TAR Campania, Sez. VIII, 3 gennaio 2017, n. 59

Testo completo:
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Ottava)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4169 del 2013, proposto da:
Gennaro Altavilla e Assunta Soricelli, rappresentati e difesi dall’avv. Silvio Ferrara, C.F. FRRSLV41P24G611X, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Mario Barretta, in Napoli, via Duomo, n. 314;
contro
Comune di San Nazzaro – non costituito in giudizio;
per l’annullamento
a – del provvedimento del Comune di San Nazzaro, prot. n. 1804 del 14 giugno 2013, con il quale è stata rigettata la domanda di permesso di costruire in sanatoria presentata dai ricorrenti datata 27 maggio 2013, acquisita in pari data al protocollo comunale n. 1587;
b – dell’art. 11, comma 2, delle NTA del PRG del Comune di San Nazzaro, approvato con decreto del Presidente dell’Amministrazione Provinciale di Benevento n. 33997 del 20 novembre 2001, che ha introdotto la fascia di rispetto cimiteriale di mt. 100, se ed in quanto riferibile anche al piano di lottizzazione approvato con delibera consiliare n. 248 del 23 agosto 1987 che prevedeva tale fascia nella misura di mt. 50,00;
c – dell’ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi n. 02/2013, prot. n. 1814/13 del 17 giugno 2013, notificata il 18 giugno 2013.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 novembre 2016 la dott.ssa Rosalba Giansante e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il presente ricorso, ritualmente notificato il 9 settembre 2013 e depositato il 1 ottobre 2013, Gennaro Altavilla e Assunta Soricelli hanno chiesto l’annullamento del provvedimento del Comune di San Nazzaro, prot. n. 1804 del 14 giugno 2013, con il quale è stata rigettata la domanda di permesso di costruire in sanatoria presentata dai ricorrenti, datata 27 maggio 2013, acquisita in pari data al protocollo comunale n. 1587 per “ilavori relativamente al manufatto pertinenziale, in sopraelevazione a manufatto interrato autorizzato, da adibire a fungaia, realizzato senza titolo abilitativo”, dell’art. 11, comma 2, delle NTA del PRG del Comune di San Nazzaro, approvato con decreto del Presidente dell’Amministrazione Provinciale di Benevento n. 33997 del 20 novembre 2001, che ha introdotto la fascia di rispetto cimiteriale di mt. 100, se ed in quanto riferibile anche al piano di lottizzazione approvato con delibera consiliare n. 248 del 23 agosto 1987 che prevedeva tale fascia nella misura di mt. 50,00, nonché dell’ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi n. 02/2013, prot. n. 1814/13 del 17 giugno 2013, notificata il 18 giugno 2013, relativa ai lavori abusivamente realizzati.
Espongono in fatto i ricorrenti che il territorio del Comune di San Nazzaro, prima del vigente PRG, era disciplinato da un Programma di Fabbricazione del 1976 che prevedeva una fascia di rispetto cimiteriale di 50 mt.
Riferiscono che, in vigenza di tale disciplina e nel rispetto di tale vincolo cimiteriale, essi ricorrenti, con altri proprietari, facevano redigere un piano di lottizzazione di un’area confinante, ma esterna a detto vincolo cimiteriale in conformità all’allora vigente Programma di fabbricazione, che veniva approvato dal Consiglio Comunale con delibera n. 26 del 23 gennaio 1987; in data 28 luglio 1987 veniva stipulata la relativa convenzione di lottizzazione. In tale piano di lottizzazione la p.lla 378 (classificata “C” nel P.d.F. ed acquistata dai ricorrenti con atto del 14 maggio 1981) e la p.lla 629 (ex 188/b ed acquistata dai ricorrenti con atto del 10 marzo 2004) erano destinate a edificazione residenziale privata, in conformità al suddetto programma di fabbricazione vigente al momento dell’approvazione della lottizzazione.
