mi pare di capire che in questi casi non esiste un termine di scadenza per la concessione, poiché perfino i miei nonni e i miei bisnonni, in una situazione analoga (cappella gestita da una confraternita), sono ancora al loro posto da decenni. Dopo tutti questi anni però io vorrei far cremare i resti di mio marito, ma ho alcune perplessità e desidererei dei chiarimenti: è vero che sarebbe necessaria la presenza di un familiare nel momento dell’estumulazione? Questa cosa mi creerebbe qualche problema. Vorrei sapere inoltre cosa avviene dei loculi lasciati nella disponibilità della confraternita: esiste una normativa in tal senso? Ne avevamo preso quattro in tutto: uno anche per me e due per i miei genitori, ma adesso vorremmo lasciarli perché opteremo per la cremazione. In particolare desidererei sapere se è previsto un rimborso della cifra (non indifferente) pagata al momento della sottoscrizione, perché utilizzerei questa cifra per pagare le spese – che immagino piuttosto alte – di tutta questa operazione. Un’ultima domanda: cosa accade se si smette di pagare la quota annuale alla confraternita in caso di loculo occupato da un defunto? Grazie per la cortese risposta. Mirella
X Mirella,
1) in questi casi abbiamo un duplice tipo di rapporto giuridico: l’uno si instaura tra il Comune titolare dell’impianto cimiteriale, l’altro intercorre tra la confraternita ed il privato cittadino. Per assurdo: la concessione tra comune e confraternita potrebbe anche esser perpetua, mentre la cessione del diritto d’uso sul manufatto sepolcrale tra la congrega ed i famigliari del de cuius potrebbe pure esser a tempo DETERMINATO. Molto dipende dal contratto e dallo statuto stesso della confraternita.
2) Qualsiasi operazione cimiteriale viene opportunamente verbalizzata dal personale cimiteriale, e registrata, la Sua diretta presenza, se fonte di qualche scompenso emotivo, può esser tranquillamente omessa.
3) L’estumulazione straordinaria produce, spesso, estinzione del rapporto in essere, per esaurimento fisiologico dei suoi stessi fini (accogliere quel determinato e particolare defunto) quindi le nicchie sepolcrali rientreranno in pieno possesso dell’Ente persona giuridica che le potrà riassegnare in base alla proprie regole statutarie.
4) Rimborso per gli anni di jus sepulchri effettivamente non goduti???. Dipende tutto dal contratto e dal regolamento comunale di polizia mortuaria.
5) Smettere di pagare il canone annuo? Potrebbe configurarsi come un’inadempienza, da “punire” con la decadenza sanzionatoria nella titolarità del 4 luculi di cui all’oggetto.
Buongiorno,
se è vero come è vero che “Cadavere e resti mortali sono due fattispecie distinte e non più sovrapponibili, il divieto di cremazione, pertanto, andrebbe limitato al solo cadavere (inteso come corpo unano ancor integro subito dopo la morte) e non dovrebbe spingersi oltre”, la mia domanda è la seguente: questo ragionamento si può impunemente estendere anche alla Dispersione di ceneri derivanti da cremazione di resti mortali, anche in assenza di manifestazione di volontà da parte del defunto? (Regione Sardegna)
Grazie
X Maria Antonietta,
(nostra indomita fan, nemmeno fossimo una combriccola redazionale di rock stars, magari anche un po’darkettone, vista la materia trattata).
Muoverei nella mia breve analisi da lontano: Già la Cassazione Penale (Sentenza n.958/1999), ben prima dell’avvento del D.P.R. 15 luglio 2003 n. 254 aveva stabilito la distinzione tecnica ontologica tra cadavere e resto mortale definendo quest’ultimo come un’entità medico-legale che gode di tutela giuridica affievolita rispetto ad un corpo umano morto prima del completo decorso del periodo legale di sepoltura.
In regime di D.P.R. n. 285/1990, ma anche di L. n. 130/2001 chi per ragioni personali sia contrario alla cremazione deve esplicitare per iscritto questa sua volontà, poichè la pratica funeraria dell’incinerazione è una scelta che, appunto, nel silenzio del de cuius transita in capo ai suoi più stretti famigliari, secondo il noto e famigerato principio di poziorità.
Per enucleare bene la questione, sarebbe opportuno formularci questa domanda ulteriore: ma il divieto espresso di cremazione vale anche per il “resto mortale”, ovvero per l’esito da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo-conservativo?
La controversa L. 30 marzo 2001 n. 130 ci offre qualche spunto di postrema riflessione, quando, ad esempio per la cremazione dei resti mortali parrebbe proprio richiedere un semplice assenso (atto volitivo di non contrarietà) per procedere o dove vi fosse disinteresse prevedrebbe addirittura il procedimento adottato d’ufficio e non su impulso di parte.
Ci sono Regioni le quali, con atti amministrativi, come le semplici circolari, hanno legittimato la possibilità concreta di disperdere anche le ceneri dei resti mortali precedentemente cremati ed i regolamenti comunali hanno poi recepito nel loro articolato questa opzione.
Il problema di fondo è sempre la volontà (quale, di chi, come manifestata?) in quanto lo sversamento delle ceneri in natura comporta riflessi di natura penale. Rammento comunque come la destinazione quasi obbligata delle ceneri non richieste per una sistemazione privata e dedicata, ancorchè atipica, sia il cinerario comune, dove gli esiti da completa cremazione di un corpo umano (o di quanto ne residui) sono avviati in forma massiva, anonima, indistinta e promiscua.
Chiudo questa mia succinta risposta con alcune note tecniche a cura di Dante Buson sulle pagine de: “LO STATO CIVILE ITALIANO”, laddove si commenta, guarda caso, una pronuncia del T.A.R. Sardegna proprio sulla sciarada del…cavillo dispersoio.
A presto.
Saluti by Carlo
[…omissis…]
Come si può immediatamente notare, la legge non specifica la forma nella quale debba
essere espressa la volontà della persona deceduta. Sussiste quindi il dubbio che essa possa
essere manifestata anche in forma verbale e non solo scritta, ossia riferita a voce al coniuge o
ad un familiare.
Il tema va inserito nel dibattito, esistente in dottrina, volto ad individuare la forma
necessaria per dettare disposizioni relative alle modalità della propria sepoltura. Dibattito che
vede contrapporsi la tesi che richiede il rigore formale del negozio testamentario, capace di
assicurare alla volontà del disponente il sufficiente grado di certezza, alla tesi che privilegia
l’applicazione del principio di liberà delle forme in base al quale, in assenza di una forma
rigidamente prevista dalla legge, la volontà può essere manifestata in ogni modo.
La questione, mediante ricorso avverso il rifiuto da parte di un ufficiale dello stato civile
di rilasciare la prescritta autorizzazione4, è stata portata all’attenzione del giudice
amministrativo5, il quale ha avuto modo di rilevare che non esiste alcuna norma vigente che
subordini la dispersione delle ceneri del defunto alla presentazione di una dichiarazione di
volontà manifestata per iscritto da parte del medesimo.
“Infatti,” viene precisato in sentenza “tale disposizione – [l’art. 3, lett. c) della legge n.
130/2001] – nulla precisa in ordine alle modalità formali di espressione e di dimostrazione
della scelta del de cuius in ordine alla dispersione delle proprie ceneri”.
1 – Sull’incompletezza della disciplina statale si veda il parere del C.d.S., Sez. I, 29 ottobre 2003, n. 2957/03.
2 – Il diritto di disperdere le proprie ceneri va inquadrato tra i diritti della personalità quale manifestazione dello jus eligendi
sepulchrum, costituendo un modo d’essere della sepoltura.
3 – In tali casi è prevista la pena della reclusione da due mesi a un anno e la multa da lire cinque milioni a lire
venticinque milioni.
4 – Nella fattispecie il Comune ha ritenuto insufficiente, ai fini della prova della volontà del defunto, le dichiarazioni dei
suoi prossimi congiunti, ritenendo necessaria una dichiarazione scritta e firmata dall’interessato.
5 – T.A.R. Sardegna, Sez. II, sentenza 5 febbraio 2014, n. 100.
Ne consegue, in applicazione ai fondamentali principi civilistici di “libertà di forma
negoziale” (appena citato) e di “salvaguardia della volontà irripetibile del de cuius” sul quale
poggia la materia testamentaria, che deve considerarsi valida anche una volontà verbalmente
espressa ai propri familiari e da questi “attestata” con propria dichiarazione resa all’ufficiale
dello stato civile.
Inoltre, sempre secondo il giudice, va tenuto conto che la disciplina sulla cremazione,
dettata peraltro dalla stessa legge n. 130/2001, consente espressamente che la relativa scelta
sia comunicata all’ufficiale dello stato civile dai familiari dell’interessato e “non si vede per
quale ragione una disciplina più restrittiva dovrebbe applicarsi alla dispersione delle ceneri”.
La sentenza, dunque, se da un lato prende posizione, in ordine al dibattito suddetto,
sposando la tesi che riconosce valida anche la volontà esternata verbalmente e riferita dai
familiari, dall’altro non entra nel merito della diversa questione derivante dal fatto che la
formulazione della lett. c) del citato art. 3 si presta ad una duplice interpretazione, ossia se, ai
fini dell’autorizzazione alla dispersione delle ceneri, debba considerarsi unicamente la volontà
del defunto oppure se in sua mancanza, come ai fini del rilascio dell’autorizzazione alla
cremazione delle salme, possa sussistere una legittimazione in questo senso anche da parte
dei familiari.
Sul punto si ricorda che parte della dottrina è incline a negare ai familiari una tale
possibilità, giacché la dispersione delle ceneri non è retta dal medesimo principio che disciplina
la cremazione. Si tenga conto, poi, che non appare conforme allo spirito della legge surrogare
la volontà mancante del defunto con una scelta che non costituisce la forma ordinaria di
sepoltura.
Ringrazio per il prezioso chiarimento.
Nel caso specifico una madre chiede la cremazione e dispersione dei resti mortali di ben due figli che sono tumulati da circa 30 anni ed hanno le concessioni in scadenza. Un figlio, al momento del decesso, aveva 15 anni e l’atro 18.
I genitori potrebbero manifestare la volontà espressa dal figlio che era maggiorenne al momento del decesso. Per quello minore invece?
X Maria Antonietta (che, ormai, di diritto, è iscritta al nostro fans club)
Dopo il 27 ottobre 1990, data di entrata in vigore dell’attuale regolamento nazionale di polizia mortuaria, il diritto di scelta della cremazione è possibile anche ai familiari del de cuius, in forza dell’Art. 79 comma 2 D.P.R. n.285/90, purché, ovviamente, non vi sia una un desiderio contrario espresso e documentato in vita dal defunto.
E’pertanto ammessa anche la cremazione di un minore, poiché l’ordinamento italiano riconosce la legittimità della rappresentazione da parte di entrambi i genitori su dichiarazione congiunta (dopo la Legge 8 febbraio 2006 n.54) di quest’ultimi anche attraverso atti separati. Così, basterà che uno solo dei genitori si trovi nella condizione di non poter esercitare la potestà attribuitagli (eccezion fatta, beninteso, per i casi di interdizione giudiziale), oppure sia contrario, per impedire il rilascio dell’autorizzazione alla cremazione. A questo risultato si giunge, in via interpretativa attraverso la Circ. Min. 24 giugno 1993 n. 24 (paragrafo 14) e, soprattutto con la Legge 30 marzo 2001 n. 130.
