Consiglio di Stato, Sez. VI, 10 gennaio 2024, n. 326

Massima

Ai fini della tutela del vincolo cui siano assoggettabili i beni culturali trova applicazione l’orientamento giurisprudenziale, a mente del quale “La combinazione interpretativa degli artt. 10 e 12 d.lgs. 42/2004 porta naturalmente a concludere che la consistenza originaria dell'immobile preso di volta in volta in considerazione non debba avere subito alcuna alterazione nel corso dei decenni prestabiliti, come minimo, dalla norma di legge, occorrendo che l'immobile, nel tempo considerato dalla legge, rimanga lo stesso. In caso di ricostruzione post bellica di un immobile, questo non può̀ essere considerato lo stesso tra un momento anteriore agli eventi bellici ed un momento ad essi successivi. Il cinquantennio previsto dall'art. 12 del d.lgs. n. 42/2004, va computato dalla riedificazione del bene” (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 3 aprile 2019 n. 2205).

Testo

Consiglio di Stato, Sez. VI, 10 gennaio 2024, n. 326

Pubblicato il 10/01/2024
N. 00326/2024REG.PROV.COLL.
N. 07064/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7064 del 2023, proposto da
Comune di Coriano, in persona del sindaco rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Marco Ernesto Perrone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero della Cultura, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
< omissis > S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Giuseppe Sartorio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna (Sezione Prima) n. 00340/2023, resa tra le parti, per l’annullamento del decreto n. 199 del 08.03.2022 del Direttore Generale del Ministero della Cultura – Direzione Generale Archeologia Belle Arti e Paesaggio portante rigetto ricorso amministrativo ex art. 16 del D. Lgs. 42/2004 e s.m.i.;
– del parere dei Comitati Tecnico – Scientifici riuniti in seduta congiunta di cui al verbale n. 20 del 03.03.2022;
– del decreto della Commissione Regionale per il Patrimonio Culturale dell”Emilia Romagna n. 155 del 08.11.2021;
– del decreto n. 347 del 04.04.2022 del Direttore Generale del Ministero della Cultura – Direzione Generale Archeologia Belle Arti e Paesaggio.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di < omissis > S.p.A. e del Ministero della Cultura;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 dicembre 2023 il Cons. Oreste Mario Caputo;
udito l’avv. Giuseppe Sartorio per < omissis > S.p.A.;
Viste le conclusioni delle parti come da verbale.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. È appellata la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna, (Sezione Prima), n. 340/2023, di reiezione del ricorso e motivi aggiunti proposti dal Comune di Coriano avverso il decreto del Direttore Generale del Ministero della Cultura – Dir. Gen. Archeologia Belle Arti e Paesaggio n. 199 del 08.03.2022, col quale è stato respinto il ricorso gerarchico presentato, ai sensi dell’art. 16 d.lgs. 42/2004, dal Comune per l’annullamento del decreto appositivo del vincolo ex art. 10 d.lgs. 42/2004 del Cimitero di Coriano, ritenuto “immobile realizzato da più di settant’anni e caratterizzato da tipica forma ottagonale mantenuta anche in seguito alle avvenute trasformazioni edilizie nel corso degli anni”.
2. Con i motivi aggiunti, il Comune ha impugnato il decreto n. 347/2022, adottato, ai sensi dell’art. 160 d.lgs. 42/2004, dal Direttore Generale del Ministero della Cultura – Direzione Generale Archeologia Belle Arti e Paesaggio, contenente l’ingiunzione, diretta al Comune, a demolire l’antenna, realizzata da < omissis > S.p.A. in forza d’autorizzazione del 2020, nell’area su cui insiste il predetto vincolo diretto, stante l’assenza del nullaosta prescritto dall’art. 21 del Codice beni Culturali.
3. Nei motivi d’impugnazione il Comune, oltre a dedurre la plurima e concorrente violazione e falsa applicazione art. 10, comma 5, e art. 12 d.lgs. 42/2004 e s.m.i, eccesso di potere per violazione di circolari e difetto di istruttoria, ha dedotto la contraddittorietà del decreto di vincolo del cimitero che è stato quasi completamente distrutto durante la guerra nel 1944 e sottoposto a molteplici interventi di ricostruzione: sicché – conclude il Comune – il cinquantennio previsto dall’art. 12 del d.lgs. 42/2004 andrebbe computato dalla riedificazione del bene.
