Sottoscrizione del verbale di chiusura feretro per trasporto funebre in regime di attività disgiunta?

Premessa: la legge individua una normativa per il trasporto di persone e una per il trasporto di cose. Nel nostro caso vi è il trasporto di cadavere, cioè di un “corpo umano rimasto privo delle funzioni cardiorespiratoria e cerebrale”. Non è né una persona in senso stretto, né una semplice cosa, essendo, questo, pur sempre, oggetto di pietas, in quanto res religiosa.

 

Tutto l’assetto del sistema funerario lombardo, dall’entrata in vigore della L.R. n.22/2003 ha vissuto in una sorta di “interregno”, poiché ha attraversato una complessa fase di transizione al termine della quale, dopo l’avvento del Regolamento Regionale n. 1/2007 tutti i soggetti privati e gli agenti coinvolti nell’azione di polizia mortuaria sul territorio regionale debbono, ope legis, operare solo ed esclusivamente in regime di autorizzazione comunale.

Abbiamo cercato, qui di seguito, di sintetizzare in termini normativi la non competenza, almeno secondo certa parte dell’imprenditoria funeraria, dell’addetto al trasporto di un impresa che effettui il solo trasporto funebre, a firmare il verbale sul corretto confezionamento della bara in rapporto alla destinazione del cadavere ed alla forma di sepoltura prescelta.
In effetti, non può essere classificata come completa attività di onoranze funebri il semplice servizio di “trasporto” della salma e successivamente del cadavere.
il trasporto salma disposto d’ufficio dalla pubblica autorità o dall’AUSL per decesso in luoghi pubblici o non adatti a fungere da deposito d’osservazione, ad esempio, è classificato come trasporto necroscopico, quello invece svolto su richiesta dei famigliari del de cuius è un trasporto funebre, anche se avviene durante il periodo d’osservazione).

La condizione di cui sopra è ribadita, implicitamente, dalle autorizzazioni previste dalle leggi regionali lombarda ed emiliano romagnola per i soggetti che operino in regime di attività disgiunta. L’Art.32 comma 1 del Reg. Reg. Lombradia n.6/04, infatti, così recita: “Qualora le attività siano svolte in forma disgiunta tra loro permangono gli obblighi autorizzativi vigenti in materia di commercio, agenzia d’affari e trasporto nonché il possesso dei requisiti, compresi quelli formativi, relativi a ciascuna attività”.

Tali accertamenti di idoneità per gli automezzi prima erano disciplinati dagli articoli 20 e 21 del D.P.R. n. 285/90, oggi, invece sono previsti dall’ Art. 37 Reg. Reg. n.6/04 che rinvia, per formalizzare tutta la procedura al’ allegato n. 7 della delibera n. 20278 21 gennaio 2005. Ad oggi, in Lombardia qualunque impresa, munita di apposita autorizzazione all’esercizio del solo trasporto funebre ai sensi del sullodato articolo 32, può, dunque, con un’autofunebre e un autista munito di patente e decreto di trasporto rilasciato dal comune di decesso trasportare, per conto di una impresa di onoranza funebre, un feretro.

Ciò, tuttavia è possibile, anche laddove viga il solo DPR n.285/1990, il quale, per certi aspetti pare già delineare la cosidetta “attività disgiunta” si rammenta, infatti, che, in base a quanto indicato ai par. 5.4 della Circ. n. 24 del 24/6/93 del Min. Sanità, l’incaricato del trasporto della salma è : 1) dipendente 2) persona fisica 3) ditta a ciò commissionata da : impresa funebre in possesso congiuntamente di autorizzazione al commercio (tabella merceologica XIV ; C.7 prodotti vari, articoli funebri) ; licenza di Pubblica Sicurezza (art. 115 T.U. leggi di P.S.) un ente locale che svolge il servizio pubblico secondo una delle forme previste dalla L. 8/6/90 n. 142. Pertanto, laddove non sia stato assunto il servizio di trasporto funebre, vale la circostanza di cui alla lettera a) e cioè l’incaricato del trasporto funebre è un titolare o un dipendente di impresa funebre oppure una ditta a ciò commissionata, autorizzata al trasporto funebre. Ne consegue : a) possono svolgere all’interno del Comune trasporti funebri tutte le imprese funebri che in esso hanno i requisiti richiesti dalla legge sul commercio e di P.S., per svolgere rispettivamente vendita di articoli funebri e agenzia d’affari; b) a queste si aggiungono le ditte singolarmente autorizzate all’esercizio del trasporto funebre interno.