Ove entrambi i genitori fossero deceduti (mettiamo la disgraziata ipotesi di un incidente), e ci fosse concorrenza di più parenti nello stesso grado, anche in tal caso occorrerà la manifestazione di volontà da parte di tutti i soggetti di pari grado, salvi i casi, anche qui, di interdizione giudiziale attestata nei modi di legge.
Anche il cadavere di una persona interdetta (la quale non può decidere di sé nemmeno per il tempo successivo alla sua morte) può esser cremato perché se l’interdizione risulta da sentenza passata in giudicato, il soggetto è privo della capacità di agire e non potrà rendere alcuna manifestazione di volontà, ma in suo luogo potrà pronunciarsi il tutore (art. 424 del codice civile).
Ma stiamo, pur sempre ragionando di una cremazione “a caldo” cioè subito dopo il funerale, ovvero di un’incinerazione di cadavere.
Lo status di resto mortale (art. 3 comma 1 lett. b D.P.R. 15 luglio 2003 n. 254) conferisce alla fattispecie medico legale dell’esito da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo-conservativo una tutela affievolita, rendendolo direttamente cremabile dietro un semplice assenso degli aventi titolo a pronunciarsi. Più problematico, invece, è il caso di dispersione delle relative ceneri: pure da considerarsi quale sommo e sublime atto di pìetas.
La più autorevole dottrina si ripartisce in due grandi filoni filosofici, muovendo da uno scarno e lacunoso disposto della L. 30 marzo 2001 n. 130, secondo cui le forme “atipiche” di destinazione delle ceneri debbono avvenire nell’assoluto rispetto della volontà della persona scomparsa.
1) la volontà dispersionista deve NECESSARIAMENTE risultare da atto scritto ed inequivocabile (testamento, iscrizione a So.CREM…) redatto dal de cuius.
2) il desiderio di dispersione delle proprie ceneri, espresso verbalmente dal de cuius può esser riportato dai più stretti famigliari, nella forma dell’atto sostitutivo di atto di notorietà, i quali agiscono non motu proprio, ma come semplici nuncius.
E’opinione comune che il voler far disperdere in natura le proprie ceneri sia una decisione personalissima (electio sepulchri) non surrogabile da soggetti terzi, proprio perchè così estrema e, quasi, extra ordinem, proprio per i profili di natura penale i quali la sottendono ancor oggi.
Si è, quindi, di quest’avviso, in ultima analisi: un minore non è ancora abilitato a rilasciare disposizioni per il proprio post mortem, pertanto non può esser richiesta ed ottenuta l’autorizzazione alla dispersione in forza di una volontà mai potuta esprimere compiutamente, mancando la capacità giuridica di agire, questa indebita forzatura ci trascinerebbe fuori di ogni prospettiva ordinamentale, laddove sarebbe consentito tutto ed il suo esatto contrario…oi si sa il cuore ha ragioni che la Dea Ragione non sa intendere.
Saluti by Carlo e la redazione tutta di http://www.funerali.org.
Buonasera,
premetto che siamo i gestori del Cimitero di Guidonia Montecelio (RM), Contratto di Concessione Repertorio 2405 del 09/10/2014.
Quando il cimitero era gestito direttamente dal comune, c’era la consuetudine di assegnare concessioni trentennali ( loculi vuoti) a persone viventi, per la propria tumulazione futura, con questa prassi ci si è imbattuti nella male gestione delle estumulazioni a scadenza concessione, più precisamente, una concessione presa nel 1989 ma la tumulazione avvenuta nel 2000 11 anni dopo, oppure acquistati nel 2000 e tumulazione avvenuta quest’anno, 19 anni dall’inizio concessione, venendosi a creare situazioni non facili da gestire.
Era prassi ricorrente del comune far pagare al momento della tumulazione un integrazione pari agli anni di non utilizzo loculo, per far si che il defunto potesse permanere all’interno dello stesso per il periodo di trent’anni (periodo delle concessioni nel nostro regolamento comunale) per poter programmare i manifesti delle estumulazioni ordinarie da scadenza concessione e, per un corretto funzionamento cimiteriale.
Ad oggi nel gestire queste situazioni ricorrenti, moltissimi cittadini si rifiutano di pagare l’integrazione della concessione dicendo di volerla posticipare alla fine della scadenza dell’originaria concessione, ma non attuabile per noi in quanto sapendo che i defunti non possono essere raccolti se non dopo il passare di almeno 20 anni come riportato nel DPR 285/1990, inoltre con il passare degli anni potrebbe venirsi a creare situazioni di irreperibilità dei parenti più prossimi, con l’aggravio per il gestore di costi insostenibili, oltre al fatto che non potremmo garantire la giusta programmazioni delle estumulazioni ordinarie come da regolamento cimiteriale.
Attualmente abbiamo chiesto al comune se avessero mai fatto una delibera o determina per gestire la problematica dell’integrazione, ma nessuno sa niente, ci hanno detto che questa era la prassi…….
Vorremmo sapere se l’integrazione è regolamentata in qualche modo……leggendo il Manuale di polizia mortuaria disciplina nazionale e regionale di Sereno Scolaro, accenna alla possibilità di prolungare la concessione, ma in maniera poco esaustiva…..
Possiamo noi come gestori adottare lo stesso metodo comunale senza che sia regolamentato nello specifico con una delibera/determina comunale?
Ci sono dei riferimenti che possano fare chiarezza in merito?
Può un cittadino decidere di non pagare quanto richiesto?
Grazie.
X Edith,
in estrema sintesi:
1) si ricorre ad una novazione, in senso civilistico, cioè si estingue anzitempo il rapporto concessorio in via di scadenza per costituirne uno del tutto nuovo, con effetti ex tunc, avente come oggetto fisico lo stesso sepolcro privato a sistema di tumulazione. IL canone concessorio da versare sarà lo stesso previsto ATTUALMENTE nella declaratoria comunale per le nuove concessioni.
2) se ammesso dal regolamento municipale di polizia mortuaria si attua un semplice prolungamento della concessione, ovvero l’originario contratto rimane lo stesso ma dispiegherà i propri effetti per un tempo più lungo, pari, almeno, al periodo legale di sepoltura in tumulo (20 anni). Questa estensione è soggetta al versamento di un’integrazione del canone concessorio ab origine pattuito tra le parti, in quanto la tumulazione, configurandosi quale sepoltura privata nei cimiteri, è sempre a titolo oneroso per il richiedente.
Non sussiste minimamente l’ipotesi di procrastinare, magari sine die o, comunque, in un futuro remoto il versamento del canone concessorio.
3) Si applica “BRUTALMENTE” l’art. 86 comma 2 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285, il quale prescrive di inumare in campo spaciale indecomposti (con turno di rotazione decennale) i feretri estumulati, prima della scadenza naturale. del 20 anni.
Buonasera vorrei un informazione mio papà è morto da 24 anni vorrei poterlo tenere in un urna e portarlo a casa senza dover cremarlo,vivo in provincia di Roma in un paesino genzano di Roma . Grazie mille in anticipo
X Jessica,
rispondo alla Sua domanda con una citazione d’autore, ancora di grande attualità:
Consiglio di Stato, Sez. I, 24 maggio 1948, n. 502:
“La regola stabilita dall’art. 340 della legge sanitaria, sulla obbligatorietà di seppellire i cadaveri nei cimiteri, ha carattere generale ed assoluto e ad essa non può derogarsi se non per esplicita disposizione di legge. È quindi da ripudiarsi il principio già accolto dal Consiglio di Stato nel parere 1772 del 23 settembre 1896 secondo il quale i resti mortali dei deceduti da oltre un decennio possono equipararsi, per il trasporto e la conservazione, ai residui della cremazione. Tale assimilazione incontrerebbe ostacolo anche nel disposto del comma secondo dell’articolo 343 della citata legge sanitaria, il quale esige che la cremazione sia completa perché le ceneri possano trovare sede altrove che nei cimiteri. Se dovesse attuarsi il concetto che le ossa umane, dopo dieci o più anni dal seppellimento, possano essere trasportate e definitivamente sistemate fuori dei cimiteri, questi perderebbero il carattere che la legge ha voluto loro imprimere. Il numero di ultime dimore dei morti diverrebbe illimitato e l’art. 340 avrebbe valore limitato nel tempo: il che è escluso dalla lettera della legge”.
Pertanto solo le ceneri possono uscire dal circuito cimiteriale ed avere, così, una destinazione domiciliare.
X Alessandro,
L’autorizzazione alla cremazione è accordata dal comune nel quale è avvenuto il decesso nel rispetto della volontà espressa in vita del defunto o, in mancanza di questa, dai suoi familiari ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera b), numeri 1), 2), 3) e 4), della legge n. 130/2001.
Questa norma non prevede né gli affini, né il Vescovo, nè tanto meno il superiore dell’ordine religioso cui il de cuius apparteneva.
Il Codice di diritto canonico promulgato nel anno 1983 non entra nel problema.
Per gli atti di disposizione sul post mortem, da esercitarsi in Italia, si applica unicamente la legislazione civile, poichè ragioniamo, pur sempre, di diritti personali, o addirittura personalissimi; comunque non patrimoniali.
Si tratta, però, di resti mortali (così come definiti dall’art. 3 comma 1 lett. b) D.P.R. 15 luglio 2003 n. 254; essi godono sì di tutela da parte della Legge, ma trattasi di protezione affievolita, nel qual caso vale il combinato disposto tra l’art. 3 commi 5 e 6 D.P.R. n. 254/2003 per le competenze autorizzatorie (sostanzialmente autorizza il Comune di ultima sepoltura, cioè quello di esumazione/estumulazione) e l’art. 3 comma 1 lettera g) della Legge 30 marzo 2001 n. 130 sulla legittimazione ad esprimere la volontà ed alla forma in cui quest’ultima debba esser manifestata.
Basta, pertanto, un semplice assenso, cioè un atto, pur sempre volitivo, o anche di semplice non contrarietà, secondo un’interpretazione più minimale, per procedere al rilascio della relativa autorizzazione.
In caso di irreperibilità degli aventi titolo jure sanguinis da dimostrarsi anche attraverso l’art. 11 comma 1 lett. c) del regolamento anagrafico (D.P.R. n. 223/1989) o comunque con attente ricerche la cremazione può esser autorizzata anche d’ufficio,meglio se questo trattamento ultimo per gli indecomposti è previsto nell’ordinanza sindacale (o anche dirigenziale, specie nei Comuni di maggiori dimensioni) con cui si disciplinano nel dettaglio estumulazioni ed esumazioni.
Scusate, tra pochi mesi mio suocero morto circa 40 anni fa verrà inumato mia moglie con mia cognata figlie vorrebbero sapere la procedura per la cremazione dei resti, siamo residenti in Torino. Grazie
X Eugenio,
la procedura di dettaglio è stabilita dal regolamento comunale, per le modalità d’accesso alla pratica cremazionista degli esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo-conservativo.
