TAR Lazio, Sez. I, 28 febbraio 2013, n. 207

Norme correlate:
Art 3 Legge n. 241/1990
Art 3 Legge n. 109/1994
Art 35 Legge n. 448/2001
Art 113 Decreto Legislativo n. 267/2000

Massima:
TAR Lazio, Sez. I, 28 febbraio 2013, n. 207
È legittimo il provvedimento con cui la giunta municipale, revocando la precedente deliberazione recante la dichiarazione di pubblico interesse di un progetto presentato da un terzo nominato promotore, ha deciso di gestire direttamente il servizio delle lampade votive all’interno del cimitero comunale. La disciplina normativa consente, infatti, alle amministrazioni pubbliche la gestione in economia (diretta o con cottimo fiduciario) “a condizione di ottenere conseguenti economie di gestione” (art. 6 bis, d. lg. 30 marzo 2001 n. 165) e, “qualora ne ricorrano le condizioni” ai sensi dell’art. 125, d. lg. 12 aprile 2006 n. 163. Sebbene dal quadro normativo complessivo, emerga la netta preferenza del legislatore per l’esternalizzazione dei servizi pubblici, tuttavia, non può non riconoscersi anche una – seppur limitata -possibilità, per l’ente pubblico, di gestione in economia di detti servizi. Infatti, nonostante tutta la normativa in materia è finalizzata alla regolamentazione della concorrenza, essa non ha alcuna incidenza in ipotesi in cui l’ente pubblico decida, a monte e nei limiti in cui detta discrezionalità è riconosciuta dall’ordinamento, di gestire da sé medesimo il servizio pubblico. Né può in radice escludersi detta possibilità in capo all’amministrazione, posto che il principio della concorrenza, a cui è ispirata la disciplina sui servizi pubblici, non può prevalere sui principi di efficienza ed economicità e buon andamento dell’attività amministrativa, laddove una ragionevole valutazione induca a ritenere preferibili soluzioni interne all’amministrazione interessata e dunque non competitive.

Testo completo:
TAR Lazio, Sez. Latina, 28 febbraio 2013, n. 207
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio sezione staccata di Latina (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 863 del 2012, proposto da:
Romana Luminex di T. e C. Morandini Snc, rappresentato e difeso dall’avv. Leonardo Limberti, con domicilio eletto presso Dino Avv. Lucchetti in Latina, via Duca del Mare, 24;
contro
Comune di Fondi;n.c.
per l’annullamento
della delibera di G.M. n.291 del 24 luglio 2012 di revoca propria delibera n.290 del 7 settembre 2004 relativa ad impianti di pubblica illuminazione e gestione del servizio lampade votive all’interno del Cimitero di Fondi;
e per l’accertamento
del diritto della ricorrente al risarcimento del danno in forma specifica mediante l’indizione della gara o, in subordine, per equivalente;
in via subordinata
l’annullamento
della delibera di G.M. n.291 del 24 luglio 2012 di revoca propria delibera n.290 del 7 settembre 2004 relativa ad impianti di pubblica illuminazione e gestione del servizio lampade votive all’interno del Cimitero di Fondi nella parte in cui non prevede l’indennizzo ex art. 23-quinquies L. 241/90;
e per l’accertamento
del diritto della ricorrente ad essere indennizzata.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 febbraio 2013 il dott. Maria Grazia Vivarelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
In data 2 luglio 2003 – e, dunque, sotto la vigenza della L. 109/1994 come modificata dalla L. 166/202 – la società ricorrente presentava all’amministrazione comunale di Fondi una proposta di project financing avente ad oggetto la progettazione, ampliamento, costruzione e gestione degli impianti di illuminazione all’interno del cimitero comunale di Fondi, nonché la gestione del servizio delle lampade votive all’interno dello stesso, previa ristrutturazione e completa messa a norma degli impianti stessi, da assegnare con concessione amministrativa (di cui alla bozza di convenzione in atti).
