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TAR Friuli Venezia Giulia, 2 marzo 2005, n. 68
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia costituito da:
Vincenzo Borea – Presidente
Enzo Di Sciascio – Consigliere
Oria Settesoldi – Consigliere, relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 660/2001 di Garzoni Moreno, titolare dell’impresa individuale New Service di Garzoni Moreno, rappresentato e difeso dagli avv.ti Bruno Garlatti e Paolo Spaccini Mordax de Dachsenfeld, con elezione di domicilio presso il secondo in Trieste;
CONTRO
Il Comune di Tolmezzo, in persona del Sindaco legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giacomino Di Doi e Maritza Filipuzzi, con elezione di domicilio presso quest’ultima in Trieste;
PER
l’annullamento del provvedimento emesso dal Comune di Tolmezzo in data 7 e 14 aprile 1998 con cui veniva comunicato all’appaltatore la risoluzione contrattuale con la New Service a far data dal 16.11.1997 e per l’accertamento del diritto al pagamento della somma di £. 42.938.613 a titolo di risarcimento danni sotto il duplice aspetto del danno emergente e del lucro cessante e la conseguente condanna al pagamento in favore del ricorrente di detta somma oltre agli interessi legali e rivalutazione monetaria dalla data di maturazione del diritto al soddisfo, secondo legge.
Visto il ricorso, ritualmente notificato e depositato presso la Segreteria;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione;
Viste le memorie prodotte dalle parti tutte;
Visti gli atti tutti della causa;
Uditi, alla pubblica udienza del 19 gennaio 2005 – relatore il Consigliere Oria Settesoldi – i difensori delle parti presenti;
Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Espone il ricorrente di aver convenuto in giudizio con atto di citazione dd. 14.12.1998 il Comune di Tolmezzo per sentir accogliere le seguenti conclusioni: “condannarsi il Comune di Tolmezzo a pagare all’attrice l’importo di L. 42.938.613 con gli interessi di legge dalla domanda al saldo. Spese di lite rifuse.”
In tale occasione esponeva il ricorrente che:
“1) Con contratto di appalto dd. 27.09.1996 e relativo capitolato, il Comune di Tolmezzo giusta delibera della giunta comunale dd. 20.05.1996, demandava all’attrice l’intero servizio di seppellimento salme e manutenzione di tutti i cimiteri comunali.
2) La durata del contratto di appalto era stabilita in un triennio, a partire dal 27 maggio 1996 e quindi la scadenza era fissata al 27 maggio 1999.
3) Il corrispettivo annuo dell’appalto veniva stabilito in £. 67.797.812, oltre IVA, da liquidarsi in rate mensili.
4) L’art. 28 del capitolato prevedeva la facoltà dell’Amministrazione di revocare (rectius: risolvere unilateralmente) il rapporto, qualora, per sopravvenute ragioni di interesse pubblico, il Comune non intendesse più dare in appalto a privati il servizio ma intendesse invece gestirlo in proprio.
5) Con lettere raccomandate A.R. di data, rispettivamente, 7 e 14 aprile 1998, il Comune di Tolmezzo comunicava all’appaltatore di voler assumere in proprio il servizio e, pertanto, di voler risolvere il rapporto contrattuale con la New Service a far data dal 16.11.1997. Ribadiva l’intendimento con lettera dd. 24.08.1998
6) Cessata la propria attività di appaltatore alla scadenza del 15.11.1998, l’impresa attrice ha immediatamente appreso che il Comune di Tolmezzo, lungi dal voler assumere in proprio i servizi cimiteriali, aveva invece appaltato a terzi privati i medesimi servizi già da essa esercitati.
7) Ciò è comprovato dal fatto che già in data 16.11.1998, il Comune aveva incaricato l’impresa Ubaldo Piazza di Tolmezzo di eseguire una fossa presso il cimitero di Tolmezzo ed altre presso la Frazione di Terzo. Inoltre, in data 18.11.1998 la medesima impresa ha effettuato altro scavo per una fossa presso il cimitero del capoluogo.
8) Peraltro, mai finora il Comune di Tolmezzo ha provveduto ad assumere il personale necessario per gestire in proprio il servizio; è vero invece che il Comune ha già deliberato di affidare ad altri privati la gestione dei servizi cimiteriali, al punto da inviare lettere con invito ad offrire ad imprese concorrenti dell’attrice.
