TAR Sardegna, Sez. I, 30 dicembre 2016, n. 992

Testo completo:
TAR Sardegna, Sez. I, 30 dicembre 2016, n. 992

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 687 del 2016, proposto da:
Consorzio Nazionale Cooperative di Produzione e Lavoro Ciro Menotti, rappresentato e difeso dagli avvocati Enrico Macri e Carlo Castelli, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Cagliari, via Farina n. 44;
contro
Comune di Macomer, rappresentato e difeso dall’avvocato Antonello Rossi, con domicilio eletto presso il suo studio in Cagliari, via Ada Negri n. 32;
per l’annullamento:
– della determinazione 463 del 11.7.2016, emessa dal Comune di Macomer, avente ad oggetto l’annullamento in sede di autotutela della aggiudicazione della gara per la concessione del vecchio e del nuovo cimitero comunale in località Serbagusa.
Visti il ricorso e i relativi allegati.
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Macomer.
Viste le memorie difensive.
Visti tutti gli atti della causa.
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 dicembre 2016 il dott. Antonio Plaisant e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale.
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con deliberazione della Giunta 6 settembre 2010, n. 204, il Comune di Macomer aveva approvato un progetto preliminare relativo alla realizzazione di un nuovo cimitero comunale, con cui prevedeva di soddisfare il fabbisogno di sepoltura per i successivi quarant’anni e con successiva deliberazione 10 febbraio 2015, n. 33, aveva poi approvato lo schema di bando per l’affidamento in concessione della progettazione definitiva, costruzione e gestione dei relativi servizi cimiteriali, poi indetta con determinazione del Dirigente del Settore Tecnico 27 agosto 2015, n. 452; quest’ultima poneva il citato progetto preliminare a base di gara, stabilendo, altresì, che il compenso del concessionario sarebbe consistito nei corrispettivi che l’amministrazione gli avrebbe corrisposto per l’edificazione delle opere cimiteriali realizzate (come da piano economico finanziario allegato all’offerta), nonché nell’incasso delle tariffe cimiteriali versate dagli utenti.
All’esito della selezione, con determinazione dirigenziale 15 marzo 2016, n. 141, la concessione è stata affidata all’A.T.I. tra il Consorzio Nazionale Cooperative di Produzione e Lavoro Ciro Menotti S.c.p.a. e la Musmeci Costruzioni Generali s.p.a., unica partecipante alla gara.
A seguito di rilievi mossi da alcuni consiglieri di minoranza, e dopo aver acquisito un parere legale sulla regolarità della procedura, il Comune di Macomer, con nota dirigenziale 10 giugno 2016, n. 11022, ha però comunicato all’ATI aggiudicataria l’avvio del procedimento di annullamento dell’aggiudicazione, poi effettivamente intervenuto, pur a seguito di controdeduzioni, con determinazione 11 luglio 2016, n. 463.
Con il presente ricorso l’A.T.I. interessata chiede l’annullamento di tale provvedimento di ritiro, deducendo censure che saranno esaminate nella parte in diritto.
Si è costituito in giudizio il Comune di Macomer, sollecitando la reiezione del gravame.
Alla pubblica udienza del 6 dicembre 2016 la causa è stata trattenuta in decisione nel merito.
DIRITTO
La motivazione di fondo dell’impugnato provvedimento di ritiro risiede nella rilevata difformità tra l’offerta formulata dall’aggiudicataria rispetto a quanto richiesto nel procedimento preliminare posto a base di gara: secondo l’Amministrazione, infatti, quest’ultimo individuava le opere da eseguire in coerenza con l’obiettivo di soddisfare il fabbisogno di sepoltura per i successivi quarant’anni, mentre l’aggiudicataria ha presentato un progetto definitivo ed esecutivo relativo a opere inferiori e rapportate a un fabbisogno cimiteriale di soli vent’anni, con la conseguente riduzione degli investimenti a suo carico, stimati in euro 3.612.388,70 di euro, a fronte dell’importo indicato in preliminare di euro 7.914.600,00; tutto ciò, secondo il Comune resistente, comporterebbe la violazione della lex specialis di gara e anche un indebito vulnus alla concorrenza, non potendosi escludere che altre ditte avrebbero partecipato alla gara se avessero saputo di poter contrarre in modo così significativo gli investimenti necessari.
A fronte di tale motivazione dell’atto di ritiro, la ricorrente deduce sei motivi di censura, da esaminare unitariamente perché strettamente consessi, con cui sostiene, in sintesi, che:
la riduzione delle opere troverebbe giustificazione nella stessa lex specialis di gara, in quanto la relazione tecnica del progetto preliminare (a pag. 12) ipotizzava la possibilità “Al fine di contenere la spesa iniziale”, di “pianificare una fase di realizzazione dell’opera “modulare”, da eseguire per stralci funzionali, sacrificando inizialmente il superfluo per far partire subito, senza dissanguare le casse comunali, l’attività funebre”, così come il disciplinare di gara, all’art. 1, comma 2, statuiva che “La concessione prevede una durata di anni 20 (venti) o inferiore secondo l’offerta a ribasso effettuata in fase di gara” e contemplava anche altre disposizioni che consentivano modifiche alle previsioni contenute nel progetto preliminare; inoltre con nota 16 luglio 2015, n. 13722, in risposta a una f.a.q. presentata in vista della gara, l’Amministrazione aveva precisato che “La stima sommaria del computo metrico redatto nell’anno 2015 computa opere per l’importo di 8.000.000, che a giudizio della stazione appaltante possono essere suscettibili, in diminuzione, di modifiche e/o rimodulazioni da parte dell’impresa concorrente”; pertanto il progetto preliminare avrebbe rappresentato un riferimento “puramente indicativo” alle opere da realizzare, in effetti rimesse alle scelte progettuali dei partecipanti alla gara, tanto è vero che lo stesso preliminare conteneva un stima soltanto sommaria dei correlativi investimenti;