Se la destinazione d’ufficio per i resti esumati/estumulati è l’interro in campo indecomposti i famigliari con proprio atto di volontà possono, invece, domandare la cremazione, la Legge riconosce loro questa facoltà di disposizione.
Tre e solo tre sono i trattamenti consentiti al momento del disseppellimento dopo il periodo legale di sepoltura: ri-tumulazione (se concessa) inumazione o diretta cremazione.
Tutti gli oneri sono a carico dei richiedenti legittimati ad esprimersi.
La cremazione dei resti mortali (per gli aspetti autorizzativi si veda l’art. 3 commi 5 e 6 D.P.R. 15 luglio 2003 n. 254), in buona sostanza autorizza il Comune di prima sepoltura con un iter piuttosto semplificato (non occorre la documentazione inerente all’esclusione di sospetto di morte violenta o peggio ancora dovuta a fatto criminoso).
Ai sensi dell’art. 3 Legge 30 marzo 2001 n. 130 sarebbe addirittura sufficiente un semplice assenso alla cremazione del resto mortale, ossia un atto comunque volitivo di non contrarietà, manifestato in forma anche destrutturata seguendo il dettato del D.P.R. n. 445/2000 sulle dichiarazioni da rendere ad una pubblica amministrazione.
Qui si rilevano però, parecchie asimmetrie procedimentali tra Comune e Comune: alcuni enti locali vogliono l’atto sostitutivo in atto di notorietà, ad esempio, per altri, al contrario è bastevole una sottoscrizione dell’istanza debitamente autenticata, poiché stiamo sempre ragionando di diritti personalissimi in termini di pietas.
Il consiglio, quindi, è prendere immediatamente contatto o con l’ufficio comunale di polizia mortuaria o con il gestore dell’impianto cimiteriale de quo, a Torino, nel caso specifico.
Salve, cerco delucidazioni circa la possibilità di disperdere le ceneri derivate dalla cremazione di resti mortali a seguito di esumazione ordinaria. Mio fratello è morto nel mare prospicente al comune di Framura,SP, il 9 agosto del 1990 a 21 anni e al momento dell’inumazione, decise nostra madre per lui e fu messo in un loculo a Correggio RE. Ora vorremmo rispettare le sue volontà e deporlo in mare, ma non riesco a trovare informazioni chiare in merito. Cordialità, Gloria.
X Gloria,
1) istanza, in bollo, rivolta al Comune di Correggio, in cui anche contestualmente ex art. 40 D.P.R. n. 445/2000 (poiché afferisce funzionalmente allo stesso servizio di polizia mortuaria ed allo stesso defunto) in cui si richieda formalmente: a) estumulazione. b) cremazione del feretro. c) decreto di trasporto verso il comune marittimo in cui avverrà materialmente la dispersione in mare.
La competenza autorizzativa del Comune di Correggio di ferma qui, spetterà all’Ufficiale dello Stato Civile del Comune di dispersione (secondo le modalità dettate dalla rispettiva legge regionale) accordare l’apposita autorizzazione allo sversamento delle ceneri in acqua.
Buonasera,
ho un quesito al quale spero possiate dare risposta: ho mia nonna deceduta 27 anni fa che abbiamo deciso di far cremare e tumulare con mio nonno. Sono entrambi a Foggia, Puglia. L’agenzia di pompe funebri che abbiamo contattato ci dice che per poter procedere alla cremazione, portando nonna a San Benedetto del Tronto, l’importo che ci ha chiesto deve essere fatturato con applicazione dell’Iva al 22%. Io sapevo che questo tipo di prestazione rientra nell’esenzione Art. 10. Potreste delucidarmi in merito? Ringrazio in anticipo per la disponibilità.
No, la cremazione è soggetta ordinariamente ad IVA all’aliquota ordinaria 22%) per ogni forma di gestione di crematorio diversa da quella in economia diretta del Comune (ad es. a Bari il comune lo gestisce in economia diretta, a San Benedetto no). Per cui è giusta l’applicazione dell’IVA al 22%. Questo vale anche per le operazioni cimiteriali con la stessa distinzione di modalità di gestione del cimitero. Invece, per le spese funebri fatte con l’impresa funebre, si è l’esenzione IVA, ai sensi art. 10 del DPR 633. Ma la cremazione non vi rientra. In genere l’impresa funebre anticipa per conto del cliente le spese di cremazione (con IVA al 22%) e fattura intestata al cliente ed espone l’importo (e allega la fattura) a titolo di spesa eseguita per conto del cliente esente art. 15 stesso DPR 633.
Cara redazione, abbiamo un notevole problema.
Le estumulazioni massive in programma, per scadenza naturale della concessione, sono già state calendarizzate, ma in caso di rinvenimento di inconsunti non avremmo spazio per la loro inumazione, il nostro cimitero, infatti, non dispone di un campo indecomposti e tutte le quadre di terra sono al momento occupate da feretri che non hanno ancora terminato l’ordinario turno di rotazione decennale.
Come potremmo comportarci per smaltire, nel rispetto della Legge, gli eventuali “resti mortali” provenienti dalle operazioni di cui sopra?
X Gestione Cimiteriale,
insomma… il Vostro cimitero rischia la congestione o, meglio, la paralisi operativa per mancanza di campi d’inumazione appositamente dedicati agli indecomposti ex art. 86 comma 2 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285.
sottolineo solo come l’occupazione dei loculi a concessione già scaduta (se non è previsto un rinnovo o una proroga della stessa), quindi sine titulo, poichè per fattore temporale si è già estinto il rapporto concessorio nella sua durata massima produca danno erariale ex art. 93 D.Lgs n. 267/2000, siccome, le celle mortuaria da liberarsi non possono eventualmente esser subito riassegnate dietro versamento del rispettivo canone concessorio stabilito dall’Amministrazione.
Ecco i perversi risultati di una cattiva politica cimiteriale, in effetti, ex art. 58 comma 2 D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285 (e paragrafo 10 Circ. Min. esplicativa 24 giugno 1993 n. 24 del regolamento nazionale di polizia mortuaria) nel computo del fabbisogno di aree su cui impiantare i campi comuni di inumazione bisogna calcolare anche l’ulteriore spazio necessario all’eventuali inumazione di esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo-conservativo provenienti da operazioni cimiteriali massive di esumazione o estumulazione, laddove, in quest’ultima è maggiore l’incidenza dei cosiddetti inconsunti per le condizioni ermetiche delle sepolture in nicchia muraria e cassa impermeabile che rallentano non poco o, addirittura, inibiscono i naturali processi di scheletrizzazione del cadaveri
Tanti anni fa, ormai, unicamente in regime di D.P.R. n.285/1990 solo laddove si fossero verificate condizioni oggettive di carenza di spazi cimiteriali il Sindaco avrebbe potuto emettere una ordinanza contingibile ed urgente a tutela della salute pubblica e della stessa attività cimiteriale (ma sono casi estremi, per evitare la situazione di stallo) con la quale cremare subito anche esiti di fenomeni cadaverici di persone morte prima del 1990, così come ricordato dallo Stesso Ministero della salute in risposta allo stesso quesito posto da due distinti comuni con p.n. 400.VIII/9Q/1686 e 400.VIII/9Q/2515 ambedue del 4/7/2003.
La grande rivoluzione avviene con l’emanazione del D.P.R. 15 luglio 2003 n. 254, esso, essendo una fonte di pari grado rispetto al regolamento di polizia mortuaria può intervenire sul suo testo per cambiarne l’assetto anche con potere “abrogante”, così come conferma lo stesso Ministero della Salute con risoluzione n. 400.VIII/9Q/3886 del 30.10.2003: “A parziale modifica ed integrazione del citato articolo 86 del tuttora vigente regolamento di polizia mortuaria di cui al decreto del Presidente della Repubblica n.285 del 1990, è consentito autorizzare, ad istanza degli aventi titolo, anche la cremazione dei resti mortali provenienti da estumulazione alla scadenza del prescritto periodo ventennale, senza alcun obbligo di una preventiva, ulteriore fase di inumazione di durata almeno quinquennale” .
Le soluzioni ragionevolmenteproposte allora sono almeno due:
1) se il cimitero de quo è frazionale e cioè è parte di un più ampio sistema cimiteriale in capo allo stesso Comune (ossia il Comune dispone di più campisanti) con oneri a carico di quest’ultimo (e con i minori riflessi possibili per la cittadinanza dato il vizio di fondo imputabile ad una mala gestione, da cui scaturisce il problema) si dirottano gli eventuali resti mortali in un diverso cimitero dotato di almeno un campo di terra, adeguatamente dimensionato, da adibire all’accoglimento degli indecomposti, ma a mio avviso è il rimedio più macchinoso e costoso.
2) Sfruttando le opportunità offerte dall’art. 3 commi 5 e 6 D.P.R. 15 luglio 2003 n. 254 per i resti mortali non richiesti dai famigliari per una nuova sistemazione privata e dedicata e con spese da essi stessi sostenute, con l’ordinanza sindacale (o anche dirigenziale) con cui si disciplinano ex artt. 82 comma 4 e 86 comma 1 D.P.R. n.285/1990 si statuisce che il trattamento d’ufficio cui sottoporre tali esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo conservativo sarà la diretta cremazione. Oggi è, infatti, possibile bypassare il passaggio intermedio dell’inumazione ex art. 86 comma 2 D.P.R. n. 285/1990, per le ragioni di cui sopra. Sarebbe meglio poter contare su un impianto di cremazione interno al Comune, altrimenti si consiglia di consultare diversi forni anche per comparare i prezzi per i quali, almeno per la massima tariffa applicabile, in linea generale vale pur sempre il D.M. 1 luglio 2002 conseguente all’art. 5 comma 2 Legge 30 marzo 2001 n. 130.
Nel lontano Maggio del 1978, dopo la nascita e pochi minuti di vita, all’ottavo mese di gravidanza, è deceduta la mia prima figlia, con notevoli difficoltà, mi è stato assegnato un loculo mortuario (alcune interpretazioni davano come riconoscimento un feto e non un essere umano completo). Sono passati 40 anni dalla sua morte ora c’è la scadenza legale e devo togliere mia figlia dal loculo. Dopo 40 anni, il desiderio di mio marito ed il mio, è quello di poter cremare ciò che rimane e di portarla, un una piccola Urna a casa, visto che per 40 anni non abbiamo avuto la felicità di averla tra noi. Come posso ottenere la cremazione? ed eventualmente la possibilità di tenerla tra noi?? Abito a Torino e molto presto ci recheremmo in altra città come residenza. Grazie.
Gentile signora Marcella,
il dolore che deve aver provato in questi quarant’anni lei e suo marito deve essere stato tanto. Ben difficilmente comprensibile da chi non ha avuto una esperienza simile. E sono in imbarazzo nel dare una risposta alla sua accorata richiesta. Sono in imbarazzo perché devo dirLe che per la mia esperienza ben difficilmente potrà – a distanza di 40 anni di tumulazione – rinvenire dei resti mortali scheletrici di un feto.
Laddove si rinvenissero, può chiederne la cremazione. Ma a maggior ragione, ben difficilmente sarà possibile raccogliere ceneri.
