Cremare resti mortali

I cadaveri durante la loro permanenza nella tomba, sia essa una fossa di terra oppure un tumulo, sono soggetti a diverse trasformazioni di stato intermedie prima di degradare a semplice ossame e, quindi, in polvere secondo il celebre monito biblico (et in pulvem reverteris!).

L’attività cimiteriale è ciclica e non ad accumulo, è, dunque, finalizzata alla scheletrizzazione dei corpi e non al loro mantenimento nella condizione di integrità immediatamente successiva al decesso, proprio per assicurare spazio alle nuove sepolture; quindi, dopo il periodo di sepoltura legale, si eseguono le operazioni di esumazione o estumulazione volte a rimuovere le vecchie tombe (con il loro contenuto), così da poterle riutilizzare.

Dal 10 febbraio 1976, da quando entrò in vigore il vecchio regolamento di polizia mortuaria per ogni cadavere, anche tumulato, deve esser fissato un tempo massimo di sepoltura (coincidente, quasi sempre, con l’esaurirsi della concessione) oltre il quale procedere con il disseppellimento proprio per verificare l’avvenuta mineralizzazione dei tessuti organici e provvedere alla raccolta delle ossa. Sono, infatti, vietate le concessioni perpetue.

Particolari condizioni ambientali, chimiche e fisiche possono inibire, rallentare o modificare radicalmente i processi di normale decomposizione della materia organica di cui consiste il corpo umano, quindi non è sempre vero che all’atto dell’apertura della tomba si rinvengano solo ossa, spesso, in effetti, i corpi sono ancora incorrotti (per effetto dei fenomeni postmortali di corificazione, saponificazione o mummificazione) o solo parzialmente intaccati dalla putredine.

Il maggiore dei problemi gestionali per i cimiteri italiani è proprio questo: i morti non si scheletrizzano nei tempi e nei modi previsti!

Da circa 10 anni a questa parte si rileva con sempre maggior frequenza come le salme sepolte in terra, nei loculi o nelle tombe, decorso il periodo usuale di sepoltura (rispettivamente 10 e 30-35 anni) abbiano elevate percentuali di mancata o imperfetta scheletrizzazione.

Questo dato tendenziale, inizialmente avvertito nel corso delle esumazioni decennali (20% di inconsunti, con punte in zone umide del 70-80%) è in effetti la sommità di un iceberg, perché solo in questi, e nei prossimi anni, cominceranno ad entrare in rotazione i loculi o i posti salma in tomba frutto della crescita delle tumulazioni degli anni sessanta. Già in molte città si avvertono percentuali di indecomposti che variano fra il 20-30% e il 50-60% ed anche più in caso di estumulazione.

Ci si è quindi cominciato a chiedere quali fossero le cause di un simile trend negativo, tenuto conto che spesso i terreni di inumazione erano gli stessi (e in certi casi si era addirittura determinato un abbassamento delle falde superficiali per effetto di forti emungimenti dai pozzi) capaci, in passato, di garantire una certa efficienza “mineralizzante”.

E’ stato, inoltre, per certi versi sconvolgente constatare come nella tumulazione più si seguiva alla lettera la norma di legge e più si ottenevano risultati pessimi in termini di efficacia “mineralizzante”.

In pratica l’ impermeabilità ai liquidi e ai gas della bara e della cella muraria, unita magari alla puntura conservativa, determina condizioni di prolungamento nel tempo dei fenomeni di scheletrizzazione.

A partire dagli anni ‘90 si comincia ad avvertire l’esigenza di una norma con cui affrontare questa difficoltà strutturale, ossia lo smaltimento di cadaveri dissepolti ma ancora intatti che, non potendo esser ridotti in cassetta ossario o in ossario comune, continuerebbero ad occupare per ancora molto altro tempo posti feretro, riducendo, così, la capacità ricettiva del camposanto per i nuovi morti.

L’attuale regolamento di polizia mortuaria è varato il 10 settembre del 1990, ma, con una certa miopia, non introduce nuovi strumenti operativi, limitandosi a prescrivere per gli inconsunti estumulati un ulteriore periodo di interro, ed, ovviamente, in sede di calcolo del fabbisogno cimiteriale, ovvero del dimensionamento dei campi a sistema di inumazione, si dovrà appunto considerare questa ulteriore esigenza in termini di fosse.

