La grande battaglia

La data del 16 ottobre 2008 in Italia non si ricorderà solo per l’ennesimo crollo delle quotazioni di Borsa, ma perché la Magistratura ha sferrato un colpo decisivo al sistema di corruzione esitente a Milano per accaparrarsi funerali. Ci auguriamo sia l’inizio di una nuova epoca, dominata da regole certe e dove le imprese funebri sane abbiano la meglio nella “grande battaglia” .

Alle 8.52 si legge la prima ANSA:

POMPE FUNEBRI CORROMPEVANO INFERMIERI: 41 ARRESTI A MILANO

A Milano sono state arrestate nella notte 41 persone per un vasto giro di corruzione legato al ‘business’ dei funerali: molti degli arrestati sono infermieri di otto diversi ospedali o case di cura della citta’, che secondo l’accusa segnalavano alle imprese di pompe funebri quando e dove avveniva un decesso. Lo rende noto la polizia che ha effettuato l’operazione, coordinata dai sostituti procuratori del capoluogo lombardo Fabio Napoleone e Grazia Colacicco, chiamata ‘Caronte’, che ha portato cinque persone in carcere e le altre agli arresti domiciliari. Nella maggior parte dei casi le accuse sono associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e alla rivelazione di segreti di ufficio. L’indagine e’ nata da un vecchio esposto di un titolare di un’impresa di pompe funebri e da una denuncia del maggio 2007 di un comitato di familiari di deceduti in ospedale.

Seguono diversi lanci d’agenzia da cui si comincia ad intravvedere il terremoto che ha scosso la Milano dei beccamorti, in particolare emerge:

Le persone in prigione sono titolari o collaboratori di imprese di pompe funebri, mentre gli infermieri, in tutto 23, si trovano agli arresti domiciliari. Nell’inchiesta, dalla quale secondo le prime notizie non emergono coinvolgimenti di altri livelli delle strutture sanitarie, sono finiti alcuni dei principali ospedali di Milano: il Pio Albergo Trivulzio, San Paolo, San Carlo, Sacco, Policlinico, San Giuseppe, Clinica Santa Rita, Niguarda. Le imprese di pompe funebri coinvolte sono 19, comprese molte delle piu’ conosciute della citta’. Il meccanismo del ‘business’, gia’ emerso in altre inchieste simili del passato ma mai di tale capillarita’, era semplice: gli infermieri addetti alle camere mortuarie segnalavano l’ avvenuto decesso e spesso anche i dati dei parenti, in modo che le imprese, che erano organizzate in precisi turni della giornata nei quali lavorare su queste segnalazioni, potessero contattarli per primi. Secondo la polizia, il giro delle tangenti – cui si e’ arrivato con lunghe intercettazioni telefoniche e appostamenti presso le camere mortuarie degli ospedali – e’ notevole: agli infermieri corrotti andava un totale compreso tra i 10 e i 15mila euro al giorno, con alcuni ”piu’ attivi e spregiudicati” che arrivavano a incassi extra fino a un massimo di 10mila euro al mese.

Le notizie si rincorrono e cominciano ad essere diffuse alla radio e poi al telegiornale, ma vi è attesa per conoscere chi è finito nella rete della polizia. Intanto filtrano le prime indiscrezioni sulle intercettazioni

Nelle intercettazioni sulla scorta delle quali sono state arrestate 41 persone per irregolarita’ nella gestione dei funerali, un indagato, parlando al telefono, spiega che ”stanotte ne ho fatti fare due”. L’infermiere, dipendente dell’ospedale Niguarda, sta parlando con la moglie e, da altre intercettazioni telefoniche, ”risulta – e’ scritto nella richiesta di arresto – che e’ in disaccordo con i colleghi della camera mortuaria in quanto pretende di ricevere compensi anche per ‘pratiche’ svolte da altri infermieri”. ”Poi passa di qua prima che te ne vai a casa” dice al telefono l’infermiere a un collega. ”Si’, si”’, risponde l’altro. ”E io ti aspetto” – continua il primo – che poi ti faccio anche due regali”. ”Va bene Pietro” risponde l’altro e l’intercettato conclude: ”ti faccio un pupo e un pupazzino”.

“La grande battaglia”: e’ l’espressione con cui uno degli arrestati nell’indagine milanese sul racket dei decessi definisce la lotta tra le imprese di pompe funebri per ‘conquistarsi’ i morti sul mercato del ‘caro estinto’. In due telefonate intercettate il 19 dicembre del 2007, Roberto Cusimano, collaboratore dell’impresa di pompe funebri ‘Nuova San Giuseppe’ s’informa sull’arrivo di salme con Luigi Ronchetti, infermiere addetto alla camera mortuaria dell’ospedale ‘Niguarda’. – Cusimano: “tutto tranquillo?” – Ronchetti: “per il momento si'” – Cusimano: “e’ perche’ oggi ha inizio la grande battaglia…” E in un altra telefonata Cusimano dice: “ma stamattina ci sono stati due morti… uno l’ha fatto la Madonnina” – Ronchetti: “allora stamattina…” – Cusimano: “e’ delle otto e cinque” – Ronchetti: “io sono fuori dall’ospedale” – Cusimano: “aha ho capito” – Ronchetti: “so che quando andavo via io c’era… malattie infettive aeree” – Cusimano: “Si ma chi l’ha preso Morganti… chi l’ha portato giu’ Morganti?” – Ronchetti: “L’ho preso io Morganti (…) ma io quando ho preso Morganti parenti in pronto soccorso non ce n’erano…” La spiegazione dell’espressione ‘la grande battaglia’ la fornisce il gip Giusepper Vanore, nell’ordinanza con la quale ha diposto 41 arresti: “il giorno e’ proprio il 19 del mese, quello di inzio turno, ovvero della ‘grande battaglia’ evocata da Cusimano. Questa interpretazione appare la piu’ logica e in linea con le risultanze investigative” vista “la seconda delle telefonate in cui Cusimano lamenta che uno dei due morti quella mattina, dopo le 8, e’ stato assegnato a ‘La Madonnina’, impresa che sarebbe stata di turno proprio fino alle 8 del giorno 19”.

