Massima
Testo
Norme correlate:
Art 7 Legge n. 241/1990
Art 19 Legge n. 109/1994
Testo completo:
Consiglio di Stato, Sez. V, 30 ottobre 2003, n. 6768
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato iCn sede giurisdizionale, Quinta Sezione, ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 1080/03, proposto dalla SACOM S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Enrico Soprano, ed elettivamente domiciliata presso di lui in Roma, v. degli Avignonesi n. 5,
contro
il Comune di Capua, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Giovanni Verde, ed elettivamente domiciliato presso il medesimo in Roma, v. A. Brunetti n. 24,
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Napoli, I, 18 novembre 2002, n. 7244, resa inter partes, con la quale è stato respinto il ricorso proposto dall’attuale appellante avverso l’atto di Giunta n. 115 del 5 luglio 2000, recante, tra l’altro, il rigetto dell’istanza della ditta ricorrente per il subingresso nel contratto relativo al servizio di illuminazione votiva dei cimiteri comunali.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune intimato;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Visto il dispositivo della decisione in epigrafe, n. 266, pubblicato il 20 giugno 2003;
Relatore alla pubblica udienza del 20 giugno 2003 il Consigliere Gerardo Mastrandrea; uditi per le parti gli avv.ti A. Abbamonte, su delega di Soprano, e Verde;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO
1. Con la delibera di Giunta municipale n. 115 del 5 luglio 2000, impugnata in prime cure, il Comune di Capua dichiarava definitivamente cessato il rapporto con la ditta Ricciardi Antonio e contestualmente rigettava l’istanza di subingresso della ditta ricorrente SA.COM. nel contratto n. 16246/99.
Il provvedimento negativo impugnato veniva motivato, sulla base del parere di legale appositamente interpellato, muovendo dalla considerazione che, trattandosi di una concessione di servizio pubblico ed essendosi avuta una modifica essenziale della posizione del concessionario (la ditta Ricciardi, che aveva cessato ogni attività imprenditoriale), si era realizzata la necessità di rinnovare il procedimento volto al rilascio della concessione. Inoltre si valutava che “il contratto originario è assai risalente nel tempo” e che “è emerso un contrasto tra il Comune di Capua e la ditta Ricciardi circa i luoghi in cui deve essere svolto il servizio”.
2. A sostegno del gravame appositamente esperito dinanzi al TAR Campania, la Sacom deduceva, tra l’altro, che l’affidamento de quo rientra nell’ambito delle concessioni di lavori pubblici – e non in quello erroneamente individuato dall’Amministrazione della concessione di servizi – con conseguente applicazione dell’art. 35 della legge n. 109/1994, che espressamente prevede il diritto di subingresso in caso di cessione d’azienda.
Lamentava inoltre la violazione del medesimo art. 35, comma 2, avendo il Comune fatto decorrere i previsti sessanta giorni dalla comunicazione di subingresso senza aver formulato la propria opposizione; l’illogicità riguardo alla manifestata opportunità di modificare le pattuizioni “perché risalenti nel tempo”, atteso che il contratto era stato rinnovato nel 1998 e con quest’ultimo andava operato ogni raffronto; lo sviamento di potere reso manifesto dal riferimento al “contrasto circa il luogo in cui deve essere svolto il servizio”, contrasto che andava risolto con i mezzi all’uopo assicurati dall’ordinamento giuridico; la violazione, infine, dell’art. 7 della legge n. 241/1990 per non aver consentito la partecipazione procedimentale né ad essa ricorrente né alla ditta Ricciardi.
3. Il TAR Campania rigettava il ricorso siccome ritenuto infondato, escludendo che si potesse parlare, con cognizione di causa, di una concessione di lavori pubblici.
4. La Sacom ha dunque interposto l’appello in trattazione avverso la prefata pronunzia, insistendo invece nella propria tesi.
5. L’Amministrazione comunale intimata si è costituita in giudizio per resistere all’appello.
Alla pubblica udienza del 20 giugno 2003 il ricorso in appello è stato introitato per la decisione.
DIRITTO
1. L’appello va rigettato, risultando immune da censure il provvedimento impugnato, di cui fa parte integrante il parere legale appositamente acquisito.
2. I primi giudici hanno giustamente evidenziato come la risoluzione della controversia non possa prescindere dalla corretta qualificazione del rapporto nel quale la ditta ricorrente pretendeva di subentrare in seguito alla cessione del ramo di azienda da parte dell’originario concessionario.
Non può sottacersi, al riguardo, che la ditta Ricciardi, dante causa dell’attuale ricorrente, si era in effetti impegnata, al momento della proroga quindicennale (fino al 2013), non solo alla gestione del servizio bensì anche al totale rifacimento di tutti gli impianti esistenti con relative pertinenze, per l’adeguamento alla legge n. 46/1990, con un costo previsto pari a circa 300 milioni di lire.
3. L’approccio dell’Organo territoriale di prime cure e la ricostruzione giuridico-fattuale operata dal medesimo appaiono, però, sostanzialmente corretti e da salvaguardarsi.
Nei casi in cui le prestazioni contrattuali siano di diversa e commista specie, le discipline in materia di appalti pubblici di servizi e di lavori indicano quale essenziale criterio risolutore quello della “prevalenza”, con riferimento al valore economico delle prestazioni.
