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Tar Sicilia, Sez. II, 8 luglio 2015, n. 9214
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1663 del 2011, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Sannini Anna, rappresentata e difesa dall’avv. Isabella Lucati, con domicilio eletto presso Isabella Lucati in Roma, Via Otranto, 39;
contro
Comune di Anzio, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Guido Fiorillo, con domicilio eletto presso Studio Menicucci in Roma, piazza Prati degli Strozzi, 33;
nei confronti di
Anna Sannini, Giuliana Sannino, Elisabetta Sannini n.c.;
per l’annullamento
della determinazione n. 747 del 23.11.2010, adottata dal Dirigente dei Servizi Cimiteriali del Comune di Anzio con cui è stata rigettata la richiesta della ricorrente volta a conseguire la reiterazione in proprio favore della concessione cimiteriale demaniale intestata al defunto signor Vincenzo Sannini;
ove necessario, dell’art. 58 del Regolamento di Polizia Mortuaria del Comune di Anzio;
di ogni altro atto presupposto, antecedente, conseguente e comunque connesso, in particolare dell’eventuale conseguente atto di perfezionamento della contestata rassegnazione/volturazione della concessione cimiteriale;
nonché per l’accertamento e per la declaratoria
del diritto dell’odierna ricorrente alla volturazione/reintestazione della concessione cimiteriale in proprio favore, o in subordine alla contestazione della concessione insieme alle tre signore controinteressate, e la condanna dell’Amministrazione resistente all’adozione delle conseguenti misure e determinazioni;
(con motivi aggiunti):
dell’atto Rep. 3.611 sottoscritto il 20.1.2011 – depositato in giudizio dalla controinteressata signora Sannini in data 5.4.2011 – denominato “Contratto di riattribuzione in concessione e reintestazione tomba cimiteriale” con il quale il Comune di Anzio ha formalizzato la reintestazione della concessione alle controinteressate;
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Anzio;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 marzo 2015 il dott. Salvatore Gatto Costantino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Ricorre la sig.ra Sannini Anna, discendente in linea retta – in quanto pronipote – del sig. Sannini Vincenzo fu Saverio, nonno del sig. Guglielmo Sannini..
Espone la ricorrente, che il sig. Vincenzo fu Saverio è stato fondatore del sepolcro ubicato nel Comune di Anzio, all’interno dell’area denominata “Vecchi Cimitero”, riq. A) lotto n. 4, come da concessione cimiteriale rilasciatagli a suo tempo dall’Amministrazione comunale.
Il sig. Guglielmo, genitore dell’odierna ricorrente, decedeva in data 19 ottobre 2000, così che la figlia vi subentrava in ogni diritto.
Rendendosi necessario procedere alla voltura o alla reintestazione della concessione del proprio avo a favore di uno o più coeredi, l’odierna ricorrente presentava in data 29 settembre 2009 apposita istanza per il trasferimento in proprio favore della concessione medesima, impegnandosi espressamente anche a “…conservarne la struttura, rispettare ed attuare la volontà del suddetto Sannini Vincenzo, capostipite della famiglia, mantenendone inalterato il valore storico e monumentale che tale tomba rappresenta all’interno del cimitero comunale”.
Il Comune, riferisce ancora la ricorrente, riscontrava l’istanza con nota prot. 46208 del 6 ottobre 2010, la quale informava la richiedente “…..che al fine di dare seguito alla Sua richiesta di cui in oggetto (cambio intestazione assegnazione sepoltura), è opportuno che a questo Servizio vengano presentate da parte di eventuali aventi diritto inseriti nella successione ereditaria, le rinunce al diritto di sepoltura…:”.
La sig.ra Sannini ottemperava alla richiesta depositando una rinuncia da parte “di tutti gli eredi diretti aventi diritto” dei sigg.ri Sannino Elvira, Sannino Teresa, Sannino Carlo, Sannino Benito, Sannino Saverio alla reintestazione della concessione cimiteriale.