Con delibera di G.C. n. 290 del 7 settembre 2004, la proposta veniva dichiarata di pubblico interesse e, per l’effetto, la Romana Luminex veniva nominata soggetto promotore, incaricandosi contestualmente il settore LLPP e Ambiente dell amministrazione comunale di attivare le procedure per l’indizione di apposita gara, ai sensi dell art. 37 quater L. 109/1994. L’amministrazione, tuttavia, non dava nessun seguito all’iniziativa, giustificando un’azione promossa dalla società ricorrente contro il silenzio inadempimento della p.A. – culminata con la sentenza n. 626 del 01.08.2012 di questo tribunale con cui, in accoglimento del ricorso, è stato ordinato, all’amministrazione, di provvedere con provvedimento espresso.
In data 24 luglio 2012 con delibera di G.M. n. 291, qui gravata, il comune di Fondi ha provveduto alla revoca della precedente deliberazione di G.M. n. 290 del 7 settembre 2004.
Nella pubblica udienza odierna la causa è trattenuta in decisione.
DIRITTO
Con il primo motivo di ricorso, deduce la ricorrente violazione e/o falsa applicazione degli artt. 37 bis, ter e quater L. 109/1994; violazione e/o falsa applicazione dell art. 3 L. 241/1990; motivazione illogica e irrazionale, difetto dei presupposti, travisamento dei fatti, difetto di istruttoria. Violazione dei principi generali in materia di revoca del provvedimento amministrativo.
Occorre dapprima stabilire la disciplina applicabile ratione temporis.
All epoca della delibera n. 290 del 07.09.2004, era in vigore la L. 109/1994. Sostiene la ricorrente che, in base all art. 37 quater di detta normativa, non solo la medesima vantava una posizione differenziata e qualificata nella procedura di gara di affidamento della concessione, bensì avrebbe anche avuto assicurato, in caso di esito negativo della licitazione privata, il rimborso delle spese sostenute.
Le censure sono infondate. In primo luogo, l’amministrazione – una volta individuato il promotore e ritenuto, pertanto, di pubblico interesse il progetto dallo stesso presentato – non è affatto tenuta a dare corso alla procedura di gara, disciplinata all’epoca dalla legge Merloni. Infatti, nella valutazione dell’opportunità di affidare concretamente in concessione la realizzazione di un progetto ritenuto di pubblico interesse, rientrano anche questioni di convenienza patrimoniale e di spesa pubblica che, attenendo al merito amministrativo, non sono sindacabili in sede giurisdizionale amministrativa. Nè la normativa citata può costituire un vincolo in tal senso per l’amministrazione, in spregio ai principi generali che depongono per la massima discrezionalità amministrativa nell’esercizio dei poteri pubblicistici al fine della migliore tutela dell’interesse pubblico. Il comune era, pertanto, in ogni caso libero di scegliere se, per la tutela dell’interesse pubblico, fosse più opportuno affidare il progetto per la sua esecuzione ovvero rinviare la sua realizzazione ovvero non procedere affatto. D altro canto, l art. 37 bis L. 109/94 al co 1 stabilisce che Le amministrazioni possono adottare, nell’ambito dei propri programmi, le proposte di intervento e gli studi ritenuti di pubblico interesse; l’adozione non determina alcun diritto del proponente al compenso per le prestazioni compiute o alla realizzazione degli interventi proposti .
Il provvedimento di G.M. n. 291 del 24 luglio 2012 qui gravato – di revoca della precedente deliberazione di G.M. n. 290 del 7 settembre 2004, è stato, invece, adottato sotto la vigenza del D.Lgs. 163/2006 (codice contratti pubblici).
Ritiene la ricorrente, attraverso i dedotti vizi, che le motivazioni poste dall’amministrazione a sostegno della disposta revoca siano in parte illegittime, in parte capziose, in parte apodittiche, in parte inconferenti. In particolare, si legge nel provvedimento che l’amministrazione comunale di Fondi ha interesse a gestire direttamente il servizio delle lampade votive all’interno del cimitero comunale, come di fatto gestisce . Ritiene la società ricorrente che tale motivazione sia illegittima per la semplice circostanza che la gestione diretta (c.d. in economia) di un servizio pubblico locale sia preclusa dall’ordinamento trattandosi di un servizio pubblico locale a rilevanza economica.
