Piccolo sentenziario sullo Jus Sepulcri

Ci sembra importante sufragare con autorevoli pronunciamenti della giurisprudenza, senza la pretesa di esser esaustivi, alcuni articoli pubblicati su questo sito tra cui spiccano:

  • Le traslazioni nell’ordinamento di polizia mortuaria
  • Lo Jus Sepulchri come titolo per autorizzare il trasporto funebre
  • La trslazione nell’ordinamento italiano di polizia mortuaria
  • Lo jus sepulchri come titolo nelessario per il rilascio all’autorizzazione del trasporto funebre
  • la rotazione dei posti feretro
  • Le eseumazioni straordinarie
  • Eredi o discendenti?

Nota della redazione: tutti queste sentenze sono state reperite sul web attraverso il motore di ricerca Google e sono liberamente consultabili attraverso la parola chiave “Jus Sepulchi”

 

Tribunale di Siracusa – Sentenza 19.01.2004, n. 31 – G.U. Dott Giorgio Marino:

“Al fine di distinguere lo jus sepulchri iure sanguinis dallo jus sepulchri iure successionis occorre interpretare la volontà del fondatore del sepolcro al momento della fondazione, essendo indifferenti le vicende successive della proprietà dell’edificio nella sua materialità e, in difetto di disposizione contraria, ritenere la volontà di destinazione del sepolcro sibi familaeque suae. Accertato dal giudice di merito questo carattere, il familiare acquista, iure proprio, il diritto al sepolcro imprescrittibile ed irrinunciabile sin dalla nascita che non può essere oggetto di trasferimento né inter vivos, né mortis causa, costituendosi in tal modo tra i contitolari una particolare forma di comunione, destinata a durare sino al venir meno degli aventi diritto, dopo di che lo jus sepulchri si trasforma da familiare in ereditario[39].

Lo jus sepulchri ha ad oggetto il potere di collocare le salme in un determinato sepolcro e qualora trattasi di sepolcro cd. familiare, la sua titolarità spetta in mancanza di una volontà contraria del fondatore, a tutti coloro che a lui sono legati da vincoli di sangue, determinandosi tra i vari titolari una comunione indivisibile che esclude ogni potere di disposizione del diritto da parte di taluni soltanto di essi ed anche del medesimo fondatore, così come il potere di alcuno dei titolari di vietare, consentire, o condizionare l’esercizio dello jus inferendi in sepulchrum spettante agli altri contitolari (Cassazione Civ., 27/1/1986, n. 519; Cassazione Civ. 4/5/1982, n. 2736).

 

Cass., I Sez., 16 febbraio 1988:

“Omissis…. i familiari del concessionario sono titolari di un diritto di riserva che non può essere compromesso da nessun atto di disposizione (da qui la conseguente nullità della disposizione testamentaria e l’illegittimità della deliberazione comunale che l’ha recepita).

Consiglio di Stato, sez. V, 11 ottobre 2002, n. 5505

La normativa regolamentare comunale di polizia mortuaria e sui cimiteri in tanto è legittima in quanto non viene a porsi in contrasto con la normativa regolamentare adottata dal Governo, in virtù di quanto previsto dall’art. 4 delle disposizioni preliminari al codice civile. La normativa comunale che impone, a pena di decadenza, il rinnovo della concessione cimiteriale perpetua al trascorrere di ogni trentennio è in contrasto con la disposizione di cui all’art. 93 del regolamento governativo approvato con D.P.R. n.803/1975 (il cui contenuto è stato poi ripetuto nell’art. 92 del D.P.R. 10.9.1990 n.285). Detta disposizione statale, dopo aver precisato che le concessioni cimiteriali rilasciate dopo l’entrata in vigore del regolamento, non possono avere una durata superiore ai 99 anni, salvo rinnovo, prevede per quelle anteriori, di durata superiore ai 99 anni, la facoltà di revoca da parte del Comune quando siano trascorsi 50 anni dalla tumulazione dell’ultima salma e si verifichi una grave situazione di insufficienza del cimitero rispetto al fabbisogno e non sia possibile provvedere tempestivamente all’ampliamento o alla costruzione di nuovo cimitero. Consente poi al Comune, con l’atto di concessione, di imporre al concessionario determinati obblighi tra cui quello di costruire la sepoltura entro un tempo determinato, pena la decadenza della concessione. Con la conseguenza che nella normativa statale, per le concessioni di durata superiore ai 99 anni rilasciate anteriormente al D.P.R. n.803/1975, l’esercizio del potere discrezionale di revoca nell’interesse pubblico viene ancorato a due precisi presupposti (superamento di 50 anni dall’ultima tumulazione e grave insufficienza del cimitero), che debbono concorrere entrambi per la legittimità del provvedimento di revoca, mentre la decadenza viene consentita rispetto all’inosservanza di determinati obblighi a carico del concessionario da precisare con l’atto di concessione (o con la convenzione che sovente l’accompagna).
Con l’entrata in vigore del D.P.R. n.803/1975, debbono ritenersi abrogate in parte qua le disposizioni regolamentari comunali che imponevano il rinnovo della concessione cimiteriale ogni trentennio”