Prendere coscienza di una problema significa anche dotarsi di un linguaggio tecnico-giuridico con cui, poi codificare le disposizioni normative per risolverlo o, quanto meno arginarlo: il cadavere mummificato, corificato o saponificato rappresenta un’entità medico legale di difficile interpretazione, invece il legislatore per uniformare i protocolli operativi della complessa macchina chiamata “polizia mortuaria”, decide, in diversi passaggi, ma con un obiettivo di fondo chiaro, di adottare una definizione amministrativa ed uniformante, basata su un criterio temporale, prima con la Circolare Ministeriale 31 luglio 1998 n. 10, poi con la Legge 30 marzo 2001 n. 130 ed infine con il DPR 15 luglio 2003 n. 254: da questo momento i cadaveri indecomposti sono detti “Resti Mortali”, ossia esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo conservativo a prescindere dal loro stato di reale conservazione (completo prosciugamento, presenza di parti molli…), se sono trascorsi almeno 10 anni dalla loro inumazione o 20 anni dalla loro tumulazione.

Quindi i cadaveri inconsunti, se dalla prima sepoltura sono passati gli anni di sepoltura legale (10 per l’inumazione, 20 per la tumulazione), cessano di esser tali e divengono resti mortali, ossia una nuova fattispecie cimiteriale cui l’ordinamento giuridico italiano riserva riconoscimento e protezione affievoliti rispetto al cadavere.

Prima, in mancanza di una norma positiva, anche la giurisprudenza più autorevole della Suprema Corte di Cassazione aveva oscillato non poco sul concetto di cadavere ora estendendolo sino alla completa dissoluzione dello stesso in ossa sciolte, ora limitandolo al solo corpo umano privo sì delle funzioni vitali, ma dotato di tutte le fattezze anatomiche ben riconoscibili e tali da suscitare sentimento di pietà e devozione verso i defunti.

In linea teorica anche all’interno dell’architettura normativa del DPR 285/90 è sempre consentita la cremazione dell’esito del fenomeno cadaverico trasformativo conservativo su richiesta dei familiari aventi titolo (a meno che non vi fosse un divieto espresso in vita dal de cuius). Per coloro che sono morti dopo il 1990 vale inoltre il criterio del silenzio assenso, cioè ai familiari si sostituisce il Responsabile del cimitero quando sia stata data opportuna pubblicità della destinazione finale di tali inconsunti, previa decisione del Sindaco con apposita ordinanza, ma vi sono due fortissime limitazioni altamente paralizzanti:

  • l’impossibilità di cremare cadaveri di persone decedute quando vigeva ancora il vecchio regolamento di polizia mortuaria (in regime di DPR 803/1975 si sarebbe potuto dal luogo alla cremazione solo dietro espresso volere del de cuius senza che tale volontà potesse esser surrogata o integrata dai famigliari dello stesso).

  • L’obbligo di un turno supplementare di inumazione per gli indecomposti estumulati, con l’implicito divieto, quindi, di cremare l’indecomposto subito dopo l’estumulazione

In regime di DPR 285/90 solo laddove si fossero verificate condizioni oggettive di carenza di spazi cimiteriali il Sindaco avrebbe potuto emettere una ordinanza (ma sono casi estremi) con la quale cremare subito anche esiti di fenomeni cadaverici di persone morte prima del 1990, così come ricordato dallo Stesso Ministero della salute in risposta allo stesso quesito posto da due distinti comuni con p.n. 400.VIII/9Q/1686 e 400.VIII/9Q/2515 ambedue del 4/7/2003.

La grande rivoluzione avviene con l’emanazione del DPR 15 luglio 2003 n. 254, esso, essendo una fonte di pari grado rispetto al regolamento di polizia mortuaria può intervenire sul suo testo per cambiarne l’assetto anche con potere “abrogante”, così come conferma lo stesso Ministero della Salute con risoluzione n. 400.VIII/9Q/3886 del 30.10.2003: “A parziale modifica ed integrazione del citato articolo 86 del tuttora vigente regolamento di polizia mortuaria di cui al decreto del Presidente della Repubblica n.285 del 1990, è consentito autorizzare, ad istanza degli aventi titolo, anche la cremazione dei resti mortali provenienti da estumulazione alla scadenza del prescritto periodo ventennale, senza alcun obbligo di una preventiva, ulteriore fase di inumazione di durata almeno quinquennale” .