La censura è infondata per le seguenti considerazioni.
La materia dei servizi pubblici locali di rilevanza economica è stata oggetto di una disciplina normativa travagliata, travolta da interventi abrogativi referendari e pronunce di illegittimità della Corte Costituzionale.
Brevemente, a partire dal 2001, per effetto della modifica introdotta dall’art. 35 della L. n. 448 del 2001 all’art. 113 del TUEL approvato con D.Lgs. n. 267 del 2000, è passato il principio della esternalizzazione dei servizi e la relativa disciplina è fondamentalmente ruotata sulla regolamentazione della concorrenza. In particolare, basti pensare all evoluzione legislativa che si è succeduta dal 2006 ad oggi e che ha conosciuto una ricchissima iperproduzione normativa (dal decreto legge 223/2006 convertito in legge 248/2006; all art. 23 bis, legge 133/2008 e successive modifiche; il regolamento 7 settembre 2010, n. 168; il referendum abrogativo del mese di giugno 2011; il decreto legge 138/2011 divenuto legge 148/2011; la legge di stabilità 2012 (L. n. 183 del 12 novembre 2011); il d.l. n. 1 del 24 gennaio 2012 convertito in L. 24 marzo 2012 n. 27, la disciplina comunitaria.
In buona sostanza. dal 2008 al 2012 i servizi pubblici locali di rilevanza economica hanno rappresentato un settore in continuo dinamismo normativo ed hanno vissuto un accelerazione normativa. La riforma dei servizi pubblici locali, introdotta dall art. 23 bis del D.L. n. 112 del 2008, in apertura della XVI legislatura, aveva modificato il vecchio art. 113 del D.L.vo n. 267 del 2000; nonostante che quest ultima disposizione fosse stata novellata nel 2003, era tuttavia da tempo sentita e dibattuta in sede politica l esigenza di un nuovo intervento in senso pro-concorrenziale. Anche nel corso della XV legislatura il dibattito sulla riforma dei servizi pubblici locali era stato particolarmente acceso, senza tuttavia che fosse stato raggiunto alcun utile risultato al di là della presentazione di alcuni disegni di legge, anche di iniziativa governativa, rimasti senza esito (d.d.l. AS 772); ciò, non tanto per l anticipata interruzione della legislatura medesima, ma soprattutto per la mancanza di accordo tra le forze parlamentari che componevano la stessa maggioranza governativa su un tema così spinoso.
La comparsa del citato art. 23 bis, a mezzo di un emendamento introdotto nel corso dei lavori parlamentari di conversione del D.L. n. 112 del 2008, ha consentito di gettare le basi della nuova riforma dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, per far compiere un ulteriore passo verso la piena conformità ai principi comunitari; riforma, da un lato, finalizzata a favorire la più ampia diffusione dei principi di concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione dei servizi di tutti gli operatori economici interessati alla gestione di servizi di interesse generale in ambito locale, da attuare con l erosione di alcune sacche di resistenza, dall altro, volta a garantire il diritto di tutti gli utenti all universalità e accessibilità dei servizi pubblici locali ad assicurare un adeguato livello di tutela degli utenti. L art. 23 bis viene abrogato con referendum abrogativo popolare del 12-13 giugno 2011 (recepito con d.P.R. 113/2011). Al vuoto normativo segue, nel 2009, il D.L. n. 135 del 2009 (anche detto decreto Ronchi o salva infrazioni). Il 2010 è l anno del regolamento approvato con D.P.R. n. 168 del 2010 e il 2011 l anno della riforma di cui al citato art. 4 del D.L. n. 138 del 2011 e della legge di stabilità 183/2011. L art. 4 del D.L. n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, continua lo spirito della riforma dei servizi pubblici locali di rilevanza economica che nel 2008 aveva portato all art. 23 bis ed è proteso verso la piena conformità ai principi comunitari, ancora una volta ribaditi: rispetto dei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi e universalità e accessibilità del servizio (art. 4, comma 1). Infatti, si avverte l esigenza, di derivazione comunitaria, di tutelare la libera concorrenza affinché possano prodursi effetti benefici non solo per il mercato, e quindi per le imprese di settore che vi operano, ma per gli stessi utenti, destinatari dei servizi.
