Tag: Attività funebre
Norme correlate: L. 7/8/1990, n. 241
Massima
[ I ] E' inammissibile il ricorso su istanza zui cui si sia formato il silenzio dell'Amministrazione procedente,quale finalizzata ad attivare i poteri inibitori sull’attività funebre svolta dalla controinteressata in ragione di S.C.I.A. che, sulla base della prospettazione di parte appellante, ha abilitato controparte allo svolgimento di detta attività, con la conseguenza che un’eventuale risposta all’istanza sarebbe inutiliter data in quanto il titolo abilitante all’esercizio di tale attività è stato poi rilasciato con specifica autorizzazione, con l'ulteriore conseguenza è che il titolo autorizzatorio originario è divenuto inefficace. [ II ] Si ha carenza di interesse quando l'istanza comporti la sua riqualificazione in istanza di autotutela poiché l’Amministrazione non ha l'obbligo di pronunciarsi in maniera esplicita in quanto “costituisce una manifestazione tipica della discrezionalità amministrativa, di cui è titolare in via esclusiva l'amministrazione per la tutela dell'interesse pubblico” (Cons. St. sez. VI, 6 aprile 2022 n. 2564). Non è quindi configurabile un obbligo di provvedere a fronte di istanze di riesame di atti precedentemente emanati, conseguente alla natura officiosa e ampiamente discrezionale, soprattutto nell’an, del potere di autotutela ed al fatto che, rispetto all’esercizio di tale potere, il privato può avanzare solo mere sollecitazioni o segnalazioni prive di valore giuridicamente cogente.
Testo
Consiglio di Stato, Sez. V, 9 gennaio 2024, n. 301
Pubblicato il 09/01/2024
N. 00301/2024REG.PROV.COLL.
N. 07557/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7557 del 2023, proposto da
Eredi di < omissis > s.a.s. di P. Massimo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Andrea Di Lieto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di San Marzano Sul Sarno, non costituito in giudizio;
nei confronti
-OMISSIS- s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Gaspare Dalia e Gaetano Paolino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio Gaetano Paolino in Salerno, piazza Sant’Agostino, 29;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda) n. 1118/2023, resa tra le parti,
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Centro Servizi Funebri Agro s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 19 dicembre 2023 il Cons. Sara Raffaella Molinaro e uditi per le parti gli avvocati Di Lieto e Marino in dichiarata delega di Paolino.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. La controversia riguarda il silenzio del Comune di San Marzano sul Sarno sull’istanza, datata 17 novembre 2022, e acquisita al protocollo comunale il 22 novembre 2022, di inibire l’attività di onoranze funebri svolta da -OMISSIS- s.r.l. sulla base della scia commerciale presentata il 28 febbraio 2018.
2. La società Eredi di < omissis > s.a.s. ha presentato ricorso avverso il silenzio al Tar Campania – Salerno.
3. Il Tar Campania – Salerno, con sentenza 15 maggio 2023 n. 1118, ha dichiarato il ricorso inammissibile “in quanto il Comune resistente (unica amministrazione a cui il ricorso è stato notificato e, prima ancora, a cui sono state rivolte le istanze di parte) è privo di legittimazione passiva”.
4. La sentenza è stata appellata con ricorso n. 7557 del 2023.
5. Nel corso del presente grado di giudizio si è costituita -OMISSIS- s.r.l.
6. All’udienza camerale del 19 dicembre 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
7. L’appello è infondato.
8. Merita infatti di essere confermata la decisione del Tar di inammissibilità del ricorso introduttivo, seppur con diversa motivazione.