9) Da quanto sopra esposto, emerge inequivocabilmente come il convenuto abbia illegittimamente risolto il contratto di appalto in essere con l’attrice. Ne consegue il diritto di quest’ultima di ottenere il risarcimento dei danni patiti, quantificabili nel corrispettivo contrattuale non incassato dalla data della risoluzione, 16.11.1998, alla naturale scadenza del contratto, 27 maggio 1999 pari a L. 67.797.812 IVA = L. 81.357.374 : 360 = L. 225.993 x 190 = L. 42.938.613.”
Il Tribunale di Tolmezzo, in composizione monocratica, con sentenza dd. 18.07.2000 dichiarava, ex officio, il difetto di giurisdizione del giudice ordinario nei confronti del giudice amministrativo.
Parte ricorrente, ha quindi proposto il presente ricorso, sempre avverso la risoluzione contrattuale, deducendo i seguenti motivi:
A) ILLEGITTIMITA’ DEL RECESSO.
Se ne assume l’illegittimità per violazione dell’art. 28 del contratto di appalto dd. 27.09.1990 n. 4481 rep., nonchè per violazione dell’art. 1671 c.c..
L’art. 28 del capitolato, allegato B al contratto d’appalto di cui innanzi, effettivamente stabiliva che “la revoca del rapporto, con conseguente risoluzione del contratto potrà venire disposta quando l’appalto del servizio non corrisponde più al pubblico interesse e l’amministrazione non intende avvalersi dell’impresa privata per la gestione del servizio” ma, nella fattispecie in esame, la situazione ipotizzata dal precitato articolo non si sarebbe realizzata.
Il Comune, in effetti, con deliberazione giuntale dd. 09.11.1998 dichiarava vincitore del concorso pubblico a tempo indeterminato per la copertura di un posto di operaio specializzato custode cimitero V q.f., il sig. Fedele Mauro, un tanto al fine di provvedere in proprio alla gestione cimiteriale.
In realtà il Comune di Tolmezzo, in data 16.07.1998, preso atto di non disporre dei mezzi necessari per l’espletamento del servizio di scavo delle fosse cimiteriali, provvedeva ad interpellare n.3 ditte operanti nel settore, con invito a formulare il miglior prezzo per l’espletamento del servizio di scavo delle fosse predette, attività che rientrava tra quelle convenute con il contratto di appalto intercorso tra il Comune e la ditta ricorrente, tant’è che la stessa acquistò un miniescavatore, proprio al fine di adempiere agli obblighi contrattualmente convenuti.
Tale bene fu successivamente preso a noleggio da un’altra ditta.
Sarebbe quindi palese il comportamento illegittimo della Pubblica Amministrazione, la quale, nel momento in cui decideva di gestire in proprio il servizio cimiteriale, non aveva gli strumenti idonei a realizzare tale finalità, tant’è che fu costretta ad appaltare a terzi la gestione di tale servizio.
La circostanza che avesse assunto del personale necroforo non avrebbe legittimato di per sè il recesso, in quanto l’Ente pubblico non era strutturalmente pronto a gestire in proprio il servizio.
Con detta assunzione il Comune in realtà avrebbe voluto eludere il vincolo contrattuale che lo legava al ricorrente.
B) RISARCIMENTO DEL DANNO EX ART. 1671 C.C..
Tuttavia, anche nella denegata ipotesi in cui l’attività della Pubblica Amministrazione fosse ritenuta dal giudice legittima, le conseguenze giuridiche non muterebbero.
Infatti si sostiene che nel contratto di appalto ex art. 1671 c.c., il recesso unilaterale è un diritto potestativo che, di per sè, compete ad ogni committente ed è sottratto soprattutto al controllo di terzi e dell’appaltatore senza che assumano rilievo i motivi che lo hanno determinato, anche se consistenti nel venir meno dei presupposti dell’appalto (Cass. 83/8565). Esso si ricollega alla funzione economica dell’appalto quale risulta dallo stesso ordinamento giuridico.
