“Nuovi spazi per le sepolture non cristiane nei cimiteri comunali; apposite stanze per il rito islamico del lavaggio della salma all’interno delle cappelle del Commiato; apposite zone per la dispersione delle ceneri”: queste le iniziative che il Comune di Firenze ha intenzione di intraprendere entro l’anno per offrire alle comunità di immigrati fiorentine la possibilità di celebrare il rito funebre ognuna con le proprie usanze. Alla base degli interventi vi è uno studio commissionato dall’assessorato all’immigrazione e presentato di recente dall’antropologa Maria Cristina Manca. La ricercatrice attraverso interviste ai rappresentati di tre comunità (islamica, cinese e dello Sri Lanka) ha studiato i riti funebri e i problemi che incontrano gli immigrati per celebrarli. “L’ostacolo principale – afferma l’antropologa – per la comunità islamica riguarda il rito del lavaggio della salma che deve essere realizzato subito dopo la morte e deve essere fatto solo da musulmani; la salma deve essere sepolta immediatamente e orientata verso la Mecca. Per i cinesi invece – continua Maria Cristina Manca – il corpo può essere sepolto solo nel giorno e nell’ora più propizia seguendo il rito della “geomanzia” (lo studio dei segni della natura): per loro un buon funerale ha effetti benefici su tutta la discendenza. I cinesi incontrano poi delle difficoltà per quanto riguarda gli spazi perché al rito funebre partecipano centinaia di persone. Infine i rappresentati della comunità dello Sri Lanka chiedono di avere più tempo per vegliare il corpo del defunto poiché per la religione buddista l’anima ha bisogno di alcuni giorni per essere giudicata”. Molti oggi decidono di far tornare la salma nel paese di origine: nelle comunità islamiche e dello Sri Lanka vi è un’auto tassazione per pagare il viaggio in aereo. Ma con l’aumentare dell’età media della popolazione di immigrati pagare il viaggio per tutti i defunti è molto difficile. Il Comune ha deciso così di venire incontro alle esigenze degli stranieri: “Obiettivo della ricerca, unico esempio finora in Italia – afferma l’assessore all’immigrazione Marzia Monciatti – è stato quello di fornire proposte operative e mettere in pratica strategie per mediare al più alto livello possibile fra sentimenti, bisogni delle persone immigrate e normative vigenti”. Scopo della ricerca era anche approfondire e revisionare le statistiche sulla mortalità degli stranieri. “E’ chiaro – ha spiegato Marzia Monciatti – che il problema non si pone in modo quantitativamente considerevole, perché in Toscana il 67,1% degli immigrati rientra nella fascia di età compresa fra i 19 e i 40 anni. I paesi di provenienza con mortalità più elevata, a Firenze, nel biennio 99-01, sono l’Albania (9%), la Cina popolare (7%) e la Jugoslavia (7%). Muoiono più uomini (51%) che donne (49%), e la prima causa sono le malattie del sistema circolatorio”. “Creare questi spazi – conclude Maria Cristina Manca – dimostra un’apertura culturale non solo verso gli stranieri ma anche riguardo ai tanti italiani che non seguono la religione cattolica ma magari quella buddista o islamica”.
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