8.1. Il giudice di primo grado è pervenuto alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso sull’assunto che il Comune di San Marzano sul Sarno sarebbe privo di legittimazione passiva. Ciò in quanto “ai sensi dell’art. 100 del T.U.L.P.S. n. 773 del 1931, al Questore spetta di sospendere la licenza di esercizio in tutte le ipotesi elencate nella disposizione medesima (es. pericolo per l’ordine pubblico); in tali ipotesi i Comuni sono formalmente competenti a revocare, anche per motivi di ordine pubblico, le autorizzazioni commerciali da loro stessi rilasciate, ma a condizione che l’Autorità prefettizia abbia – a monte – formulato una richiesta in tal senso (cfr. T.A.R. Liguria, Sez. II, 11 febbraio 2019. n. 117)”. Anche “in base all’art. 19 del d.P.R. n. 616/1977, competente a disporre la revoca dell’autorizzazione in questione è il Comune su vincolante e motivata richiesta del Prefetto. Quindi, dal combinato disposto dell’art. 100 del TULPS e dell’art. 19, d.P.R. n. 616/1977, si desume che i Comuni non hanno una competenza propria e autonoma in materia di ordine pubblico e dunque non possono compiere autonome valutazioni su tale interesse; essi Comuni sono tuttavia formalmente, se non sostanzialmente, competenti a revocare le autorizzazioni commerciali da essi rilasciate, per motivi di ordine pubblico, se vi sia una richiesta in tal senso da parte dell’Autorità di p.s., preposta istituzionalmente alla tutela dell’ordine pubblico (Cons. St., VI, n. 8107/2010)”.
8.2. Non si rileva la carenza di legittimazione passiva del Comune, così come dedotto da parte appellante.
Il ricorso avverso il silenzio è stato infatti proposto nei confronti della stessa Amministrazione alla quale è stata presentata l’istanza rimasta inevasa, cioè il Comune di San Marzano sul Sarno.
La circostanza è rilevante in quanto, a ritenere diversamente, dovrebbe ammettersi che il ricorso veda quale legittimato passivo un soggetto diverso dal soggetto al quale è stata inviata l’istanza che, in tesi, è rimasta inevasa.
Il dato, cioè la coincidenza fra Amministrazione destinataria dell’istanza e Amministrazione evocata in giudizio per superare il silenzio (in tesi) serbato su quell’istanza non rappresenta solo un profilo formale in quanto a quella stessa Amministrazione, cioè il Comune, sono intestati i poteri inibitori sulla scia il cui esercizio è stato sollecitato con l’istanza sulla quale si è formato il silenzio qui azionato.
Si tratta dei poteri di cui all’art. 19 della legge n. 241 del 1990, che comprendono i poteri di inibizione richiamati da parte appellante, che sono intestati all’Amministrazione che riceve la scia.
L’istanza, in quanto volta a “rimuovere il silenzio formato sulla SCIA”, è infatti qualificabile come istanza presentata ai sensi del successivo comma 6-ter dell’art. 19 della legge n. 241 del 1990, che consente, in caso di inerzia, l’esercizio dell’azione avverso il silenzio, azionata nel caso di specie (“Gli interessati possono sollecitare l’esercizio delle verifiche spettanti all’amministrazione e, in caso di inerzia, esperire esclusivamente l’azione di cui all’art. 31, commi 1, 2 e 3 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104”).
Tanto basta per ritenere il Comune legittimato passivo, indipendentemente dalla fondatezza dell’istanza e dei motivi che dovrebbero giustificare l’intervento inibitorio del Comune e senza che sia necessario considerare i poteri di cui all’art. 10 e all’art. 100 del r.d. n. 773 del 1931, che hanno riguardo alla sospensione e alla revoca della licenza, e che non sono richiamati né nell’istanza oggetto del silenzio qui azionato, né nel ricorso introduttivo.
8.3. La motivazione spesa dal Tar per giustificare la declaratoria di inammissibilità del ricorso introduttivo non può quindi essere confermata.