Espongono altresì che avevano ottenuto una concessione edilizia per la realizzazione, sulla p.lla 378, di un edificio residenziale nel quale abitano tuttora con la propria famiglia; che, con DIA prot. n. 3188 del 20 agosto 2007, avevano realizzato, sulla medesima p.lla 378, un manufatto interamente interrato per tre lati e seminterrato da un lato, da adibire ad impianti tecnologici e pertinenziali al fabbricato residenziale; che il Comune intimato nel 2008 aveva rigettato la loro richiesta di permesso di costruire per la realizzazione di un nuovo piano in sopraelevazione sul citato manufatto interrato, in quanto l’intervento ricadeva, ad avviso dell’amministrazione comunale, nella fascia di rispetto cimiteriale di 100 m. (e più precisamente nei secondi 50 m. aggiunti dal PRG del 2001).
Avendo nel frattempo avviato i lavori di sopraelevazione, trattandosi di attività edilizia abusiva, il 27 maggio 2013 essi avevano inoltrato un’istanza di permesso di costruire, acquisita in pari data al protocollo comunale n. 1587, rappresentando al Comune le seguenti novità, rispetto alla precedente richiesta: a) la permanenza per l’area di intervento della vecchia norma della fascia di rispetto di 50 m. per la disposizione contenuta nell’art. 9 delle NTA del PRG che faceva salve le lottizzazioni approvate, che continuavano a spiegare i loro effetti; b – la impossibilità di un ampliamento del cimitero verso il lotto di intervento, dal momento che tra gli originari 50 m. e quelli aggiuntivi, introdotti dal PRG, si frapponeva una viabilità comunale ed essendo i secondi 50 m. abbondantemente già edificati; c – l’intervento si presentava come la sopraelevazione di un manufatto esistente e regolarmente assentito.
Gennaro Altavilla e Assunta Soricelli riferiscono infine che, con provvedimento prot. n. 1804 del 14 giugno 2013, il Comune di San Nazzaro ha rigettato la domanda di permesso di costruire in sanatoria presentata dai ricorrenti, datata 27 maggio 2013, acquisita in pari data al protocollo comunale n. 1587, con la seguente motivazione: a – l’intervento ricade nella fascia di rispetto cimiteriale di 100 m. introdotta dal PRG nel 2001; b – secondo le norme di attuazione del vigente PRG, i volumi da realizzare come pertinenze dovevano essere collocati al solo piano terra e non in sopraelevazione, e che con ordinanza n. 02/2013, prot. n. 1814/13 del 17 giugno 2013, è stata disposta la demolizione ed il ripristino dello stato dei luoghi relativamente ai lavori abusivamente realizzati.
I ricorrenti con cinque motivi di ricorso, in riferimento al provvedimento di diniego di sanatoria, e con ulteriori due motivi, in relazione all’ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi, hanno dedotto i vizi di incompetenza, di violazione di legge e di eccesso di potere sotto vari profili.
Il Comune di San Nazzaro, benché ritualmente intimato, non si è costituito in giudizio.
Parte ricorrente ha prodotto una memoria per l’udienza di discussione.
In data 25 febbraio 2016 Altavilla e Soricelli hanno depositato un’istanza di rinvio della decisione rappresentando che, avendo il Comune di San Nazzaro deliberato, con deliberazione del Consiglio Comunale n. 3 del 20 febbraio 2016, la riduzione della fascia di rispetto cimiteriale da 100 m. a 50 m., condizionato al rilascio del parere favorevole della competente ASL, i ricorrenti, se si fosse completato positivamente il procedimento avviato con la suddetta deliberazione comunale, avrebbero potuto ottenere il permesso di costruire in sanatoria.
All’udienza pubblica del 9 marzo 2016 la causa è stata rinviata all’udienza pubblica del 16 novembre 2016.
All’udienza pubblica del 16 novembre 2016 la causa è stata chiamata e assunta in decisione.
Il ricorso è in parte infondato ed in parte inammissibile e, in quanto tale, va in parte respinto ed in parte dichiarato inammissibile, nei sensi di seguito esposti.
Il Collegio, premesso che i ricorrenti, in riferimento al provvedimento di diniego di sanatoria, hanno dedotto censure con cinque motivi di ricorso, ritiene infondati il secondo e terzo motivo di ricorso, che appare opportuno esaminare in via unitaria: 2° violazione e falsa applicazione della L. n. 241/1990, eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, violazione falsa applicazione degli artt. 338 R.D. n. 1265/1934 e 28 della L. n. 166/2002, eccesso di potere per difetto dei presupposti.