D’altronde l’articolo 23 del DPR 285/90 (ancora in vigore anche in Lombardia per le parti non esplicitamente abrogate o novellate) dispone che “ l’incaricato al trasporto di cadavere deve essere munito di apposita autorizzazione del sindaco…” ed in base alla circolare interpretativa n. 24/93 del Ministero della Salute ed allo stesso Art. 1 Reg. Reg. n. 6/2004 per addetto al trasporto deve intendersi persona fisica titolare o dipendente, incaricata di pubblico servizio, appartenente ad impresa funebre preventivamente autorizzata ad eseguire il trasporto di feretri.
E’ la natura stessa del trasporto funebre intrinsecamente pubblica ad assoggettare l’incaricato del trasporto alla normativa penale concernente gli incaricati di pubblico servizio ex Art. 358 C.P.
E’ da notare come, secondo l’Art. 6 L.R. n. 22 del 18 novembre 2003, ora confluita nel Testo Unico Leggi Sanitarie Regionali, confermato poi dal secondo il paragrafo 5 della Circ. Reg. n. 7 del 9 febbraio 2007 e dal paragrafo 7 della Circ. Reg. n.21 del 30/05/05 il regime autorizzatorio per i trasporti funebri in Lombardia, rimanga assoggettato alla normativa nazionale vigente (Artt. 23, 24 e seguenti DPR 285/90)
L’autorizzazione al trasporto funebre, astrattamente, non ha connessioni con il rilascio dell’autorizzazione all’inumazione, alla tumulazione o alla cremazione anche se, nella pratica, quest’ultima può divenire rilevante, in quanto il trasporto “a cassa chiusa” presuppone l’avvenuto completamento del periodo di osservazione e l’accertamento della morte ed è in funzione di trasportare il cadavere al luogo della sepoltura, qualunque sia la pratica funebre prescelta.

Ne consegue che anche il momento in cui il trasporto può avvenire è subordinato alla (materiale) attuabilità dei comportamenti che richiedono tali presupposti “ argumentum a contrariis” ex Art. 8 DPR n.285/1990, replicato, nel suo contenuto dall’Art. 4 comma 1 L.R. n. 22/2003

Il trasporto, dunque è conseguente alla licenza di seppellimento (ora autorizzazione ad inumazione o tumulazione, secondo la dicitura del DPR n. 396 del 3 novembre 2000 ambedue alternative all’autorizzazione alla cremazione) sempre prodromica ad ogni successivo trattamento del cadavere annoverato dall’Art. 8 DPR 285/1990 deve assolutamente avvenire a cassa chiusa e debitamente sigillata, attraverso l’apposizione degli appositi suggelli.

In tutti i casi in cui il trasporto abbia luogo dopo il periodo di osservazione, esso deve necessariamente esser effettuato nel rispetto dell’art. 30 stesso DPR 285/1990 implicitamente citato dall’Art. 6 comma 3 L.R. n.1 22/2003 e quindi sempre a cassa chiusa, prescrizione da osservare anche per i trasporti che abbiano luogo all’interno del territorio comunale una volta compiuto il periodo di osservazione.

Il trasporto funebre in altro comune eventualmente portato a termine in violazione dell’art. 30 costituisce infrazione sanzionata a termini dell’art. 358, comma 2 TULLSS quale modificato dall’art. 16 D.Lgs. 22 maggio 1999, n. 196. Competente all’accertamento dell’infrazione e all’applicazione della sanzione è l’ASL (art. 16, comma 2 DPR 285/1990) o lo stesso comune per la Lombardia che si avvale dell’AUSL solo per gli aspetti igienico sanitari.

In Lombardia le sanzioni amministrative per eventuali infrazioni alla Legge n. 22/03 o al regolamento attuativo N.6/04 sono state stabilite dall’Art. 6 comma 6 Legge regionale n. 6 dell’8 febbraio 2005.

