Tar Campania, Sez. II, 25 marzo 2014, n. 1769

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Tar Campania, Sez. II, 25 marzo 2014, n. 1769
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1086 del 2009, proposto da:
LISTA VINCENZO, rappresentato e difeso dall’Avv. Gaetano Montefusco, presso lo studio del quale elettivamente domicilia in Napoli, al Corso Vittorio Emanuele, n. 737;
contro
COMUNE DI QUARTO, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. Clara Improta, presso lo studio della quale elettivamente domicilia in Napoli, alla Via dei Fiorentini, n. 61;
nei confronti di
ANGARI FRANCESCO, non costituito in giudizio;
per l’annullamento, previa sospensione
– del decreto del Vice-Sindaco del Comune di Quarto n. 65 del 27.11.2008, notificato il 28.11.2008;
– della delibera di G.M. n. 419 del 26.11.2008, pubblicata il 27.11.2008, non notificata;
– della delibera di Giunta Municipale n. 422 del 3.12.2008;
– dei decreti sindacali nn. 32798 del 2.12.2008 e 32920 del 3.12.08;
– di ogni altro atto preordinato o connesso e consequenziale
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’’intimato Comune;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Uditi – Relatore alla pubblica udienza del 19 dicembre 2013 il cons. dr. Cernese – i difensori delle parti come da verbale di udienza;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Premette Lista Vincenzo, che recatosi il 22.12.2008 presso il T.A.R. della Campania per sollecitare a fissazione dell’udienza cautelare del procedimento instaurato con ricorso del 28.11.2008, iscritto al n. 6393/08 R.G. (udienza che da una verifica effettuata nello stesso giorno 22 sul sito Internet, risultava ancora non fissata), il suo difensore apprendeva che l’udienza in questione si era già svolta il 18.12.2008 senza averne avuto avviso, e che il T.A.R. si era riservato per emettere una sentenza breve, con la conseguenza che, non potendo più notificare motivi aggiunti, si trova costretto a presentare un nuovo ricorso in relazione a documenti conosciuti successivamente alla proposizione del precedente ricorso.
Tanto premesso, Lista Vincenzo, con il ricorso in esame – notificato il 26.1.2009 e depositato il 24.2.2009 – impugnava, innanzi a questo Tribunale, gli atti in epigrafe ed, in particolare, la delibera di Giunta Municipale n. 419 del 26.11.2008 con cui si modificava l’assetto organizzativo dell’Ente (con la conseguente comunicazione del vice sindaco del 27.11.2008 di attuazione della stessa), la delibera di Giunta Municipale n. 422 del 3.12.2008 con cui si approvava il Piano Esecutivo di Gestione per l’anno 2008 ed i decreti sindacali nn. 32798 del 3.12.2008.
2.Come ragguaglia, in punto di fatto, il resistente Comune nella memoria di costituzione in giudizio, il Lista, dipendente del Comune di Quarto, è stato Dirigente della Sezione Ambiente dal 2006, e, prima di detta data, ha diretto per molti anni il settore dei LL.PP.
Il Sindaco del predetto Comune, nell’ambito della riorganizzazione del personale ed al fine di meglio articolare le competenze gestionali tra il Settore dei LL.PP. ed il Settore Ambiente, con decreti sindacali nn. 57/08 e 58/08, trasferiva, in via sperimentale, al ricorrente la gestione della manutenzione ordinaria del cimitero e dell’edilizia residenziale, già di appartenenza del Capo Sezione LL.PP., Ing. Cecere, e, contestualmente, a quest’ultimo, era attribuita la gestione dei rapporti inerenti l’igiene urbana, il verde pubblico e le relative infrastrutture ecologiche ed ambientali, già svolta dal ricorrente; conseguentemente, con delibere nn. 343 dell’1.10.2008 e 352 del 7.10.2008, immediatamente esecutive, al fine di riassegnare le risorse finanziarie di entrata e di spesa, in conformità ai richiamati decreti sindacali, la Giunta modificava il Piano Esecutivo di Gestione dell’anno 2008.