Inoltre, ha aggiunto il Comune, il vincolo diretto non avrebbe dovuto essere esteso alle aree pertinenziali del cimitero ove è stata realizzata l’antenna solo perché poste nella stessa particella, le quali sono tutelate semmai dal vincolo indiretto.
Quanto all’ordine di reintegrazione, il Comune ne ha denunciato l’invalidità derivata, conseguente all’illegittimità degli atti già gravati con il ricorso introduttivo nonché la falsa applicazione dell’art. 160 e dell’art. 21 d.lgs. 42/2004.
4. Il Tar ha respinto l’appello.
Precisato che il vincolo in questione “appaia di tipo misto essendo motivato oltre che dall’intrinseco valore culturale ai sensi dell’art. 10 c. 3 d.lgs. 42/2004 dalla sottoposizione a tutela “de iure” ex art. 10 c. 1 e 12 c. 1 d.lgs. 42/2004”, i giudici di prime cure hanno ritenuto che “a nulla rilevano i successivi interventi di ricostruzione effettuati da cui il Comune vorrebbe far decorrere il termine dei settanta anni”.
E che, ancorché l’antenna risulti collocata nelle aree adiacenti il cimitero, la protezione dell’immobile d’interesse culturale considerato nel suo complesso si giustifichi in ragione delle imponenti dimensioni del traliccio, visibile anche dall’interno del cimitero.
Ad avviso del Tar, le valutazioni sottese al decreto impugnato sono espressione di ampia discrezionalità tecnico valutativa in capo all’autorità tutoria, non sindacabili in giudizio se non in presenza di evidenti profili di incongruità, illogicità o travisamento.
Con riguardo al provvedimento ripristinatorio, la natura consequenziale e vincolata della misura in questione nonché “l’impossibilità di adozione di misure meno lesive in considerazione dell’evidente impatto dell’antenna sull’area cimiteriale, giustificano l’adozione dell’ordinanza di rimozione dell’antenna”.
5. Appella la sentenza il Comune di Coriano. Resiste il Ministero della Cultura. È intervenuta ad adiuvandum < omissis > S.p.A.
6. Alla pubblica udienza del 14 dicembre 2023, la causa, su richiesta delle parti, è stata trattenuta in decisione.
7. Con il primo e secondo motivo d’appello, che, essendo connessi per le argomentazioni svolte, possono essere trattati congiuntamente, il Comune denuncia errores in iudicando; violazione del principio di imparzialità e buona amministrazione (art. 97 Cost.); eccesso di potere per vizio della funzione giustiziale; difetto di motivazione; violazione e falsa applicazione art. 10, comma 5, e artt. 12 e 13 d.lgs. 42/2004.
Limitandosi ad affermare, con formula di stile, di condividere il parere dei Comitati Tecnici, il Direttore Generale del Ministero della Cultura, nel respingere il ricorso gerarchico presentato dal Comune, ai sensi dell’art. 16 d.lgs. 42/2004, avrebbe rinunciato a esercitare la funzione decisoria propria del rimedio giustiziale.
Il decreto impugnato sarebbe, inoltre, affetto da assoluto difetto di motivazione per avere omesso di considerare l’assenza del requisito cronologico che fonda il vincolo, avente ad oggetto il cimitero andato distrutto dai bombardamenti del 1944 e ricostruito nella quasi totalità nel 1954, anno del collaudo.
Del preesistente ed originario cimitero, sottolinea il Comune, non si conosce quasi nulla se non una mera immagine in pianta rinvenibile nelle mappe catastali.
Quello ricostruito, al di là del recupero di tale “immagine planimetrica”, non mostra aver alcun punto di contatto.
Tant’è, aggiunge il Comune, che, accanto alla parte preesistente ottagonale, sono state costruite due “ali” che formano il recinto rettangolare, in origine del tutto assenti: sicché difetterebbe in radice il “requisito della storicità e testimonianza” del cimitero evocato dall’amministrazione resistente a fondamento del vincolo.
Paradigmatica testimonianza del travisamento dei fatti in cui è incorsa l’amministrazione statale, sarebbe, secondo le censure in esame, il procedimento stesso: avviato per la verifica della presunzione di culturalità ex art. 10, comma 1, e 12 d.lgs. 42/2004 e s.m.i., s’è poi concluso con l’ulteriore dichiarazione ex art. 13 dell’interesse richiesto dall’art. 10, comma 3, del medesimo codice, ossia dell’interesse particolarmente importante a causa del riferimento con la storia, cultura ecc.
8. Il motivo è fondato per quanto di ragione.
Va precisato che la dichiarazione d’interesse culturale, ex artt. 10, comma 3, e 13 d. lgs. cit., di cui al decreto n. 155 del 08.11.2021, con specifico riguardo all’autorizzazione comunale n. 11170 del 2020 e alla realizzazione dell’antenna da parte di < omissis > s.p.a., essendo successiva sia al provvedimento autorizzativo che all’esecuzione dell’opera, non è opponibile al Comune poiché, in ragione del tipo d’interesse tutelato, non ha efficacia retroattiva.
