Tag: Cremazione, Sentenze, trasporto funebre
Norme correlate:
Massima
Testo
Norme correlate:
Legge n. 130/2001
Decreto Ministeriale 01/07/2002
Art 35 Legge n. 448/2001
Art 64 Legge n. 142/1990
Testo completo:
TAR Lazio, Sez. I ter, 11 settembre 2003, n. 7570
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sez. I Ter
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sui ricorsi nn. 12473/2002 e 12677/2002, rispettivamente proposti da:
(Ricorso n. 12473)
C.I.F. srl, Cav. Uff. O. GOLFIERI srl, FRANCESCHELLI srl, GARISENDA Pompe Funebri srl, FALFARI Cesare & C. sas, F.LLI MUZZI DI Muzzi Laura & C. snc, Coop. La Garisenda Pompe Funebri a r.l., A. Vecchi snc, GRANDI Mario snc, GRANDI Raffaele snc, Impresa Funebre Lelli sas, LONGHI srl, in persona dei rispettivi legali rappresentanti, tutte rapp.te e difese dall’avv. Augusto Montoro del foro di Bologna e dall’avv. Mario Contaldi del Foro di Roma e presso quest’ultimo elett.te domiciliato in Roma, alla via P. da Palestrina n. 63,
(Ricorso n. 12677/2002)
ARPIOF. Associazione regionale piemontese Imprese Onoranze Funebri, C.I.F., Consorzio Imprese Funebri della Città di Torino, SERVIZI FUNEBRI ALESSANDRINI Spa, LA PRECE srl, L’ONORANZA di Viale Giuliana e Cirese Salvatore, in persona dei rispettivi legale rappresentanti p.t., tutte rapp.te e difese dagli avv.ti Gianni Maria Saracco e Mario Contaldi e presso lo studio di quest’ultimo elett.te domiciliate in Roma, alla via P. da Palestrina n. 63,
Contro
il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro p.t.,
il Ministero della Salute, in persona del Ministro p.t.,
rapp.ti e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato presso la cui sede in Roma, alla via dei Portoghesi n. 11, sono “ex lege” domiciliati per l’annullamento, previa sospensione del decreto del Ministro dell’Interno, 1 luglio 2002, adottato di concerto con il Ministro della Salute, nella parte in cui classifica le onoranze funebri ed i servizi cimiteriali tra i servizi pubblici a domanda individuale (art. 2, c. 4).
nonché per il risarcimento di tutti i danni patiti e patiendi.
Visto i ricorsi con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dei Ministeri intimati.
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, alla pubblica udienza del 5 giugno 2003 il Cons. Carlo Visciola, e uditi gli avvocati presenti per le parti come da verbale d’udienza.
Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:
FATTO
Sulla G.U. della Repubblica Italiana del 13.8.2002 veniva pubblicato il decreto del Ministero dell’Interno datato 1 luglio 2002, emanato dal Ministro dell’Interno di concerto con il Ministro della Salute, recante “Determinazione delle tariffe per la cremazione dei cadaveri e per la conservazione o la dispersione delle ceneri nelle apposite aree cimiteriali”.
L’art. 2 di tale decreto, riguardante le “Operazioni connesse alla tariffa per la cremazione”, prevedeva al punto 4 che il numero 18 dell’articolo unico del decreto del Ministro dell’Interno del 31 dicembre 1983, avente ad oggetto l’individuazione delle categorie dei servizi pubblici locali a domanda individuale, fosse così sostituito: “trasporti e onoranze funebri, servizi cimiteriali ed illuminazione votiva”.
Secondo le imprese ricorrenti – svolgenti tutte attività di onoranze funebri intesa nella sua più ampia accezione, – nonché l’associazione regionale piemontese imprese onoranze funebri ed il consorzio imprese funebri della Città di Torino, attraverso l’operata sostituzione i Ministri firmatari, a meno di non voler credere che gli stessi siano incorsi in un mero equivoco terminologico – trasformando il concetto di trasporto con decoro nella locuzione “onoranze funebri”, – avrebbero scientemente sovvertito il sistema in vigore in diritto e in fatto, incidendo sulla libertà d’iniziativa economica ad esse garantite dall’art. 41 della Costituzione.
Con distinti ricorsi (nn. 12473/2002 e 12677/2002), di identico contenuto, entrambi notificati il 13.11.2002 e depositati, rispettivamente, il 26 e 28 novembre successivo, le parti ricorrenti si sono rivolte, quindi, a questo Tribunale Amministrativo, al quale hanno chiesto l’annullamento “in parte qua”, previa sospensione dell’esecuzione, dell’impugnato decreto ministeriale, nonché il risarcimento di tutti i danni patiti e patiendi.