Da questo pronunciamento della stessa autorità sanitaria statale emerge sempre come centrale l’elemento della volontà, che è una costante di tutta la legislazione in tema cremazione.

Questa volontà può risolversi in:

  • atto di disposizione in termini di diritti personalissimi e di pietas (il dar sepoltura attiene alla sfera più intima delle relazioni giuridiche e parentali);

  • una decisione (cioè un potere discrezionale esercitato da un soggetto a rilevanza politica) che attiene alle funzioni del sindaco e va formalizzata con opportuna pubblicità notizia in un’apposita ordinanza.

Come manifestare allora la volontà per la cremazione dei resti mortali?

il diritto a disporre dei cadaveri non si esaurisce in seguito alla prima destinazione degli stessi, ossia dopo il periodo legale di sepoltura.

Circa l’opzione cremazionista per resti mortali ed ossame (inconsunti), si pensa debbano trovare applicazione le norme contemplate per la cremazione delle cadaveri al momento immediatamente successivo al decesso, specie per quanto riguarda la priorità tra coniuge e parenti nei vari gradi e, nel caso di difetto del coniuge, la possibile pluralità di persone nello stesso grado (indipendentemente dalla linea di parentela o dalla sua ascendenza o discendenza). E’ sempre richiesta un’autorizzazione da cui, però, deve emergere solo la volontà di cremare il resto mortale o le ossa. Non è più necessaria, infatti, la procedura aggravata volta ad escludere la morte sospetta o dovuta a reato.

La cremazione dei resti mortali e delle ossa può esser deliberata d’ufficio da parte del comune quando vi sia disinteresse da parte dei familiari del defunto. La loro opposizione o contrarietà alla cremazione, invece, deve sempre esser rispettata.

Il disinteresse si qualifica come un atteggiamento inequivoco protratto per un tempo sufficientemente lungo e certo o quale mancanza di soggetti titolati a decidere sulla destinazione alternativa di ossa e resti mortali.

Secondo un certo filone del dibattito tra gli studiosi della materia funeraria l’assenso all’incinerazione degli esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo-conservativo provenienti da esumazioni ed estumulazioni ordinarie o delle semplici ossa non sembrerebbe richiedere requisiti particolari di forma, come accade, invece, per incinerare un cadavere,se non quello della sua dichiarazione resa al competente ufficio (potrebbe esser anche quello del cimitero) da parte di chi è legittimato a richiedere ed ottenere la cremazione dei resti mortali. Altri giuristi si spingono ancora oltre con una lettura più estrema del DPR 254/2003, a loro avviso addirittura gli aventi titolo non esternerebbero neppure una volontà ma un semplice assenso (cioè una non contrarietà) qualora il comune attraverso l’ordinanza che regola le estumulazioni avesse previsto in via generale la cremazione come trattamento dei resti mortali.

Tale assenso non avrebbe natura di istanza rivolta alla pubblica amministrazione, né rientrerebbe tra le dichiarazioni sostitutive di cui all’art. 47 del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 poiché il procedimento non avrebbe luogo ad impulso dei familiari, come avviene, invece, per la cremazione dei cadaveri.

Questo aspetto sembra un sofisma, ma è molto importante, perché rimarca la profonda differenza tra cadavere e resto mortale: Ad esempio: l’autorità comunale non può deliberare d’ufficio la cremazione di un cadavere (se non vi siano gravissimi pericoli igienico sanitari per la salute pubblica come in caso di epidemie o reali rischi di infezione endemica) perché per cremare un cadavere anche in caso di silenzio del de cuius, occorre pur sempre la volontà non sostituibile da terzi estranei, dei più stretti famigliari, e se si registra l’inerzia di quest’ultimi per la legge italiana la naturale sepoltura di un defunto è solo l’inumazione.