3. Avverso i suddetti provvedimenti, il Lista, sulla base di presunti contrasti tra l’Ufficio da lui diretto e l’Amministrazione Comunale, in ordine alla gestione della società partecipata, Quarto Multiservizi S.p.a., e, con una serie di argomentazioni che tenderebbero ad evidenziare un intento persecutorio nei suoi confronti, proponeva ricorso ex art. 700 c.c., innanzi al Tribunale di Napoli – Sezione Lavoro (n. 46533/08 R.G.) e ricorso giurisdizionale innanzi al T.A.R. (n. 6392/08 R.G.).
4. Successivamente il modello organizzativo dell’ente assumeva un assetto definitivo, con l’approvazione del nuovo organigramma del Comune, giusta delibera di G.M. n. 419 del 26.11.2008, ove, per quanto interessa il presente contenzioso, nel Settore Tecnico erano previste quattro Sezioni: 1) Urbanistica, 2) Lavori Pubblici, 3) Protezione Civile, Trasporto urbano, Servizi Cimiteriali, 4) Ecologia, Politiche Ambientali e Società Partecipate; erano demandate, tra l’altro, tutte le attività relative alle aree comunali attrezzate a verde pubblico, arredo urbano, tutti i rapporti con le società partecipate, in particolare, con la Quarto Multiservizi S.p.a. e tutti i servizi e le attività legate al ciclo dei rifiuti ed era nominato quale Capo Sezione il Geom. Franco Angari, con decreto sindacale n. 65/88; al ricorrente era, invece, affidata la Sezione Protezione Civile, Servizi Cimiteriali e Trasporto Pubblico, le cui attività erano specificate nella delibera n. 422 del 3.12.2008 (modificativa della delibera n. 419 del 26.11.2008), che, conseguentemente, assegnava anche le risorse finanziarie alla nuova Sezione Ecologia, Politiche ambientali e società Partecipate. Per completezza si precisava che con le note prot. 32798/08 e 32920/08 (richiamate nella delibera di G.M. n. 422) a firma del sindaco, sono state modificate le attività di alcune sezioni.
5 Orbene, di tali atti, diretti a completare l’iter avviato con quelli già impugnati, parte ricorrente con il ricorso di cui al presente giudizio ne chiedeva l’annullamento per illegittimità derivata, in quanto su di essi “si riverberano, per il principio della illegittimità derivata, i medesimi vizi inficianti i provvedimenti impugnati con il ricorso del 28.11.2008 ed, in particolare, gli arbitrari decreti sindacali n. 57 dell’1.10.2008 e n. 58 del 6.10.2008. con le quali stravolgendo il P.E.G. allora vigente ed in nome di una non meglio precisata”sperimentazione”, venivano sottratte competenze all’ufficio del ricorrente e le delibere di G.M. n. 343 dell’1.10.2008, n. 347 del 3.10.2008 e n. 352 del 7.10.2008, tutti recanti lo stesso numero di protocollo, in quanto atti tutti presupposti a quello impugnato con il presente atto”, all’uopo richiamandosi le argomentazioni integralmente ritrascritte e le relative censure esplicitate nel ricorso del 28.11.2008.
6. Nota il Collegio che, sulla natura meramente consequenziale degli atti in questa sede impugnati, alcun dubbio può sussistere.
Ciò è reso evidente dal decreto del Vice-SIndaco n. 65 del 27.11.2008 – in questa sede impugnato – applicativo, nei confronti dei singoli dipendenti, delle modifiche organizzative apportate con le – pure impugnate – delibere di G.M. n. 419 del 26.11.2008, e n. 422 del 3.12.2008, che richiama testualmente i decreti sindacali n. 57 dell’1.10.2008 e n. 58 del 6.10.2008 impugnati con il precedente ricorso.
Inoltre – come sopra premesso – la medesima parte ricorrente, dopo aver evidenziato di non aver potuto proporre motivi aggiunti al precedente ricorso iscritto al n. 6393/08 R.G. (in quanto, recatosi, a tal fine in Tribunale, apprendeva che l’udienza di discussione si era già svolta il 18.12.2008 ed il ricorso ritenuto in decisione, riservandosi il Collegio di emettere una decisione in forma semplificata), attraverso il ricorso con cui è stato instaurato il presente giudizio, deduce l’illegittimità degli atti impugnati facendo valere, unicamente per illegittimità derivata, i medesimi vizi già fatti valere quali motivi di impugnazione del precedente ricorso n. 63392/08 R.G., così in buona sostanza, riproducendo integralmente le doglianze già oggetto di tale ricorso.