tale configurazione degli atti di gara non comporterebbe alcun pregiudizio ai principi di trasparenza e massima partecipazione, essendo la lex specialis chiarissima nel consentire ai concorrenti di “ridurre” le opere e i relativi investimenti rispetto a quanto previsto “in linea di massima” nel progetto preliminare;
la necessità di soddisfare il fabbisogno cimiteriale per quarant’anni, cui si è fatto riferimento nell’atto di annullamento, non sarebbe stata ostativa all’aggiudicazione in quanto la lex specialis di gara faceva, invece, riferimento a una durata ventennale della concessione;
lo stesso Ufficio tecnico comunale, con nota 6 aprile 2016, n. 6129, aveva giudicato “la proposta formulata dal concorrente” come un consentito “stralcio esecutivo funzionale”, redatto “nel rispetto delle indicazioni fornite dal progetto di massima”, per cui la decisione finale di annullamento sarebbe viziata da contraddittorietà.
Tale censure non meritano di essere condivise.
Innanzitutto va chiarito che la lex specialis di gara prevedeva una durata della gestione cimiteriale di vent’anni, ancorché rinviando al progetto preliminare quanto all’individuazione delle opere che il concessionario avrebbe dovuto realizzare: vedi art. 1, comma 3, del disciplinare, secondo cui “Il Concessionario dovrà provvedere alla progettazione definitiva ed esecutiva, individuando quali opere di massima quelle previste nel progetto preliminare posto base di gara”, in particolare descritte alle pag. 4 e 5 della Relazione Tecnica del progetto preliminare nei seguenti termini: n. 3000 loculi, n. 800 ossari, n. 500 tombe a terra, n. 90 aree per cappelle, n. 500 fosse.
L’odierna ricorrente ha, invece, offerto (come da progetto definitivo ed esecutivo a corredo dell’offerta) solo n. 1088 sepolture in colombari e n. 100 ossari, prefigurando, così, una drastica riduzione rispetto a quanto previsto nel progetto preliminare, tanto che il costo previsto del relativo investimento è sceso a euro 3.612.388,70.
A fronte di tale dato oggettivo -che di per sé evidenzia una rilevantissima discrasia tra quanto previsto nel progetto preliminare espressamente richiamato a base di gara e l’offerta della ricorrente- quest’ultima, come detto, invoca le disposizioni della lex specialis che consentivano ai concorrenti di “rimodulare l’offerta”, nonché ad alcune “note interpretative”, dello stesso segno, elaborate dall’ Ufficio Tecnico comunale.
Tali argomentazioni, tuttavia, non possono essere condivise, in quanto, se è vero, da una parte, che la lex specialis lasciava ai concorrenti degli “spazi di rimodulazione” dell’offerta, è evidente, dall’altra parte, che l’aver ridotto a meno della metà le opere e i relativi investimenti rispetto a quanto previsto (sotto questo aspetto dettagliatamente) nel progetto preliminare abbia comportato un eccessivo stravolgimento della “base di gara”, costituita anche dal preliminare stesso (in quanto espressamente richiamato dal disciplinare): sostenere che una discrasia di queste proporzioni fosse consentita dalla lex specialis di gara significa attribuire a quest’ultima un tenore così perplesso e contraddittorio (per l’evidente contrasto che a quel punto si verrebbe a creare tra il progetto preliminare e il disciplinare) da giustificare certamente, almeno sotto questo specifico profilo, l’annullamento dell’intera procedura, finalizzato a una più corretta riedizione della selezione.
Ciò trova, poi, ulteriore conferma sotto un profilo più sostanziale, ove si consideri che alla gara de qua ha partecipato la sola odierna ricorrente e che l’atto di ritiro è giunto a pochi mesi di distanza dall’aggiudicazione, cioè entro un termine assai breve e come tale rispettoso dei principi di correttezza e tutela dell’affidamento cui l’amministrazione è astretta nell’esercizio dei propri poteri di autotutela.
Pertanto, anche volendo, per assurdo, disconoscere l’esistenza dei sopra descritti profili di illegittimità inficianti l’esito inziale della procedura selettiva, l’impugnato atto di ritiro risulterebbe, comunque, giustificato (e perciò legittimo) anche nell’ottica (anziché dell’annullamento) della revoca, di cui presenta tutti i requisiti formali e sostanziali: la stazione appaltante, una volta verificata la presenza in gara di una sola partecipante -e avendo (non irragionevolmente) ricollegato tale circostanza (anche) al tenore perplesso della lex specialis di gara, che ha negativamente inciso sulla libera concorrenza- ha ritenuto opportuno “resettare” la procedura, il che, nelle condizioni sopra descritte, le era certamente consentito.
Per quanto premesso il ricorso è infondato e deve essere perciò respinto, seppur con integrale compensazione delle spese di lite, sussistendone giusti motivi.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Prima), definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in epigrafe proposto.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 6 dicembre 2016 con l’intervento dei magistrati:
Caro Lucrezio Monticelli, Presidente
Antonio Plaisant, Consigliere, Estensore
Gianluca Rovelli, Consigliere
L’ESTENSORE
Antonio Plaisant
IL PRESIDENTE
Caro Lucrezio Monticelli
IL SEGRETARIO

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