“Ci fanno fare solo i ‘mezzi morti…” Cosi’, in una conversazione del 16 febbario di quest’anno intercettata nell’inchiesta milanese sul racket dei decessi, Massimo Cerato, dipendente dell’impresa pompe funebri ‘San Siro’ si lamenta col fratello Andrea perche’ due infermieri della camera mortuaria dell’ospedale San Paolo, Tiberio e Giulio, gli segnalano sempre i morti che sono gia’ loro clienti. I fratelli discutono al telefono sulle pratiche da pagare agli infermieri. Ecco il testo della telefonata riportato nell’ordinanza firmata dal gip Giuseppe Vanore. – Massimo “Gliene devo pagare una o due, cosa devo fare?” Andrea “una, Massimo, gli ho detto di smetterla di chiamare quando la gente sa gia’ che viene da noi” Massimo “ma perche’ ti spiego Andrea…sia con lui che con Tiberio che sono due pezzi di m…quando fanno fare un mezzo morto, perche’ sono mezzi morti non sono morti, perche’ alla fine bene o male e’ gente che ci conosce, la gente, i soldi, per non sbagliare bisogna portarglieli subito in giornata o al massimo il giorno dopo…se ne approfittano, cerca di capire” Andrea “Si’ se ne approfittano ma uno non e’ che diventa due in 48 ore….”

Il termine ‘fiori’ a indicare i parenti dei defunti e quello ‘brioches’ per riferirsi con molta probabilita’ alle tangenti pagate agli infermieri. Non mancavano di fantasia al telefono alcuni dei 41 arrestati nell’ambito dell’indagine milanese sul racket del ‘caro estinto’. Il 20 dicembre del 2007, parlano Roberto Frigiola, dipendente delle pompe funebri Fusetti e Franco Zanellato, infermiere del Pio Albergo Trivulzio. Questa la conversazione riportata nell’ordinanza firmata dal gip Giuseppe Vanore. Franco: “pronto” Roberto “dimmi?” Franco “stanno arrivando dei fiori” Roberto “si’ Franco” (risata) – Roberto “va bene” Franco “vieni” Roberto “ma devo andare a prendere in negozio?” Franco “no no qui” In pratica – sintetizza il gip – gli segnala i parenti del defunto giunto in camera mortuaria”. Il 29 aprile di quest’anno, discorrono al telefono l’infermiera del Pio Albergo Trivulzio Giovanna Corna e Igeo Correnti, dipendente della Fusetti. – Giovanna: “pronto…” – Igeo: “si ciao scusami ascolta siccome le ho promesso che bevevamo il caffe’ insieme stamattina…ma sto aspettando una famiglia qui in ufficio posso ritardare di una mezz’ora” – Giovanna: “eh basta che porti le brioches”.

Nell’inchiesta, dalla quale secondo le prime notizie non emergono coinvolgimenti di altri livelli delle strutture sanitarie, sono finiti alcuni dei principali ospedali della citta’: Pio Albergo Trivulzio, San Paolo, San Carlo, Sacco, Policlinico, San Giuseppe, Clinica Santa Rita, Niguarda. Le imprese di pompe funebri coinvolte sono 19, comprese molte delle piu’ conosciute di Milano, di cui, per alcune, sono stati arrestati i titolari. Si tratta di Alcide Cerato, 69 anni, personaggio di spicco nella dirigenza del ciclismo italiano, e i figli Massimo e Andrea Cerato, titolari dell’impresa di onoranze funebri San Siro, Riccardo D’Antoni, titolare della Varesina (La Varesina SOFAM Ndr), altra azienda del settore, e Vito Lo Verde, dipendente della stessa Varesina (La Varesina SOFAM Ndr). Da quanto emerge dall’operazione della polizia chiamata ‘Caronte’, coordinata dai procuratori di Milano Fabio Napoleone e Grazia Colacicco, con le ordinanze emesse dal Gip Giuseppe Vanore, il ‘business’ era perfettamente organizzato: le numerose imprese di pompe funebri erano divise in fasce orarie della giornata nelle quali dovevano essere contattate dagli infermieri corrotti. Gli infermieri che non rispettavano le direttive e magari cercavano tangenti piu’ cospicue ”venivano di fatto emarginati e – affermano gli investigatori – quando possibile allontanati dalle camere mortuarie”. Esisteva di fatto anche un tariffario. Le imprese di pompe funebri, per ingraziarsi quello che si ritiene il miglior anello di congiunzione con le famiglie, riconoscevano una ‘mancia’ tra i 30 e gli 80 euro all’addetto per la vestizione del deceduto, anche se si trattava di una sua mansione di servizio. A questo si aggiungevano dai 150 ai 250 euro se l’impresa otteneva l’incarico di fornire i servizi funebri. Qualche impresario, anche con schede telefoniche intestate a terze persone procurate dagli organizzatori del sistema, si spacciava invece per dipendente dell’ospedale e instaurava cosi’ il primo rapporto, spesso decisivo, con le famiglie.

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