9. Piuttosto il ricorso introduttivo è inammissibile per carenza di interesse a ricorrere, così come eccepito da controparte, che l’ha argomentata in ragione del “notevole lasso di tempo trascorso dalle contestazioni sollevate in via stragiudiziale dall’attuale appellante (con le missive prot. 1626 del 2020 e l’ulteriore del 14/05/2021) e dell’inefficacia sopravvenuta del titolo autorizzatorio principale originario (peraltro mai opposto e/o contestato) rilasciato alla Società deducente ex art. 8 quater della L.R.C. n. 12/2001, titolo che dopo la scadenza temporale è stato rinnovato dal Comune all’esito dell’articolata istruttoria svolta, applicativa – da ultimo – delle norme regionali sopravvenute”.
9.1. La prospettazione di parte appellante, che è alla base del ricorso introduttivo e del ricorso in appello, si fonda sul rilievo che la stessa, legittimata in quanto operatore del settore dell’attività funebre, ha interesse a contestare il titolo per lo svolgimento dell’attività funebre da parte della controinteressata in ragione del ricorrere di circostanze (in tesi) ostative allo svolgimento da parte di quest’ultima della predetta attività.
A tal fine parte appellante si è dapprima attivata in via amministrativa e successivamente per via processuale.
In particolare, la società ha richiesto al Comune resistente, con nota 23 dicembre 2020, di “rimuovere il silenzio formato sulla SCIA” e di inibire l’attività di onoranze funebri svolta dalla società Eredi di < omissis > s.a.s. sulla base della scia commerciale presentata il 28 febbraio 2018.
Con nota n. 2979 del 3 marzo 2021 il Comune ha informato che “l’Ufficio SUAP non si occupa della vigilanza sul territorio per quanto concerne foto di manifesti, drappi funebri e tabelle pubblicitarie”.
L’appellante, con nota del 14 maggio 2021 n. 6617, ha sollecitato il riscontro alla propria precedente missiva.
Il Comune, con l’atto n. 7115 del 27 maggio 2021, ha comunicato di aver “avviato le verifiche in riferimento alle segnalazioni riportate nelle note prot. 160206 del 28.12.2020 e prot. 6617 d del 18.05.2021”.
L’appellante, con istanza datata 17 novembre 2022, e acquisita al protocollo comunale il 22 novembre 2022, ha chiesto al Comune di “rimuovere il silenzio formato sulla SCIA” e di inibire l’attività di onoranze funebri svolta dalla società Eredi di < omissis > s.a.s. sulla base della scia commerciale presentata il 28 febbraio 2018, essendo anche venuta a conoscenza, verso la metà del novembre 2022, dei verbali di sommarie informazioni rese al Reparto territoriale di Nocera Inferiore della Legione Carabinieri Campania da taluni utilizzatori del suddetto servizio di onoranze funebri.
La prospettazione di parte attoria si fonda quindi sulla scia 28 febbraio 2018 (non depositata in atti), cui fanno appunto riferimento le istanze presentate dall’appellante.
Il rilascio alla controinteressata dell’autorizzazione 26 ottobre 2021, riguardante l’attività funebre, evidenzia come sia superato il precedente titolo in forza del quale la controinteressata ha svolto l’attività funebre, cioè, secondo quanto prospettato dall’appellante, la scia 28 febbraio 2018.
L’istanza 17 novembre 2022, sulla quale si è formato il silenzio qui azionato, è infatti finalizzata ad attivare i poteri inibitori sull’attività funebre svolta dalla controinteressata in ragione della scia 28 febbraio 2018 che, sulla base della prospettazione di parte appellante, ha abilitato controparte allo svolgimento di detta attività. Con la conseguenza che un’eventuale risposta all’istanza con la quale si chiede al Comune di “rimuovere il silenzio formato sulla SCIA” sarebbe inutiliter data in quanto il titolo abilitante all’esercizio di tale attività è stato poi rilasciato con l’autorizzazione 26 ottobre 2021, depositata in giudizio.
La conseguenza è che il titolo autorizzatorio originario è divenuto inefficace.
Pertanto il ricorso, nei termini nei quali è stato formulato, è inammissibile per carenza di interesse.