Se seguiamo questa logica di giusta semplificazione basterebbe, dunque un’autodichiarazione degli aventi titolo ai sensi del DPR 445/2000.

Per oppure ossa o resti mortali non richiesti si possono adottare provvedimenti autorizzatori contestuali e cumulativi (una sola autorizzazione per più resti mortali oppure per ossa appartenute a diversi cadaveri).

La dottrina si interroga ancora su questo dilemma: “il divieto di cremazione da parte del de cuius si estende solo al suo cadavere o anche ai resti del suo cadavere?”. Cadavere e resto morali sono due fattispecie distinte e non più sovrapponibili, il divieto di cremazione, pertanto, andrebbe limitato al solo cadavere (inteso come corpo unano ancor integro subito dopo la morte) e non dovrebbe spingersi oltre.

Diversa, invece, sarebbe un’inibizione legata alla durata di una concessione. Esempio: concessione di 90 anni con assoluta proibizione di estumulare un feretro per ridurne o bruciare i resti mortali. In quest’ipotesi il resto mortale sarebbe cremabile solo al naturale estinguersi del rapporto concessorio.

127 thoughts on “Cremare resti mortali

  1. Regione Veneto
    Il nostro comune si trova in grave carenza di spazi per l’inumazione e di loculi per la tumulazione.
    Per rimediare a questa situazione si vorrebbe incentivare la cremazione delle salme sia esumate che estrumulate.
    Potreste indicare i riferimenti normativi per non porre l’onere della cremazione a carico dei parenti, oppire segnalare i comuni nei quali hanno adottato simili procedure ?

  2. C’è una sentenza in qualche modo profetica: Consiglio di Stato, Sez. I, 24 maggio 1938 n. 515. “La regola, stabilita dall’art. 340 T.U. 27 luglio 1934 n. 1265 della obbligatorietà di seppellire i cadaveri nei cimiteri, ha carattere generale ed assoluto e non si può ad essa derogare se non per esplicita disposizione di legge; pertanto, è da ripudiarsi il principio secondo il quale i resti mortali delle persone decedute da oltre un decennio possono equipararsi, per il trasporto e la conservazione, ai residui della cremazione: tale principio urterebbe anche col disposto dell’art. 343 secondo comma T.U. cit., il quale esige che la cremazione sia completa perché le ceneri possano trovare sede altrove, che nei cimiteri; se dovesse attuarsi il concetto che le ossa umane dopo dieci anni o più dal seppellimento possano essere trasportate e definitivamente sistemate fuori dei cimiteri, questi perderebbero il carattere che la legge ha voluto loro imprimere; l’art. 340 avrebbe valore limitato nel tempo, il che è escluso dalla lettera della legge”.

    Le ossa, in quanto tali, purchè raccolte in apposita cassetta ossario ex Art. 36 DPR 285/1990, possono solo esser tumulate ex Art. 85 DPR 25/1990 quando richieste per uansepoltura dedicata e privata, altrimenti la loro destinazione è lo spargimento, in forma promiscua ed indistinta nell’ossario comune.

    Se interpretiamo estensivamente l’Art. 105 DPR 285/1990 il quale origina dalla norma sovraordinata dell’Art. 340 Comma 2 Regio Decreto n. 1265/1934, le ossa possono esser accolte anche in una tumulazione privilegiata, ossia in un idoneo spazio sepolcrale (cella muraria, nicchia, lastra del pavimento…) ricavato all’esterno del cimitero (esempio: nella cripta della Cattedrale o in un altro edificio pubblico).

    Le ossa, poi possono esser cremate (paragrafo 6 Circ. MIn. 31 luglio 1998 n. 10) ed a questo punto, sotto forma di ceneri ex Art. 343 Regio Decreto n. 12265/1934, affidate per la custodia presso un domicilio privato, secondo le modalità dettate dal regolamento comunale di polizia mortuaria e dalle norme regionali eventualmente varate per implementare gli istituti più innovativi della Legge 130/2001. In assenza di apposita disiplina, lo stesso atto di affido può contenere istruzioni operative per la consegna dell’urna ai sensi del DPR 24 febbraio 2004.