Per cui anche se è possibile quanto da Lei chiesto in termini procedurali, concretamente è ben difficile rinvenire ceneri di un feto, addirittura dopo la cremazione dei prodotti derivanti da una estumulazione quarantennale.
Mi rendo conto di darLe un dolore aggiuntivo nel dirLe questa amara verità. Ma è corretto che io La informi sull’esito effettivo della sua richiesta.
Per cui, signora Marcella e marito della signora Marcella, restate col ricordo nel cuore della vostra una figlia nata morta e limitatevi a questo. Eventualmente potreste chiedere di avere il rinnovo della concessione del loculo per un certo numero di anni o il trasferimento delle spoglie mortali in un fabbricato, che a Torino mi consta esista, dedicato proprio ad accogliere situazioni come quella da Lei descrittami.
Sono un Impresario funebre della Lombardia e ho un quesito da porre: sono stato incaricato da una famiglia di procedere all’estumulazione di un parente dal loculo e di portare i resti mortali al forno crematorio per la cremazione e di riportare le ceneri in cimitero in un cinerario. Quando andrò ad emettere fattura dovrò farlo esente i.v.a. o dovrò applicare l’aliquota al 22% ? grazie
Per Omar
1) la estumulazione non è attività funebre, bensì attività di servizio cimiteriale, soggetta ad IVA ad aliquota intera se svolta da soggetto diverso da Pubblica Autorità (Comune), cioé se è fatta dal gestore del cimitero.
In base alla norma vigente nella Regione Lombardia (art. 33 comma 4 del regolamento regionale 6/2004 in materia funeraria) alla sua impresa funebre è inibito svolgere direttamente tale servizio (estumulazione). Occorre quanto meno la separazione societaria.
“4. I soggetti autorizzati all’esercizio di attività funebre non possono:
a) gestire obitori, depositi di osservazione, camere mortuarie all’interno di strutture sanitarie o socio-sanitarie;
b) effettuare denuncia della causa di morte o accertamento di morte;
c) gestire cimiteri, ivi compresa la loro manutenzione. Qualora il soggetto svolga anche tale attivitàè d’obbligo la separazione societaria ai sensi dell’articolo 9, comma 3, della legge regionale.”
Più correttamente il Comune dovrebbe svolgere una gara per l’affidamento del servizio di gestione del cimitero (ivi compresa la estumulazione) e, a seconda che si tratti di appalto di servizio o di concessione di servizio, cambia la situazione fiscale. Nel caso di appalto di servizio la ditta vincitrice svolge un servizio per il Comune e fattura a questi con IVA la 22%. Il Comune ha il rapporto col cittadino e fa pagare la tariffa per l’importo stabilito dall’Organo competente (GM) e tale tariffa è fuori campo d’imposta. Se, invece il Comune concede ad un terzo la gestione del servizio cimiteriale il terzo fattura direttamente al cittadino ad aliquota IVA piena (22%).
2) L’impresa funebre, se incaricata da un avente titolo (familiare del defunto) di effettuare un trasporto funebre (e il trasporto di urna cineraria sicuramente lo è) può fatturare tale importo in esenzione di IVA, ex art. 10 DPR 633.
3) Diversamente il trasporto di un contenitore di resti mortali, ad avviso di chi scrive, non è detto che sia configurabile come trasporto funebre. Potrebbe rientrare nell’attività funebre ove fosse esplicitamente previsto dalla norma regionale in materia. Pertanto se la regione di appartenenza ha individuato senza ombra di dubbio e con legge/regolamento attuativo di legge regionale il trasporto di resto mortale come attività funebre e se lo stesso è stato commissionato da familiare avente titolo del defunto, è plausibile ritenere che questo trasporto sia anch’esso in esenzione IVA. Se invece il trasporto è commissionato dal gestore del cimitero o dal Comune, potrebbero non essere considerate pompe funebri, ma attività di servizio e quindi applicabile l’Iva ad aliquota intera (22%).
Ma quindi…se il comune tramite i suoi addetti provvede all’estumulazione ed io come impresa (visto che il comune non lo fornisce) provvedo a fornire al familiare del defunto il contenitore per la salma indecomposta,il trasporto al forno crematorio di essa,l’urna cineraria e il rientro di essa in cimitero devo fatturare la mia prestazione esente iva perchè è da considerarsi come attività funebre. Ovviamente opero nella regione lombardia
x Omar
la fornitura del contenitore di resti mortali fuori da un funerale, a nostro avviso, è un cessione di beni (e non prestazione di servizio proprio delle pompe funebri). Conseguentemente è assoggettata ad IVA ad aliquota intera. E’ lo stesso caso della vendita di una bara distinta dal funerale. Al resto si è già risposto.
X SILVIA,
il diritto a disporre dei cadaveri (e dei loro resti) non si esaurisce in seguito alla prima sepoltura, magari più convenzionale, degli stessi, ossia dopo il periodo legale di sepoltura. Circa l’assenso alla cremazione dell’ossame trovano applicazione le norme contemplate per la cremazione delle cadaveri al momento immediatamente successivo al decesso, specie per quanto riguarda la priorità tra coniuge e parenti nei vari gradi e, nel caso di difetto del coniuge, la possibile pluralità di persone nello stesso grado (indipendentemente dalla linea di parentela o dalla sua ascendenza o discendenza). E’ sempre richiesta un’autorizzazione da cui, però, deve emergere solo la volontà di cremare le ossa. Non è più necessaria, infatti, per ovvi motivi la procedura aggravata volta ad escludere la morte sospetta o dovuta a reato. La cremazione delle ossa provenienti da operazioni cimiteriali o da un precedente deposito in ossario comune può esser deliberata d’ufficio da parte del comune quando vi sia disinteresse da parte dei familiari del defunto.
Qui si scontrano due grandi filosofie e scuole di pensiero, e non è chiaro quale delle due abbia la predominanza. Invero la cremazione delle ossa, la quale gode pur sempre di piena cittadinanza nel nostro ordinamento funerario, non ha una procedura univoca e sin in fondo delineata dal Legislatore, essendo un istituto del tutto nuovo, in linea con le recenti tendenze cremazioniste.
Gli sforzi maggiori per ottenere un iter standardizzato si riscontrano soprattutto nella modulistica, tuttavia, spesso si provvede per prassi ed analogia con la cremazione di cadavere vera e propria regolata ora dall’Art. 79 DPR 10 settembre 1990 n. 285, ora dalla Legge 30 marzo 2001 n. 130. Per brevitas io, assumerò a rifermento la norma del DPR n. 285/1990, ossia dell’attuale regolamento nazionale di polizia mortuaria, l’unico in vigore in tutt’Italia (per le parti non novellate da Legge Regionale o regolamento)
La prima corrente dottrinaria ritiene che l’istanza di cremazione (indifferentemente di cadavere, resti mortali o ossa) da inoltrare presso il Comune in cui si trovino le spoglie mortali (o quanto ne residui) attenga all’esercizio di un diritto intimissimo e personale in termini di pietas ed affetti, la prefata richiesta, allora, si concreterebbe in un atto di disposizione motu proprio, in cui rileva, nel decidere la sola volontà del famigliare, ovviamente nel silenzio del de cuius (se questi ha espresso volontà contraria alla cremazione il problema non si pone più, perchè il suo volere, in tema di destinazione per il post mortem è sovrano). La forma dell’atto, allora, dovrebbe necessariamente esser quella della domanda, corredata da sottoscrizione debitamente autenticata da pubblico ufficiale ex Art. 21 e 38 commi 2 e 3 DPR n. 445/2000.
Alla seconda impostazione, invece, pare aderire il Ministero degli Interni, con circolare telegrafica 1 settembre 2004 n. 37: secondo essa l’avente titolo a pronunciarsi, in realtà, non manifesta una volontà propria, bensì, quale semplice nuncius esprime un desiderio del de cuius stesso, riportandolo formalmente, ecco, quindi, il motivo per cui il suddetto Dicastero operi una scelta di fondo per l’atto sostitutivo di atto di notorietà ex Art. 47 DPR n. 445/2000, come strumento in cui estrinsecare la volontà cremazionista.
La differenza pare di lana caprina, almeno per i non addetti ai lavori e sostanzialmente si riduce a questo: l’atto è soggetto, sin dall’origine ad imposta di bollo: nel primo caso sì, nella seconda ipotesi no.
x Carlo
sei stato molto professionale sicuramente nella risposta ma scusami l ignoranza in merito….. io non ho capito se la mia volontà ( cioe quella di figlia) mi permette di poter scegliere di cremare le ossa di mio padre.
ripeto la “MIA volontA” o devo dichiarare che erà la volontà di mio padre?
GRAZIE E SCUSAMI
X Silvia,
Il problema interpretativo è tutto interno agli uffici comunali, e agli afficionados, causidici e legulei (come me!) del diritto funerario, ma per l’utente finale dei servizi di polizia mortuaria, cioè il normale e privato cittadino, nulla cambia e con la volontà (elemento sempre e comunque, centrale e dirimente) si procede in ogni caso alla cremazione delle ossa. Spesso queste difficoltà sono superate attraverso una modulistica piuttosto “elastica” ed omnicomprensiva delle diverse fattispecie in esame.
Nel merito, credo che tutto si incentri sulla natura della dichiarazione che può essere:
a) esercizio di un diritto, personalissimo, di disposizione del cadavere in termini di ‘pietas’,
b) rappresentazione di una volontà del defunto.
Da ciò discende, rispettivamente, che:
a) i famigliari esprimono una volontà propria,
b) i famigliari “riportano” la volontà del defunto o secondo altri commentatori, dalla posizione più sfumata, una non contrarietà del de cuius alla cremazione.
Nel primo caso, l’autenticazione della firma si fonda sull’art. 79 comma 2 DPR n.285/1990.
Nel secondo frangente, invece, si può/potrebbe fare riferimento alle norme in materia di documentazione amministrativa.
La volontà del defunto in termini di “qualsiasi altra espressione della volontà” é presente nell’ art. 3, lett. b. n. 3 Legge 30/3/2001, n. 130, se e quando potrà essere, in toto, applicabile, ma, a questo punto, molto dipende dall’eventuale Legge REGIONALE in materia di cremazione.
X carlo
Ciao carlo mi spieghi come si fa a dicharare x poter cremare i resti ossei …….
voglio dire la volonta e nostra cioe dei figli non di mio padre morto 30 anni fa’
Grazie
X redazione
Nel caso specifico, in seguito ad una serie ( 20 ) estumulazioni per la scadenza della concessione, è stata svolta da una ditta apposita la serie di servizi cimiteriali ( estumulazione ) e alcune imprese di onoranze funebri sono state incaricate dai famigliari di occuparsi della cremazione dei resti mortali.
In questo caso specifico dovrebbero fatturare i costi inerenti il servizio di cremazione ( costi di cremazione, cassa in cellulosa, trasporto, sacco barriera…) con IVA al 22%, Giusto?
x Daniele
A nostro avviso, nel caso da Lei prospettato, non si è in presenza di funerale e quindi la cessione di beni e servizi è soggetta ad IVA ad aliquota intera del 22%.
X Daniele,
chiedo scusa, ma oggi rispondo ” a rate” o, se si preferisce, “a singhiozzo”!