Quanto sopra non trova smentita nella circostanza che il titolo originario non sia rappresentato, secondo la prospettazione della controinteressata, dalla scia 28 febbraio 2018 ma dall’autorizzazione n. 2 del 2018.
Controparte ha infatti dedotto che la scia 28 febbraio 2018 ha ad oggetto “l’esercizio dell’attività di “Agenzia di affari” (ex art. 115 T.U.L.P.S.)” e che l’autorizzazione principale all’attività funeraria di controparte è rappresentata dall’autorizzazione n. 2 del 2018. L’affermazione trova conferma nell’autorizzazione 26 ottobre 2021 (su cui infra) che contiene il riferimento, quale titolo abilitativo all’esercizio dell’attività funebre, proprio all’autorizzazione n. 2 del 2018, che non risulta impugnata.
Detta circostanza rende innanzitutto evidente che parte appellante non ha comprovato la pertinenza del richiamo alla scia 28 febbraio 2018, contenuto nell’istanza 17 novembre 2022 (in tesi) rimasta inevasa, rispetto all’interesse sotteso all’iniziativa giudiziaria qui in esame, appunto relativo all’attività funebre genericamente intesa.
In secondo luogo essa rende manifesto come l’autorizzazione 26 ottobre 2021 abbia sostituito l’originario titolo autorizzatorio, e che detto titolo sia ivi individuato nell’autorizzazione n. 2 del 2018, che non risulta impugnata, con la conseguenza che il ricorso risulta a maggior ragione inammissibile (non essendo stato gravato né l’originario provvedimento autorizzativo, né quello del 2021).
Anche in ragione di ciò, pertanto, il ricorso è inammissibile.
Detta ultima considerazione, peraltro, rende evidente altresì come il ricorso sia inammissibile anche per altro motivo.
La presenza di un titolo autorizzatorio espresso allo svolgimento dell’attività funebre comporta infatti la riqualificazione dell’istanza presentata, sulla quale si è (in tesi) formato il silenzio qui azionato.
La presenza di un provvedimento amministrativo con il quale è stata autorizzata l’attività funebre della controinteressata rende l’istanza sulla quale si è formato il silenzio qui azionato non qualificabile come istanza presentata per sollecitare l’esercizio delle verifiche spettanti all’Amministrazione ai sensi dell’art. 19 comma 6-ter della legge n. 241 del 1990, che facoltizza espressamente il privato a esperire l’azione avverso il silenzio di cui all’art. 31 commi 1, 2 e 3 c.p.a.
Piuttosto, allorquando l’Amministrazione ha già amministrato il caso con l’adozione di un provvedimento espresso che continua a produrre effetti, la stessa Amministrazione può riesaminare il caso utilizzando i poteri di autotutela, che sono soggetti a un particolare regime che ne regolamenta la discrezionalità. In particolare, per quanto di interesse nel caso di specie, atteso che i poteri sollecitati hanno ad oggetto la valutazione della legittimazione della controinteressata svolgere l’attività funebre, si prefigura un caso di (eventuale) annullamento dell’atto ai sensi dell’art. 21-novies della legge n. 241 del 1990.
L’istanza sulla quale si è (in tesi) formato il silenzio qui azionato deve quindi essere qualificata come istanza di autotutela.
Senonché, in caso di presentazione di istanza di autotutela, l’Amministrazione non ha l’obbligo di pronunciarsi in maniera esplicita in quanto “costituisce una manifestazione tipica della discrezionalità amministrativa, di cui è titolare in via esclusiva l’amministrazione per la tutela dell’interesse pubblico” (Cons. St. sez. VI, 6 aprile 2022 n. 2564). Non è quindi configurabile un obbligo di provvedere a fronte di istanze di riesame di atti precedentemente emanati, conseguente alla natura officiosa e ampiamente discrezionale, soprattutto nell’an, del potere di autotutela ed al fatto che, rispetto all’esercizio di tale potere, il privato può avanzare solo mere sollecitazioni o segnalazioni prive di valore giuridicamente cogente.