 

Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Ric. n. 17/05 Sent. n.3074/06

“[omissis] …Di seguito, l’atto introduttivo propone la distinzione tra jus sepulchri jure sanguinis e jure successionis, e sottolinea che, per stabilire quale dei due sussista in concreto, occorre interpretare la volontà del fondatore, la quale, in difetto di elementi univoci, deve presumersi indirizzata ai familiari: in tal caso, allora, ciascuno di essi acquista dalla nascita lo jus sepulchri, imprescrittibile, intrasmissibile ed irrinunciabile.

Sarebbe pertanto nullo ed inefficace qualsiasi accordo, tra una parte dei discendenti del fondatore, di escluderne altri dal diritto alla sepoltura, proprio perché, in assenza di una diversa volontà, tale diritto “si trasmette jure sanguinis alla famiglia del fondatore, anche ai nondum nati alla sua morte, e non ai suoi eredi che quindi non possono, in tale qualità, disporne”

TAR Marche, con la sentenza n. 43 del 2004

““A fronte della presunta destinazione ai membri delle due famiglie, a ciascuna delle quali spettava una quota pari a 50%, estinta la classe dei familiari e dei congiunti di una delle due quote sepolcrali lo ‘jus sepulchri’, con riferimento alla famiglia del Sig. xxx, si è trasformato da familiare in ereditario, con rivivesceza dello jus successionis e la trasmissibilità del diritto per atto inter vivos o mortis causa”.

Corte d’appello di Roma, 6 febbraio 1931

“Il contenuto patrimoniale del jus sepulchri ha importanza secondaria di fronte al vincolo della destinazione imposta dal fondatore, dovendo questa essere rispettata nel senso della limitazione dell’uso fra i membri della famiglia, della inalienabilità e della indivisibilità. Né, per proporre azioni giudiziarie relativamente a quella destinazione, occorre l’appartenenza al gruppo familiare in senso stretto, e la esistenza del diritto alla sepoltura, essendo sufficiente un interesse morale a che sia rispettata la tomba in cui riposano congiunti della persona che propone l’azione”.

Tribunale Civile Sentenza 08 settembre 2005, n.751

“Il diritto alla tumulazione, che nel sepolcro ereditario si trasmette per atto inter vivos o mortis causa dall’originario titolare anche a persone non facenti parte della famiglia, nel caso di sepolcro gentilizio o familiare è attribuito in base alla volontà del fondatore con riferimento alla cerchia dei familiari destinatari del sepolcro stesso, acquistandosi tale diritto iure proprio sin dal momento della nascita e dando luogo ad una particolare forma di comunione indivisibile tra contitolari, senza poter essere trasmesso né per atto tra vivi, né per atto mortis causa, né perdendosi per prescrizione o rinuncia (nel caso di specie, l’avvenuto rilascio di concessione amministrativa di due sezioni del suolo al camposanto per la costruzione di cappella gentilizia, confermava la natura familiare della stessa e determinava la trasmissione del relativo diritto di tumulazione ai parenti legati iure sanguinis (discendenti, parenti di secondo e terzo grado rispetto al capostipite e relativi coniugi), fatta eccezione per il marito della sorella del concessionario, non avente alcun vincolo di consanguineità con quest’ultimo)”.

