Come assicurare i servizi necroscopici e cimiteriali in forma congiunta tra più Comuni

Stante l’attuale normativa speciale di settore, almeno statale, anche se un po’ attempata, l’art. 49, comma 3 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 prevede la possibilità che i “piccoli” Comuni possano costituirsi in consorzio per l’esercizio di un unico cimitero, ripartendone le spese, e gli incassi provenienti dal rilascio delle concessioni ex art. 95 D.P.R. citato, soltanto quando siano contermini.
La disposizione sullodata non definisce né quantifica numericamente il significato di “piccoli” (a differenza dell’art. 14, comma 2), ma tradisce elementi non secondari di “criticità antinomica”:
infatti, essa rappresenta una delle numerose norme del D.P.R. n. 285/1990 che presentano la caratteristica paradossale di essere state “abrogate”, o di dover confliggere, pesantemente, da una normativa di rango superiore ed entrata in vigore precedentemente all’emanazione dello stesso D.P.R.
In effetti, il Regolamento è stato redatto e, soprattutto, pensato all’interno dell’assetto normativo previsto dai previgenti T.U.L.C.P., molto più piramidale e gerarchico, mentre la L. 08/06/1990, n. 142 (oggi trasfusa interamente nel D.lgs. 18/8/2000, n. 267) è entrata in vigore il 13/06/1990.
Conseguentemente, il puntuale riferimento ai “consorzi” risulta, per molti versi, essere stato superato dalla citata Legge. n. 142/1990, che ha visto con sfiducia l’istituto consortile, in quanto esso implicherebbe la costituzione di un soggetto terzo ed autonomo rispetto ai Comuni partecipanti, preferendo il ricorso ad altre forme di collaborazione tra Comuni (convenzioni, unioni, ecc.).

Le ultime lungimiranti scelte politiche operate dal Legislatore (Legge “Del Rio” n. 56/2014) in tema di razionalizzazione del sistema dei servizi pubblici locali dovrebbero porre la questione se l’attività cimiteriale, cui i Comuni sono obbligati dagli Artt. 337, 343 3 394 del Regio Decreto n. 1265/1934, possa essere o meno oggetto di gestione attraverso le forme oggi previste dal D. Lgs. n.267/2000 e, in prospettiva, attraverso bacini d’utenza classificabili come ambiti territoriali ottimali (ma può esser solo una mia fantasia, anche particolarmente remota e contorta).
Il problema è particolarmente complesso e si hanno argomenti sia favorevoli, sia profondamente contrari.
La tesi negativa può reperire fondamento logico nell’art. 31 D. Lgs. 267/2000, che si discosta dal successivo art. 32, poiché i consorzi hanno il fine della gestione associata di uno o più servizi e l’esercizio associato di funzioni (come extrema ratio anche di una sola), mentre l’unione ha lo scopo di garantire congiuntamente una pluralità di funzioni affidate ai Comuni, e ciò tra l’altro, esclude che l’unione possa essere formata per l’esercizio degli offici di cui all’art. 14 d. lgs. 267/2000, in quanto servizi che non sono di competenza dei Comuni, bensì di altro soggetto pubblico, cioè dello Stato Centrale, come accade, ad esempio per gli adempimenti di Stato Civile, quando essi s’intersechino con la polizia mortuaria ed il suo circuito informativo).

Ad ogni modo, laddove, astrattamente, si ammettesse l’ipotesi, secondo cui si possa ricorrere allo strumento dell’unione tra Comuni, o, nel caso più coerente e sostenibile, quando la gerenza dei cimiteri fosse associata in un consorzio, in quest’ultimo si ravviserebbe il presupposto giuridico per legittimare anche il servizio concernente il deposito di osservazione e l’obitorio (previa espressa previsione dello statuto consortile o, in difetto, previa modifica dello stesso atto formale).
Andrebbe pure rimarcato e ribadito come gli incombenti posti ai Comuni dagli artt. 12, 13 e 14 D.P.R. n.285/1990 non risultino particolarmente innovativi.
Laddove sia costituito, ed operante, un consorzio che abbia tra i propri fini statutari anche quello relativo al deposito di osservazione e al distinto obitorio, una comunicazione all’autorità giudiziaria ed alle forze dell’ordine, sarà senz’altro dovuta, quanto meno al fine delle eventuali disposizioni di trasferimento delle salme al luogo determinato dal Comune (punto 5.1 circolare Ministero della Sanità n. 24 del 24/6/1993), fermo restando che l’onere del trasporto compete al Comune (ex multis: art. 69 lett. c) D.P.R. n. 115/2002 ed artt. 16 e 19 D.P.R. 285/1990, mentre per la giurisprudenza si veda T.A.R. Campania – Napoli – n. 2844/2004), e ricordando come il trasporto, che sia eventualmente disposto in luogo diverso, sia a carico della pubblica autorità la quale lo abbia ordinato.

Va nettamente esclusa la soluzione (non per ragioni di opportunità, pur se queste siano fortemente presenti, ma per palese e stridente conflitto d’interessi) di una qualche forma di convenzione per l’uso, ai fini di cui all’art. 12 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, di case funerarie private (e chiaramente queste non possono, in alcun caso, anche se fossero costruite e gestire dal Comune, assicurare lo svolgimento delle incombenze istituzionali di cui all’art. 13), siccome non solo il Comune dovrebbe già garantire la disponibilità e l’utilizzo del deposito di osservazione, ma, altresì, per il fatto che il Comune non può sottrarsi dall’apparecchiare depositi di osservazione ed obitori, per la propria popolazione e per la sua circoscrizione geografica (Art. 13 D.Lgs n. 267/2000).
Al contrario, una convenzione è senz’altro legittima, quando si usino, a questi fini, ospedali o altri fabbricati ai sensi dell’art. 14, comma 1 D.P.R. 20 settembre 1990, n. 285, in particolare se rammentiamo come dopo la L. 23 dicembre 1978, n. 833 (e, a maggior ragione, dopo il D. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 e succ. modif.) gli ospedali siano “stabilimenti ospedalieri” di soggetti (le A.USL) diverse dai Comuni, ferma restando la loro natura e qualificazione quali pubbliche amministrazioni (pur nella forma “aziendale”).
Considerazioni analoghe per le Università, laddove presenti sul territorio del Comune.

Si invita, paradossalmente, a non chiedere ancora informazioni o chiarimenti sulle prospettive, in quanto, in questa fase, del tutto inaffidabili sia per i tempi, sia per i diversi livelli di titolarità (a legiferare???), sia per altri ordini di motivazioni, in quanto la situazione è ancora molto fluida, se non addirittura magmatica, con la polizia mortuaria, chissà per quanto ancora, frammentata – purtroppo – su più caotici e disomogenei livelli di governo.
Questa precisazione appare del tutto di rigore in quanto, a volte, la terminologia utilizzata possa far confondere le tre differenti tipologie di siti a per l’espletamento dei servizi necroscopici.
Non è ammissibile una convenzione (art. 30 d. lgs. 267/2000) laddove sia costituito, ed operante, un consorzio che abbia tra i propri fini statutari anche quanto attiene al deposito di osservazione ed al distinto obitorio.
Si suggerisce, ad ogni buon fine, di non affrontare – oggi – la questione con eccessiva “solerzia” od alacrità, al fine di evitare scelte che potrebbero, in prospettiva, avere altre soluzioni, specie pensando che se di inadempienza a precisi obblighi si tratta, essa risulti non solo ancora attuale, ma “cronicizzata”.

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