La punizione per violazioni all’Art. 6 L.R. n. 22/03 consiste nel pagamento di una compresa tra un minimo di mille ed un massimo di duemila Euro.

il compito della “verifica feretro” è delineato dall’Art. 36 Reg. Reg. n.6/04 e relativa circolare esplicativa n. 21/2005 (identità defunto, osservanza norme per il trasporto e sigillo); esso è responsabilità dell’addetto al trasporto che è inequivocabilmente chi effettua il trasporto funebre e quindi, per assurdo, in caso di privativa, l’addetto al trasporto stesso.

Per assolvere tale compito la L.R n. 22/03 chiarisce che il cofano deve essere lasciato aperto (per procedere agli accertamenti, tenuto conto della visione delle autorizzazioni che accompagnano il feretro e della destinazione dello stesso) così, dopo la sua chiusura, (saldatura della cassa, o semplice apposizione del coperchio ligneo) cui attende il personale dell’impresa funebre, non sempre coincidente con chi garantisce il trasporto, quest’ultimo viene sigillato dall’addetto al trasporto.

La stessa legge regionale ammette che il trasporto di cadavere possa essere disgiunto dalla fornitura del feretro (Art. 8 lettera b) e anche in tal caso l’addetto al trasporto è distinto dal fornitore del cofano.

E’importante osservare come l’attività di verifica feretro sia analoga a quella svolta in passato da vigili sanitari, ex paragrafo 9.7 Circ. Min. n.24/1993, essi, quindi, si trovavano nelle stesse condizioni dell’addetto al trasporto che non aveva confezionato il feretro.

Ad un’attenta analisi, però, il meccanismo e tutto il processo autorizzatorio presentano una notevole criticità operativa.

Il confezionamento del feretro in rapporto alla sua destinazione ultima ed alla durata del trasporto non si risolve nella sola chiusura dello stesso con l’apposizione dei sigilli (Art. 36 comma 2 Reg. Reg n.6/2004).

La sua preparazione e l’assemblaggio con tutti i dispositivi meccanici (vasca e coperchio zincati, valvola o reggette, materassino assorbente) o chimici di cui all’Allegato 3 del Regolamento Regionale (sostanze a base enzimatica per neutralizzare il percolato cadaverico) così da sostenere il peso inerte del cadavere e trattenere i miasmi, inizia in magazzino, quando i dolenti hanno scelto forma di sepoltura e tipo di cassa.

All’atto dell’incassamento la bara deve già esser predisposta con tutti gli elementi prescritti dalla legge (l’allegato 3 del reg. reg. lombardo n. 6/04 impone anche l’obbligo di maniglie “portanti”) e l’incaricato del trasporto non può personalmente accertarsi per esempio dello strato assorbente (polvere idrofila, segatura torba,) collocato nell’intercapedine tra vasca metallica ed il fondo della cassa lignea a meno di non estrarre il cadavere dal cofano con grave disappunto da parte dei dolenti.

La sola cassa di legno da usare per inumazioni o cremazioni entro il territorio regionale e con distanza del trasferimento inferiore ai 100 KM deve esser dotata di una couvette cosparsa di sostanze enzimatiche per favorire la mineralizzazione dei tessuti organici ed asciugare la percolazione dei fluidi post mortali nel tempo necessario per la celebrazione del funerale ed il trasporto.

Per bare da cremare il problema si complica, siccome ai sensi dell’Art. 7 comma 3 L.R. n. 22/2003 la regione autorizza in caso di cremazione l’uso di feretri in legno dolce non verniciato al fine di ridurre sia i fumi inquinanti sia i tempi della stessa incinerazione, mentre l’allegato 3 inserisce pesanti limiti alle vernici sintetiche, ma un controllo così intrusivo richiederebbe la presenza del “controllore” addirittura durante le fasi di costruzione del cofano.

Alcuni comuni, poi, esasperano il disposto dell’Art. 75 comma 1 DPR 285/90 ancora in vigore anche in Lombardia (divieto di immettere materiali non biodegradabili nel ciclo cimiteriale delle quadre d’inumazione) disponendo che i defunti nella vestizione siano abbigliati solo con indumenti realizzati con tessuti naturali e quindi perfettamente decomponibili.

Altro esempio: la Regione Lombardia, ai sensi dell Art. 10 comma 2 L.R. 22/2003 deve ancora pronunciarsi sulle modalità e casi in cui effettuare rimozione di protesi di salme destinate a cremazione, in attesa di una nota ufficiale da parte delle competenti autorità regionali ad oggi, in Italia, si asportano solo i pace maker alimentati con pile radioattive.