A sostegno dei ricorsi hanno dedotto:
Violazione di legge, con riferimento:
all’art. 35, comma 12 lett. c) della L. 448/01;
all’art. 43 della Costituzione;
all’art. 64, 2° comma, della L. 142 del 1990;
all’art. 275 del T.U. 18.8.2000 n. 267;
all’art. 90 nn. 1 e 2 del Trattato C.E.
INCOMPETENZA assoluta e/o incompetenza dell’atto;
Eccesso di potere: sotto i profili dello sviamento di legge, contraddittorietà manifesta, illogicità ed incongruità manifesta.
1°) Nonostante l’abrogazione “ex lege” del regime di privativa dei servizi pubblici, il decreto impugnato avrebbe istituito una nuva privativa in favore degli enti locali, nella materia delle onoranze funebri.
Tale regime di privativa risulterebbe incompatibile con il nuovo assetto operativo – istituzionale introdotto a far tempo dalla legge n. 142/90 e con i principi generali di libera iniziativa e concorrenza del mercato imprenditoriale.
Dalla data di entrata in vigore di tale legge (13.6.1990) dovrebbe ritenersi aver cessato di produrre effetto, in quanto abrogato, il R.d. n. 2578 del 1925 nella parte in cui consentiva ai Comuni di istituire un regime di esclusiva in generale e, in particolare – per quanto interessa in questa sede – per i trasporti funebri.
L’impugnato decreto ministeriale, avendo di fatto esteso alle onoranze funebri il regime di privativa già previsto per i trasporti funebri – espressamente abrogato dall’art. 35, 12° c. lett. c) della L. 448/01, – avrebbe violato le disposizioni legislative volte, nel loro complesso, ad impedire la creazione ed il mantenimento di forme di gestione monopolistiche dei pubblici servizi.
2°) Pur a voler ritenere ancora sussistente la facoltà per gli enti locali territoriali di istituire nuovi servizi pubblici in regime di esclusiva, la riserva di legge di cui all’art. 43 della Costituzione precluderebbe comunque l’istituzione di un nuovo servizio pubblico, in assenza di un atto legislativo nazionale.
In assoluta violazione della riserva di legge sancita dall’art. 43 della Costituzione, il decreto impugnato avrebbe istituito un nuovo servizio pubblico a domanda individuale (onoranze funebri e servizi cimiteriali).
3°) L’attività di onoranze funebri, relativamente al trasporto ed alla fornitura di arredi e servizi funebri, rappresentando estrinsecazione delle attività meramente imprenditoriali, sarebbe stata illegittimamente attratta, con evidente stravolgimento dei reali interessi collettivi ed imprenditoriali sottesi, nella sfera impropria del servizio pubblico.
La creazione di “inesistenti servizi cimiteriali a domanda individuale”, essendo finalizzata ad imporre ai dolenti un solo operatore, concessionario del Comune o di più Comuni, contrasterebbe con il sistema normativo in vigore e con tutta l’evoluzione della disciplina “antitrust” in materia.
Si costituivano in entrambi i giudizi i Ministeri intimati, con il patrocinio dell’Avvocatura Generale dello Stato, con atti depositati il 6.12.2002.
Alla Camera di Consiglio del 12 dicembre 2002, la decisione sull’istanza cautelare veniva rinviata al merito, contestualmente fissato per la pubblica udienza del 5.6.2002.
Con memorie, di identico contenuto, depositate in entrambi i fascicoli di causa in data 23.5.2003, l’Avvocatura Generale dello Stato controdeduceva alle censure avversarie sostenendone l’infondatezza e concludendo per il rigetto dei ricorsi e la condanna alle spese delle parti soccombenti.
Alla pubblica udienza del 5.6.2003 i ricorsi venivano congiuntamente discussi dagli avvocati presenti e, quindi, trattenuti in decisione.
DIRITTO
I due ricorsi in epigrafe possono essere preliminarmente riuniti, per essere esaminati e decisi con un’unica sentenza, dal momento che tendono all’annullamento dello stesso atto, avverso il quale deducono identici motivi di censura.
Come già in narrativa, oggetto di impugnativa è il decreto ministeriale datato 1.7.2002, emanato dal Ministro dell’Interno di concerto con il Ministro della Salute, pubblicato sulla G.U. della Repubblica Italiana del 13.8.2002, recante “Determinazione delle tariffe per la cremazione dei cadaveri e per la conservazione o la dispersione delle ceneri nelle apposite aree cimiteriali”.