Tuttavia, con il provvedimento impugnato, il Comune – omettendo ogni comunicazione all’odierna ricorrente – disponeva di “reintestare la concessione della tomba..intestata al signor Sannini Vincenzo fu Saverio, alle signore Sannini Anna (omonima dell’odierna ricorrente) nata ad Anzio il 25.11.1920, Sannino Giuliana, nata ad Anzio il 7.9.1925, Sannini Elisabetta, nata ad Anzio il 27.10.1932”, collaterali dell’odierna ricorrente in quanto cugine del defunto padre, le quali avevano provveduto al deposito della loro istanza di reintestazione, in data successiva a quella dell’odierna ricorrente.
Avverso l’atto indicato ed i presupposti atti regolamentari ed istruttori indicati in epigrafe, la parte ricorrente deduce articolati motivi di gravame con i quali denuncia: 1)violazione dell’art. 3, comma 1, della l. 241/90 per mancanza di motivazione, eccesso di potere sotto diversi profili sintomatici, nonchè contrasto tra l’art. 58 del regolamento di polizia mortuaria del Comune di Anzio e l’art. 3 della l. 241/90; 2)eccesso di potere, per istruttoria assente e comunque insufficiente e carente; eccesso di potere sotto il profilo dell’irragionevolezza e della illogicità; 3) violazione dell’art. 10 bis della L. 241/90.
Si è costituito il Comune di Anzio che resiste al ricorso di cui chiede il rigetto.
Con motivi aggiunti è stata poi impugnata l’avvenuta reintestazione della concessione, disposta con atto Rep. 3.611 sottoscritto il 20.1.2011 – depositato in giudizio dalla controinteressata signora Sannini in data 5.4.2011.
Le parti hanno quindi proposto ulteriori memorie con le quali precisano le proprie tesi ed insistono nelle domande spiegate e nelle eccezioni difensive formulate.
Alla pubblica udienza del 19 marzo 2015 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Nell’odierno giudizio, la parte ricorrente si duole del diniego che l’Amministrazione comunale le ha opposto, non accogliendo la propria istanza di reintestazione della concessione cimiteriale a suo tempo rilasciata a favore del proprio ascendente, e della decisione di operare tale reintestazione a favore delle controinteressate, cugine del proprio genitore.
Va precisato che il provvedimento impugnato, per quanto d’interesse ai fini del presente giudizio, nella premessa motiva (ultimo capoverso) così dispone: “tenuto conto della non univocità d’intenti espressa dai richiedenti succitati, questa Amministrazione ai sensi dell’art. 58 comma 8 del Regolamento Comunale di Polizia Mortuaria, provvede d’ufficio ad individuare, vista la pluralità di richieste presentate dagli aventi diritto, i soggetti che assumono la qualità di concessionari, ferma restando la titolarità sulla concessione da parte di tutti gli altri soggetti, non menzionati nel dispositivo”; nel dispositivo, così determina: “…reintestare la concessione della tomba ubicata nel Vecchio Cimitero….alle Sigg.re Sannini Anna, nata ad Anzio il 25.11.1920, Sannino Giuliana nata ad Anzio il 07.09.1925, Sannini Elisabetta nata ad Anzio il 27.10.1932, fermo restando la titolarità sulla concessione di tutti gli aventi diritto non menzionati, ma inseriti nella successione ereditaria che hanno comunque facoltà di rappresentare tale diritto agli Uffici cimiteriali”.
I)A fondamento del gravame, viene posta sostanzialmente una censura di difetto di motivazione della decisione del Comune, in quanto il Regolamento di Polizia Mortuaria, prevedendo all’art. 58 una facoltà discrezionale dell’Ente nella scelta dell’intestatario, tra più eredi aventi titolo in conflitto tra loro, ciascuno richiedente l’intestazione del titolo a proprio nome, violerebbe i principi indicati e le norme di procedimento che impongono una specifica motivazione dell’atto.
La ricorrente evidenzia che nella scelta tra la propria domanda e quella delle controinteressate sarebbe stata ingiustamente preferita quest’ultima che non assicura per più ordini di ragioni alcuna maggiore convenienza per l’Ente nella prosecuzione degli impegni di mantenimento e di cura della tomba monumentale.
Chiede, pertanto, annullarsi gli atti impugnati e dichiararsi il proprio diritto alla reintestazione rispetto a quello delle controinteressate.