Il sistema dei controlli nel nostro ordinamento di polizia mortuaria con la circolare ministeriale n. 24 del 24 giugno 1993 evolve verso l’eliminazione del doppio controllo (in partenza e all’arrivo) purché siano adottate precise cautele.

Cosicché, in regime di DPR n.285/1990, la rispondenza del feretro alle prescrizioni stabilite dall’art. 30 del D.P.R. 285/90, nonché, nell’evenienza di decesso dovuto a malattie infettive-diffusive, a quanto prescritto dagli artt. 18 e 25, e infine l’avvenuto trattamento antiputrefattivo. era attestato dal personale a ciò delegato dall’U.S.L. del luogo di partenza, unitamente alla verifica della identità del cadavere.

Alla partenza, a garanzia della integrità del feretro e del suo contenuto, si apponeva un sigillo. Così par. 9.7 della circolare n. 24/93 del Min. Sanità. II servizio di custodia del cimitero di arrivo avrebbe ispezionato l’integrità del sigillo e la corrispondenza di questo con quello apposto sulla certificazione di cui sopra. Solo nel caso di constatata effrazione al sigillo di cui sopra si sarebbe dovuto redigere processo verbale, interessando la locale AUSl attraverso il ricorso gerarchico.

Anche la legge regionale n. 22 del 18 novembre 2003 in esame segue quest’orientamento volto alla semplificazione, affidando addirittura una mansione prima esclusiva dell’autorità sanitaria ai privati che operano, dietro autorizzazione comunale, quali incaricati di pubblico servizio.

Come ampiamente dimostrato prima l’incaricato del trasporto (la regione Emilia Romagna anche nella scelta del lessico è stata più lungimirante, perchè all’Art. 10 comma 8 Legge Regionale n.19 del 29 luglio 2004) parla non di addetto al trasporto, ma, al plurale, di addetti al trasporto, poiché almeno quattro sono i necrofori che prendono in consegna la bara e la movimentano sino alla sua consegna al servizio di custodia cimiteriale) per firmare responsabilmente il verbale dovrebbe aver assistito almeno alla predisposizione della cassa mortuaria (controllando eventuale nastro metallico oppure l’omologazione dell’involucro plastico inn sostituzione della lamiera) se non addirittura alla vestizione.

L’autista addetto al trasporto solo perchè materialmente guida l’autofunebre e come tale è titolare del decreto di trasporto non può esser a conoscenza di tutti questi dettagli, rispondendo anche penalmente in caso di irregolarità.

Giova ricordare un dato normativo molto importante: l’autorizzazione al trasporto deve esser trasmessa al comune di destinazione ed indicare:

1. le generalità del defunto,
2. il luogo in cui il cadavere si trova,
3. il momento in cui il trasporto debba avere inizio,
4. il luogo di destinazione
5. eventuali soste intermedie, tanto se nel comune che in comuni intermedi
6. le generalità dell’incarico del trasporto
7. dati identificativi del mezzo da impiegare o del vettore.

Il decreto di trasporto in forza del punti 6 e 7 è strettamente nominale e, quindi, non può esser trasferito in capo ad altri potenziali “addetti al trasporto” che non siano la persona esplicitamente nominata nella stessa autorizzazione al trasporto.

 

Sarebbe molto più logico e coerente che fosse chi materialmente apparecchia la cassa e la chiude, dopo aver atteso alla composizione del defunto entro quest’ultima a redigere con cognizione di causa la cetificazione sul corretto confezionamento del feretro.

La procedura se in occasione di un funerale l’impresa che ha acquisito il servizio esequiale vuole servirsi di un soggetto terzo per il solo trasporto da seguire sarebbe la stessa adottata per i trasporti internazionali, dove la sigillatura del feretro è pre-condizione necessaria ed indispensabile perchè l’autorità amministrativa rilasci il titolo di viaggio (si tratta del cosiddetto “passaporto mortuario” anche se questa formula linguistica sarebbe da applicare ai soli trasporti funebri tra paesi aderenti alla Convenzione di Berlino. ).