7. Tuttavia v’è da tener presente che tale ultimo ricorso risulta definito con sentenza n. 401 del 27 gennaio 2009 di questa Sezione dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo con sentenza n. 401 del 27 gennaio 2009 e, nel giudizio di appello proposto avverso tale sentenza, il Consiglio di Stato, Sezione Quinta, con ordinanza n. 3124/09, riteneva insussistenti i presupposti per l’accoglimento dell’istanza di sospensione della sentenza impugnata << sul presupposto della sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario sugli atti incidenti sul contenuto dell’incarico del ricorrente, atti su cui si è già pronunciato il Tribunale di Napoli in funzione di giudice del lavoro in sede di ricorso ex art. 700 c.p.c. >>.
Infatti, in punto di giurisdizione, anche tale ultimo Tribunale riconosceva che: << poiché le doglianze del Lista sono dirette contro atti dell’Ente relativi alla gestione del suo rapporto di lavoro, per il mutamento che gli stessi hanno determinato rispetto alle sue mansioni, deve affermarsi la giurisdizione del giudice adito >>.
8. Ciò posto, preliminarmente, il Collegio, alla stessa stregua di quanto già statuito con la citata sentenza n. 401/2009, anche nella presente controversia deve dichiarare il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore del giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro.
Tanto, a prescindere dalla constatazione, peraltro afferente al merito della controversia, che eventuali censure per invalidità derivata potrebbero condurre all’annullamento degli atti consequenziali unicamente allorquando l’atto presupposto risulti annullato e non anche allorquando – come nella specie – siffatto atto è uscito indenne al vaglio di legittimità conseguente alle censure mosse nel giudizio istaurato per essere stato il ricorso proposto avverso il suddetto atto dichiarato inammissibile.
9. Sempre preliminarmente osserva il Collegio che, pur volendo astrarre dalla incidenza degli atti impugnati sui concreti rapporti di lavoro (onde evitare di incorrere nel difetto di giurisdizione del giudice amministrativo) riconducendoli agli atti di macro-organizzazione degli uffici e di gestione e di riorganizzazione dell’intero assetto del personale all’interno dell’Ente resistente, il ricorso in esame egualmente non sfuggirebbe alla dichiarazione di inammissibilità per carenza di interesse.
Infatti nel nostro ordinamento l’azione giurisdizionale amministrativa non è data unicamente per la tutela oggettiva della legalità dell’azione amministrativa (nel caso di specie, riconducibile all’interesse pubblico oggettivo), quasi si trattasse di un’azione popolare (che, com’è noto, riveste pur sempre carattere eccezionale nel nostro ordinamento) ma sempre e soltanto per la tutela di situazioni soggettive individuali (in ogni caso differenziate rispetto a quelle della generalità dei soggetti), con la conseguenza che il processo amministrativo non essere funzionale alla mera affermazione del diritto oggettivo, ma si configura sempre quale strumento per la tutela di situazioni soggettive che si assumono lese e che sono azionate su iniziativa del diretto interessato.
Nella fattispecie, a seguire la tesi che mostra di dare attenzione eccessiva alle sorti dell’atto presupposto di organizzazione, ritenuto illegittimo, minimizzando le implicazioni che esso atto ha sul provvedimento con cui in concreto si dispone della posizione giuridica del dipendente, l’azione innanzi al giudice amministrativo finirebbe con l’essere data esclusivamente a tutela della legalità, con la conseguenza che il ricorso, anche per questo altro verso, si rileverebbe inammissibile per carenza di interesse e di legittimazione ad agire.
Al riguardo, è a dire che, nonostante la natura di atti di organizzazione generale (macro-organizzazione) rivestita dai provvedimenti, nel caso di specie, adottati dal Comune di Quarto, tali provvedimenti sono indubbiamente suscettibili di incidere immediatamente sulla sfera giuridica dei singoli dipendenti, nell’ambito del rapporto di lavoro in essere con l’Ente di appartenenza, nel senso di determinarne una vicenda costituita dal mutamento delle mansioni in precedenza espletate.