Consiglio di Stato, ANNO 1995, ricorso in appello n. 7212/1995

fotogramma110342872308141449 big“Omissis….Come ripetutamente chiarito dalla giurisprudenza civile (Cass., sez. un., 07-10-1994, n. 8197), nel nostro ordinamento, il diritto sul sepolcro già costruito nasce da una concessione da parte dell’autorità amministrativa di un’area di terreno (o di una porzione di edificio) in un cimitero pubblico di carattere demaniale (art. 824 c.c.) e tale concessione, di natura traslativa, crea, a sua volta, nel privato concessionario, un diritto soggettivo perfetto di natura reale, e perciò, opponibile, iure privatorum, agli altri privati, assimilabile al diritto di superficie, che si affievolisce, degradando ad interesse legittimo, nei confronti dell’amministrazione, nei casi in cui esigenze di pubblico interesse per la tutela dell’ordine e del buon governo del cimitero, impongono o consigliano alla p.a. di esercitare il potere di revoca della concessione.
Nello stesso senso, anche la Sezione ha affermato che lo ius sepulchri, ossia il diritto ad essere tumulato nel sepolcro, laddove concerne un manufatto costruito su terreno demaniale costituisce, nei confronti della p.a. concedente, un diritto affievolito in senso stretto; dalla demanialità del bene discende, infatti, l’intrinseca cedevolezza del diritto, che trae origine da una concessione amministrativa su bene pubblico (C. Stato, sez. V, 14-06-2000, n. 3313).
12 La giurisprudenza richiamata dal tribunale non suffraga affatto la tesi della cedibilità delle facoltà inerenti al ius sepulchri.
Infatti, secondo Cass., 25 maggio 1983, n. 3607, nel nostro ordinamento il diritto di sepolcro si fonda su una concessione da parte dell’autorità amministrativa di un’area di terreno o di una porzione di edificio in un cimitero pubblico di carattere demaniale in forza dell’art. 824 c.c. e tale concessione, in quanto si riferisce all’uso specifico cui l’area stessa è permanentemente destinata, crea, a sua volta, nel privato concessionario un diritto soggettivo perfetto di natura reale, nei confronti degli altri privati come tale alienabile, prescrivibile ed espropriabile, salvo le particolari limitazioni che siano previste dai regolamenti comunali, in base ai quali la concessione è stata fatta, o di essi modificativi; siffatto diritto di natura reale (superficie), iure privato è tutelabile con esperimento dinanzi alla autorità giudiziaria ordinaria di ogni azione che il particolare caso richieda, ivi compresa la revindica; iure publico è destinato ad affievolirsi nei confronti della p. a. concedente e a degradare in diritto condizionato od affievolito, qualora lo richiedano esigenze di pubblico interesse per la tutela dell’ordine e del buon governo del cimitero; pertanto la domanda del terzo che revindica il diritto di sepolcro nei confronti dell’originario concessionario non può essere accolta in mancanza dell’apposita concessione che costituisce la fonte del diritto reale preteso senza che l’occupazione dell’area (ove abusiva) sia idonea a fondare alcun diritto, trattandosi di bene soggetto al regime del demanio pubblico.
13 Ciò significa che, una volta costituita, legittimamente, la concessione di uso (ius sepulchri), la relativa facoltà gode di una protezione piena ed assoluta nei confronti dei privati. Ma nel rapporto con l’amministrazione, l’acquisto della relativa facoltà resta sempre subordinato all’adozione di un apposito provvedimento di trasferimento.
La sentenza della Cass., 30 maggio 1984, n. 3311 (anch’essa citata dalla sentenza appellata, poi, ribadisce principi pacifici in materia di ius sepulchri, definito quale diritto reale ad essere inumati o tumulati nel sepolcro gentilizio, si acquista per il solo fatto di trovarsi in quel determinato rapporto di parentela col fondatore, previsto nell’atto di fondazione; in ogni caso esso si trasmette iure sanguinis e non iure successionis ed è tutelabile con l’azione negatoria ex art. 949 c.c.
La pronuncia non stabilisce affatto la legittimità del provvedimento di volturazione della concessione, afferente ad un trasferimento inter vivos della relativa facoltà, ma chiarisce solo il criterio di individuazione dell’acquirente della facoltà, in seguito alla morte dell’originario titolare.
14 Anche la pronuncia della Cass., 29 maggio 1990, n. 5015, contrariamente a quanto ritenuto dal tribunale, non afferma affatto che la facoltà del concessionario possa essere liberamente trasferita a terzi.
Secondo tale sentenza, lo ius sepulchri, nel sepolcro gentilizio o familiare (carattere quest’ultimo, da presumersi in caso di silenzio o anche se vi sono dubbi al riguardo) è attribuito in base alla volontà del testatore in stretto riferimento alla cerchia dei familiari presi in considerazione come destinatari del sepolcro stesso, acquistandosi dal singolo iure proprio sin dal momento della nascita, per il solo fatto di trovarsi con il fondatore in quel determinato rapporto previsto nell’atto di fondazione o desunto dalle regole consuetudinarie, in ogni caso iure sanguinis e non iure successionis, e dando luogo ad una particolare forma di comunione fra contitolari, senza poter essere trasmesso per atto tra vivi né per successione mortis causa, né perdendosi per prescrizione o rinuncia; detto diritto si trasforma da familiare in ereditario solo con la morte dell’ultimo superstite della cerchia dei familiari designati dal fondatore, rimanendo soggetto per l’ulteriore trasferimento alle ordinarie regole della successione mortis causa.
Solo in via incidentale, la sentenza afferma che lo ius sepulchri, nel sepolcro ereditario si trasmette nei modi ordinari per atto inter vivos o mortis causa dall’originario titolare come qualsiasi altro bene, anche a persone non facenti parte della famiglia.
15 Nessuna sentenza della Cassazione, quindi, afferma in modo esplicito che la facoltà del concessionario di costruire e mantenere un sepolcro in area cimiteriale possa essere trasferita a terzi, per atto inter vivos, creando l’obbligo, in capo all’amministrazione, di procedere alla volturazione della concessione.