Parte ricorrente lamenta che il Comune di San Nazzaro si sarebbe limitato a ripetere la motivazione del precedente provvedimento di diniego del 27 ottobre 2008, omettendo di prendere in considerazione le novità prospettate nella nuova richiesta di sanatoria e, quindi, di motivare sulle stesse. Inoltre, in violazione dell’art. 338 del R.D. n. 1265/1934, come modificato dalla L. n. 166/2002, l’amministrazione comunale non avrebbe valutato se e in quale misura l’opera in questione avesse effettivamente concretizzato una lesione per il vincolo cimiteriale di inedificabilità e, più in particolare, se le opere da sanare potessero aggravare il peso insediativo dell’area con realizzazione di volumi edilizi da considerarsi nuove costruzioni.
3° Violazione e falsa applicazione del R.D. n. 1265/1934, della L. n. 983/1957, L. n. 166/2002 e degli artt. 9 e 11 delle NTA del PRG del Comune di San Nazzaro, difetto di istruttoria e di motivazione. Ad avviso di parte ricorrente il lotto di intervento non sarebbe gravato dal vincolo cimiteriale in quanto per l’intervento per cui è causa troverebbe applicazione l’art. 9 delle NTA che farebbe salve le vecchie norme di attuazione per le lottizzazioni già approvate, tra cui quella di essi ricorrenti che stabilisce in 50 m. la fascia di rispetto cimiteriale, salvaguardando le aree edificabili secondo il vecchio PdF e già compromesse dall’attività edilizia.; l’art. 11 delle NTA, che fissa in 100 m. la fascia di rispetto cimiteriale, disciplinerebbe le nuove aree edificabili introdotte dal PRG del 2001. Tale interpretazione sarebbe suffragata dalla circostanza di fatto che i secondi 50 m. ricadenti nella lottizzazione del 1987 sarebbero urbanizzati ed edificati in modo tale da escludere ogni ipotesi di ampliamento cimiteriale per quel versante.
Il Collegio deve innanzitutto evidenziare che il provvedimento di diniego del permesso di costruire in sanatoria per cui è causa è stata adottato sulla base delle seguenti motivazioni: “….l’area oggetto d’intervento, così come già espresso con atto di diniego, giusta raccomandata prot. 3707 del 27/10/2008, secondo il Piano Regolatore Generale Comunale, approvato con decreto del Presidente dell’Amministrazione Provinciale di Benevento n. 33997 del 20/11/2001, è destinata “Vincolo Cimiteriale”.
La fascia di rispetto cimiteriale, della profondità di 100 metri, che si sviluppa a partire dal confine della zona direttamente impegnata da tale struttura, assoggetta le aree ricomprese all’assoluta inedificabilità di nuove costruzioni di qualsiasi genere. E’ tuttavia consentita la manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici esistenti nonché la realizzazione di strade, parcheggi e verde attrezzato.
Inoltre, secondo le norme di attuazione del predetto P.R.G.C., i volumi da realizzare come pertinenze, devono essere collocati al solo piano terra e non in sopraelevazione, così come riportati nei grafici allegati al progetto.”
Devono ritenersi infondate le censure di difetto di istruttoria e di motivazione in quanto, se è pur vero che il Comune di San Nazzaro ha richiamato il contenuto del precedente diniego di permesso di costruire del 2008, depositato in giudizio, adottato in riferimento alla istanza di permesso di costruire presentata da parte ricorrente in data 8 ottobre 2008, il provvedimento impugnato deve ritenersi congruamente motivato in riferimento alla successiva richiesta di permesso di costruire in sanatoria del 27 maggio 2013, in conformità a quanto previsto dall’art. 3 della legge n. 241/1990.
Deve ritenersi, infatti, che il corretto assolvimento dell’obbligo di motivazione sia realizzato, in presenza di attività vincolata della p.a. e di un vincolo di inedificabilità assoluta, attraverso il richiamo all’esistenza del vincolo ed alla consistenza delle opere realizzate, elementi sufficienti a dare conto delle ragioni del mancato accoglimento dell’istanza (cfr. Consiglio di Stato, Sezione IV, 9 marzo 2016, n. 949).