II) Oppone il Comune di Anzio, che la ricorrente non avrebbe titolo alla proposizione dell’istanza perché, in punto di fatto, non corrisponderebbe al vero che la sua istanza è anteriore a quella delle controinteressate; in ogni caso, la prevalenza della qualità ereditaria non sarebbe rilevante ai fini dell’intestazione della cappella, poiché quest’ultima non avrebbe attinenza all’esercizio dello jus sepulchri regolato dalle norme di diritto successorio, bensì avrebbe rilievo solo al fine di identificare uno specifico soggetto responsabile, di fronte all’Ente, dell’assolvimento degli obblighi derivanti dalla concessione (in particolare, custodia e manutenzione del bene).
III) Alla luce delle deduzioni difensive dell’Ente, che trovano la condivisione del Collegio, il ricorso introduce una domanda soggetta alla giurisdizione del giudice amministrativo (con ciò dovendosi respingere la corrispondente eccezione difensiva delle controinteressate), che è in parte priva d’interesse per la ricorrente ed infondata nel resto.
III bis) Quanto al difetto di giurisdizione, la difesa delle controinteressate eccepisce che il ricorso avrebbe come scopo l’accertamento dello ius sepulchri della ricorrente, con conseguente giurisdizione del giudice ordinario.
Va, al contrario, ritenuto che l’oggetto della domanda non inerisca direttamente allo ius sepulchri della ricorrente, bensì all’accertamento dell’interesse di quest’ultima ad ottenere la titolarità di un atto amministrativo, ovvero quello con il quale si dispone la reintestazione della cappella e della relativa concessione cimiteriale, condizione quest’ultima che, come si vedrà meglio oltre, non interferisce con l’esercizio e con la titolarità del diritto di sepoltura.
III ter) Quanto all’eccezione di tardività del ricorso, secondo cui il gravame sarebbe intempestivo in quanto la data dell’atto è del 23.11.2010 ed il ricorso sarebbe stato notificato il 28.01.2011, basta osservare che il provvedimento impugnato – il quale non reca tra i suoi destinatari la ricorrente – è stato pubblicato il 7.12.2010, ed è da tale data, pertanto, che ne decorrono gli effetti (verso terzi non contemplati nell’atto), con ogni conseguenza sulla ritualità della proposizione dell’atto introduttivo del giudizio.
IV) Con il primo motivo di gravame, parte ricorrente deduce che il regolamento di Polizia Municipale di Anzio, art. 52, punto 8, prevede che “il diritto d’uso di una sepoltura consiste in una concessione amministrativa sul bene soggetto al regime dei beni demaniali e lascia integro il diritto alla nuda proprietà del Comune”; a norma dell’art. 55, possono usufruire della concessione “..la famiglia del concessionario” la quale “è da intendersi composta dagli ascendenti e dai discendenti in linea retta e collaterali, ampliata agli affini, fino al 6 grado”. Per collaterali ed affini, la sepoltura deve essere autorizzata di volta in volta dal titolare della concessione con un’apposita dichiarazione, ai sensi della l. 4/1/1968 n. 15, da presentare al servizio di Polizia Mortuaria che darà il nulla osta qualora ricorrano gli estremi anzidetti (punto 4 della disposizione). In caso di decesso del concessionario, l’art. 58, al punto 7, spiega che “i discendenti legittimi e le altre persone che hanno titolo sulla concessione….sono tenuti a darne comunicazione….richiedendo contestualmente la variazione per aggiornamento dell’intestazione della concessione in favore degli aventi diritto e designando uno di essi quale rappresentante della concessione nei confronti del Comune..In difetto di designazione di un rappresentante della concessione, il Comune provvederà d’ufficio individuandolo nel richiedente o, in caso di pluralità tra di essi, scegliendolo tra i concessionari secondo criteri di opportunità in relazione alle esigenze di eventuali comunicazioni inerenti la concessione….”. Deduce, quindi, che, avendo ella richiesto per prima l’intestazione della concessione a proprio nome, con istanza del 29 settembre 2009, riscontrata solamente con la nota prot. 46208 del 6 ottobre 2010 (nella quale si chiedeva la produzione del consenso degli altri aventi diritto, con rinuncia da parte loro alla medesima richiesta, adempimento cui la ricorrente ottemperava), del tutto immotivatamente l’Ente avrebbe determinato la scelta delle controinteressate: carente di motivazione sarebbe l’atto impugnato, ed illegittimo sarebbe anche il regolamento presupposto, laddove, nel rinviare a “criteri di opportunità, esso dovesse interpretarsi nel senso di prefigurare una libertà assoluta dell’Ente di scegliere tra più richiedenti secondo il proprio arbitrio, per violazione degli obblighi di legge in ordine alla motivazione del provvedimento.