L art. 9 della L 183 del 12 novembre 2011 (legge di stabilità 2012) modifica ulteriormente la disciplina dei servizi pubblici di rilevanza economica, apportando modifiche all’art. 4 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, con il dichiarato fine di realizzare un sistema liberalizzato dei servizi pubblici locali di rilevanza economica attraverso la piena concorrenza nel mercato e di perseguire gli obiettivi di liberalizzazione e privatizzazione dei medesimi nonchè di assicurare, mediante un sistema di benchmarking, il progressivo miglioramento della qualità ed efficienza di gestione dei medesimi servizi .
Il 2012 è l anno del d.l. n. 1 del 24 gennaio 2012 convertito in L. 24 marzo 2012 n. 27 che rivoluziona ancora tutto il sistema dei servizi pubblici locali a rilevanza economica, introducendo un nuovo schema di organizzazione dei servizi, attribuendo alle regioni ed alle province autonome la potestà di individuare ambiti territoriali ottimali e omogenei tali da consentire economie di scala e di differenziazione idonee a massimizzare l’efficienza del servizio. La disposizione mira alla tutela della concorrenza, dell’ambiente e, necessariamente della finanza pubblica.
L intero impianto normativo, tuttavia, viene duramente colpito (oltre che dal referendum abrogativo) dalla Corte Costituzionale che, con sentenza 17-20 luglio 2012, n. 199 (Gazz. Uff. 25 luglio 2012, n. 30 – Prima serie speciale) dichiara l illegittimità costituzionale dell art. 4 D.L. n. 138 del 2011, conv. in legge n. 148 del 2011, come poi modificato dalla L 183/2011 e dal D.L. 1/2012 conv. in L. 27/2012, nonché dall’art. 53, comma 1, lettera b), del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 (Misure urgenti per la crescita del Paese), in quanto, secondo la Corte la norma riproduceva sostanzialmente il contenuto dell art. 23 bis abrogato con referendum popolare.
In questo confuso quadro normativo, si colloca la delibera di G.M. n.291/2012 qui impugnata, che, essendo stata emessa alcuni giorni dopo la sentenza della Corte Costituzionale 199/2012, (e precisamente il 24 luglio 2012), si trova in un arco temporale di assoluto vuoto normativo. Infatti, abrogato – ad opera del referendum popolare – l art. 23 bis (che aveva a sua volta abrogato l art. 113 D.L.vo n. 267 del 2000) ed abrogata ad opera della Corte Costituzionale 199/2012 la nuova normativa, la delibera qui in esame si è ritrovata orfana, vagante in terra di nessuno.
L assenza assoluta di disciplina non deve tuttavia spaventare. Infatti, posto che è da escludersi la reviviscenza della vecchia disciplina di cui all art. 113 D.L.vo n. 267 del 2000 (opinione espressa C.d.C. sez. reg. controllo per la Basilicata, Potenza delib. 173/2012/PAR, da questo Collegio condivisa) a sua volta già abrogata dall abrogato art. 23 bis, non possono che trovare applicazione i principi comunitari in materia di in house providing e di tutela della concorrenza, che, tuttavia, ben si disinteressano della gestione in economia.
È vero che, di lì a poco, il legislatore sarebbe intervenuto con una nuova disciplina (cfr. art. 4 D.L. 95/2012 conv. in L. n. 135 del 7 agosto 2012; art. 34, comma 24 e 27 D.L. n. 179 del 18 ottobre 2012, , conv. in L. n. 221 del 17 dicembre 2012 decreto Crescitalia;), ma al tempo della delibera per cui è causa, nessun parametro normativo era in vigore.