 

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Carlo Ballotta

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19 thoughts on “Piccolo sentenziario sullo Jus Sepulcri

  1. L’attività sanitaria e quella cimiteriale producono “scarti”, a questa constatazione si addiviene leggendo l’articolato del DPR 15 luglio 2003 n. 254 recante, appunto, disposizioni in materia di rifiuti sanitari e cimiteriali.

    Le parti anatomiche non sono, in effetti, considerate dal testo del DPR 10 settembre 1990 n. 285, prima si procedeva, allora, in via analogica, ed il riferimento obbligato era l’Art. 7 del DPR 285/1990 con cui si normava lo smaltimento di prodotti abortivi e da seppellimento, il cui regime autorizzativo è demandato all’Autorità Sanitaria Locale (AUSL) e non al comune di competenza, come, invece, accade per i cadaveri.

    Estensivamente vale, pur sempre l’Art. 6 del DPR 285/1990, ma a questo punto rileva il “dove” i rifiuti sanitari siano prodotti, ovvero: le parti di cadavere sono state rinvenute in luogo inidoneo alla loro permanenza ed al loro naturale ritrovamento (cioè fuori del cimitero) oppure sono il prodotto di un azione sanitaria, ossia l’amputazione?

    In molti registri cimiteriali capita sovente di incontrare questa formula linguistica: arto amputato alla persona xyz.

    La norma di diritto positivo è piuttosto lacunosa, solo circa nove anni fa con il D.M. 219/2000 lo Stato interviene in materia, nell’assoluto silenzio, invece, del DPR 285/1990.