Conseguentemente il provvedimento di rimozione dell’antenna – atto avente natura sanzionatoria ancorché non afflittiva – non trova fondamento nella dichiarazione ex art. 13 d.lgs. cit., adottata successivamente alla realizzazione dell’antenna ed avente efficacia ex nunc, vale a dire con riguardo alla situazione di fatto maturata al momento della sua adozione.
9. Quanto alla censura specificamente proposta avverso il vincolo imposto ex art. 10, comma 1, e 12 d.lgs. 42/2004, il motivo è fondato.
Dagli atti risulta che cimitero comunale è stato ricostruito e ampliato nella metà degli anni Cinquanta del novecento, dopo i bombardamenti occorsi nel settembre del 1944 che lo avevano completamente distrutto.
Analiticamente, il Comune ha dato conto dei materiali impiegati e delle tecniche edilizie riscontrabili dall’esame dei luoghi, utilizzati nella ricostruzione: plastica testimonianza è offerta dal massiccio del cemento sia nella tessitura muraria che nelle opere di contenimento; i mattoni stessi sono di fattura industriale contemporanea.
Pertanto, le opere di ricostruzione e ampliamento hanno modificato la costruzione originaria né all’interno del cimitero s’individuano manufatti artistici di rilievo né tombe appartenenti a notabili del territorio.
Nel contesto storico-iconografico appena descritto del compendio cimiteriale, trova applicazione l’orientamento giurisprudenziale, qui condiviso, a mente del quale “La combinazione interpretativa degli artt. 10 e 12 d.lgs. 42/2004 porta naturalmente a concludere che la consistenza originaria dell’immobile preso di volta in volta in considerazione non debba avere subito alcuna alterazione nel corso dei decenni prestabiliti, come minimo, dalla norma di legge, occorrendo che l’immobile, nel tempo considerato dalla legge, rimanga lo stesso. In caso di ricostruzione post bellica di un immobile, questo non può̀ essere considerato lo stesso tra un momento anteriore agli eventi bellici ed un momento ad essi successivi. Il cinquantennio previsto dall’art. 12 del d.lgs. n. 42/2004, va computato dalla riedificazione del bene” (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 3 aprile 2019 n. 2205).
Sicché, sebbene la valutazione sottesa all’imposizione del vincolo ex artt. 10 e 12 d.lgs. 42/2004 sia espressione di ampia discrezionalità tecnico valutativa, nondimeno, l’avere del tutto pretermesso la reale situazione in cui versa il compendio oggetto di tutela, integra il vizio d’eccesso di potere per travisamento dei fatti inficiante la legittimità degli atti impugnati.
10. Va da sé che l’illegittimità del vincolo inficia, per invalidità derivata, il decreto n. 347/2022, adottato ai sensi dell’art. 160 d.lgs. 42/2004, contenente l’ingiunzione diretta al Comune a demolire l’antenna.
11. L’accoglimento dei motivi d’appello esaminati assorbe le residue censure, meramente riepilogative dei vizi denunciati nei motivi accolti.
12. Conclusivamente, l’appello è fondato e, per l’effetto, in riforma dell’appellata sentenza, devono essere accolti il ricorso introduttivo e i motivi aggiunti di prime cure ai sensi della motivazione e annullati gli atti impugnati per quanto di ragione.
13. Le spese del doppio grado di giudizio, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma dell’appellata sentenza, accoglie il ricorso introduttivo e i motivi aggiunti di prime cure ai sensi della motivazione e annulla gli atti impugnati per quanto di ragione.
Condanna il Ministero della Cultura alla rifusione delle spese del doppio grado di giudizio in favore del Comune di Coriano e di < omissis > S.p.A. liquidate complessivamente in 10.000,00 (diecimila) euro, oltre diritti ed accessori di legge, da dividersi fra loro in parti uguali e da distrarsi, nella parte di propria competenza, a favore del difensore della detta società che si è dichiarato antistatario.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2023 con l’intervento dei magistrati:
Carmine Volpe, Presidente
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
Alessandro Maggio, Consigliere
Oreste Mario Caputo, Consigliere, Estensore
Roberto Caponigro, Consigliere
L’ESTENSORE (Oreste Mario Caputo)
IL PRESIDENTE (Carmine Volpe)
IL SEGRETARIO