Le disposizioni di legge successive sopra citate, pertanto, non possono che avere un mero valore orientativo.
In particolare, l art. 4 D.L. 95/2012 conv. in L.135/2012 ai commi 6 e 7 stabilisce che A decorrere dal 1° gennaio 2013 le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 possono acquisire a titolo oneroso servizi di qualsiasi tipo, anche in base a convenzioni, da enti di diritto privato di cui agli articoli da 13 a 42 del codice civile esclusivamente in base a procedure previste dalla normativa nazionale in conformità con la disciplina comunitaria. 7. Al fine di evitare distorsioni della concorrenza e del mercato e di assicurare la parità degli operatori nel territorio nazionale, a decorrere dal 1° gennaio 2014 le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, le stazioni appaltanti, gli enti aggiudicatori e i soggetti aggiudicatori di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nel rispetto dell’articolo 2, comma 1 del citato decreto acquisiscono sul mercato i beni e servizi strumentali alla propria attività mediante le procedure concorrenziali previste dal citato decreto legislativo. È ammessa l’acquisizione in via diretta di beni e servizi tramite convenzioni realizzate ai sensi dell’articolo 30 della legge 7 dicembre 2000, n. 383, dell’articolo 7 della legge 11 agosto 1991, n. 266, dell’articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e dell’articolo 5 della legge 8 novembre 1991, n. 381 .
Dal quadro complessivo, emerge la netta preferenza del legislatore per l esternalizzazione dei servizi pubblici, ma, tuttavia, non può non riconoscersi anche una – seppur limitata -possibilità, per l ente pubblico, di gestione in economia di detti servizi. Infatti, è possibile osservare che se tutta la normativa in materia è finalizzata alla regolamentazione della concorrenza, essa non ha alcuna incidenza in ipotesi in cui l ente pubblico decida, a monte e nei limiti in cui detta discrezionalità è riconosciuta dall ordinamento, di gestire da sé medesimo il servizio pubblico. Né può in radice escludersi detta possibilità in capo all amministrazione, posto che il principio della concorrenza, a cui è ispirata la disciplina testé citata, non può prevalere sui principi di efficienza ed economicità e buon andamento dell’attività amministrativa, laddove una ragionevole valutazione induca a ritenere preferibili soluzioni interne all’amministrazione interessata e dunque non competitive.
Occorre a questo punto esaminare le disposizioni di legge che riconoscono all amministrazione questa possibilità, posto che, come visto, le disposizioni normative sopra richiamate non contengono un espresso divieto alla gestione in economia dei servizi pubblici locali a rilevanza economica, né un divieto di tal genere sembra implicitamente desumibile dalle medesime norme.
L art. 6 bis D.Lgs. 165/2001, sotto la rubrica Misure in materia di organizzazione e razionalizzazione della spesa per il funzionamento delle pubbliche amministrazioni stabilisce che
1. Le pubbliche amministrazioni di cui all articolo 1, comma 2, nonché gli enti finanziati direttamente o indirettamente a carico del bilancio dello Stato sono autorizzati, nel rispetto dei princìpi di concorrenza e di trasparenza, ad acquistare sul mercato i servizi, originariamente prodotti al proprio interno, a condizione di ottenere conseguenti economie di gestione e di adottare le necessarie misure in materia di personale e di dotazione organica .
L art. 125 D.Lgs. 163/2006 (codice dei contratti pubblici) sotto la rubrica Lavori, servizi e forniture in economia stabilisce che 1. Le acquisizioni in economia di beni, servizi, lavori, possono essere effettuate: a) mediante amministrazione diretta; b) mediante procedura di cottimo fiduciario&3. Nell amministrazione diretta le acquisizioni sono effettuate con materiali e mezzi propri o appositamente acquistati o noleggiati e con personale proprio delle stazioni appaltanti, o eventualmente assunto per l occasione, sotto la direzione del responsabile del procedimento. 4. Il cottimo fiduciario è una procedura negoziata in cui le acquisizioni avvengono mediante affidamento a terzi. 5. I lavori in economia sono ammessi per importi non superiori a 200.000. I lavori assunti in amministrazione diretta non possono comportare una spesa complessiva superiore a 50.000 euro.
