Il brutto anatroccolo

Il brutto anatroccolo

Se da un lato saluto con favore la fine della legislatura senza che la riforma dei servizi funerari abbia visto la luce, dall’altro ne sono amareggiato perché il settore funerario italiano dovrà continuare a fare i conti con una legislazione vecchia di un secolo e con una traduzione regionale a macchia di leopardo, sospinta soprattutto da interessi di singoli gruppi di pressione.
Originariamente il cosiddetto disegno di legge Sirchia, nella versione uscita dal Consiglio dei Ministri, era un anatroccolo con sembianze migliori di quanto si pensasse.
Certo, talune parti della proposta di legge erano criticabili, ma erano possibili correzioni in meglio nel passaggio parlamentare.
Il fatto è che nel passaggio alla Camera all’anatroccolo sono state cambiate le sembianze, tanto da farlo apparire ai settori pubblici (ma anche a molti ambienti vicini alla Chiesa) un brutto anatroccolo e, secondo taluni, un avvoltoio volteggiante sul settore funerario italiano.
Troppi interessi avevano snaturato il testo originario, sbilanciandolo a favore della cremazione, della dispersione e dell’affidamento delle ceneri.
Troppe spinte erano venute da chi aveva soprattutto una logica mercantile delle sepolture.
Devo però dar atto che non si è trattato solo di gruppi di pressione vicini all’imprenditoria funebre, ma anche ad interessi propri di ambienti imprenditoriali del mondo delle costruzioni, nonché di cremazionisti.
Alla fine si sono scontrate due logiche: quella che difendeva il ruolo che nella storia i cimiteri hanno avuto nel nostro Paese e quella di chi voleva imporre un netto cambiamento, per importare in Italia modelli di riferimento presi a prestito da esperienze di Paesi come l’America del Nord e l’America latina.
Esempi più eclatanti del cambiamento erano la compravendita di posti in cappelle private fuori del cimitero, la eliminazione del monopolio comunale nella realizzazione dei crematori e la liberalizzazione nella costruzione di cimiteri di urne.
Tutti hanno perso: difatti, nell’incertezza, ha vinto chi ha deciso di non cambiare nulla.
Cosicché la nuova legislatura partirà con la necessità di affrontare di nuovo questa grande riforma.
Nel frattempo non sappiamo se le condizioni al contorno cambieranno ancora (leggasi risultato del referendum confermativo dell’ultima modifica della Costituzione, che risposta la sanità – non solo come princìpi – nell’area della legislazione esclusiva dello Stato) e se le Regioni procederanno nella loro opera di legificazione e regolamentazione.
Il vero problema è se vi saranno le energie e si determineranno alleanze significative nel settore funerario italiano per sostenere cambiamenti utili ai cittadini.
Nel frattempo, in attesa di norme a livello statale, dovremo assistere ad una nuova stagione di modifiche di regolamenti comunali di polizia mortuaria comunali, specie nelle regioni dove si è già provveduto a legiferare in materia.


Editoriale di Daniele Fogli, pubblicato su I Servizi Funerari 2/2006.

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