    L’urna dovrà esser preventivamente sigillata al fine di evitare l’accidentale dispersione delle ceneri stesse, ex Art. 411 Codice Penale.

  3. Come per le urne cinerarie è data la possibilità di portarsele a casa, si può estendere la norma sul portare a casa (mi si dirà che è assurdo) la cassetta con le ossa del mio caro defunto?
    Grazie

  4. X Carlo.
    Per il consenso dei famigliari e per gli oneri che ne conseguono non ci sono problemi.
    Ora procediamo con le pratiche comunali per l’autorizzazione a costruire.
    Vi aggiornerò sugli sviluppi.
    Ancora infinitamente grazie.

  5. Per Laura: risposta esatta è proprio così. I defunti, purchè cremati possono esser custoditi presso un domicilio privato, addirittura basterebbe anche una teca, una libreria….insomma quel famoso luogo chiuso ed al sicuro da ogni profanazione.
    Essendo tra l’altro i nonni deceduti da più di 20 anni sono divenuti non più cadaveri, bensì resti mortali (semplice ossame oppure esiti da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo-conservativo) per la loro cremazione si applicano le disposizioni di cui al DPR 15 luglio 2003 n. 254, osssia non occorre più la procedura aggravata in caso di cremazione del cadavere subito dopo il funerale.
    Basta solo il consenso degli aventi diritto ad esprimersi su questa scelta.
    Ovviamente l’affidatario si accolla degli oneri come non opporsi ad eventuali ispezioni sullo stato di conservazione dellle urne da parte dell’autorità comunale e soprattutto garantire il diritto secondario di sepolcro, ossia la possibilità per tutti i discendenti dei nonni di compiere atti di suffragio e ritualità funeraria nel luogo deve le ceneri dei nonni sono custodite.
    L’affidatario ex Art. 411 Codice Penale risponde davantoi alla legge anche di eventuali dispersioni fortuite, accidentali o comunque non autorizzate.

    Attendiamo Sue notizie dichiarandoci disponibili a seguirla passo per passo in quest’avventura funeraria.

    Saluti
    Carlo

  6. X Carlo
    Innanzitutto grazie della risposta.
    Quindi, riassumendo, se ho capito bene, posso portare i nonni a casa, purchè cremati (con il consenso di tutti i famigliari).
    Posso costruire (previ permessi comunali) una cappelletta in proprietà privata per conservarli (purchè stabile e chiusa).
    Spero di ottenere anche la benedizione.
    Ancora grazie!

  7. Per Laura: la questione è complessa: l’Art. 340 del Regio DEcreto 27 luglio 1934 n. 1265 vieta di seppellire i cadaveri al di fuori dei cimiteri: due sono le eccezioni: la tumulazione privilegiata e la cappella gentilizia posta all’esterno del perimetro cimiteriale. Questi due istituti sono regolati dagli Art. 101, 102, 103, 104 e 105 del DPR 10 settembre 1990 n, 285 (approvazione del regolamento nazionale di polizia mortuaria).
    Ovviamente i cadaveri fuori dei cimiteri possono solo esser tumulati entro nicchia muraria e duplice cassa di legno e metallica e non inumati nella nuda terra.
    La costruzione di una cappella gentilizia è senz’altro possibile, ma molto onerosa, infatti essa deve esser circondata per non meno di 200 metri dai fondi di proprietà della famiglia richiedente con l’ulteriore vincolo dell’inalienabilità e dell’inedificabilità.
    Occorrono poi diverse autorizzazioni e pareri igienico sanitari nonchè la piena rispondenza del fabbricato funebre ai dettami del DPR 10 settembre 1990 n. 285 in materia di tumulazione.

    C’è una soluzione molto pià conveniente: ai sensi dell’Art. 343 REgio DEcreto 1265/1934 le urne cinerarie possono esser collocate in appositi spazi che non necessariamente debbono insistere su suolo cimiteriale. Questo è il “grimaldello” su cui si basa il DPR 24 febbraio 2004 con cui si è reso possibile l’affidamento famigliare delle urne cinerarie.