6. I lavori eseguibili in economia sono individuati da ciascuna stazione appaltante, con riguardo alle proprie specifiche competenze e nell ambito delle seguenti categorie generali:& b) manutenzione di opere o di impianti&10. L acquisizione in economia di beni e servizi è ammessa in relazione all oggetto e ai limiti di importo delle singole voci di spesa, preventivamente individuate con provvedimento di ciascuna stazione appaltante, con riguardo alle proprie specifiche esigenze .
L art. 34 D.L. n. 179 del 18 ottobre 2012 conv. in L. 17 dicembre 2012, n. 221, al co. 26 stabilisce poi che Al fine di aumentare la concorrenza nell’ambito delle procedure di affidamento in concessione del servizio di illuminazione votiva, all’articolo unico del decreto del Ministro dell’interno 31 dicembre 1983, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 16 del 17 gennaio 1984, al numero 18) sono soppresse le seguenti parole: «e illuminazioni votive». Conseguentemente i comuni, per l’affidamento del servizio di illuminazione votiva, applicano le disposizioni di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006, e in particolare l’articolo 30 e, qualora ne ricorrano le condizioni, l’articolo 125 .
Ne deriva che entro gli stretti limiti di cui alle disposizioni sopra citate è consentita la gestione di un servizio in economia con amministrazione diretta o cottimo fiduciario. La disciplina normativa, infatti, se da un lato milita al fine di evitare che funzionari e dipendenti pubblici si improvvisino imprenditori con rischiose ricadute in termini di corruzione, dall altro consente alle amministrazioni pubbliche la gestione in economia (diretta o con cottimo fiduciario) a condizione di ottenere conseguenti economie di gestione (cfr. art. 6 bis D.Lgs. 165/2001) e, qualora ne ricorrano le condizioni ai sensi del l’articolo 125 D.Lgs. 163/2006 (cfr. art. 34 co. 26 D.L. n. 179 del 18 ottobre 2012 conv. in L. 17 dicembre 2012, n. 221), articolo già vigente al tempo della delibera.
Ne deriva che la gestione in economia può ritenersi senz altro ammissibile, né la ricorrente fornisce motivi per non ammettere tale facoltà.
La ricorrente cita poi la sentenza della C.Cost. n. 325 del 2010, che tuttavia non è pertinente alla fattispecie in esame, posto che la normativa in essa richiamata è stata ampiamente superata e, comunque, non era in vigore al tempo dell adozione della delibera gravata.
La ricorrente, poi, contesta la delibera impugnata per quanto attiene alla ulteriore motivazione dalla proposta dell intervento sono trascorsi 10 anni e nel frattempo il cimitero comunale è stato oggetto di necessari interventi di manutenzione e di ampliamento che hanno modificato sostanzialmente la situazione esistente alla data proposta , nonché non è mai stato adottato alcuno studio di fattibilità come previsto dal comma 1 art. 37 bis L. 109/94 e meglio precisato nel comma 2 dell art. 278 d.P.R. 207/2010& . Tuttavia, queste censure se, da un lato, in base al principio di economia dei mezzi, devono essere dichiarate inammissibili per carenza di interesse, posto che il provvedimento impugnato, fondandosi anche solo su un unica motivazione ritenuta legittima, non può essere annullato, dall altro valgano comunque le seguenti considerazioni.