Trattandosi, peraltro, di un criterio che nella concreta applicazione può rilevarsi fuorviante e considerato che nei contratti delle Amministrazioni pubbliche l’elemento soggettivo della volontà delle parti ai fini dell’individuazione delle prestazioni rilevanti ha minor rilievo di quanto possa averne in ambito privato – quale diretta conseguenza dell’indisponibilità della procedura di evidenza pubblica nonché dei suoi presupposti identificativi – il TAR ha sposato la tesi secondo la quale detto parametro va interpretato, possibilmente, non sulla base del solo dato meramente quantitativo bensì alla luce anche del criterio funzionale, che fa riferimento determinante alla finalità complessiva che la stazione appaltante intende conseguire con l’insieme delle prestazioni richieste, e di quello dell’accessorietà, che consente di distinguere tra prestazioni principali caratterizzanti il contratto e prestazioni secondarie costituenti aspetti marginali, sebbene non irrilevanti, del medesimo (cfr., in tema, Consiglio di Stato, V, 4 maggio 2001 n. 2518 e 24 aprile 2002 n. 2209).
Nella specie, il rapporto concessorio in argomento è sorto, incontestabilmente, per la gestione del pubblico servizio di illuminazione votiva dei cimiteri comunali e non può ritenersi riqualificato nella sua natura giuridica dal sopravvenuto patto contrattuale inerente all’adeguamento dell’impianto medesimo alle norme della legge n. 46/1990.
Ciò non solo perché l’entità di detti lavori non è tale da far sì che i medesimi assumano nell’economia contrattuale quella prevalenza necessaria alla detta riqualificazione ma, soprattutto, perché il patto aggiunto recante l’adeguamento alla legge n. 46/90 ha carattere comunque accessorio e quindi non ha valenza tale da incidere sulla causa del contratto, che rimane appunto volto all’esigenza primaria del pubblico servizio di illuminazione cimiteriale, laddove i lavori di adeguamento si rendono necessari proprio e soltanto per consentire l’espletamento del servizio in condizioni di assoluta sicurezza.
Del resto, diversamente opinando dovrebbe conseguenzialmente ritenersi che la modifica sopravvenuta abbia configurato la novazione del rapporto, con il che sarebbe parimenti interdetto il subingresso da parte della ditta ricorrente, configurandosi appunto una nuova concessione.
Il Tribunale ha concluso nel senso che la corretta qualificazione di concessione di pubblico servizio ha reso il provvedimento impugnato immune dai vizi in proposito dedotti e quindi superfluo l’esame dei motivi di gravame che concernevano le ulteriori ragioni sostanziali poste a base del medesimo.
Per quanto riguarda infine il rilievo procedurale, esso non è stato condiviso in quanto alcuna comunicazione partecipativa andava operata, né alla ditta Ricciardi – priva di alcun interesse in proposito in quanto ditta cedente che ha comunque dismesso ogni attività – Né alla ricorrente, che con la sua istanza di subingresso ha essa stessa dato luogo al procedimento.
4. Il presente Collegio sente solo di dover aggiungere che con la recente modifica intervenuta a carico dell’art. 3 del d.lg. 157/95 (in virtù dell’art. 3 del d.lg. 25 febbraio 2000, n. 65), conformemente a quanto già previsto nell’impianto normativo della c.d. legge Merloni (art. 2, comma 1, ultimo periodo, L. 109/94, come modificato dalla L. 415/98), sembra essersi definitivamente affermata, anche per profili di semplificazione e omogeneità, la pressoché esclusiva rilevanza del criterio della prevalenza economica (oltre il 50%).
Ciò nonostante, per la fattispecie in trattazione, la sostanza non muterebbe, dato che l’importo dei lavori di adeguamento commissionati, come evidenziato dal Comune resistente, non era particolarmente significativo a fronte del valore complessivo della concessione per come prorogata.
Si tratta dunque di interventi né funzionalmente, né economicamente prevalenti.
Il suddetto elemento appare dirimente e non fa che corroborare l’opzione qualificativa fornita dal Comune, volta a sostenere che vi è stata a monte una proroga, per ulteriori quindici anni, di un vecchio contratto di gestione di un servizio pubblico locale, quale è indubbiamente quello relativo all’illuminazione votiva cimiteriale.
5. Non può trovare spazio, dunque, nel caso di specie l’istituto della concessione di costruzione e di gestione di opera pubblica, e quindi la concessione di lavori pubblici di cui all’art. 19 della L. 109/94, cosicché non è ipotizzabile il preteso subentro del nuovo soggetto nella titolarità del contratto, stabilito dalla legge (art. 35 L. 109/94) nell’evenienza della cessione del ramo di azienda e salva l’opposizione dell’Amministrazione aggiudicatrice.
Non può, infatti, validamente sostenersi che il Comune di Capua abbia a suo tempo affidato in concessione alla ditta Ricciardi, dante causa dell’appellante, l’esecuzione di lavori pubblici e solo di conseguenza la gestione dell’impianto elettrico dei cimiteri comunali.
Può essere, dunque, invocato solo l’istituto della concessione di pubblico servizio, istituto che esclude la possibilità del preteso subingresso, essendo naturalmente improntato ad un’investitura di carattere fiduciario del soggetto individuato, con l’effetto che la modifica essenziale della posizione soggettiva del concessionario pretende l’integrale rinnovo del procedimento di scelta, mediante procedure concorrenziali, senza alcuna possibilità di subentro diretto di un operatore nella posizione dell’attuale istante.
6. Alla stregua delle considerazioni che precedono l’appello interposto va rigettato.
Le spese del presente grado, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza della società appellante.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sul ricorso in appello in epigrafe, lo rigetta.
Condanna l’appellante al pagamento, in favore del Comune resistente, delle spese di lite, relativamente al presente grado di giudizio, liquidate in € 3.000, 00 (tremila/00).
Ordina che la decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 20 giugno 2003, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), in camera di consiglio, con l’intervento dei seguenti Magistrati:
Alfonso Quaranta – Presidente
Corrado Allegretta – Consigliere
Paolo Buonvino – Consigliere
Francesco D’Ottavi – Consigliere
Gerardo Mastrandrea – Consigliere est.