I1 recesso, anche nell’ipotesi in cui una delle parti contraenti sia una Pubblica Amministrazione, rimarrebbe comunque esercizio di una facoltà, atto imparziale di diritto privato e non provvedimento autoritativo.
Esso determinerebbe lo scioglimento ex nunc del contratto, non la sua risoluzione. Le conseguenze del recesso stesso si determinerebbero con riferimento al momento in cui viene notificato tale atto (Cass. 72/1870) e sarebbero precisate nell’art. 1671 c.c.
Il committente dovrebbe pertanto corrispondere all’appaltatore il rimborso delle spese sostenute, l’importo dei lavori già eseguiti e il mancato guadagno, cioè tutto il danno emergente e tutto il lucro cessante.
L’indennizzo cui è tenuto il committente in favore dell’appaltatore ex art. 1671 c.c., costituirebbe obbligazione risarcitoria come si evince dal significato etimologico lessicale dell’espressione “tenga indenne” (ex plurimis Cass. 13.07.1983 n. 4783).
I danni patiti dal ricorrente sono stati determinati nella misura richiesta in atto di citazione tenendo conto di tutte le voci innanzi menzionate.
Infatti la somma di Lire 42.938.613 costituisce il corrispettivo contrattuale non incassato dalla data della risoluzione, 16.11.1998, alla naturale scadenza del contratto, 27.05.1999, corrispettivo non contestato da controparte nel suo ammontare.
Il committente ha anche chiesto di provare la precisa entità dei pregiudizio sofferto offrendo in esibizione i libri contabili e paga, dai quali, tramite consulenza tecnica si sarebbe potuto risalire ad una quantificazione esatta del pregiudizio subito, anche se, per giurisprudenza costante, il giudice di merito, per la liquidazione di tale indennizzo ha facoltà di applicare il criterio equitativo.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata controdeducendo per il rigetto del ricorso.
DIRITTO
Parte ricorrente identifica erroneamente il contenuto delle note 7 e 15 aprile 1998 come risoluzioni contrattuali mentre, come chiaramente si evince dal tenore delle stesse, si è trattato di una revoca del rapporto, e quindi di un atto con cui il Comune ha operato in virtù del potere pubblicistico di incidere sul rapporto contrattuale che si era riservato a tenore dell’art. 28 del Capitolato.
Ciò premesso nessun dubbio sussiste in ordine alla sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo, che è stato correttamente adito.
Per quanto riguarda il merito del ricorso, la stessa parte ricorrente ricorda che l’art. 28 del capitolato prevedeva la facoltà di revocare il rapporto (questione su cui non vi è controversia) , qualora, per sopravvenute ragioni di interesse pubblico, il Comune non intendesse più dare in appalto a privati il servizio ma intendesse invece gestirlo in proprio. Nel caso di specie il Comune si è dichiaratamente avvalso di tale facoltà ed ha poi sicuramente posto in essere anche gli ulteriori atti necessari per attuare effettivamente la gestione in proprio del servizio.
Infatti con deliberazione della Giunta Comunale 10.8.1998 n. 386 ha appositamente modificato la pianta organica del personale prevedendo 2 posti di custode e manutentore cimitero ( rispettivamente di V e IV qualifica funzionale) e si è provveduto poi con la massima celerità alla copertura di tali posti, tanto è vero che i rispettivi vincitori risultano essere nominati già con la delibera giuntale 28.10.1998, n. 531 (IV livello) e 9.11.1998 n. 552 ( V livello).
Risulta pertanto palesemente smentito in fatto l’assunto di parte ricorrente che il Comune non avesse mai provveduto ad assumere il personale necessario per gestire in proprio il servizio, assunto che non può ritenersi dimostrato neanche dal fatto che il Comune, per un limitato periodo nelle more della completa attivazione della nuova gestione in proprio, abbia avuto necessità di avvalersi di un’impresa per il solo servizio di scavo delle fosse, in ogni caso nemmeno coincidente con l’intero servizio in precedenza appaltato alla parte ricorrente.
Per quanto sopra il ricorso è infondato e deve essere respinto.
Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in premessa, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Trieste, in Camera di Consiglio, il 19 gennaio 2005.
f.to Vincenzo Borea – Presidente
f.to Oria Settesoldi – Estensore
f.to Eliana Nardon – Segretario