    Le porzioni di corpo umano (organi, appendici, apparati o sezioni degli stessi) rimosse quando il titolare delle ultime sia ancora in vita si distinguono in due grandi categorie:

    1) parti anatomiche riconoscibili (arti o porzioni degli stessi)
    2) parti anatomiche non riconoscibili (lembi di tessuto, pezzi di organi interni, denti, mucose…).

    Le parti anatomiche riconoscibili ai sensi del DPR 254/2000 e così come definite dallo stesso possono esser:

    1) destinate al cimitero per lo smaltimento classico: cioè l’inumazione anche massiva. Può esser ammessa anche la cremazione “in blocco” (D.M. 1 luglio 2002) purchè con conferimento delle ceneri al cinerario comune.
    2) richieste per una sepoltura dedicata: inumazione individuale, tumulazione o cremazione con conseguente sistemazione delle ceneri secondo tutti i corollari di quest’istituto, vale a dire sepoltura in cimitero, dispersione in cimitero ex Art. 80 comma 6 DPR 285/1990, tumulazione ex Art. 80 comma 3 DPR 285/1990, conservazione a domicilio o dispersione in natura secondo le norme della Legge 130/2001 poi variamente implementate da vari provvedimenti regionali.

    Per l’atto di disposizone la persona amputata ha diritto ad esprimersi entro un certo lasso temporale piuttosto ridotto (48 ore), quindi tale diritto, essendo compresso nel tempo, degrada a mera facoltà, altrimenti provvede la struttura sanitaria di riferimento.

    Le parti anatomiche non riconoscibili sono considerate rifiuti pericolosi a rischio infettivo, e, come tali, debbono esser avviate a termodistruzione, in inceneritore e mai al crematorio.

    Le parti anatomiche riconoscibili da avviare in cimitero per l’inumazione NON debbono:

    1) esser bagnate nella formalina (meglio la refrigerazione prima del trasporto, così da inibire eventuali fenomeni percolativi.)
    2) esser avvolte in involucri non facilmente biodegradabili
    3) esser riposte nella cassa di zinco (o peggio ancora di piombo)

  2. x Carlo
    Salve carlo volevo sottoporti un attenzone al rpm 285/90, per quanto riguarda
    gli arti amputati.
    In sostanza, non se ne parla proprio.
    Mi sbaglio??
    a me sembra che ci dobbiamo rifare ad altra legge.
    saluti

  3. Il regolamento comunale di polizia mortuaria, quando omologato dal Ministero ex Art. 345 Regio Decreto 1265/1934, opera su di un livello di pari legittimazione rispetto al DPR 10 settembre 1990 n. 285 per le parti di propria competenza, ai sensi dell’Art. 117 della Costituzione.
    L’omologazione si rende pur sempre necessaria in quanto l’Art. 345 del Regio Decreto 1265/1934 è ancora pienamente vigente anche se, negli ultimi tempi, sembra imporsi una nuova filosofia, volta ad escludere dal controllo statale la materia normata nello specifico da provvedimenti regionali, come accade, ad esempio, per le regioni (quasi tutte, ormai) che abbiano affrontato autonomamente la riforma dei servizi funerari.

    Il diritto di sepolcro, in quanto personalissimo, è imprescrittibile ed incomprimibile, poichè trova una sua limitazione in pochissimi casi, si pensi ad esempio alla sopressione del cimitero o, appunto, alla procedura di decadenza, la quale, pur sempre, come ogni atto amministrativo, ai sensi della Legge 241/1990, deve esser sufficientemente motivata. Il provvedimento arbitrario ed irrazionale, quando configura la fattispecie “patologica” dell’eccesso di potere, infatti, può esser invalidato.

    La decadenza deve esser disciplinata nel dettaglio dal regolamento comunale di polizia mortuaria, in via generale vale l’Art. 63 comma 2 del DPR 285/1990, in quale circoscrive questa eventualità ai casi di abbandono ed incuria da parte dei concessionari (e non degli aventi titolo ad esser ivi sepolti).

    Quanto sorga lite o contesa tra gli aventi diritto (presumibilmente per la spartizione dei posti feretro e delle relative spese di manutenzione) il comune si mantiene estraneo alla controversia e tiene fermo lo status quo ante, aspettando un chiarimento tra le parti.

