Consiglio di Stato, Sez. V, 5 maggio 2009, n. 2806 [1]

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Norme correlate:
Art 1 Legge n. 241/1990

Riferimenti: Cass. civ., sez. un. , sentenza 20 settembre 2006 n. 20322; C.S., sez. IV, dec. 31 gennaio 2006 n. 306; dec. 30 gennaio 2006 n. 308, Cass. civ., sez. un. , sentenza 19 febbraio 2004 n. 3341

Testo completo:
Consiglio di Stato, Sez. V, 5 maggio 2009, n. 2806
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 8772/2007, proposto da:
– Alunno Rolando, Alunno Gino, Guidubaldi Palmina ed Alunno Santina, tutti rappresentati e difesi dall’avv. Maurizio Simoni ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Maurizio Dell’Unto, in via Bertoloni n. 26/B, Roma, appellanti;
contro
– il Comune di Perugia, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avv. Mario Cartasegna (prima) e dall’avv. Luca Zetti (poi) ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Goffredo Gobbi, in via Maria Cristina n. 8, Roma, appellato;
e nei confronti di
– Musino o Mussini Mirco (nella sentenza appellata erroneamente chiamato Marco), non costituito in giudizio, appellato;
per l’annullamento e/o la riforma
della sentenza del T.a.r. Umbria, Perugia, 21 maggio 2007 n. 460, concernente l’aggiudicazione di gara sul presupposto di un inesistente diritto di prelazione, in rapporto alla nota del dirigente l’U.O. patrimonio e servizi cimiteriali del comune di Perugia 15 novembre 2006 prot. 0190863, pervenuta agli interessati il 17 successivo, in quanto sulla base di una scorretta interpretazione del bando di gara, illegittimamente aggiudicava gli immobili ricompresi nel lotto a tale Musino o Mussini Mirco, sul presupposto di un (inesistente) diritto di prelazione già fissato nell’avviso di gara, revocando implicitamente l’aggiudicazione già disposta in favore degli originari ricorrenti, nonché ad ogni altro atto e provvedimento presupposto, consequenziale e comunque connesso e/o collegato, ivi compresi l’avviso d’asta pubblica per la vendita dei beni in contestazione espletata il 20 giugno 2006, limitatamente al lotto n. 2, nelle parti in cui: a) da un lato introduceva una clausola (nota 3) – rivelatasi lesiva solo a seguito della nota dell’U.O. patrimonio e servizi cimiteriali 0190863/2006 – legittimante l’esercizio del diritto di prelazione, stabilito dal contratto di locazione concluso tra il comune ed il controinteressato, per una parte dei beni oggetto dell’asta pubblica, in ordine a tutti gli immobili (fabbricati e terreni) ricompresi nel lotto n. 2, come predeterminato in sede di gara; b) dall’altro, non prevedeva – situazione divenuta anch’essa lesiva solo a seguito della nota dell’U.O. patrimonio e servizi cimiteriali 0190863/2006 – termini prefissati per l’esercizio del diritto di prelazione da parte del titolare; al regolamento speciale per la vendita di beni immobili di cui alla delib. C.c. 7 luglio 2003 n. 110; alla determinazione dirigenziale dell’U.O. patrimonio e servizi cimiteriali 22 maggio 2006 n. 118; alla delib. C.c. 27 marzo 2006 n. 64 (i tre ultimi atti di contenuto ignoto); al verbale di asta pubblica 20 giugno 2006 n. 14, nella parte in cui esplicitava l’esistenza di una riserva, in forza del diritto di prelazione ed in base all’avviso d’asta; alla determinazione dirigenziale U.O. contratti-archivio n. 50 del 20 giugno 2006 prot. 0141052, nella parte condizionante l’aggiudicazione in favore dei ricorrenti, per il lotto n. 2, all’esercizio della riserva prevista dal bando di gara; alla nota dell’U.O. patrimonio e servizi cimiteriali 19 dicembre 2006 prot. 0209621; nonché, se necessario, per l’accertamento, “incidenter tantum”, ex art. 8, comma 1, legge n. 1034/1971 (ove sussistente la giurisdizione generale di legittimità) dell’inesistenza del diritto di prelazione in capo a detto Musino o Mussini Mirco su tutti gli immobili ricompresi nel lotto n. 2, di cui all’avviso d’asta del comune di Perugia emesso per il 20 giugno 2006, ovvero, ancora, (ove si tratti di giurisdizione esclusiva amministrativa) per l’accertamento dell’inesistenza del diritto di prelazione in capo a Musino o Mussini Mirco su tutti gli immobili ricompresi nel lotto 2, di cui al citato avviso d’asta del comune di Perugia; nonché, infine, per l’annullamento e/o la declaratoria di inefficacia e/o nullità e/o inefficacia, ovvero per la dichiarazione di caducazione automatica del contratto di compravendita dei beni di cui al lotto n. 2 dell’avviso d’asta nel frattempo eventualmente stipulato tra il comune di Perugia e Musino o Mussini Mirco.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visti il controricorso e la memoria conclusiva del comune appellato;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, alla pubblica udienza del 10 marzo 2009, il consigliere Aldo SCOLA;
Uditi, per le parti, gli avv.ti Massimiliano Brugnoletti, per delega di Maurizio Simoni, e Luca Zetti.
Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
FATTO
Con i provvedimenti impugnati (di cui in epigrafe) era stato aggiudicato il lotto n. 2 dei beni oggetto dell’asta impugnata al controinteressato Mussini, in virtù dell’esercizio, da parte sua, del diritto di prelazione riconosciutogli dal comma 3 delle condizioni particolari d’asta, in quanto locatario di una porzione del lotto, destinata a civile abitazione; gli originari ricorrenti, vincitori della gara, pretermessi in seguito all’esercizio della prelazione, osservavano come il Tribunale adìto sarebbe fornito di giurisdizione esclusiva, in forza dell’art. 23-bis, legge n. 1034/1971, introdotto dall’art. 4, legge n. n. 205/2000; in subordine, sussisterebbe comunque la giurisdizione generale di legittimità, trattandosi di procedura ad evidenza pubblica; il bando sarebbe stato illegittimo giacché, attribuendo il diritto di prelazione su tutto il lotto, avrebbe indebitamente esteso la prelazione negoziale del controinteressato (per il solo uso di civile abitazione), mentre questa, pur di contestata esistenza, avrebbe dovuto riferirsi solo ai beni ad uso abitativo, onde non falsare le regole sulla libera competizione, desumibili anche dalla normativa europea.
L’Amministrazione si costituiva in giudizio, controdeducendo articolatamente ed eccependo, fra l’altro, l’irricevibilità e l’inammissibilità del gravame per intervenuta acquiescenza al bando.
Il T.a.r. aveva giustamente ritenuto il ricorso ammissibile, dato che il bando, ove non impedisca di per sé la partecipazione alla gara, è impugnabile insieme ai provvedimenti applicativi lesivi, come nella specie, mentre l’accettazione delle condizioni di gara non impedisce l’impugnazione in sede giudiziaria: diversamente, si violerebbe il diritto costituzionale alla tutela giurisdizionale (art. 24, Cost.), ferma restando l’insussistenza della giurisdizione amministrativa esclusiva nell’ambito di cui si tratta, poiché l’art. 23-bis, legge n. 1034/1971, concernente le accelerazioni processuali in determinate materie, non incide minimamente sul riparto di giurisdizione (v. Cass. civ., sez. un. , sentenza 20 settembre 2006 n. 20322).
Nella fattispecie sussisteva, infatti, la giurisdizione generale di legittimità quanto alla parte del bando (2° cpv., comma 3, condizioni particolari d’asta cit.) ampliante il diritto di prelazione negoziale (tipica determinazione discrezionale circa il contenuto di un procedimento amministrativo), mancando, invece, la giurisdizione amministrativa per le controversie relative al settore del medesimo (1° cpv., comma 3 cit.) esplicitante l’esistenza del diritto di prelazione negoziale (mera informazione ai concorrenti, ricognitiva di una situazione di diritto rilevante per l’asta pubblica), ogni contestazione circa la portata e la sussistenza del quale investiva un diritto soggettivo, di origine contrattuale, e competeva, quindi, alla cognizione della giustizia civile.
Non rilevava, in contrario, nemmeno la giurisprudenza formatasi a proposito delle procedure di cartolarizzazione degli immobili pubblici gestite dalla S.C.I.P. s.r.l. (v. C.S., sez. IV, dec. 31 gennaio 2006 n. 306; dec. 30 gennaio 2006 n. 308), di natura autoritativa e disciplinate per legge tutto quanto relativo alle posizioni giuridiche degli inquilini, attribuendo loro, fra l’altro, anche sconti sul prezzo.