Di tale decreto le parti ricorrenti chiedono l’annullamento limitatamente al suo articolo 2 p. 4 che testualmente recita: Al decreto del Ministero dell’Interno del 31.12.1983, avente ad oggetto “Individuazione delle categorie dei servizi pubblici locali a domanda individuale”, il numero 18 dell’articolo unico è così sostituito: “18) trasporti e onoranze funebri, servizi cimiteriali ed illuminazione votiva”.
Ritiene il Collegio che non possa negarsi legittimazione delle imprese ricorrenti, tutte operanti nel settore del comparto funerario e cimiteriale, nonché delle loro associazioni di rappresentanza, ad agire a difesa del loro interesse al mantenimento della libertà di iniziativa economica nel settore medesimo, che assumono sostanzialmente compromessa dalla contestata “sostituzione” del citato numero 18 – dell’articolo unico D.M. 31.12.1983 – con il quale, secondo la loro prospettazione difensiva, si tenderebbe ad innovare la previdente disciplina in materia, istituendo “ex novo” due figure di servizio pubblico – “onoranze funebri” e servizi cimiteriali” – mai prima ritenute assoggettabili alla sfera pubblicistica e stroncando”, in tal modo, l’attività privata in atto.
Fondata ed assorbente è, a giudizio del Collegio, la censura di incompetenza dedotta dalle parti ricorrenti con l’unico motivo di gravame, articolato sotto vari profili di legittimità, nei limiti in cui può interpretarsi come diretta a contestare la competenza dei Ministri – dell’Interno e della Salute – in questa sede intimati, a modificare la elencazione delle categorie dei servizi pubblici a domanda individuale, contenuta nell’articolo unico del D.M. 31.12.1983, pubblicato nella G U. 17.1.1984 n. 16.
A fondamento della potestà esercitata con l’impugnato D.M. 1 luglio 2002, i Ministri concertanti richiamano unicamente, nelle sue premesse, la legge 30.3.2001 n. 130, avente ad oggetto: “Disposizioni in materia di cremazione e dispersione delle ceneri” e, in particolare, l’art. 5 di tale legge, riguardante “Tariffe per la cremazione”.
Osserva il Collegio che la legge n. 130/2001, richiamata dai Ministeri interessati quale fonte del potere in concreto esercitato, nell’individuare il proprio oggetto dispone, all’art. 1, che “La presente legge disciplina la pratica funeraria della cremazione, nonché, nel rispetto della volontà del defunto, la dispersione delle ceneri”.
Il successivo art. 5 dispone testualmente, a sua volta, al primo comma, che “nei casi di indigenza accertata del defunto, gli oneri e le spese derivanti dalla cremazione e dagli adempimenti cimiteriali ad essa connessi possono essere sostenuti, nei limiti delle ordinarie disponibilità di bilancio, dal comune di ultima residenza del defunto, indipendentemente dal luogo nel quale avviene la cremazione, sulla base delle tariffe stabilite ai sensi del comma 2”.
Recita tale comma 2 – dello stesso art. 5 – che “Con decreto del Ministro dell’Interno, di concerto con il Ministro della sanità, sentite l’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI), la confederazione nazionale dei servizi (CONFSERVIZI), nonché le associazioni maggiormente rappresentative che abbiano fra i propri fini quello della cremazione dei propri soci, sono stabilite, entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge, le tariffe per la cremazione dei cadaveri e per la conservazione o la dispersione delle ceneri nelle apposite aree all’interno dei cimiteri”.
Come è reso palese dal tenore letterale delle norme appena richiamate, la legge n. 130 del 2001, in conformità, peraltro, al suo specifico e particolare oggetto, attribuisce al Ministro dell’interno ed al Ministro della Sanità esclusivamente la determinazione delle tariffe per la pratica funeraria della cremazione e dispersione delle relative ceneri – il cui onere viene addossato agli enti locali nei casi di accertata indigenza del defunto – ma non li autorizza affatto ad intervenire nella disciplina dei servizi pubblici a domanda individuale e, in particolare, nella individuazione della relativa categoria, demandata dall’attuale normativa legislativa ad altre Autorità amministrative e ad un differente procedimento di concertazione e di consultazione.