La ricorrente sottolinea, nel primo motivo, come l’intenzione del Comune di intestare la concessione della tomba di famiglia alle controinteressate comporterebbe “per l’odierna ricorrente la perdita del diritto acquisito alla propria tumulazione, che ora infatti non è più acquisito (o implicito) ma subordinato all’autorizzazione del titolare della concessione” a norma dell’art. 55 del Regolamento del Comune di Anzio che sopra si è richiamato, perché ella diverrebbe collaterale del “titolare della concessione” (ovvero le tre controinteressate, cugine del padre).
Inoltre, un ulteriore difetto di istruttoria e dunque di motivazione dell’atto discenderebbe (secondo motivo) dall’erronea prospettazione dell’Ente, contenuta nel provvedimento impugnato, secondo la quale la ricorrente avrebbe presentato la propria istanza in data 12 ottobre 2010, ovvero dopo quella delle controinteressate pervenuta l’11 ottobre 2010, mentre ella aveva già richiesto la concessione in data 29 settembre 2009; ne conseguirebbe la violazione dell’art. 54 del Regolamento, secondo il quale l’ordine di concessione deve osservare il criterio temporale delle domande.
Infine (terzo motivo), il Comune avrebbe omesso i necessari adempimenti procedimentali ex art. 10 bis della l. 241/90, così impedendo il corretto esercizio delle facoltà di partecipazione al procedimento dell’interessata.
V) In fatto, si osserva che il primo e principale argomento del ricorso, secondo cui l’istanza della ricorrente sarebbe da preferirsi secondo il criterio cronologico, è smentito dalle difese del Comune: invero, la ricorrente presentava una prima istanza nel mese di settembre 2009, ma l’Amministrazione la invitava a completarla con atti di rinuncia da parte di altri aventi titolo, solo alcuni dei quali vi hanno poi provveduto in data 10 settembre 2010; nelle more, l’Amministrazione avviava, con nota del 1.9.2010 (quindi a distanza di circa un anno dalla prima richiesta della ricorrente)un procedimento teso all’acquisizione di una volontà comune di designazione di un successore nel titolo della concessione, così riaprendo, in sostanza, i termini del procedimento nell’assenza di un seguito alla domanda della ricorrente proposta nel mese di settembre dell’anno precedente.
Pertanto, è corretto quanto prospettato nel provvedimento dell’Ente, secondo cui le dichiarazioni di volontà, rispettivamente, delle tre controinteressate e della ricorrente sono pervenute in quest’ordine.
Peraltro, non è possibile considerare l’ultima richiesta della ricorrente come in una sorta di continuità rispetto all’istanza dell’anno prima: ciò che viene in rilievo è che, non avendo ella conseguito una complessiva identità di volontà tra tutti gli aventi titolo, il Comune ha dovuto procedere a norma di regolamento, preferendo una tra le diverse volontà manifestate ai fini del subentro.
VI) Quanto a quest’ultimo, il Regolamento è chiaro nel prevedere che l’intestazione di cui si tratta è un provvedimento a contenuto affatto diverso da quanto prospettato dalla ricorrente a fondamento della propria azione.
Infatti, il regolamento prevede che il decesso del titolare della concessione comporta che tra gli eredi venga scelto un “rappresentante” degli eredi stessi.
Va condivisa, pertanto, la difesa dell’Ente, laddove chiarisce (in relazione alla motivazione dell’atto che, invero, sul punto è affidata ad un’esposizione insufficiente) che l’intestazione della concessione non pregiudica il diritto al sepolcro di coloro che ne abbiano titolo; ed invero, ai sensi dell’art. 55, comma 3, il diritto alla sepoltura è implicitamente acquisito dal fondatore del sepolcro, mentre per i collaterali e gli affini è necessaria l’autorizzazione: i collaterali e gli affini cui la norma si riferisce sono sempre quelli riferiti al concessionario fondatore, ovvero al capostipite che ottenne a suo tempo per primo la concessione, edificando il monumento funerario.