In base a tali argomentazioni primi giudici accoglievano solo in parte il ricorso, con sentenza prontamente impugnata dai quattro interessati per:
errore di giudizio, omessa pronuncia ed errata motivazione della sentenza impugnata circa la caducata aggiudicazione sancita in danno degli interessati, data l’impossibilità giuridica di una rinnovata procedura dopo l’intervenuta pubblicizzazione delle offerte, essendosi tralasciata ogni pronuncia sulla pur richiesta caducazione dell’aggiudicazione definitiva al Musino o Mussini ed il venir meno di quella provvisoria a suo tempo disposta in favore degli attuali appellanti;
violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato e degli artt. 38 e 39, legge n. 392/1978 (locazioni non abitative), essendosi falsato il confronto tra le offerte concretamente presentate e la facoltà accordata al solo Musino o Mussini di avvalersi di una prelazione indebitamente estesa all’intero lotto qui discusso, senza verificare la possibilità di una conferma della già disposta aggiudicazione provvisoria in favore degli attuali appellanti, secondo il principio di conservazione degli atti amministrativi;
violazione del regolamento comunale per la vendita di beni immobili, in relazione all’art. 1, legge n. 241/1990, per la mancata previsione di un termine per la comunicazione dell’aggiudicazione al titolare del diritto di prelazione, onde consentirgliene l’esercizio in tempi compatibili con i pubblici interessi coinvolti;
illegittimità dell’omessa pronuncia incidentale, espressamente richiesta in via reiterata, e della prevista possibilità di non ripetere la procedura caducata.
Il comune appellato si costituiva con apposito controricorso, in cui difendeva il proprio operato e le statuizioni dei primi giudici, nonché la scelta di non reiterare l’esperimento di gara, previa insindacabile valutazione discrezionale dell’ente locale interessato (che si costituiva poi con un nuovo difensore e depositava una memoria conclusiva, in cui ribadiva l’attendibilità delle argomentazioni di cui all’impugnata pronuncia e la carenza d’interesse degli attuali appellanti a coltivare il presente gravame, di fronte alla teorica possibilità di una rinnovata procedura escludente ogni facoltà di prelazione ed attirante offerte conseguentemente differenziate, ove il comune si determinasse – ma non allo stato – in tal senso)
All’esito della pubblica udienza di discussione la vertenza passava in decisione, dopo il deposito di una memoria da parte della difesa degli appellanti.
DIRITTO
L’appello è infondato e va respinto.
Va premesso che era inattendibile la richiesta di una pronuncia incidentale sull’esistenza e sulla validità della prelazione, dovendo la cognizione incidentale essere funzionale a quella principale (v. Cass. civ., sez. un. , sentenza 19 febbraio 2004 n. 3341, invocata proprio dagli interessati): il che esulava dal caso in esame, ben potendosi decidere sull’ipotizzata legittimità dell’estensione (operata dal bando) del diritto di prelazione (questione riconducibile alla giurisdizione amministrativa di legittimità) indipendentemente dalla sua valenza privatistica.
In merito, correttamente i primi giudici l’avevano giudicata illegittima, dato che, più che un’estensione in senso proprio, essa si configurava come la creazione di un nuovo diritto di prelazione su una parte dei beni del lotto estranea al contratto contenente detta prelazione (v. 2° cpv., comma 3°, condizioni particolari di gara), in palese contrasto con i principi più elementari in materia di libera concorrenza e par condicio fra gli aspiranti: il che non poteva che indurli ad accogliere il gravame introduttivo, restando assorbito l’esame di ogni altro profilo, attesa la natura di antecedente logico di quello ritenuto fondato, con correlativa caducazione a catena di tutta la procedura di gara, avendo la prelazione sull’intero lotto, illegittimamente contemplata dal bando di gara, chiaramente falsato tutta la procedura, con il rendere ben poco appetibile il lotto stesso, ridimensionandone il valore e riducendo il numero dei potenziali acquirenti, salva ogni ulteriore attività amministrativa intesa a rinnovare l’intera procedura concernente il lotto in questione, ove ritenuta necessaria.
Appare, dunque, incensurabile la pronuncia dei primi giudici, implicante il rigetto del presente appello, con salvezza dell’impugnata sentenza, mentre le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione quinta:
– respinge l’appello e condanna, in solido, gli appellanti a rifondere al comune di Perugia spese ed onorari del secondo grado di giudizio, liquidati in complessivi euro tremila/00.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, Palazzo Spada, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio del 10 marzo 2009, con l’intervento dei signori magistrati:
Domenico LA MEDICA Presidente
G. Paolo Cirillo, Consigliere
Aldoscola, Consigliere Rel. Est.
Vito Policonsigliere
Nicola Russo, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 05/05/09
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)