10. Tuttavia è altrettanto evidente che la controversia instaurata al fine di tutelare la propria posizione lavorativa assume sempre i connotati di una controversia di lavoro ed, in relazione a tali controversie, in punto di riparto di giurisdizione, si rende necessario il richiamo al risalente, ma sempre attuale, criterio del “petitum sostanziale”, elaborato dalla Suprema Corte Cassazione per il quale, ai fini del riparto tra giudice ordinario e giudice amministrativo, rileva non tanto la prospettazione delle parti, bensì il petitum sostanziale, il quale va identificato non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice, ma anche e soprattutto in funzione della causa petendi, cioè della intrinseca natura della controversia dedotta in giudizio ed individuata dal giudice con riguardo ai fatti allegati ed al rapporto giuridico del quale detti fatti sono manifestazione (Cfr.: Cass. Civ. SS.UU., Ordinanza n. 10180/2004) e, anche seguendo la direttiva ermeneutica indicata dalla Corte Costituzionale a partire dalla importante sentenza 204/2004, l’elemento decisivo per radicare la giurisdizione amministrativa, al di là della prospettazione del ricorrente, è indubbiamente costituito dall’esistenza di un potere autoritativo dell’amministrazione espresso nel provvedimento impugnato, potere che, nel caso di specie, difetta, con il conseguente radicamento della giurisdizione ordinaria.
11. Al riguardo, l’art. 63 del D.L. vo n. 165/2001 prevede che: << Sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, ad eccezione di quelle relative ai rapporti di lavoro di cui al comma 4, incluse le controversie concernenti l’assunzione al lavoro, il conferimento e la revoca di incarichi dirigenziali e la responsabilità dirigenziale, nonché quelle concernenti le indennità di fine rapporto, comunque denominate e corrisposte, ancorché vengano in questione atti amministrativi presupposti. Quando questi ultimi sono rilevanti ai fini della decisione, il giudice li disapplica, se illegittimi. L’impugnazione davanti al giudice amministrativo dell’atto amministrativo rilevante nella controversia non è causa di sospensione del processo >>.
12. In sede applicativa in giurisprudenza si è rilevato che: << Le controversie concernenti gli atti di organizzazione dell’amministrazione rientrano nella giurisdizione del G.O., e sono passibili di disapplicazione, in tutti i casi in cui costituiscono provvedimenti presupposti di atti di gestione del rapporto di lavoro del pubblico dipendente… In caso di illegittimità, per contrarietà alla legge, del provvedimento di riforma della pianta organica di un Comune, con soppressione delle posizioni dirigenziali, questo deve essere disapplicato (………). Non è consentito al titolare del diritto soggettivo, che risente degli effetti di un atto amministrativo, di scegliere, per la tutela del diritto, di rivolgersi al giudice amministrativo per l’annullamento dell’atto presupposto, atteso che, in tutti i casi nei quali vengano in considerazione atti amministrativi presupposti, ove si agisca a tutela delle posizioni di diritto soggettivo in materia di lavoro pubblico, è consentita esclusivamente l’instaurazione del giudizio davanti al giudice ordinario, nel quale la tutela è pienamente assicurata dalla disapplicazione dell’atto e dagli ampi poter riconosciuti a quest’ultimo >> (Cass. SS.UU., 16 febbraio 2009, n. 3677).
13. Il Collegio aggiunge – conformemente a consolidata giurisprudenza consolidata della Sezione – che, già in precedenza, l’art. 2, comma secondo, del D.L.vo 3 febbraio 1993, n. 29, recante norme di razionalizzazione dell’organizzazione della P.A. e di revisione della disciplina in materia di pubblico impiego, aveva stabilito, sul versante sostanziale, l’applicazione al rapporto di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche (salvo le ipotesi previste dal quarto comma della disposizione medesima) della disciplina dettata dalle disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile e dalle leggi sul rapporto di lavoro subordinato nell’impresa ed aveva rimesso alla contrattazione collettiva ogni ulteriore regolamentazione di dettaglio, alla quale devono conformarsi i rapporti individuali di lavoro.
Il rapporto di lavoro privatizzato è chiamato a svolgersi in un assetto organizzativo che conserva le sue connotazioni pubblicistiche e che resta definito da scelte che sono espressione del potere di autorganizzazione della Pubblica amministrazione il cui oggetto è definito dall’art. 2, comma primo, del D.L.vo n. 29/1993 ed attiene alle << linee fondamentali di organizzazione degli uffici >>, all’individuazione di quelli fra essi di maggiore rilevanza, ai modi di conferimento della titolarità dei medesimi, alla determinazione delle dotazioni organiche complessive.