    Non si capisce chi debba esser il delegato alla gestione del sepolcro in quanto ognuno degli aventi diritto agisce in base alle proprie quote dello jus sepulchri.

    Molti regolamenti comunali di polizia mortuaria, tuttavia, per evitare l’impasse, parto dal presupposto che chiunque presenti una richiesta agisca in nome e per conto di tutti gli aventi titolo.

  4. il dirigente del settore impianti cimiteriali del comune di […..], in ossequio all’art. 65 del regolamento di gestione dei cimiteri comunali, in assenza di un delegato alla gestione del sepolcro da parte degli eredi aventi diritto, infischiandosene di eventuali disaccordi fra gli eredi e quindi impossibilitati ad eleggere un delegato, non consente la tumulazione degli aventi diritto e anzi inizia la procedura per la requisizione dello stesso sepolcro. Lo stesso se ne infischia altresì delle proteste degli operatori funebri, dell’assessore di riferimento e di tutto quanto gli ruota attorno affermando di essere nel suo pieno diritto poiche applica alla lettera il regolamento, secondo me contrario allo ius sepulchri. com’è possibile che non ci siano i presupposti legali per poterlo fermare e possibilmente, per grazia ricevuta, anche a farlo trasferire ?
    purtroppo il nostro caro sindaco è un pappamolle assolutamente inadatto a compiere qualsiasi azione, che non sia un salasso oneroso, nell’interesse del cittadino.
    attendo con ansia la vostra risposta nella speranza che almeno voi non mi abbandoniate, dopo … e …..
    grazie

  5. Il marito della sorella di mia madre ha ottenuto da un Comune in provincia di Pavia (con atto del 14.07.70) ha ottenuto la concessione perpetua per la costruzione di una tomba di famiglia, allo scopo di accogliere le spoglie mortali del concessionario stesso e dei suoi parenti ed affini fino al 4° grado.
    Ora mio zio acquisito è deceduto e la tomba di famiglia è attualmente occupata da altre salme di famiglia, con esaurimento dei posti. Io sono l’erede universale del de cuius; ho chiesto al fratello di mio zio l’autorizzazione per lo sposatamento di altre salme, affinchè venisse rispettata la volontà del defunto mio zio, ma tale autorizzazione mi è stata negata.
    La salma di mio zio deceduto si trova per il momento tumolata in un sepolcro per così dire “provvisorio” in attesa che si possa finalmente, una volta fatta chiarezza sul punto, trovare una soluzione definitiva a tale vicenda tanto contorta, quanto triste e, se si vuole, anche un po’ squallida.
    Chiedo pertanto se qualche persona esperta e competente mi possa far sapere se, come erede di mio zio deceduto (che oltre tutto era concessionario diretto nel sovracitato atto), io possa intraprendere una qualsivoglia battaglia legale affinchè sia, una volta per tutte, rispettata la volontà del diretto interessato, in modo che la sua salma possa essere tumolata nella tomba di famiglia.
    In attesa di un gentile riscontro saluto cordialmente.

  6. IN sesde di stesura e stipula dell’atto di concessione è il fondatore del sepolcro a definire la “riserva” ovvero ad ampliare o restringere la riserva di cui all’Art. 93 del DPE 295/1990 (anche se all’epoca vigeva un diverso regolamento il contenuto della norma è analogo).

    Per accedere al sepolcro occorrono 3 condizioni:

    1)Capienza fisica del sepolcro
    2)Legame di consanguineità del del cuius con il fondatore del sepolcro
    3)Assenza di disposizioni contrarie da parte del fondatore del sepolcro.

    E’è l’ordine cronologico degli eventi luttuosi (chi prima muore…meglio alloggia!) a stabilire l’uso del posti feretro.

    Eventuali ripartizioni interne con scrittura privata tra gli aventi diritto non sono elementi di diritto ed anche se notificate al comune non costituiscono titolo dirimente della controversia.

