Comuni: manovra economica insostenibile

Regioni sul piede di guerra, Comuni che vogliono sacrifici ripartiti in modo equanime. Questa la situazione che si sta delineando in questi giorni, quando si stanno definendo gli emendamenti possibili per la manovra economica che il Governo ha varato solo la settimana passata. E tutti sono in pressing su Capo dello Stato e Senato (dove parte la valutazione parlamentare della manovra)

Presidente ANCI scrive a Capo dello Stato

Un incontro per ”poter rappresentare compiutamente le nostre preoccupazioni ed al tempo stesso le proposte che avanziamo”. Con questo auspicio il Presidente dell’ANCI, Sergio Chiamparino ha inoltrato una richiesta di incontro al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.
Nella lettera inviata al Capo dello Stato Chiamparino, dopo aver affermato che ”i Comuni italiani sono pienamente consapevoli delle difficolta’, della delicatezza e dell’importanza della fase che sta attraversando il Paese” ricorda che ”per questo, ancor prima che si profilasse la necessita’ di una manovra finanziaria anticipata, l’ANCI si e’ mossa nei confronti del Governo e delle altre parti istituzionali, sulla base degli indirizzi espressi nella ‘Carta di Torino’ che abbiamo avuto l’onore di consegnarLe lo scorso 22 ottobre, con l’obiettivo di costruire un vero e proprio Patto di responsabilita’ nazionale capace di realizzare unita’ di intenti e d’azione sia sul piano del risanamento sia su quello delle riforme indispensabili per garantire la stabilita’ del Paese a medio termine”.
”La coerenza e la rettitudine della nostra azione che ha permesso negli ultimi cinque anni di contribuire per circa 4 miliardi al miglioramento dei saldi di finanza pubblica – aggiunge Chiamparino – e’ stata recentemente e autorevolmente riconosciuta e certificata dalla Corte dei Conti nella sua ultima relazione al Parlamento”.
”Temiamo seriamente – sottolinea – che diventi piu’ difficile per i Comuni italiani continuare a dare il loro contributo da protagonisti al duplice processo di risanamento e di riforma del sistema finanziario ed istituzionale dell’Italia. Troppo ampio infatti puo’ diventare lo scarto fra i bisogni dei nostri cittadini a cui corrispondere e le risorse che possiamo mettere in campo, sia con la nostra autonomia, sia attraverso i trasferimenti di risorse che provengono dai livelli legislativi (Stato e Regioni) della nostra Repubblica. Ed, al tempo stesso – conclude Chiamparino – questa divaricazione puo’ rendere piu’ complesso il necessario avvio dell’assetto federale del nostro sistema fiscale ed istituzionale per il semplice motivo che i Comuni rischiano di perdere quella vitalita’ minima indispensabile per continuare a rappresentare la cellula di base del nostro sistema partecipativo e democratico”.

Chiamparino scrive a Schifani: “Serve incontro, si rischia paralisi per molti Comuni”

“La facile previsione di tagli drastici ai trasferimenti erariali oggi erogati ai Comuni non potrà che determinare la paralisi politica ed amministrativa per moltissimi Comuni, con immediate ripercussioni sulla qualità e quantità dei servizi resi alle comunità”. E’ l’allarme lanciato dal presidente dell’Anci, Sergio Chiamparino, che ha scritto una lettera al presidente del Senato, Renato Schifani, con l’obiettivo di “spiegare il punto di vista dei Comuni italiani sui contenuti del provvedimento che il Governo ha presentato alle Camere in materia economico-finanziaria”.
Nella missiva, attraverso la quale si richiede anche un incontro al presidente Schifani, Chiamparino ricorda innanzitutto che “negli incontri tenutisi nelle scorse settimane il Governo ha prospettato interventi che prefiguravano un contributo del sistema dei Comuni, già elevato, ma pari alla metà di quanto poi invece indicato nel testo. Peraltro, vi erano state ampie rassicurazioni circa la possibilità di concordare nuove e più sostenibili modalità di raggiungimento degli stessi obiettivi finanziari. La sorprendente differenza fra quanto annunciato e quanto stabilito – scrive Chiamparino – lascia una profonda amarezza e determina una grave ferita nei rapporti fra i livelli di governo, incrinando valori fondamentali quali attendibilità, credibilità e fiducia che, a mio avviso, devono sempre guidare la condotta delle Istituzioni e di chi è chiamato a rappresentarle”.
Il presidente dell’Anci ribadisce: “Siamo in presenza di un provvedimento che ripartisce in modo iniquo il peso fra i livelli di governo, essendo stimata intorno a solo il 7% la quota di spesa pubblica a carico dei Comuni; mentre con la manovra si chiede al Comparto dei Comuni, che di fatto è sulla soglia del pareggio di bilancio, un contributo superiore al 10%. Un provvedimento che pone un’ipoteca molto seria sull’attuazione del federalismo fiscale e che appare in stridente contrasto con i principi e i criteri contenuti nella legge delega n.42 del 2009, approvata dalla quasi totalità delle forze parlamentari”.
Quindi Chiamparino si appella allo stesso Parlamento, che “deve essere garante del rispetto pieno e conforme di quei principi, richiamando il Governo a quanto deciso dalla sovranità parlamentare, ma soprattutto alla volontà sancita dall’articolo 119 della Costituzione, la cui legge delega dà attuazione”. Il presidente dell’Anci ricorda anche che “gli amministratori comunali hanno dato il migliore contributo al risanamento e al contenimento della spesa, come attestano tutti i dati e gli organi di controllo, da ultimo la Corte dei Conti mettendo a durissima prova i servizi resi ai cittadini, in settori in cui i bisogni sociali sono crescenti, e frenando l’economia dei territori, a causa di vincoli ottusi e irragionevoli che impediscono i pagamenti alle imprese e mortificano la stessa attività istituzionale dei Comuni”.
Senza soffermarsi sui “molti altri profili critici” della manovra, il presidente dell’Anci conclude “manifestando quello che ritengo il principale difetto che attraversa l’intera impostazione della manovra, ossia la difficoltà a scorgere contenuti di riforma a carattere strutturale, su settori aventi reale rilievo finanziario, la particolare gravosità sulla fascia del lavoro pubblico dipendente e soprattutto l’assenza di basi serie e solide su cui costruire un assetto istituzionale più semplice ed efficiente”.

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