In ordine all’esistenza del vincolo cimiteriale non può innanzitutto condividersi la prospettazione di parte ricorrente ad avviso della quale non sussisterebbe tale vincolo alla luce di quanto previsto dall’art. 9 delle NTA del PRG del Comune di San Nazzaro che, per quello che in questa sede interessa, prevede: “Per i piani di lottizzazione già approvati sono fatte salve le relative Norme di attuazione.” Ciò in quanto la fascia di rispetto prevista all’epoca della lottizzazione approvata era di 50 m..
Al riguardo occorre evidenziare che la suddetta disposizione non può che essere interpretata letteralmente nel senso che sono fatte salve le vecchie norme di attuazione per gli interventi edilizi relativi ai piani di lottizzazione già approvati, in conformità al principio pacifico nella giurisprudenza amministrativa secondo il quale l’edificazione esistente all’atto dell’approvazione di una nuova disciplina urbanistica di zona non può essere legittimamente incisa, nella sua destinazione tipica come risultante dal titolo edilizio originariamente rilasciato, che deve presumersi, fino a prova contraria, conforme alle prescrizioni degli strumenti urbanistici all’epoca adottati od approvati. Insomma, com’è noto, le edificazioni già realizzate non vengono toccate dalla nuova pianificazione (cfr. Consiglio di Stato, Sezione IV, n. 18 giugno 2009, n. 4009) in quanto la disciplina urbanistica contenuta nel P.R.G. è destinata a svolgere i suoi effetti ordinatori e conformativi esclusivamente con riferimento al futuro e le N.T.A. sono, invero, atti a contenuto generale, recanti prescrizioni a carattere normativo e programmatico, che hanno la precipua funzione di essere destinate a regolare la futura attività edilizia (Cons. Stato, Sez. IV, 8 febbraio 2016, n. 475, 26 marzo 2013 n. 1702, Sez. VI, 30 giugno 2011, n. 3888 e 8 settembre 2009, n. 5258, Sez. V, 6 marzo 2007, n. 1052).
Tuttavia, pur condividendo la giurisprudenza sopra richiamata, il Collegio ritiene che la fattispecie concreta oggetto di gravame non sia sussumibile nella fattispecie astratta prevista dal citato art. 9 delle N.T.A., che concerne i piani di lottizzazione già approvati, in quanto parte ricorrente non ha provato, come era suo onere, che le opere di cui all’istanza di permesso di costruire in sanatoria per cui è causa rientrano, quanto ai tempi di realizzazione, nella convenzione di lottizzazione approvata.
Ed invero, la circostanza che il piano di lottizzazione convenzionato sia stato approvato con la delibera del Consiglio Comunale del Comune di San Nazzaro n. 26 del 23 gennaio 1987, prot. n. 248, prodotto in atti dalla stessa parte ricorrente unitamente al relativo schema della convenzione oggetto di approvazione, fa ritenere verosimile che la convenzione di lottizzazione non fosse più efficace alla data di presentazione dell’istanza del permesso di costruire in sanatoria (27 maggio 2013).
Pertanto legittimamente l’amministrazione ha ritenuto la sussistenza del “vincolo cimiteriale” (nel caso di specie 100 m.) rappresentando che la fascia di rispetto cimiteriale assoggetta le aree in essa ricomprese “all’assolutainedificabilità di nuove costruzioni di qualsiasi genere”, a nulla rilevando la circostanza di fatto, prospettata da parte ricorrente, che i secondi 50 m. ricadenti nella lottizzazione del 1987 sarebbero urbanizzati ed edificati, in modo tale da escludere ogni ipotesi di ampliamento cimiteriale per quel versante.
Al riguardo, in punto di diritto, l’art. 338 del R.D. 27 luglio 1934, n. 1265 (Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie), nel testo applicabile ratione temporis alla fattispecie oggetto di gravame a seguito delle modifiche apportate dalla L. 1° agosto 2002, n. 166, dispone: “I cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato. E’ vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell’impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge.
Le disposizioni di cui al comma precedente non si applicano ai cimiteri militari di guerra quando siano trascorsi 10 anni dal seppellimento dell’ultima salma.
Il contravventore è punito con la sanzione amministrativa fino a lire 200.000 e deve inoltre, a sue spese, demolire l’edificio o la parte di nuova costruzione, salvi i provvedimenti di ufficio in caso di inadempienza.