In Liguria con il decreto dirigenziale n.2006/2001 che individuava in capo alle imprese l’incombenza di segnalare al servizio di custodia cimiteriale l’eventuale confezionamento della bara con dispositivo plastico ad effetto barriera in sostituzione della cassa zincata la dottrina ( elaborò un protocollo molto simile con il documento di certificazione sul ricorso al barriera da allegare all’istanza di trasporto funebre.

L’autorizzazione al trasporto di cui all’art. 23 DPR 10 settembre 1990, n. 285 costituisce, infatti, un provvedimento amministrativo di autorizzazione con cui si conclude il relativo iter, che va avviato con apposita domanda. Trattandosi di procedimento amministrativo, l’istanza va prodotta dalla parte che ha interesse alla conclusione dello stesso, quindi dai famigliari o chi dispone delle esequie, oppure da persona da questi incaricata, che così viene a svolgere la funzione di intermediazione.

I diversi passaggi non sarebbero in contraddizione con la “classica” sequenza degli adempimenti e del circuito informativo scandita dal DPR 285/90 cui anche le recenti Leggi Regionali si rifanno, in materia di trasporto funebre poiché l’autorizzazione al trasporto “con cassa chiusa” dal luogo ove il defunto si trova verso la località di sepoltura (o cremazione) è sempre successiva rispetto alla licenza di seppellimento.

Quindi: non mancano situazioni nelle quali le famiglie commissionano il servizio di onoranza ad un’impresa di onoranze funebri di propria scelta, la quale potrebbe avvalersi di un soggetto terzo per l’effettuazione del trasporto o per ragioni di particolari caratteristiche del trasporto oppure per l’esigenza di uso di mezzi di terzi (come nel caso in cui si utilizzino vettori aerei, per via di acqua o per ferrovia (ipotesi ormai rara), anche tenendo presente l’art. 34, comma 2 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285.

Questione analoga potrebbe porsi per quelle situazioni regionali, segnalatamente in Lombardia (dove, a seguito delle modifiche al Regolamento regionale n. 6/2004 del 9 novembre 2004 a seguito dell’entrata in vigore del Regolamento regionale n. 1/2007, è possibile che, materialmente, vi sia la co-presenza, per il trasporto, di persone incardinate in soggetti giuridici diversi e tra cui sussistano rapporti contrattuali di avvalimento e servizio).

C’è, allora, una sentenza su cui meditare: essa può essere rilevante, nei suoi principi, in relazione anche, in termini di analogia, alle attività imprenditoriale di trasporto di cadavere.

La vicenda ha origine a seguito dell’incidente aereo avvenuto in Venezuela alla fine di gennaio 2001, con il decesso, tra gli altri, quattro italiani (due coniugi e due fratelli), per i quali veniva proceduto alla cremazione e all’inoltro in Italia delle urne contenenti le loro ceneri. Le quattro urne giungevano all’aeroporto di Milano-Malpensa, per altro sito in provincia di Varese e nel circondario giudiziario di Busto Arsizio, ma le urne, lasciate temporaneamente incustodite nelle fasi di scarico dal vettore, venivano sottratte da ignoti e, per questo, non consegnate ai familiari. Solo successivamente venivano ritrovati elementi delle urne, nonché ceneri, che, dalle analisi, risultavano dalla frammistione del contenuto delle quattro urne cinerarie.
I familiari dei defunti chiedevano l’accertamento delle responsabilità e) del danno biologico e patrimoniale, nonché il conseguente risarcimento del danno. L’azione è stata proposta nei confronti di ALITALIA LINEE AEREE s.p.a., in qualità di vettore, di S.E.A. s.p.a. ESERCIZI AEROPORTUALI in qualità di gestore dell’aeroporto, nonché di AIRPORT s.p.a, in qualità di incaricata di talune operazioni aeroportuali.

Di particolare interesse le valutazioni del giudice sulle responsabilità dei diversi soggetti chiamati nonché dei rapporti tra loro intercorrenti, individuandosi le responsabilità in capo alle società cui competevano le operazioni di c.d. handling delle merci, senza nessuna implicazione per il vettore.

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Carlo Ballotta

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3 thoughts on “Sottoscrizione del verbale di chiusura feretro per trasporto funebre in regime di attività disgiunta?

  1. Il sigillo sulla bara chi lo deve mettere? l’ agenzia che fa il servizio funebre e fa la chiusura feretro? oppure il centro servizi che effettua il trasporto?