Ne deriva, che le odierne controinteressate sono solamente delle rappresentanti degli eredi, ovvero quelle che assumono in proprio gli oneri e le responsabilità della manutenzione e della custodia del bene edificato sul suolo concesso, nell’interesse di tutti coloro che abbiano diritto al sepolcro.
Questi ultimi sono identificati secondo regole di diritto sostanziale, ovvero sulla base della discendenza diretta rispetto al titolare originario della concessione, in quanto lo ius sepulchri si trasmette secondo le regole che gli sono proprie, non dipendendo dall’atto di reintestazione della concessione amministrativa sul suolo.
La ricorrente non diviene quindi collaterale del titolare della concessione, ovvero delle tre cugine del padre, rimanendo titolare di un diritto proprio alla sepoltura che le deriva dal rapporto con il capostipite.
VII) Per queste ragioni, il ricorso è parte carente d’interesse e parte infondato.
Il provvedimento impugnato, infatti, non è lesivo per la ricorrente perché non le pregiudica il diritto all’uso pieno e diretto della sepoltura, né incide su profili attinenti ai rapporti interni di gestione comune del bene (le controinteressate sono rappresentanti degli eredi del primo concessionario).
Quanto a questo motivo di gravame, il giudizio conduce ad una pronuncia in rito che scaturisce dall’accertamento di uno specifico assetto di interessi di fatto destinato a fare stato tra le parti una volta che la sentenza sia passata in cosa giudicata (trattasi di una pronuncia in rito c.d. “satisfattoria”).
Quanto al difetto di motivazione nella scelta delle une rispetto all’altra, la censura è da apprezzarsi solo nei limiti in cui possa farsi valere un interesse “morale” della ricorrente all’intestazione.
Tuttavia, il dubbio circa la sussistenza di un tale interesse, (non esplicitamente dedotto dalla ricorrente stessa, ma che comunque potrebbe evincersi dalla formulazione delle censure), non necessita di essere ulteriormente approfondito, perché, sul punto, il ricorso è infondato.
Vero è che il Regolamento non giustifica una scelta arbitraria, dovendosi integrarne le previsioni con le regole generali in tema di motivazione delle decisioni e dei provvedimenti amministrativi; tuttavia, nel caso di specie, il rispetto del criterio cronologico nella presentazione delle istanze a seguito della sollecitazione dell’Ente (che, come si è visto, ha d’ufficio riaperto i termini della reintestazione, non avendo la ricorrente stessa dato compiuto seguito alla propria precedente istanza), è elemento oggettivo, neutro, di per sé sufficiente ed autoevidente, che giustifica pertanto la preferenza accordata.
Il terzo motivo di ricorso, da esaminarsi nei medesimi limiti e presupposti sin qui considerati, è parimenti infondato, perché il procedimento è scaturito d’ufficio, a seguito della mancanza di accordo tra la ricorrente ed i familiari collaterali.
VIII) Per tutte queste ragioni, il gravame (sia quanto al ricorso introduttivo, che quanto ai motivi aggiunti, con i quali si fanno valere censure meramente consequenziali al primo), va respinto, in parte per carenza d’interesse ed in parte per infondatezza.
Quanto alle spese, la complessità delle disposizioni regolamentari del Comune, così come la non perspicace redazione del provvedimento (che ha reso necessari i chiarimenti che la difesa dell’Ente ha sostanzialmente reso solo nell’odierno giudizio) giustifica l’integrale compensazione delle spese tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter) definitivamente pronunciando sul ricorso in esame, come in epigrafe proposto, in parte lo dichiara inammissibile ed in parte lo respinge come in motivazione.
Spese compensate.
Contributo unificato a carico della ricorrente.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 marzo 2015 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Rotondo, Presidente FF
Mariangela Caminiti, Consigliere
Salvatore Gatto Costantino, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)