Il consiglio comunale può approvare, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la costruzione di nuovi cimiteri o l’ampliamento di quelli già esistenti ad una distanza inferiore a 200 metri dal centro abitato, purché non oltre il limite di 50 metri, quando ricorrano, anche alternativamente, le seguenti condizioni:
a) risulti accertato dal medesimo consiglio comunale che, per particolari condizioni locali, non sia possibile provvedere altrimenti;
b) l’impianto cimiteriale sia separato dal centro urbano da strade pubbliche almeno di livello comunale, sulla base della classificazione prevista ai sensi della legislazione vigente, o da fiumi, laghi o dislivelli naturali rilevanti, ovvero da ponti o da impianti ferroviari.
Per dare esecuzione ad un’opera pubblica o all’attuazione di un intervento urbanistico, purché non vi ostino ragioni igienico-sanitarie, il consiglio comunale può consentire, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la riduzione della zona di rispetto tenendo conto degli elementi ambientali di pregio dell’area, autorizzando l’ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici. La riduzione di cui al periodo precedente si applica con identica procedura anche per la realizzazione di parchi, giardini e annessi, parcheggi pubblici e privati, attrezzature sportive, locali tecnici e serre.
Al fine dell’acquisizione del parere della competente azienda sanitaria locale, previsto dal presente articolo, decorsi inutilmente due mesi dalla richiesta, il parere si ritiene espresso favorevolmente.
All’interno della zona di rispetto per gli edifici esistenti sono consentiti interventi di recupero ovvero interventi funzionali all’utilizzo dell’edificio stesso, tra cui l’ampliamento nella percentuale massima del 10 per cento e i cambi di destinazione d’uso, oltre a quelli previsti dalle lettere a), b), c) e d) del primo comma dell’articolo 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457.
Al riguardo la giurisprudenza amministrativa, condivisa dal Collegio, si è da tempo orientata verso il principio per cui “il vincolo cimiteriale di inedificabilità viene ad imporsi ex se, con efficacia diretta ed immediata, indipendentemente da qualsiasi recepimento in strumenti urbanistici, i quali non sono idonei, proprio per la loro natura, ad incidere sulla esistenza o sui limiti di tal vincolo”. Ed ancora è stato sottolineato che: “Poiché sia la disposizione di cui all’art. 338, primo comma, del testo unico approvato col R.D. n. 1265 del 1934 , sia quella di cui all’ art. 57 del D.P.R. n. 285 del 1990, dispongono il divieto di costruire o ampliare edifici intorno ai cimiteri, imponendo una fascia di rispetto, si deve ritenere che tali disposizioni determinino il regime giuridico delle aree rientranti nella fascia di rispetto cimiteriale e si applichino indipendentemente da quale sia la loro destinazione prevista dal piano regolatore (Cons. di Stato, Sez. IV, 22 novembre 2013, n. 5544).
Il vincolo imposto dall’art. 338 R.D. n. 1265/1934 e dall’art. 57 D.P.R. n. 285/1990 è un vincolo assoluto di inedificabilità ex lege, tale da prevalere addirittura anche su eventuali disposizioni urbanistiche contrarie (cfr. T.A.R. Toscana Firenze, Sez. III, 2 febbraio 2015, n. 181).
Trattasi di un vincolo assoluto di inedificabilità, che non consente in alcun modo l’allocazione sia di edifici, sia di opere incompatibili col vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare e che possono enuclearsi nelle esigenze di natura igienico sanitaria, nella salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati alla inumazione ed alla sepoltura, nel mantenimento di un’area di possibile espansione della cinta cimiteriale (cfr. T.A.R. Campania Napoli, Sez. IV, 14 novembre 2014, n. 5942).
Sul punto la giurisprudenza è costante (cfr. Cons. Stato, V, 14 settembre 2010, n. 6671, 30 maggio 2007, n. 1935), nell’affermare pure che esso è tale da precludere il rilascio della concessione, anche qualora essa sia richiesta in sanatoria, senza necessità di compiere valutazioni in ordine alla concreta compatibilità dell’opera con i valori tutelati dal vincolo (cfr. Consiglio di Stato, Sezione IV, 9 marzo 2016, n. 949 cit., T.A.R. Toscana Firenze Sez. III, 2 febbraio 2015, n. 184, T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. III, 18 gennaio 2012, n. 77).