Il successivo art. 4 ribadisce << la rispondenza al pubblico interesse dell'azione amministrativa >> degli innanzi richiamati atti di organizzazione e precisa che le ulteriori .
Tale ultima disposizione individua una categoria di atti del soggetto con cui si svolge il rapporto di impiego che – pur incidendo sull’assetto organizzativo in cui deve essere resa la prestazione lavorativa e sui relativi contenuti, modalità, tempo e luogo – non assumono connotazioni pubblicistiche, ma si risolvono in un ambito paritetico perché riconducibili alla sfera di capacità di gestione di diritto privato del datore di lavoro.
14. Sul versante processuale, coerentemente, l’art. 68 del D.L.vo n. 29/1993, riprodotto con integrazioni all’art. 63 del D.L.vo n. 165/2001, devolve alla cognizione del giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro privatizzato (escluse quella afferenti le procedure concorsuali per l’assunzione) << ancorché vengano in questione atti amministrativi presupposti >>; nei confronti di questi ultimi, ove riconosciuti illegittimi e rilevanti per la decisione, può essere esercitato il potere di disapplicazione.
In definitiva si configura un sistema volto a garantire che sia un unico giudice ad occuparsi in modo unitario dell’intera controversia, che la norma individua una chiara regola di giurisdizione in base alla quale, allorquando la domanda introduttiva del giudizio si fondi sul << petitum >> sostanziale riconducibile al rapporto di lavoro, sussiste la giurisdizione del giudice ordinario, non rilevando in contrario che la prospettazione di parte sia rivolta anche avverso atti prodromici di cui si contesti la legittimità per vizi peculiari ai provvedimenti amministrativi, evenienza che non determina nessuna << vis attractiva >> verso la giurisdizione del Giudice amministrativo per effetto di detto nesso di presupposizione (Corte di Cassazione SS.UU. 7 agosto 2003 n. 3508 e 18 aprile 2003 n. 6348).
E tale giurisdizione resta ferma, quale che sia l’atto organizzatorio posto a fondamento del provvedimento concretamente lesivo della sfera giuridica del dipendente.
15. Il sistema legislativamente delineato non implica alcuna deminutio di tutela per l’interessato, in quanto il Giudice ordinario, con gli strumenti conferitigli dall’ordinamento, anche in funzione dell’accertamento di eventuali responsabilità individuali, è in grado di apprestare piena ed effettiva tutela alle posizioni giuridiche sostanziali, riconosciute dalle norme legali o contrattuali, per la cui tutela si adisce la sua giurisdizione, coinvolgendo anche l’atto amministrativo presupposto di cui sia applicativo l’atto di gestione del rapporto di lavoro ed accentrando avanti a sé il controllo che, in tal guisa è esteso in via incidentale anche all’atto amministrativo, senza effetti di giudicato di annullamento (Cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 23 dicembre 2005 n. 7384, T.A.R. Puglia Lecce, sez. II 7 dicembre 2005 n. 5785, T.A.R. Sicilia Palermo, sez. I, 11 novembre 2002, n. 3839).
16. Nella fattispecie, è indubbio che l’oggetto del contendere sia riconducibile “ratione materiae” nell’ambito delle “controversie relative ai rapporti di lavoro” devolute dall’art. 63 del D.L. vo n. 165/2001 alla giurisdizione del giudice del lavoro, perché si collega alla tutela di situazioni di diritto soggettivo dei pubblici dipendenti interessati quali riconosciute dal contratto collettivo di lavoro e dalla legge professionale, con riconduzione alla cognizione dell’A.G.O. di ogni altra questione diretta ad investire la legittimità degli atti amministrativi presupposti di gestione del rapporto di lavoro.
17. Tanto è sufficiente per concludersi che deve dichiararsi il difetto di giurisdizione dell’adito giudice amministrativo in favore del giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro.
18. Ricorrono tuttavia giusti motivi per la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Sezione quinta, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe (n. 1086/09 R.G.), proposto da Lista Vincenzo, dichiara il proprio difetto di giurisdizione, rientrando la controversia in esame nella giurisdizione del giudice del giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 19 dicembre 2013 con l’intervento dei magistrati:
Luigi Domenico Nappi, Presidente
Vincenzo Cernese, Consigliere, Estensore
Alfredo Storto, Consigliere
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)