    1. X Antonio,

      è l’impresa funebre ad esser responsabile del corretto confezionamento, in tutte le sue fasi, fasi fino alla consegna del feretro nel cimitero.

      Se poi, per singole porzioni del servizio, essa si avvale di un soggetto terzo, risponde sempre l’impresa funebre, ma concorre anche il terzo, quanto meno per il danno che esso arreca (se civile) all’impresa funebre committente (in genere è un appalto di servizio tra i due). se invece la violazione è penale, ne risponde penalmente chi ha commesso l’infrazione (invece il danno civile ricade sull’impresa funebre che, a sua volta si può rivalere sull’esecutore materiale).

      Ad ogni modo è molto più logico che sia l’I.O.F. che effettivamente chiude la cassa a certificarne l’avvenuta sigillatura, quindi compete a chi esegue di fatto l’operazione garantire attraverso il verbale, corredato da appositi suggelli, la tipologia di feretro impiegato, l’identità del de cuius, l’eventuale cod. Y per i defunti, coVid-19 positivi, l’avvenuto trattamento antiputrefattivo, laddove richiesto…).

      Chi prende in consegna il feretro se diverso dalla I.O.F. è un mero trasportatore (= vettore, come per i trasp. funebri per mare, ferrovia, aereo…) non è per legge obbligato a conoscere la normativa base sulla polizia mortuaria, come invece è richiesto (dalle varie LL.RR.) per esercitare legittimamente la professione di impresario o necroforo, presso un’autorizzata azienda di estreme onoranze.

      Se ci fosse ancora il vigile sanitario ad adempiere questo compito, invero non banale, il problema non si potrebbe nemmeno affacciare.

      Dipende in buona sostanza molto anche dall’impostazione della Legge Regionale, perchè potrebbe, per esempio, sussistere l’ipotesi (reale, vedasi Reg. Reg. Lombardia n.4/2022) di centro servizi a loro volta dotati di necrofori, in ordine con gli attestati abilitativi, giuridicamente, quindi, idonei ad attestare il confezionamento del feretro. Non si scorge, almeno non ancora, se non da distanza remota, il possibile conflitto di attribuzione tra necroforo della I.O.F. ed il necroforo del centro servizi.

  2. Regione Emilia-Romagna: La previsione dell?art. 10, comma 8 della L.R. 29 luglio 2004, n. 19 e succ. modif., determina la conseguenza per la quale gli addetti al trasporto di cadavere vengano a trovarsi nella condizione di incaricati di pubblico servizio (valutazione che, per altro, era già stata individuata dal paragrafo 5.4), secondo periodo, della circolare del Ministero della sanità n. 24 del 24 giugno 1993), sussistendo le condizioni previste dall?art. 358 C.P., siccome siamo in presenza di un’attività disciplinata delle stesse forme della pubblica funzione, pur senza i poteri propri di ques’ultima.

    L’attestato di garanzia per il trasporto di cadavere, integra e sostituisce la certificazione sanitaria di cui al paragrafo 9.7 Circ. Min. n.24/1993 (ma essa, ex Art. 49 DPR n.445/2000 avendo rilevanza sanitaria appunto, non dovrebbe/potrebbe esser surrogabile da parte di soggetti terzi rispetto all’ASL) trova fonte nella determinazione del responsabile del Servizio Sanità pubblica della regione Emilia-Romagna n. 13871 del 6 ottobre 2004 (anche in B.U.R. Emilia-Romagna n. 144, parte II, del 27 ottobre 2004, determinazione emanata, appunto, in esecuzione dell?art. 10 L.R. Emilia-Romagna 29 luglio 2004, n. 19 e succ. modif.).

    Il sullodato 10, comma 8 L.R. Emilia-Romagna 29 luglio 2004, n. 19 e succ. modif. attribuisce in capo agli addetti al trasporto le seguenti incombenze:
    a) verifica dell’identità del defunto con quella del cadavere per cui è stato autorizzato il trasporto;
    b) controllo della corrispondenza del feretro appropriato in relazione al tragitto, al luogo di destinazione, alla tipologia di pratica funebre richiesta;
    c) verbalizzazione dell’avvenuto regolare confezionamento e della sua chiusura, che presuppone, poi, la lett. d)
    d) l?apposizione di un sigillo recante, almeno, la denominazione del comune che ha autorizzato l?esercente l?attività funebre all?esercizio di tale attività (art. 13 L.R. Emilia-Romagna 29 luglio 2004, n. 19 e succ. modif.) e il numero dell?autorizzazione di cui sia in possesso e; e) la verbalizzazione di tali attività compiute, nello specifico, con la compilazione e sottoscrizione dell?anzidetto attesto di garanzia.