Alla luce della richiamata giurisprudenza devono, quindi, ritenersi infondate le censure di cui al secondo e terzo motivo di ricorso.
Deve altresì ritenersi infondato anche il quarto motivo di ricorso con il quale parte ricorrente ha dedotto le seguenti censure: violazione e falsa applicazione del R.D. n. 1265/1934, della L. n. 983/1957, L. n. 166/2002, difetto di istruttoria e di motivazione. Ad avviso di Altavilla e Soricelli, anche a voler ritenere che l’intervento oggetto di contestazione ricadesse nella zona di rispetto cimiteriale, il provvedimento di diniego sarebbe illegittimo, in quanto in tale zona sarebbero consentiti, per gli edifici esistenti, interventi funzionali all’utilizzo dell’edificio stesso tra cui l’ampliamento nella percentuale massima del 10%, trattandosi di un intervento di ampliamento rientrante nella suddetta percentuale massima del 10%.
Se è vero infatti che l’art. 338 citato prevede ipotesi nelle quali la regola generale di cui al comma 1 non opera, occorre precisare che ciò determina che il vincolo assoluto di inedificabilità non sussista quando si è in presenza dei presupposti di operatività di tali eccezioni, ma non significa affatto che laddove le ipotesi derogatorie non siano configurabili il vincolo di cui al primo comma non conservi natura di inedificabilità assoluta, preclusivo, per l’effetto, al rilascio del permesso di costruire in sanatoria per cui è causa (cfr. Consiglio di Stato, Sezione IV, 9 marzo 2016, n. 949 cit.).
Operate tali precisazioni, occorre verificare se nella specie operi l’invocata eccezione di cui all’ultimo comma dell’art. 338 del TULS.
Dalla corretta lettura dell’ultimo comma dell’articolo 338 si evince che la disposizione consente la realizzazione delle opere ivi indicate in quanto esse costituiscano “interventi di recupero ovvero interventi funzionali all’utilizzo dell’edificio stesso”. Invero, le fattispecie ivi espressamente contemplate debbono necessariamente rientrare nella predetta e più generale categoria, come dimostrato dall’inciso “tra cui l’ampliamento…”, dovendo, pertanto, costituire espressione di un intervento di recupero ovvero funzionale all’utilizzo della preesistenza.
In buona sostanza, la previsione dell’ “ampliamento nella percentuale massima del 10 per cento e i cambi di destinazione d’uso, oltre a quelli previsti dalle lettere a), b), c) e d) del primo comma dell’articolo 31 della legge …1978 n. 457” costituisce esplicitazione concreta dei contenuti dell’intervento ammissibile, il quale deve comunque presentare i caratteri del “recupero” ovvero dell’intervento “funzionale all’utilizzo dell’edificio stesso”.
Passando ad esaminare la fattispecie concreta alla luce delle suddette coordinate, occorre evidenziare che, al riguardo, i ricorrenti hanno solo sostenuto apoditticamente che l’intervento per cui è causa consiste in una sopraelevazione di un manufatto esistente, a servizio dell’abitazione anch’essa preesistente. Tuttavia i ricorrenti non hanno chiarito come l’intervento realizzato, definito nell’oggetto dell’istanza di sanatoria versata in atti “manufatto pertinenziale, in sopraelevazione a manufatto interrato autorizzato”, potesse essere qualificato quale intervento funzionale all’utilizzo dell’edificio esistente (abitazione) come richiesto dalla suddetta normativa che parte ricorrente assume violata, avendo espressamente indicato che trattavasi di manufatto “da adibire a fungaia”; in disparte, quindi, la questione che parte ricorrente non ha neppure fornito un principio di prova in ordine alla questione subordinata, alla luce della richiamata interpretazione dell’ultimo comma del citato art 338, che si trattasse di un intervento di ampliamento rientrante nella percentuale massima del 10% richiesta dalla medesima norma.
Al riguardo il Collegio ritiene che, come si evince anche dalla relazione illustrativa allegata al permesso di costruire laddove è specificato che “I lavori eseguiti e di cui si chiede il permesso di costruire in sanatoria consistono nella realizzazione di n. 4 locali oltre bagno spogliatoio e ripostiglio per attrezzature” “destinati a Fungaia e deposito semi, fertilizzanti e prodotti” il manufatto realizzato si caratterizza per una sua autonomia funzionale ed una propria autonoma identità rispetto al preesistente edificio, onde non giova né al “recupero” dello stesso né può ritenersi strumentale al suo migliore utilizzo.