Sebbene, pertanto, l’istanza sollecitatoria del privato di cui all’art. 19 comma 6-ter della legge n. 241 del 1990 ha riguardo a poteri pubblici di controllo il cui esercizio è subordinato, specie nel caso di cui al comma 4, cioè decorsi i sessanta giorni dalla presentazione della scia, alla ricorrenza dei medesimi presupposti previsti dall’art. 21-novies della legge n. 241 del 1990 per l’autotutela di annullamento di un provvedimento amministrativo, residua una rilevante differenza fra i due istituti, che giustifica il diverso regime dell’istanza del privato volta a sollecitare i poteri pubblici di controllo.
Il potere di annullamento di cui all’art. 21-novies della legge n. 241 del 1990 ha infatti riguardo a un precedente provvedimento amministrativo mentre i poteri pubblici di cui all’art. 19 comma 4 della legge n. 241 del 1990 hanno ad oggetto un atto del privato, con la conseguenza che risulta giustificato il (differente) regime circa l’obbligatorietà, o meno, dell’obbligo di provvedere a seguito dell’istanza del privato: obbligo di provvedere che sussiste in caso di istanza sollecitatoria dell’esercizio di poteri pubblici avverso la scia, non così rispetto ai poteri di autotutela riguardante un precedente provvedimento espresso dell’Amministrazione. In questo secondo caso infatti il Comune si è già pronunciato una volta, con le garanzie che accompagnano l’applicazione della legge da parte del soggetto pubblico, mentre la scia è atto del privato, nei cui confronti l’istanza del controinteressato compulsa l’esercizio di poteri pubblici non ancora esercitati rispetto a un’attività a rilevante interesse pubblico e per questo disciplinata dal diritto amministrativo.
Non essendo configurabile un obbligo giuridico di provvedere a seguito di istanza di autotutela, neppure la mancata attivazione e conclusione del relativo procedimento può legittimare l’attivazione delle tutele avverso i rifiuti, le inerzie o i silenzi, principio che trova conferma testuale nella lettera dell’art. 21-novies della legge n. 241 del 1990, che prefigura l’iniziativa di annullamento dell’atto in termini di mera “possibilità”, e si giustifica, alla luce delle esigenze di certezza delle situazioni giuridiche e della correlata regola di inoppugnabilità dei provvedimenti amministrativi, non tempestivamente contestati: “il potere di autotutela è incoercibile dall’esterno attraverso l’istituto del silenzio-inadempimento ai sensi dell’art. 117 c.p.a., salvo i casi normativamente stabiliti di autotutela doverosa e casi particolari legati ad esigenze conclamate di giustizia” (Cons. St. sez. VI, 6 aprile 2022 n. 2564).
Pertanto, anche in ragione della qualificazione dell’istanza 17 novembre 2022 come istanza di autotutela, il ricorso introduttivo è inammissibile.
9.2. Tanto basta per confermare la statuizione di inammissibilità del ricorso introduttivo.
10. In conclusione l’appello deve essere respinto e la sentenza deve essere confermata, seppur con la diversa motivazione sopra esposta.
11. Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge, confermando, per l’effetto, la sentenza impugnata.
Condanna parte appellante a rimborsare a -OMISSIS- s.r.l. le spese del presente grado di giudizio, che si liquidano in euro 3.000,00, oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e al Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare -OMISSIS- s.r.l.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 dicembre 2023 con l’intervento dei magistrati:
Diego Sabatino, Presidente
Stefano Fantini, Consigliere
Sara Raffaella Molinaro, Consigliere, Estensore
Giorgio Manca, Consigliere
Annamaria Fasano, Consigliere
L’ESTENSORE (Sara Raffaella Molinaro)
IL PRESIDENTE (Diego Sabatino)
IL SEGRETARIO
[ In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati. ]