    Qualora l’addetto al trasporto di cadavere, nell’assolvere le funzioni attribuitegli dall?art. 10, comma 8 L.R. Emilia-Romagna 29 luglio 2004, n. 19 e succ. modif., non provveda ad indicare nell?attestazione di garanzia l?attività svolta, in quanto da lui dovuta in forza dalla legge regionale, o riporti indicazioni non corrispondenti alla realtà, si determina la fattispecie del reato falsità ideologica (artt. 479, 480, 481 C.P.), per l?estensione di cui all?art. 493 C.P. (eventualmente, in concorso con i reati di falsità materiale di cui agli artt. 476, 477 e 478 C.P.).
    Trattandosi di fattispecie penali perseguibili, tutte, d?ufficio, opera quanto previsto dall?art. 331 C.P.P. che comporta il dovere dell’immediata segnalazione all?A.G. (obbligo che, se omesso o ritardato, espone il pubblico ufficiale omittente al reato considerato all?art. 361 C.P.).

    Accanto agli aspetti penali, si deve considerare come, probabilmente, nelle ipotesi in cui si abbia un?incompletezza dell?attestazione o una sua non veridicità (ad esempio, laddove si impieghino casse non rispondenti alla singola fattispecie di trasporto di cadavere oppure altrimenti, la chiusura del feretro non tenga conto, osservandole, delle disposizioni che regolano il confezionamento del feretro, oppure quando il trasporto non avvenga con le modalità prescritte), trovano applicazione altresì le disposizioni sanzionatorie di cui:

    – all?art. 358, comma 2 R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, quale modificato dall’art. 16 D.Lgs. 22 maggio 1999, n. 196, che importano l?applicazione della sanzione amministrativa da 1.549,00 euro a 9.296,00 euro (che, per altro, può essere oggetto di oblazione in via breve, entro 60 giorni dall?accertamento e contestazione dell?infrazione, con il versamento della somma di 3.098,00 euro), per la violazione della parte normativa espressamente prevista dal regolamento statale;
    – se invece la trasgressione è relativa ad una fattispecie contemplata dalla Regione, si applica l’Art. 7 della L.R. Emilia Romagna 29/7/2004, n. 19 e nel caso di mancata regolamentazione comunale (Art. 16 Legge n.3/2003) la sanzione è tra un minimo di 1350,00 e un massimo di 9.300,00 euro (e in tal caso l?oblazione comporta il versamento di 2.700,00 euro, qualora il regolamento comunale non abbia individuato la sanzione).

    E’di rigore questa precisazione: le sanzioni amministrative non sono alternative a quelle penali, ma concorrenti con esse (qualora sussistano entrambe).

    Ma questo verbale di chiusura feretro per trasporto di cadavere è documento escluso dall’accesso agli atti, in particolare a soggetti terzi e nel caso specifico a ditte di onoranze funebri diverse da quella interessata?

    Il sito http://www.anusca.it ci offre un’interessante risposta in soluzione a tale quesito: l’attestato che accompagna il feretro, assieme alle relative autorizzazioni non contiene dati sensibili e/o giudiziari ai sensi del D.LGS n.196/2003, come, invece, accadrebbe per la scheda ISTAT, ad esempio, – quindi non dovrebbe essere aprioristicamente sottratto dall’accesso a terzi in quanto non vi sono norme di legge e/o di regolamento che prevedano esplicitamente tale esclusione. Peraltro per accedere a copia di tale documento gli interessati – ditte di onoranze funebri – dovranno presentare apposita istanza formale e motivata richiamando in particolare le disposizioni contenute negli artt. 2 e 6 del d.P.R. 12.04.2006, n. 184 e nell’art. 22 della legge 7/8/1990, n. 241 come sostituito dall’art. 15 della legge 11.02.2005, n. 15. Prima di accogliere la richiesta di accesso al predetto documento dovrà essere osservata la procedura di notifica ai controinteressati prevista dall’art. 3 del citato d.P.R. 12.04.2006, n. 184.

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