Qui da noi, in Emilia-Romagna con la DGR n. 156 del 13/2/2006, cioè con un atto sostanzialmente amministrativo e non di rango Legislativo o, tutt’al più Regolamentare, si individua, all”interno della definizione di attività funebre, non solo il trasporto di salme o di cadaveri, ma altresì anche quello di resti mortali, dilatando indebitamente la definizione dell’art. 13 comma 1, L.R. (Emilia-Romagna) 29/7/2004, n. 19. In dottrina, si consiglia, con cautela, di depotenziare (= disapplicare?) questa linea d’indirizzo, poiché il trasferimento di resti mortali può esser effettuato anche da chi eroghi il servizio di trasporto cose, soprattutto in forza delle recenti riforme in tema di liberalizzazioni e libertà d’impresa, fermo restando l’obbligo di adeguato confezionamento dei relativi contenitori, qualora si ravvisi anche il solo pericolo di percolazioni cadaveriche.
Per l’autorizzazione al trasporto è competente il Comune di partenza,
Se il trasporto avviene dentro il cimitero, è sufficiente la sola
registrazione di cui all’art. 52 D.P.R. 285/90.
Se il trasporto avviene entro il Comune, è sufficiente l’autorizzazione
del competente ufficio comunale.
La procedura per il confezionamento dei resti mortali prevede l’uso di contenitori di materiale facilmente biodegradabile (o combustibile, ) se questi saranno avviati alla cremazione ad eccezione della presenza
di parti molli rilevate dalla competente autorità di vigilanza (ASL o
Comune), nel qual caso è obbligatorio l’uso di feretro con caratteristiche analoghe a quelle di trasporto di cadavere (cassone esterno ermetico facilmente lavabile o disinfettabile, cassa anche grezza purché munita di dispositivo plastico impermeabilizzante o meglio ancora contenitore, pure di materiale “leggero” predisposto solo con lenzuolino di contenimento magari cosparso di polvere assorbente a base batterico-enzimatica, Questa terza soluzione permette sia di arginare le eventuali perdite di liquido cadaverico, almeno per il tempo necessario al trasporto, consentendo di lavorare in piena sicurezza, sia di favorire l’ossigenazione dei tessuti corporei, così da accelerarne il naturale dissolvimento grazie ai processi ossidativi, ovviamente se la destinazione ultima dei resti mortali sarà l’inumazione in campo indecomposti… per la cremazione il problema non si porrebbe neppure, in quanto il feretrino sarà direttamente incinerato, ossia sottoposto ad un fortissimo processo ossidativo, ancorché “violento”, perché indotto dal calore.
Rif. normativi: Circolare Min. Salute 31 luglio 1998 n°10
Risoluz. Min. Salute p.n. DGPREV-IV6885P/I.4.c.d.3
del 23/03/2004
X Daniele,
La lettera e) del comma 3 dell’art. 1 L.R. n. 19/2004 circoscrive l’ambito cimiteriale.
L’elencazione non presenta elementi di novità, essendo una ricognizione dell’esistente, quando ci si riferisce all’insieme delle attività connesse alla disponibilità del demanio cimiteriale:
1. operazioni cimiteriali e la loro registrazione;
2. le concessioni di spazi cimiteriali
3. la cremazione
4. illuminazione elettrica votiva.
La lettera f) del comma 3 dell’art. 1 LR 19/2004 delinea il complesso delle funzioni di polizia mortuaria. L’enumerazione è tassativa e quindi non ampliabile e vi si ricomprendono attività:
1) Autorizzatorie (tutte le operazioni, in questo caso, cimiteriali, sono sempre soggette ad autorizzazione amministrativa).
2 Vigilanza
3) Controllo
Da parte degli enti competenti. Si tratta quindi di quelle pubbliche funzioni che devono essere svolte da una pubblica autorità e non possono essere oggetto di affidamento all’esterno.
E’ il Comune il principale soggetto competente, sia per funzioni ad esso attribuite dalla L.R., sia per i compiti statali (stato civile) svolte in ossequio a norma statale, sia ancora per funzioni previste da norme nazionali in materia funeraria richiamate dalla L.R.
Tra attività funebre commerciale e gestione in regime di monopolio del servizio cimiteriale è, comunque, prevista la separazione societaria ex Art. 5 comma 2 L.R. n. 19/2004 e Legge n. 287/1990.
Nella regione emilia romagna, alla luce della legge regionale 19/2004 si può considerare anomalo che una onoranza funebre si occupi della cremazione dei resti mortali da estumulazione, essendo gli stessi dei servizi cimiteriali? in questo caso devono essere fatturati con aliquota iva al 22% vero?
Grazie.
x sogeci
Cosa significa che una onoranza funebre si occupa della cremazione di resti mortali?
Se intende che è incaricata dalla famiglia di confezionare in contenitore il resto mortale, trasportarlo al crematorio e recuperare sempre su incarico della famiglia l’urna cineraria, questo è consentito.
Non certo le operazioni cimiteriali che originano il resto mortale, che sono competenza del gestore.
Quanto all’IVA da applicare non risultano, a nostra memoria, delle risoluzioni dell’Agenzia delle entrate su questa fattispecie.
Sicuramente la fattura del crematorio è con IVA al 22% se il gestore è un soggetto diverso dal comune.
La questione è relativa alla fornitura di beni e servizi al di fuori di un funerale da parte di una impresa funebre.
Potrebbe intendersi attratta dall’attività principale, se viene fatto il tutto in un funerale di cui sia stata incaricata l’impresa funebre, e quindi esente IVA.
Se invece il confezionamento e il trasporto del resto mortale al crematorio è commissionato da Comune o altro soggetto (ad es. gestore del cimitero), non si tratta di funerale o attratto nella sfera del funerale, ma a nostro avviso, è cessione di beni e servizi soggetti ad aliquota IVA nella misura ordinaria del 22%.
Non in presenza di funerale la cessione di beni e servizi è soggetta ad IVA ad aliquota (ora) del 22%.
Ma è opportuno approfondire la questione. Quindi al momento questa parte di risposta è dubitativa.
X CARLO.
La sua risposta è stata rapida, chiara ed esauriente. La ringraziamo per l’interessamento e le facciamo i nostri complimenti per la competenza che ha in materia.
X Roberto Cozzani,
Sono, così come, del resto, erano, già in passato, a titolo oneroso le estumulazioni vere e proprie, le spese di pulizia e sanificazione del loculo, nonché di smaltimento dei rifiuti prodotti, la sostituzione della lapide (in modo che, dal giorno successivo alla scadenza possa esservi assegnazione a terzi),
Il comune, poi, se non vuole incorrere nelle ire della Corte dei Conti per danno erariale ex Art. 93 D.Lgs n. 267/2000, dovrà imputare al privato cittadino l’onere dell’inumazione post-estumulazione, l’eventuale cremazione, incluse le operazioni di collocamento nell’ossario comunale, sempre quando quest’ultime possano eseguirsi ai sensi dell’Art. 87 DPR 10 settembre 1990 n. 285 recante l’approvazione del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria
Il costo da affrontare, grava sul concessionario per le prime operazioni inerenti alla “manutenzione della tomba”, una volta giunti alla scadenza della concessione, mentre per le seconde, le quali prevedono in ogni caso l’esercizio di un diritto di disposizione, sul coniuge o, se questi manchi, sui parenti nel grado più prossimo e, in caso di loro pluralità, tutti costoro SOLIDARMENTE sono obbligati verso il comune.
Il comune, quale titolare ultimo della funzione cimiteriale, se rileva un protratto silenzio da parte dei soggetti comunque obbligati a provvedere può scegliere tra due soluzioni:
a) ricorre a metodi di riscossione forzosa del credito attraverso gli ordinari strumenti e le relative azioni del Cod. Civile o, ancor meglio con l’iscrizione “a ruolo” dell’inadempiente ex D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 112, come modificato con D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 326 e si veda, anche. il D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, come modificato dal già citato D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 326 per quanto riguarda in particolare i termini stessi di iscrizione a ruolo)
b) Il comune appurata la non volontà (manifesto rifiuto???) di assunzione degli oneri da parte degli aventi titolo a pronunciarsi sulla destinazione dei resti mortali, procede d’ufficio in termini di cosiddetto disinteresse dei familiari, qualora, però, il familiare adotti comportamenti contrastanti con il disinteresse, viene a mutare il quadro di riferimento, consentendo di qualificare l’intervento come gestione di affari altrui (art. 2028 e segg. Cod. Civile) e quindi sorge la legittimazione (dovere? ex art. 93 D. Lgs. n. 267/2000) della ripetizione delle somme. Ma il mero reperimento di un familiare, senza alcun suo comportamento ‘attivo’ (cioe’ contrastante con il disinteresse), non fa sussistere, ex se, la possibilità di ripetere le somme erogate/anticipate dalla pubblica amministrazione al gestore del cimitero. Il “disinteresse” deve pertanto risultare da procedura certa dettata dal Regolamento Comunale di Polizia Mortuaria.
Il Comune rimane estraneo ad eventuali accordi interni tra gli aventi diritto sulla ripartizione degli oneri al sostenimento dei quali essi sono tenuti in solido (è bene ribadire il concetto), le operazioni cimiteriali, invece, quali appunto estumulazioni, cremazioni ed inumazioni sono servizi pubblici locali erogati in regime di monopolio, il comune, poi, può anche, nella propria autonomia, affidarli ad un soggetto esterno il quale opererà pur sempre in regime di esclusiva.
Una missiva inviataci dal Comune (piccola località della Val di Vara, Provincia della Spezia, Regione Liguria) preavvisa che la salma di una lontana parente, deceduta 30 anni fa, verrà a breve estumulata.
Unitamente alla notizia ci informa che dovremmo sostenere delle spese, a seconda della scelta che andremo a fare.
Ecco le tariffe :
1) estumulazione ordinaria e cremazione 2000 euro.
2) estumulazione ordinaria e inumazione per 3 anni (1000 euro), dopodiché ossa nell’urna murata al cimitero per 30 anni ( altri 650 euro)
3) ulteriore rinnovo della concessione del tumulo per altri 10 anni (1000 euro), dopodiché le ossa resteranno per 30 anni nell’urna cimiteriale (altri 650 euro)
Per corretta narrativa aggiungo anche che non siamo gli unici eredi della defunta, ma l’ufficio del Comune ha inviato solo a noi la comunicazione perché unici residenti in zona.
Le nostre domande sono:
A) Dobbiamo, obbligatoriamente, provvedere al pagamento richiesto? Qualora facessimo “orecchie da mercante”, ignorando la comunicazione sopracitata, cosa potrebbe accadere?
B) Il Comune non dovrebbe prendersi la briga di contattare lui stesso tutti gli eredi, invece che chiedere solo a noi l’intero l’importo dell’operazione?
Abbiamo forti dubbi che gli altri parenti ci vengano incontro accollandosi una quota delle spese previste.
C) Esiste la possibilità di avere agevolazioni (sconti) per le categorie a basso reddito?
D) E’ possibile richiedere “preventivi” ad altri soggetti della zona (Pubbliche Assistenze ecc) per verificare se è possibile risparmiare qualcosa, oppure esiste una sorta di monopolio con appalto del Comune ad un’unica società, senza possibilità di rivolgersi ad altri?