Sulla base di quanto sopra esposto, deve, dunque, ritenersi che l’eccezione prevista dall’ultimo comma dell’art. 338 non operi e, pertanto, si verta nella fattispecie di vincolo assoluto di inedificabilità.
Con il quinto motivo di ricorso i ricorrenti hanno inoltre dedotto le seguenti censure: violazione e falsa applicazione del PdF del 1987 e del PRG, difetto di istruttoria e di motivazione.
Parte ricorrente premette che il provvedimento impugnato è stato adottato anche sulla base della seguente motivazione: “Inoltre, secondo le norme di attuazione del predetto P.R.G.C., i volumi da realizzare come pertinenze, devono essere collocati al solo piano terra e non in sopraelevazione, così come riportati nei grafici allegati al progetto”. Tale motivazione sarebbe illegittima in quanto l’intervento ricadrebbe nel piano di lottizzazione del 1987 sussunto nel vigente PRG con l’art. 9 delle NTA che non conterrebbero una tale prescrizione; in ogni caso, la prescrizione di PRG invocata dal Comune di San Nazzaro atterrebbe alle aree agricole, secondo l’art. 7 delle NTA stesse, mentre l’area su cui insiste l’intervento per cui è causa non sarebbe così classificata né dal PdF del 1987, né dal PRG del 2001.
Tale motivo di ricorso deve ritenersi inammissibile per carenza di interesse.
Ed infatti, come ammesso dalla stessa parte ricorrente, il provvedimento di diniego di sanatoria oggetto di impugnazione, il cui contenuto è stato sopra riportato, è basato su due motivazioni, ognuna avente valore autonomo e, quindi, ognuna da sola deve ritenersi idonea a sorreggere la legittimità del provvedimento stesso.
Costituisce, infatti, ius receptum che, nel caso in cui il provvedimento amministrativo sia sorretto da più ragioni giustificatrici tra loro autonome, è sufficiente a sorreggere la legittimità dell’atto la fondatezza anche di una sola di esse.
Inoltre nel caso in cui il provvedimento impugnato sia fondato su di una pluralità di autonomi motivi (c.d. provvedimento plurimotivato), il rigetto della doglianza volta a contestare una delle sue ragioni giustificatrici comporta la carenza di interesse della parte ricorrente all’esame delle ulteriori doglianze volte a contestare le altre ragioni giustificatrici atteso che, seppure tali ulteriori censure si rivelassero fondate, il loro accoglimento non sarebbe comunque idoneo a soddisfare l’interesse del ricorrente ad ottenere l’annullamento del provvedimento impugnato, che resterebbe supportato dall’autonomo motivo riconosciuto sussistente (cfr. T.A.R. Campania Napoli, Sez. VIII, 25 settembre 2016, n. 3854, 29 maggio 2015, n. 2791, Sez. VII, 14 gennaio 2011, n. 164).
In riferimento al primo motivo, con il quale è stata dedotta la violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990, in quanto il provvedimento di diniego di sanatoria non sarebbe stato preceduto dal preavviso di diniego previsto dalla predetta disposizione normativa, deve rilevarsi che il provvedimento di diniego di sanatoria costituisce espressione di potere vincolato rispetto ai presupposti normativi richiesti e dei quali deve farsi applicazione. Di conseguenza il mancato rispetto dell’art. 10 bis L. 241/90 non può inficiare il provvedimento impugnato qualora sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, in applicazione dell’art. 21 octies, comma 2, primo periodo della legge n. 241 del 1990, come nella fattispecie per cui è causa (cfr. T.A.R. Napoli, Sez. VIII, 19 maggio 2015, n. 2819, 12 giugno 2014, n. 3268).
Con ulteriori due motivi di ricorso i ricorrenti hanno dedotto le seguenti censure in riferimento all’ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi: 6° violazione e falsa applicazione dell’art. 338, comma 3, del R.D. n. 1265/1934 e successive modifiche ed integrazioni, incompetenza in quanto l’ordinanza di demolizione, ai sensi della suddetta disposizione normativa, avrebbe dovuto essere adottata dal Prefetto e non dal Comune.
