Il medico non è «un mero esecutore» delle richieste di un paziente e conserva «il diritto e il dovere di sottrarsi a volontà diverse dalla propria coscienza».
Così, anche se l’eutanasia è richiesta «in piena coscienza» dal soggetto interessato, «nessun operatore sanitario» può farsi «tutore esecutivo di un diritto inesistente».
Eventuali legalizzazioni dell’eutanasia «cessano di essere una vera legge civile, moralmente obbligante per la coscienza», suscitando invece «un grave e preciso obbligo di opporsi ad esse mediante l’obiezione di coscienza».
Lo ribadisce la Nuova carta degli operatori sanitari (LEV, 150 pp.) presentata alla stampa in Vaticano il 6 febbraio u.s., ricordando che «tutelare la dignità di morire» significa «rispettare il malato nella fase terminale della vita», escludendo sia di «anticipare la morte» con l’eutanasia, sia di «dilazionarla con il cosiddetto "accanimento terapeutico"».
La Carta è un vademecum rivolto non solo a medici, infermieri e ausiliari, ma anche a biologi, farmacisti, amministratori, legislatori in materia sanitaria che desiderano operare «in armonia con gli insegnamenti di Cristo, e con il Magistero della Chiesa».
Il testo aggiorna la prima edizione pubblicata nel 1995
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