Sperando di essere stati chiari nella descrizione della situazione, restiamo in attesa di una cortese risposta di merito. Grazie.
Il diritto a disporre dei cadaveri non si esaurisce in seguito alla prima destinazione degli stessi, ossia dopo il periodo legale di sepoltura.
L’Autorizzazione alla cremazione, anche di resto mortale, comporta pur sempre una manifestazione di volontà da parte degli aventi diritto a pronunciarsi, anche se nella forma affievolita del semplice assenso amministrativo. Occorre, allora, comunque, un atto volitivo degli interessati jure sanguinis. Solo in loro assenza comprovata, o in caso di loro protratto ed ingiustificato silenzio (leggasi DISINTERESSE che, appunto è l’animus di “fregarsene bellamente” ) provvede di default il comune, deliberando d’ufficio ed a proprie spese l’incinerazione del resto mortale esumato. Lei, quindi, ha tutto il diritto ad opporsi, con atto scritto da notificare al Suo comune, alla cremazione della spoglia mortale di Suo nonno. Naturalmente gli oneri per la re-inumazione ed il trasferimento in altro campo di terra riservato agli indecomposti, saranno a Suo esclusivo carico.
HO IL NONNO CHE E’ MORTO NEL DICEMBRE DEL 1969 ED E’ STA-TO SEPOLTO SEPOLTO IN TOMBA GENTILIZIA.EDIFICATA DALLA PRRPRIA MADRE-
UN PARENTE, (NIPOTE) PER POTER USUFRUIRE DELLA TOMBA, PER LA SEPOLTURA DEI PROPRI GENITORI, GIUSTIFICANDOSI SULLA NECESSITA’ DI ADEGUARE LA TOMBA ALLE NUOVE NORMATIVE CHE NEL CONTEMPO ERANO STATE PUBBLICATE..
PROVVIDE A FAR ESTUMULARE TUTTE LE SALME CONTENUTE NELLA TOMBA E A RACCOGLIERE I RESTI IN CASSETTINE.-
LA SALMA DEL NONNO ERA ANCORA INTATTA PER CUI IL COMUNE DISPOSE L’INUMAZIONE PER CINQUE ANNI, E, POI, PERDURANDO IL FENOMENO PER ALTRI CINQUE ANNI.-
ORA IL COMUNE DESIDERA LIBERARE L’AREA DEL CAMPO PER POTER PROCEDERE AD INUMAZIONI E QUINDI MI”INTIMA” DI PòROCEDERE ALLA CREMAZIONE DEI RESTI “A MIE SPESE”
IO INVECE DESIDERO CHE LA SALMA RIMANGA PER ALTRI DIECI ANNI INUMATA.-. E’ POSSIBILE?
ATTENDO NOTIZIE.-
Grazie /dal Veneto
X Elvira,
Premetto che esumazioni, traslazioni e trasporti funebri sono tutti prestazioni a titolo oneroso per l’utenza del servizio di polizia mortuaria, conviene quindi informarsi presso un’impresa funebre per un preventivo dettagliato, naturalmente comprensivo delle spese burocratiche (diritti fissi per il rilascio delle necessarie autorizzazioni, diritti di segreteria, marche da bollo sugli atti, applicazione di aliquota IVA…) perché in genere tutte queste operazioni sono soggette ad un ben preciso tariffario, alle volte anche piuttosto esoso, anche per disincentivare richieste pretestuose da parte della cittadinanza. Ad ogni modo Lei sulla spoglia mortale di Sua madre può tranquillamente esercitare lo jus sepulchri richiedendone lo spostamento (previa la riduzione in cassetta ossario laddove sia possibile) in un nuovo cimitero. Tutti gli oneri saranno a Suo carico
A Napoli, nei comuni del suo hinterland, ed anche nei comuni limitrofi di solito, per la cronica ed emergenziale mancanza di posti salma sono già considerate come ordinarie le esumazioni effettuate dopo i 5 anni dalla sepoltura in campo di terra, molto, quindi, dipende dal regolamento comunale di polizia mortuaria del comune di Pozzuoli o addirittura dall’ordinanza sindacale, a volte contingibile ed urgente, con cui si disciplinano i lavori cimiteriali.
In ogni caso il discrimen è questo: se l’esumazione è considerata già ordinaria dopo i 5 anni si procede d’ufficio alla raccolta delle ossa, altrimenti il morto dissotterrato è considearto ancora cadavere e come tale va trattato.
In estrema sintesi i passaggi amministrativi sono i seguenti, e la competenza territoriale per tutta l’istruttoria è del comune di prima sepoltura, nella fattispecie Pozzuoli.
1) Istanza, in bollo, rivolta all’Autorità Comunale per l’esumazione cui logicamente, una volta verificata la legittimità della richiesta, seguirà il rilascio della relativa autorizzazione.
2) Verifica da parte del personale del cimitero sullo stato di scheletrizzazione della salma ai sensi dell’Art. 87 DPR n. 285/1990, poiché se non è possibile la raccolta delle ossa, occorrerà provvedere alla fornitura di un adeguato cofano mortuario debitamente sigillato stante l’Art. 88 DPR n. 285/1990
3) raccolta delle ossa in cassetta ossario, se, invece, il cadavere è indecomposto converrà disporne la cremazione perché è più economico trasportare le ceneri o le semplici ossa rispetto al trasporto di un feretro ex Art. 88 DPR n. 285/1990, ovviamente la cremazione segue un preciso iter di autorizzazione molto più strutturato, per il quale si rinvia alle pagine di questo sito http://www.funerali.org
4) Valutazione da parte del comune di partenza sui titoli di sepoltura prima di autorizzare il trasporto verso il cimitero di nuova destinazione: si tratta, infatti, di accertare se il defunto in questione vantasse o meno il titolo di accoglimento presso il nuovo sepolcro (non dovrebbero esserci problemi in tal senso se Sua madre era titolare di una concessione o comunque portatrice dello jus sepulchri passivo)
5) perfezionamento e conseguente rilascio dell’autorizzazione al trasporto alternativamente di cadavere, ossa o ceneri. Il trasporto di cadavere deve esser eseguito con idonea autofunebre, mentre quello di ossa o ceneri, pur soggetto ad autorizzazione comunale, è libero e può esser effettuato anche privatamente senza il bisogno di avvalersi di un’impresa funebre.
Ho estumulato ed esumato dopo 40 anni la salma di mio fratello,per edificare
una cappella con regolare permesso.Ho
trovato il corpo mummificato.Ho fatto richiesta di cremazione resti e mi hanno chiesto un certificato ufficiale
sanitario.Mio fratello aveva scritto
volonta’di cremazione con dispersione.
Mio padre non volle.Io vorrei ma senza
dispersione.Posso presentare le sue volonta’.
X Ezio,
salvo non si tratti di resto mortale portatore di pace-maker o di radioattività (da ultimo D.Lgs n.257/2001), ipotesi talmente rarefatta di poter esser, qui, almeno, tralasciata il certificato sanitario richiesto sarebbe del tutto ultroneo e persino superfluo, dirò di più per la cremazione dei resti mortali (cadaveri corificati, saponificati o mummificati dopo almeno 20 anni di permanenza nel loculo stagno, l’obbligo di presentazione del prefato atto è persino vietato dalla legge (art. 6 D.P.R. 15 luglio 2003 n. 254) in quanto rappresenterebbe un inutile aggravamento procedurale, stigmatizzato anche dall’art. 1 comma 2 Legge n. 241/1990.
Nella electio sepulchri (destinazione del proprio corpo per il post mortem, anche nelle forme più atipiche, come – appunto, accade per lo sversamento delle ceneri in natura o, comunque, all’aperto) sovrana (seppur nel rispetto delle norme di ordine pubblico) è la volontà del de cuius, surrogabile dai famigliari solo nel suo silenzio. Se Suo fratello optò per la dispersione delle ceneri questo desiderio, anche se postumo, deve esser esaudito in toto. IL testo recante le ultime volontà redatto datato e sottoscritto da Suo fratello, avendo tutte le caratteristiche di un testamento olografo a contenuto non patrimoniale, deve esser necessariamente pubblicato presso un notaio, per acquisire efficacia, altrimenti, rimarrebbe solo un semplice foglio di carta, senza alcun valore giuridico.
una domanda agli esperti
5 anni fa è deceduta mia madre nel comune di Pozzuoli ed è stata seppellita per terra, ora mi trovo a Ferrara, e devo provvedere alla riesumazione della salma di mia madre portandola nel loculo di sua proprietà che si trova nel cimitero di Roccasecca (FR), le mie condizioni economiche non mi permettono di sostenere tale spesa, come devo comportarmi, quali sono i passi da fare considerando anche la possibilità che la salma non sia totalmente decomposta? Volendo farla cremare portandone via le ceneri cosa devo fare?
Grazie per l’aiuto
X Antonio,
In alcune regioni dove si è intervenuti per disciplinare il settore funebre, anche al fine di eliminare certe storture, la licenza di commercio non alimentare e quella ex art. 115 TULPS, sono state soppiantate da una nuova autorizzazione che le “assorbe”, denominata autorizzazione all’?esercizio dell’?attività funebre.
Nell’?istruttoria amministrativa dove si valutano i titoli per l?’ammissione all’?esercizio dell’?attività funebre l?’aspirante impresario dovrà anche dimostrare la regolarità dei rapporti di lavoro tra l?impresa ed i propri dipendenti.
Non è così in Molise, Regione, infatti, che non ha ancora legiferato in materia di polizia mortuaria.
In Regione Molise, allora, vale solo ed unicamente il DPR 10 settembre 1990 n. 285, il quale, però, nulla dispone a proposito di come “fare” ed “essere” impresa funebre.
Occorrono pertanto:
a) ?autorizzazione di cui all’?art. 115 TULLPS, così come riformato dal Decreto Legge n. 5/2012, oggi conferita alle competenze dei comuni (art. 163 D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112);
b) titoli per esercitare, nel comune, l?’attività di commercio di articoli funebri (categoria merceologica XIV). Si usa il termine “?titoli”? in quanto può, a seconda dei casi, trattarsi dell?’autorizzazione all?’attività commerciale a suo tempo rilasciata dal comune ai sensi della L. 426//1971 o delle altre modalità, dichiarate al comune, che legittimino l?attività commerciale, quando iniziata successivamente al D.Lgs. 31/3/1998, n. 114;
c) autorizzazione al singolo trasporto funebre: poiché per la sua effettuazione occorre, quanto meno, la disponibilità di un idonea autofunebre e della relativa rimessa, questa ultima rispondente ai parametri tecnici dell?’art. 21 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, tali dotazioni di mezzi e strutture consentono di integrare il requisito relativo al trasporto.
Il soggetto che esercita attività funebre (l’?impresa di onoranze funebri), deve, in ogni caso, essere in possesso dell?’autorizzazione al trasporto funebre, di cui agli artt. 23 e ss. D.P.R. 285/90, autorizzazione comunale che viene rilasciata caso per caso in occasione di ogni funerale.
x Carlo
Carlo scusami visto che sei da quelllo che leggo tu l’esperto in materia di polizia mortuaria, ti volevo chiedere a quale legge ci si deve attenere per iniziare servizio onoranze funebri e trasporti in regione molise.
grazie
X Giuseppe,
non so da quale regione Lei mi scriva, così per maggior brevitas e sintesi, assumerò a riferimento solo le norme nazionali vigenti, ad oggi, in tema di cremazione postuma, dopo un primo periodo di diversa sepoltura in loculo.