L’art. 6 del decreto – legge 28.2.1983 n. 55, convertito, con modificazioni, nella legge 26 aprile 1983 n. 131, concernente provvedimenti per la finanza locale per il triennio 1983-85, imponeva (al primo comma) agli enti locali di definire, non oltre la deliberazione del bilancio, la misura percentuale dei costi complessivi di tutti i servizi pubblici a domanda individuale – e, comunque, dei servizi espressamente individuati dalla norma medesima, tra cui “il servizio trasporti funebri”, – prevedendone il relativo finanziamento attraverso tariffe o contribuzioni ed entrate specificamente destinate.
A tenore del successivo comma 3 dello stesso art. 6, “Il Ministro dell’Interno, di concerto con i Ministri del tesoro e delle finanze, sentite l’Associazione nazionale dei comuni d’Italia, l’Unione delle province d’Italia e l’Unione nazionale comuni e comunità enti montani, è autorizzato ad emanare entro il 31 dicembre 1983 un decreto che individui esattamente la categoria dei servizi pubblici a domanda individuale”.
Proprio in attuazione del citato art. 6, terzo comma, risulta emanato il D.M. 31 dicembre 1983 con il quale il ministro dell’Interno, di concerto con i Ministri del Tesoro e delle Finanze e sentite le associazioni interessate, ha “esattamente individuate “le categorie dei servizi pubblici a domanda individuale indicandole in 19) punti tra cui, al numero 18), figura quella dei “trasporti funebri, pompe funebri e illuminazioni votive”.
Il citato D.M. 31.12.1983 il quale, come si è detto, trova la sua fonte autorizzatrice nella L. 28.2.1983 n. 55 e della cui attuale vigenza nell’ordinamento giuridico non hanno, evidentemente, dubitato il Ministro dell’Interno ed il Ministro della Salute, ove sussistesse la necessità di sue integrazioni o modifiche, potrebbe subirle solo per effetto del procedimento all’uopo previsto dal richiamato art. 6, comma terzo, e da parte dei Ministri a tanto autorizzati dalla norma medesima.
Ciò anche ove volesse ammettersi, seguendo la tesi dell’Avvocatura Generale dello Stato, la necessità di un “adattamento lessicale tra pompe ed onoranze funebri” e l’opportunità di prevedere nel novero dei servizi pubblici a domanda individuale anche i “servizi cimiteriali” in cui sarebbero comprese, sempre secondo l’Avvocatura erariale, le attività (servizio di cremazione, conservazione o dispersione delle ceneri/oggetto del decreto impugnato.
Non è data, invece, rinvenire nell’ordinamento una norma di rango legislativo, che neppure la resistente difesa ha saputo indicare, la quale “trasferisca” ad altre Autorità amministrative la competenza ad individuare esattamente la categoria dei servizi pubblici a domanda individuale, già prevista e disciplinata dall’art. 6, terzo comma, del D.L. n. 53/83 convertito, con modificazioni, nella L. n. 131/83.
Sussiste, dunque, secondo il Collegio la dedotta incompetenza che non si configura, però, come assoluta ma come incompetenza relativa, del momento che le Autorità intervenute nel procedimento – che ha visto coinvolte, peraltro, enti esponenziali di categoria diversi da quelli indicati dal citato art. 6, comma terzo, – ancorché appartenenti a diverse persone giuridiche pubbliche, fanno parte di un plesso unitario, sicché il loro intervento non configura una fattispecie di difetto di attribuzione o straripamento di potere – ovvero di incompetenza assoluta, – unica a poter determinare la nullità dell’atto amministrativo e la sua conseguente insanabilità, sostenute da parte ricorrente.
Nei limiti e con le precisazioni testé svolte i ricorsi vanno, conclusivamente, accolti e, per l’effetto, occorre procedere all’annullamento dell’impugnato D.M. 1 luglio 2002 nella parte in cui, all’art. 2 p. 4, dispone la sostituzione del numero 18) dell’articolo unico del decreto del Ministro dell’interno del 31 dicembre 1983.
Sussistono, tuttavia, giusti motivi per disporre l’integrale compensazione, tra le parti costituite, di spese ed onorari del presente giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sez. I ter), pronunciando, previa loro riunione, sui due ricorsi in epigrafe, li accoglie e per l’effetto annulla l’art. 2 p. 4) dell’impugnato D.M. 1 luglio 2002.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 5.6.2003, con l’intervento dei magistrati:
dott. Luigi Tosti – Presidente
dott. Carlo Visciola – Cons. est.
dott. Franco Angelo Maria De Bernardi – Cons.