In ogni caso, le motivazioni suddette sono pertinenti e legittime. Infatti, da un lato è evidente che, decorsi 10 anni dalla proposta di intervento senza che l’amministrazione abbia dato seguito alla procedura, emerge una carenza di interesse in capo all’amministrazione all’esecuzione di quel progetto, per altro gestito in economia dall’amministrazione stessa. La circostanza che il cimitero sia stato oggetto di interventi di manutenzione e di ampliamento, giustifica, per contro, la scelta gestoria di cui all art. 125 D.Lgs. 163/2006. In ordine, poi, all assenza di uno studio di fattibilità deve precisarsi che, contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, occorre fare riferimento alla disciplina vigente al tempo dell’adozione della delibera impugnata e, in ogni caso, anche volendo fare riferimento alla disciplina previgente, il quadro non cambia posto che l art. 37 bis L. 109/94 al co. 1 stabiliva che Le amministrazioni possono adottare, nell’ambito dei propri programmi, le proposte di intervento e gli studi ritenuti di pubblico interesse; l’adozione non determina alcun diritto del proponente al compenso per le prestazioni compiute o alla realizzazione degli interventi proposti .
Ai fini della domanda volta ad ottenere l accertamento e la condanna al pagamento dell indennizzo, occorre da ultimo esaminare il disposto di cui all art. 21-quinquies L. 241/1990.
L art. 21-quinquies L. 241/1990 (aggiunto dall’art. 14 legge 11 febbraio 2005, n.15, ed integrato dal comma 1bis introdotto dall’art. 13 D. L. 31 gennaio 2007, n. 7,convertito dalla legge 2 aprile 2007, n.40), sotto la rubrica Revoca del provvedimento stabilisce che 1. Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario, il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole può essere revocato da parte dell’organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. La revoca determina la inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori effetti. Se la revoca comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati, l’amministrazione ha l’obbligo di provvedere al loro indennizzo. 1-bis. Ove la revoca di un atto amministrativo ad efficacia durevole o istantanea incida su rapporti negoziali, l indennizzo liquidato dall amministrazione agli interessati è parametrato al solo danno emergente e tiene conto sia dell eventuale conoscenza o conoscibilità da parte dei contraenti della contrarietà dell atto amministrativo oggetto di revoca all interesse pubblico, sia dell eventuale concorso dei contraenti o di altri soggetti all erronea valutazione della compatibilità di tale atto con l interesse pubblico .
La disposizione, di carattere generale, è inapplicabile alla fattispecie in esame. Infatti, essa trova una deroga nella disciplina speciale dettata in materia di project financing, che regolamenta espressamente l interesse contrattuale negativo o indennizzo in termini specifici, riconoscendo tale diritto solo in caso di gara nella quale il promotore non risulti aggiudicatario. Infatti, dapprima la L. Merloni sopra citata e poi il D.Lgs. 163/2006, all art. 153 co. 19, stabilisce che Il progetto preliminare approvato è posto a base di gara per l’affidamento di una concessione, alla quale è invitato il proponente, che assume la denominazione di promotore & Se il promotore non risulta aggiudicatario e non esercita la prelazione ha diritto al pagamento, a carico dell’aggiudicatario, dell’importo delle spese per la predisposizione della proposta nei limiti indicati nel comma 9 . Ciò comporta, in deroga alla disciplina generale di cui all art. 21-quinquies L. 241/1990, che la rilevanza giuridica dell interesse contrattuale negativo si sposta ad una fase successiva rispetto a quella della dichiarazione di pubblico interesse del progetto. In altre parole, per espressa volontà normativa, la dichiarazione di pubblico interesse di un progetto spontaneamente presentato dal promotore non costituisce fattispecie di contatto negoziale qualificato e legittimante il ristoro dell interesse contrattuale negativo. Senza poi considerare che, comunque, non troverebbe applicazione l art. 21-quinquies L. 241/1990 in quanto la dichiarazione di pubblico interesse non è un atto durevole, ma meramente ed eventualmente prodromico alla indizione di una gara.
Conseguentemente, non può essere riconosciuto il diritto all indennizzo.
La domanda risarcitoria va del pari respinta per carenza di danno ingiusto ex art. 2043 c.c.
Il ricorso è pertanto infondato e va respinto. Nulla sulle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio sezione staccata di Latina (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Nulla spese.
Così deciso in Latina nella camera di consiglio del giorno 7 febbraio 2013 con l’intervento dei magistrati:
Francesco Corsaro, Presidente
Santino Scudeller, Consigliere
Maria Grazia Vivarelli, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28/02/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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