    La celletta in cui racchiudere l’urna può senz’altro esser benedetta quasi fosse un piccolo reliquiario (ma non è, ahinoi, un elemento di diritto), per la legge italiana importa solo che essa sia stabile, chiusa (anche con un vetro) e così garantita da ogni profanazione.
    Per procedere occorre il consenso dei defunti (magari espresso in forma testamentaria) o nel loro silenzio l’accordo di tutti i famigliari aventi titolo ad esprimersi secondo il criterio di poziorità dettato dall’Art. 79 DPR 285/1990.
    In Piemonte la materia sulla conservazione a domicilio delle ceneri è regolata dalla Legge regionale 31 ottobre 2007, n. 20 (si veda in particolar modo l’Art. 3 di cui si riporta uno stralcio:

    “Art. 3. (Modalità di conservazione delle urne affidate ai familiari)
    1. L’urna contenente le ceneri, affidata secondo le modalità di cui all’articolo 2, deve essere consegnata sigillata a
    cura del soggetto che ha effettuato la cremazione.
    2. L’affidatario ha l’obbligo di custodire l’urna con modalità tali da consentirne una destinazione stabile e da offrire
    garanzie contro ogni profanazione.
    3. L’affidatario delle ceneri è tenuto a comunicare al comune, dove le ceneri sono custodite, le modalità della loro
    conservazione.
    4. L’affidatario è tenuto a comunicare tempestivamente l’eventuale trasferimento dell’urna in altro comune, sia nei
    confronti del comune di provenienza, sia nei confronti di quello di nuova destinazione.
    5. Se chi ha in consegna l’urna intende, per qualsiasi motivo, rinunciarvi, è tenuto a conferirla, per la
    conservazione, nel cimitero comunale, il cui servizio di custodia provvede a darne notizia al comune di residenza
    del defunto, ove conosciuto.
    6. In caso di decesso dell’affidatario, chiunque rinvenga un’ urna in un domicilio privato, è tenuto a consegnarla al
    cimitero comunale, il cui servizio di custodia provvede a darne notizia al comune di residenza del defunto, ove
    conosciuto” .

    Rimango a disposizione per ulteriori chiarimenti.

    POst scriptum: un oratorio, una piccola chiesa nel fondi di proprietà possono senz’altro esser costruiti, a prescindere dalle loro finalità sepolcrali.

    Saluti

    Carlo

  8. Buonasera, ho visto che qui siete molto preparati e volevo sapere se era possibile realizzare un desiderio dei nonni.
    I nonni hanno costruito la loro casa con tanti sacrifici (una cascina isolata, nelle colline Piemontesi), in cui tutt’ora noi discendenti abitiamo.
    Li ho sempre sentiti dire che avrebbero voluto essere sepolti lì, a casa.
    Quando sono mancati (uno 30 e l’altro 20 anni fa) sono stati sepolti nella cappella di famiglia (al monumentale di Torino).
    Ora quello che vorrei fare è costruire una piccola chiesetta in un angolo della proprietà, farla benedire e trasferirvi i resti (magari cremati). Così almeno saranno a casa…
    Vorrei sapere se è possibile e quali sono le procedure da seguire.
    Grazie per la disponibilità.

  9. Generalmente non si verifica la presenza di pace makers pe ri resti mortali. Chi lo volesse fare troverebbe diverse difficoltà; taluni hanno utilizzato apposite macchinetet di rilevamento di metalli (cercametalli), con alterne fortune.
    Circa la modulistica può vedere – per cadaveri – la modulistica in allegato alla circolare SEFIT Federutility n. 1596 del 20.06.2008, oppure acquisire la documentazione del corso sui crematori tenuto dall’ing. Daniele Fogli e ing. Giovanni Casadio Modalità operative di un crematorio, all’interno del sito http://www.euroact.net nei CR-ROM in vendita o cliccando qui

  10. Pongo un quesito: una volta avuta l’ordinanza del Sindaco che prevede la cremazione di resti mortali che non hanno più parenti di riferimento, come ci si comporta per la dichiarazione e presenza eventuale di Pace-maker?
    Può il gestore del cimitero incaricarsi della verifica di presenza di pace-maker?
    inoltre dove posso trovare dei fax simili di dichiarazione da parte dei familiari di presenza o meno del pace-maker?

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