Il motivo è infondato in quanto l’art. 338 del R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, nel testo sopra riportato, applicabile ratione temporis alla fattispecie oggetto di gravame, non contempla la competenza del Prefetto né per la demolizione, né per consentire la esecuzione di opere in deroga al vincolo di inedificabilità assoluta previsto dalla medesima disposizione normativa.
Deve, infine, ritenersi privo di pregio anche il settimo e ultimo motivo di ricorso con il quale Altavilla e Soricelli hanno dedotto l’illegittimità dell’ordinanza di demolizione in quanto affetta dal vizio di eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione.
Parte ricorrente lamenta che il capo dell’ordinanza relativa alla supposta difformità del realizzato rispetto all’assentito, per diversa distribuzione interna e per incremento della superficie utile, difetterebbe di una adeguata e sufficiente individuazione e descrizione della distribuzione interna realizzata in supposta difformità dall’assentito e dallo stesso censurato incremento di superfici, sia per sua ubicazione e sia per quantità, tanto da rendere ineseguibile l’ordine di ripristino.
Deve ritenersi infondata la dedotta censura di carenza di istruttoria risultando dal provvedimento impugnato che esso è stato adottato a seguito di quanto emerso dal verbale di accertamento effettuato dalla Polizia Municipale del Comune di San Nazzaro unitamente all’Ufficio Tecnico in data 28 maggio 2013; inoltre il Comune intimato ha provveduto a verificare che le opere per cui è causa erano state realizzate in zona soggetto a vincolo cimiteriale e che era possibile provvedere alla demolizione delle opere realizzate in assenza di permesso a costruire senza pregiudizio per quelle realizzate in conformità alla denuncia di inizio di attività.
Riguardo al dedotto vizio di difetto di motivazione, il Collegio osserva che, secondo la condivisibile giurisprudenza amministrativa prevalente, l’ordinanza di demolizione, in quanto atto dovuto e rigorosamente vincolato, non necessita di particolare motivazione, potendosi ritenersi adeguata e autosufficiente la motivazione, quando già solo sia rinvenibile la compiuta descrizione delle opere abusive, la constatazione della loro esecuzione in assenza del necessario titolo abilitativo edilizio e l’individuazione della norma applicata, come ravvisabile nel caso di specie, ogni altra indicazione esulando dal contenuto tipico del provvedimento (cfr. ex multis T.A.R. Napoli, Sez. VIII, 28 gennaio 2016, n. 538, Sez. VI, n. 315 del 23 gennaio 2012).
L’ordinanza di demolizione, dopo aver richiamato il suddetto verbale di accertamento del 28 maggio 2013, descrive i lavori eseguiti come di seguito: “1) Un piano interrato in difformità alla Denuncia di Inizio Attività DIA prot. n. 3188 del 20.08.2007, realizzando una diversa distribuzione degli spazi interni con aumento di superficie utile e senza la prescritta autorizzazione sismica”.
Al riguardo ritiene il Collegio che, contrariamente a quanto sostenuto da parte ricorrente, il contenuto dell’ordinanza sia idoneo ad individuare la parte da demolire, dovendo parte ricorrente riportare allo status quo ante il piano interrato in conformità al progetto presentato con la DIA del 2007.
Conclusivamente, per i suesposti motivi, la domanda di annullamento del provvedimento del Comune di San Nazzaro, prot. n. 1804 del 14 giugno 2013, di rigetto della domanda di permesso di costruire in sanatoria presentata dai ricorrenti, datata 27 maggio 2013, acquisita in pari data al protocollo comunale n. 1587, deve essere in parte rigettata ed in parte dichiarata inammissibile, e la domanda di annullamento dell’ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi n. 02/2013, prot. n. 1814/13 del 17 giugno 2013, deve essere rigettata.
Non essendosi costituito il Comune intimato nulla deve essere statuito in ordine al regolamento delle spese di causa.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo rigetta ed in parte lo dichiara inammissibile, nei sensi di cui in motivazione.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 16 novembre 2016 con l’intervento dei magistrati:
Italo Caso, Presidente
Fabrizio D’Alessandri, Consigliere
Rosalba Giansante, Primo Referendario, Estensore
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Rosalba Giansante
Italo Caso
IL SEGRETARIO

Written by:

Meneghini Elisa

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