Di solito è poco dopo il decesso, prima della sepoltura, che gli aventi titolo esplicitano la volontà (propria o del de cuius) di procedere a inumazione, tumulazione o cremazione. E’, infatti, in quella fase che si acquisisce agli atti la loro istanza per una scelta o per l’altra. Cosicché il caso in questione può presentarsi unicamente per rinvenimento postumo di volontà del de cuius di essere cremato o altra analoga situazione (ad. es. presentazione della volontà del de cuius da parte della SO.CREM., venuta a conoscenza dopo qualche tempo della morte dell’associato). In questi casi si è tenuti a provvedere ad esumazione straordinaria (o estumulazione se in tumulo) e cremazione, operazioni tutte a titolo oneroso per i richiedenti, essendo unicamente gratuita la prima operazione cimiteriale (in campo comune). L’autorizzazione alla cremazione può essere rilasciata solo previo accertamento delle condizioni di cui all’art. 79/4 del DPR 285/90. Si sottolinea l’importanza di tale accertamento al fine di escludere il sospetto che la morte fosse dovuta a reato.
In dottrina, però, sussistono interpretazioni più possibiliste e favorevoli, secondo le quali è (o sarebbe???) del tutto legittimo dar luogo a cremazione in un secondo tempo, anche alla luce del paragrafo 4 della Circ. Min. 31 luglio 1998 n. 10 purché si acquisiscano agli atti: a) una dichiarazione di tutti i familiari circa la loro volontà alla cremazione; b) una dichiarazione degli stessi familiari di mancanza di espressa volontà contraria del de cuius alla cremazione. Per il resto ci si comporta come se ci si trovasse di fronte al caso di un cadavere. Pertanto occorre sia escluso il sospetto di morte dovuta a reato e la piena applicazione dell’articolo 79 commi 4 e 5 del DPR 285/90.
E’, poi, necessaria, in via complementare, l’autorizzazione alla estumulazione e al trasporto del feretro in crematorio, nonché dell’?urna cineraria nel luogo di sepoltura prestabilito.
Un chiarimento per la mia situazione, cortesemente…
Mia madre muore nel 2009 (50enne) viene tumulata in un loculo nella cappella di famiglia. Ora, per diverse motivazioni, il suddetto loculo deve essere liberato. Nel valutare il da farsi, vorrei fermamente escludere l’acquisto di un nuovo loculo in un altro punto del cimitero. Mi chiedevo se è possibile cremare, anche se sono passati 4 anni. E come funziona in questo caso, anche dal punto di vista di permessi e concessioni. Non ci sono volontà scritte della defunta, ma nemmeno una non-volontà. La scelta sarebbe dei suoi figli, tutti concordi. Faccio presente che, al momento della morte di mia madre, il crematorio regionale non era stato ancora costruito, mentre pochi mesi prima era stata emanata la legge regionale in materia.
Speranzoso di un vostro chiarimento, vi saluto cordialmente.
X Vincenzo
Ma il suo vicino di casa, per caso, non sarà un po’ necrofilo? della serie…ma quante deviazioni hai!!!??? (io, ad esempio, ne ho molte, date le mie notorie parafilie funerarie)
In Italia è ancora vietata ex Art. 410 Cod. Penale la tanatoprassi, cioè il trattamento conservativo temporaneo sul cadavere praticato, però, com metodi invasivi, spesso dalla stessa impresa funebre, mentre è pur sempre ammessa l’imbalsamazione ai sensi degli Artt. 46 e 47 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria approvato con DPR 10 settembre 1990 n. 285
L’Art. 340 del Testo Unico Leggi Sanitarie (Regio Decreto n.1265/1934) pone il divieto di sepoltura al di fuori dei cimiteri con una norma che ha rilevanza di ordine pubblico (cioè, inderogabile, assoluta, categorica e tassativa) siccome la sua violazione non solamente è soggetta a sanzione ex Art. 358 Regio Decreto n. 1265/1934, ma importa anche il ripristino della situazione alterata, ammettendo, del tutto eccezionalmente, la sola deroga del successivo art. 341 TULLSS (e, in sua attuazione, dell’art. 105 dPR 285/1990) cioè la tumulazione privilegiata, la quale importa la valutazione di “giustificati motivi di speciali onoranze”, con la logica conseguenza che la sepoltura al di fuori dei cimiteri non può mai divenire pratica ordinaria.
Ad ogni modo anche se così fosse detta collocazione del cadavere in uno spazio extracimiteriale dovrebbe seguire le regole della tumulazione stagna ai sensi degli Artt. 76 e 77 DPR n. 285/1990, non essendo, dunque, possibile l’ostensione del defunto, ancorchè imbalsamato o, peggio ancora mummificato, in una teca, addirittura presso un’abitazione privata.
Un mio vicino di casa ha nel salone del suo appartamento il cadavere della madre mummificato ed esposto in una teca di vetro. Lui dice che la cosa é legale e che ha le autorizzazioni del comune. Ho dei forti dubbi in merito, perché so esiste una legge che vieta l’imbalsamazione degli esseri umani. Che sapete in merito a questo ? Vincenzo
X Daniele,
se la fonte regolamentare locale o l’ordinanza del sindaco ex Art. 86 comma 1 DPR n. 285/1990 con cui si disciplinano nel dettaglio le estumulazioni non dispongono diversamente, resta parimenti gratuito, assieme agli altri servizi necroscopici, l’uso della camera mortuaria per il caso di arrivo di feretro, cassetta resti ossei o urna cineraria nel cimitero, in attesa di sepoltura o cremazione, fatto salvo il diritto di mettere un limite a questa permanenza da parte del Comune nel numero di giorni ritenuto giustificato dai luoghi e dalle usanze locali, con facoltà di imporre un canone per l’utilizzo oltre detto arco temporale (ad es. per lavori di sistemazione di tomba, mancato accordo fra i parenti nella scelta della sepoltura, attesa di cremazione, ecc.).
Ad ogni modo se l’impiego della camera mortuaria è per fini istituzionali che, cioè, non sorgano da istanza di parte, proprio perchè stabiliti d’ufficio dal comune l’uso di questa struttura cimiteriale è a tempo indefinito, d’altra parte se materialmente non c’è spazio per trasferire altrove i feretri ( = contenitori per resti mortali) da cremare non vedo soluzioni alternative.
Grazie per la risposta, ma mi resta un dubbio; siccome i crematori a volte sono fermi per manutenzione, mancano le autorizzazioni dei famigliari alla cremazione, etc etc… Esiste un limite temporale per la sosta in camera mortuaria?
X Daniele,
Emilia-Romagna? ottimo, è, infatti, anche il mio “feudo funerario” allora ci intendiamo benissimo!
Come al solito norme regionali e nazionali si interecciano in un giuoco perverso di rimandi e simmetrie…comunque procediamo con ordine logico-formale
1) Art. 11 comma 5 Legge Regionale 29 luglio 2004 n. 19: l’autorizzazione alla cremazione dei resti mortali, seppur con procedura semplificata ex Art. 3 comma 6 DPR n. 254/2003, è un atto amministrativo in ogni modo necessario perchè si dia luogo all’incinerazione degli esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo-conservativo. Essa, data la sua forma così destrutturata (potrebbe anche esser cumulativa se l’amministrazione provvede motu proprio), può esser accordata anche dall’ufficio del cimitero, molto infatti dipende dal regolamento di organizzazione di uffici e servizi ex Art. 48 comma 3 D.LGS n. 267/2000 interno ad ogni comune. Per cremare i resti mortali basta un semplice assenso da parte degli aventi diritto a pronunciarsi, che si traduce in un atto volitivo affievolito di non opposizione, decorsi infruttuosamente 30 giorni dalla pubblicazione di specifico avviso nell’albo pretorio, il comune di attiva d’ufficio ed autorizza trasporto e relativa cremazione dei resti mortali.
2) Art. 12 Legge Regionale 29 luglio 2004 n. 19: con questa norma la regione de-medicalizza la polizia cimiteriale intervenendo, con implicita abrogazione su alcuni disposti degli Artt. 83 e 86 DPR n. 285/1990, in effetti non è più necessaria la presenza di operatori sanitari durante le operazioni cimiteriali purchè il personale necroforo sia adeguatamente formato ed addestrato e non si ravvisino, di conseguenza, rischi per la salute pubblica durante le esumazioni/estumulazioni, altrimenti un intervento di supervisione sul lavoro degli affossatori da parte dell’AUSL è sempre possibile, seppur limitato ai casi dubbi o sospetti. Si consiglia di disciplinare nel dettaglio le esumazioni/estumulazioni con l’ordinanza sindacale di cui agli Artt. 82 comma 4 e 86 comma 1 DPR n. 285/1990, in maniera tale da delineare un preciso protocollo operativo, magari di concerto con l’AUSL, cui i necrofori, in possesso di tutti gli strumenti conoscitivi, anche in ordine alla profilassi ed alla tutela della loro stessa sicurezza ex D.LGS n. 81/2008, dovranno attenersi scrupolosamente durante scavo delle fosse, movimentazione dei feretri, apertura delle bare….L’autorità sanitaria è, di fatto, esautorata dall’ordinaria gestione della macchina cimiteriale, qualificandosi, ora, dopo questa importante riforma, quale semplice interfaccia tecnico strumentale rispetto alla potestà ordinativa del comune, titolare, quest’ultimo, della funzione cimiteriale ai sensi degli Artt. 337, 343, 394 Regio Decreto n. 1265/1934 (giusto per citare le sole fonti di rango primario a livello nazionale!)
3) I contenitori per resti mortali confezionati così come richiesto sia dalla Risoluzione del Ministero della Salute n. DGPREV-IV/6885/P/I.4.c.d.3 del 23.03.2004 sia dalla Determinazione del Responsabile del Servizio Sanità Pubblica della Regione Emilia Romagna 6 ottobre 2004, n. 13871 ( c’è infatti la necessità assoluta di garantirsi contro i miasmi putridi e l’eventuale percolazioni di liquidi cadaverici, laddove il resto mortale presentasse ancora parti molli) sosteranno nella camera mortuaria cimiteriale, i cui requisiti tecnici sono dettati dall’Art. 64 DPR n. 285/1990, valido pienamente anche nella nostra regione. Attenzione, però, secondo il Regolamento Regionale 23 maggio 2006 n. 4 l’obbligo di dotazione della camera mortuaria originariamente previsto per ogni impianto cimiteriale oggi si intende assolto anche quando sia in funzione una sola camera mortuaria nel sistema cimiteriale (…composto da più campisanti) di ciascun comune emiliano-romagnolo. Diventerà così indispensabile organizzare il trasporto dei resti mortali.
In caso di estumulazione che necessita di cremazione, per quanto tempo i resti mortali possono restare nel cimitero in attesa della cremazione ( x mancanza di firme, o di accettazione dal crematorio )? Che caratteristiche devono avere i locali ove sostano i resti ? L’Ausl ha voce in capitolo ? La regione da cui scrivo è l’Emilia Romagna.