    I parenti sono titolari dello Jus Sepulchri primario e secondario, ma non possono sostituirsi al concessionario, nel modificare le regole di sfruttamento degli spazi sepolcrali.

  7. il mio bisnonno ha costruito una cappella funeraria di dodici (12) loculi per se e per i suis.il mio parente ha avuto tre figlie (tra cui mia nonna).Ora a distanza di quaranta e più anni gli altri parenti affermano che i posti sono quattro a disposizione di ogni figlia, senza dimostrare tale affermazione con relativa documentazione .L’unico documento esistente è quello dell’autorizzazione a costruire l’edicola funeraria per se et suis.
    Questi parenti hanno ragione nell’affermare che il numero del loculi spettanti a ogni figlia sia di quattro e che ogni successiva sepoltura oltre alla” quota stabilita” sia illegittima e che sia pure neccessaria la riesumazione nel caso in cui non c’è stata l’autorizzazione da parte dagli altri parenti.
    Spero che qualcuno possa fornirmi adeguate indicazioni o citazioni in sentenze.
    ringrazio anticipatamente

  8. IL comune ha facoltà e non obbligo di accettare la rinuncia, per la nuova assegnazione del tumulo liberato si seguono le procedure del regolamento comunale di polizia mortuaria. I figli del defunto “sfrattato” non vantano nessun diritto di prelazione sulla sepoltura retrocessa, mentre spetta loro disporre della spoglia del genitore, optando, magari, per una nuova tumulazione, anche in altro loco.

  9. 1) Il diritto d’uso segue lo jus sanguinis, cioé ha diritto di essere sepolto il coniuge (se ancor ain vita), anche se di seconde nozze. Poi i parenti di grado più vicino. In caso di concorrenza dello stesso grado inordine di morte.
    L’obbligo di mantenimento della sepoltura segue le regole del diritto successorio.

    Si. Ha diritto di disporre delle spoglie mortali il copniuge e, in sa mancanza, i parenti di grado più prossimo. Se concorrono parenti dello stesso grado tutti.
    E’ ordinariamente prevista la estumulazione ordinaria e straordinaria per trasferimento del cadavere inaltra sepoltura. Passati almeno 20 anni di tumulazione ci si trova di fronte ad un cambiamento: il cadavere è detto resto mortale e viene effettuata la riduzione in resti ossei, se possibile, o la cremazione, a cura e spese dell’avente diritto.
    Il comune deve accogliere la richiesta di estumulazione, se fatta da un avente titolo. Può sospendere la autorizzazione se inetrviene la conoscenza di fattiche provino che la persona non ne aveva titolo o vi era una volontà contraria del de cuius, o ancora per ordine della Autorità giudiziaria.
    I figli potevano solo accodarsi con la moglie del padre, se questa lo voleva.
    La giurispridenza la si trova, come anche le risposte a quesiti analoghi all’interno del sito http://www.euroact.net.

  10. Il sentenziario è molyo interessante ma riguarda esclusivamente le successioni per le cappelle gentilizie.
    Esiste il settore dei loculi in concessione la cui normativa in termine di successioni non è molto chiara ed al riguardo pongo alcune domande per le quali non ho rinvenuto adeguate risposte (sentenze t.ar. C.S. ecc.).

    Se il contratto di concessione fu sottoscritto dalla moglie di seconde nozze senza figli (ma con alcuni nipoti) la concessione post mortem viene trasferita ai figli del marito a ai nipoti?
    La stessa concessionaria, in vita poteva rinunciare alla concessione nonostante il loculo fosse occupato dai resti del marito (senza avvertire i fifli di quest’ultimo) ed il Comune poteva accettare la rinuncia nonostante il loculo fosse legittimamente occupato?
    Se i figli del defunto fossero stati avvertiti della rinuncia alla concessione erano in diritto di chiedere l’assegnazione di nuova concessione a loro favore, in considerazione del fatto che il loculo fosse legittimamente occupato dal loro genitore?
    Spero tanto che qualcuno possa fornirmi adeguate indicazioni o citazioni in sentenze e ringrazio anticipatamente.

    casal1950@libero.it

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