Le estumulazioni “ordinarie” vanno eseguite alla scadenza della concessione, tuttavia dopo 20 anni di tumulazione (= periodo legale di sepoltura) si può già tentare una riduzione in resti (ossei), ma in genere è infruttuosa, perché la salma non è ancora scheletrizzata (tecnicamente i corpi inconsunti si chiamano resti mortali).
Nella realtà, prima di disporre “d’ufficio” l’avvolgimento della bara ormai aperta con un cassone esterno di zinco occorre valutare attentamente la presenza o meno di parti molli e di conseguenti liquidi cadaverici. Si ritiene che solo in presenza di parti molli e/o liquami postmortali occorra davvero il rifascio esterno di zinco, se, cioè, la cassa interna non è in condizioni tali da garantire la perfetta ermeticità del feretro alle percolazioni (così, per ri-tumulazioni di resti mortali, e a maggior ragione per cadaveri, come previsto dal paragrafo 3 della circolare Min. Sanità n. 10 del 31/7/1998).
Ora, nella ricognizione ex Art. 86 comma 5 DPR n. 285/1990 sull’avvenuto (…o meno) processo di completa mineralizzazione delle parti molli (rectius: scheletrizzazione del cadavere) è, naturalmente d’obbligo l’apertura della duplice cassa in cui il defunto fu racchiuso il giorno del funerale: bene: nel corpo umano vi sono più di 200 ossa, anche di piccolissime dimensioni. Tra la completa mineralizzazione di una salma e la sua evidente non riducibilità (le due condizioni più facili da valutare) ci sono condizioni intermedie, che possono lasciare spazio ad interpretazioni personali. Sarebbe comodo dire che il problema non esista, e per evitare ogni fastidio legale sia sufficiente autorizzare la riduzione solo se, all’apertura del feretro, ogni singolo osso appaia isolato, privo della minima traccia di tessuto. Considerando però che in un corpo umano ci sono moltissime ossa, l’applicazione di criteri troppo rigidi interferirebbe negativamente sulla raccolta delle ossa in cassetta ossario, con un aggravamento della già preoccupante carenza di posti salma.
Il metro da adottare è semplice: si dà il via libera a quelle riduzioni che possano essere portate a termine senza manovre brusche, senza dovere ricorrere a torsioni od a strappi violenti Poi, anche qualora le varie ossa non dovessero esser proprio tutte completamente sciolte, non ci formalizza troppo. l’importante è che i resti mortali vengano manipolati con riguardo e rispetto. Attenzione, per converso, ad esser troppo disinvolti; vale, infatti, pur sempre questo orientamento della giurisprudenza: Cassazione penale, Sez. VI, 13 giugno 1997, n. 8621 “[…] Atteso il chiaro disposto dell’art. 87 d.P.R. 10 settembre 1990 n. 285, il consenso dei parenti del defunto non giustifica la frantumazione delle ossa del cadavere.
Diversi anni fa abbiamo esumato i resti di mio nonno…dopo circa 40 anni dalla sua morte. Aperta la cassa….ci è apparso uno scheletro. Non un cadavere…non una mummia…ma uno scheletro. Non di meno il medico legale ha detto che ..:”non era mineralizzato” e ci ha costretto a comprare, per telefono, un cassone di zinco, nel quale porre la cassa, ormai aperta. Mi pare che abbiamo speso circa 400.ooo lire !!! Questo fatto non mi ha mai convinto…neanche un po’ !
il mio commento,consiste che .per primo sono di napoli,e mi spiego,a napoli non so se avete mai sentito sugli scandali cimiteriali? implicati assessori,cosiglieri ecc,ecc del comune di napoli io sono dell”avviso che i loculi di 100,anni fa a scendere degli ultimi 25 anni,togliere i resti mortali e farli cremare.per dare spazio a nuove sepolture.basterebbe,un ordinanza comunale se fossero,persone serie.ma i politici li conosciamo bene!!! figuriamoci quelli napoletani.comunque io personalmente sono per la cremazione,e più igiene e non c”è sperpero per i sciagalli.ormai siamo nel terzo millennio signori svegliamoci.ciao EDDY RE
X ETTORE,
Si tratta, nel caso di specie, di cremazione postuma di cadavere precedentemente tumulato, non so da quale Regione Lei mi scriva (potrebbe, infatti, esser intervenuta, nel frattempo, apposita riforma su base locale della polizia mortuaria, magari in attuazione del disposti della Legge Statale n. 130/2001 ancora, in parte, “congelata”), ad ogni modo si applica, pur sempre il Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria approvato con DPR 10 settembre 1990 n. 285 con relative circolari esplicative.
Per questa ragione valgono le procedure amministrative contenute nella circolare n.10/98 del Ministero della sanità, precisamente al punto 4, che si riporta:
“[…omissis…] 4. Cremazione di cadaveri di persone decedute dopo l?entrata in vigore del D.P.R. 10/09/1990 n. 285 (26/10/1990) precedentemente inumati o tumulati è consentita seguendo le procedure di cui all?art. 79 del D.P.R. 285/90.”
L?’art. 79 D.P.R. n.285/90 prevede, in particolare, quanto specificato ai commi 4 e 5, oltre che la espressione di tutti coloro che ne hanno titolo (in particolare il coniuge superstite):
Per il trasporto al crematorio è obbligatorio l?’uso dello zinco, valendo L’Art. 88 DPR n. 285/1990.
In molte regioni le funzioni dell’?ASL riguardo alla polizia cimiteriale (= supervisione e controllo sull’attività cimiteriale) sono state sospese o abrogate da diverse norme o, a volte, da semplici atti amministrativi.
Quindi se il comune non ha normato diversamente la materia con proprio regolamento o con ordinanza sindacale regolante le esumazioni ed estumulazioni, occorre la cosiddetta sistemazione del feretro, cioè il ripristino delle condizioni di perfetta ermeticità a gas e liquidi post-mortali indispensabili durante il trasporto e la sosta in camera mortuaria in attesa, appunto, di cremazione.
Se la bara presenta qualche problema, ovvero lesioni o ancora fessurazioni in particolare per la controcassa di zinco, è possibile, sempre nella camera mortuaria del cimitero di prima sepoltura e, comunque, prima che sia accordata l’autorizzazione al trasporto (sul piano autorizzatorio la verbalizzazione di rifascio del feretro è prodromica al rilascio dello stesso decreto di trasporto), provvedere alla eliminazione del vecchio zinco interno con sostituzione di quest’ultimo con cassone di zinco esterno, qualora, ovviamente, la cassa di legno sia ancora integra. Attenzione: su questo punto anche la dottrina è discorde, siccome durante il periodo di sepoltura (pari a 20 anni di tumulazione in loculo stagno) stando ad una lettura molto formale degli Art. 75 comma 2 e 86 comma 2 DPR n. 285/1990 non sarebbe ammissibile (qui il condizionale è d’obbligo!) la manomissione della bara (se non per l’interro in campo di terra riservato agli indecomposti), o, peggio ancora, la sostituzione della stessa, molti regolamenti comunali specificano questo divieto a tutela dei necrofori i quali, altrimenti, venendo a contatto con i liquami cadaverici e le loro antigieniche esalazioni, sarebbero pesantemente esposti a rischio biologico.
Di solito non succede così, ma si mette lo zinco esterno, se quello interno perde liquidi (e quindi si hanno 2 casse di zinco, una dentro e una fuori).
A questo punto diventa rilevante trovare un crematorio che accetti il feretro:
Se è stato tolto il guscio metalllico interno, giunti al crematorio si sfila quello esterno da avvolgimento, le maniglie e gli altri oggetti metallici e quindi penso sia possibile provvedere alla cremazione presso l’impiano più prossimo al luogo di estumulazione.
Se invece non si è rimosso lo zinco interno occorre trasferire il feretro in crematorio dove sia permessa la cremazione anche in presenza di feretro confezionato con la doppia cassa.
Da una indagine svolta qualche tempo addietro, risultò che i crematori i quali accoglievano feretri con zinco erano quelli di: Aosta, Verbania (solo per i residenti), Trieste, Spinea (VE), Ferrara, Faenza Siena, Roma, Viterbo, Montecorvino Pugliano, Palermo. Ma, nel frattempo, le cose possono essere cambiate date le norme sempre più stringenti e severe in merito alle emissioni gassose in atmosfera.
Una domanda agli esperti:
Chiedevo a chi mi vuol rispondere, quale procedura bisogna osservare per cremare una salma posta i un loculo, da 5 anni. Sarà cremata con tutta la cassa, zinco compreso… Ma servirà un forno crematorio speciale? Se si, dove sono ubicati questi fornì speciali?
Grazie per la risposta.
X Dante,
ipotesi suggestiva la Sua, e non priva di qualche logica, ma allo stato attuale della Legislazione statale (Artt. 76 e 77 DPR n. 285/1990) del tutto impraticabile proprio perchè contra legem, infatti il DPR n. 285/1990 per la tumulazione stagna (l’unica forma di sepoltura in tumulo ammessa dalla normativa nazionale, mentre alcune regioni stanno già sperimentando la tumulazione areata) prevede un doppio livello di ermeticità: a carico del feretro (Art. 30) e del manufatto (Art. 76) in cui quest’ultimo dovrà esser racchiuso e murato.
Il cosiddetto fenomeno percolativo nelle tumulazioni (= perdita all’esterno della cella muraria di liquidi cadaverici e gas maleodoranti) è originato appunto dallo scoppio del feretro per cedimento o fessurazione della vasca di zinco, immaginiamo allora quale sarebbe il pernicioso risultato dovuto alla mancata saldatura del nastro metallico prima della tumulazione, ben sapendo che, da sola la tamponatura del loculo con mattoni o lastra cementizia non è strumento idoneo a preservare la salubrità dell’ambiente dai miasmi post mortali. Avremmo interi padiglioni dei nostri cimiteri interessati da fenomeni percolativi, in spregio alle più elementari norme di sicurezza ed igiene pubblica.
Il problema della cremazione dei resti mortali non esisterebbe se, nelle tumulazioni non venisse saldata la cassa di zinco. Operazione fattibile perchè le tumulazioni fatte a regola d’arte non creano problemi sanitari. Decorsi 10 anni, i 99% dei cadaveri si scheletrizzano e facilmente si depongono negli ossari. Questa soluzione rende la turnazione più snella e non crea problemi ai comuni-
Una civiltà che non rispetta i morti o i loro resti mortali siano essi decomposti, o meno non è una società sana !!!!
Chi viene al mondo ( e non per propria scelta), vi lavora, vi soffre e vi sopravvive ha diritto a un buco di terra ove essere deposto alla fine della propria esistenza e non più sballottato e profanato !!!
E’ una vergogna questo continuo disseppellire i morti…lo specchio di una falsa civiltà che punta solo al commercio di tutto…anche di cose che TOCCHERANNO a tutti prima o poi
esiste una norma di riferimento per la cremazione di resti mortali di un religioso per cui l’autorizzazione può venire dai superiori della famiglia religiosa e non dai parenti (per altro di difficile reperibilità)?
grazie se vorrete darmi una risposta.
Alessandro