La constatazione di morte in Lombardia è una prassi ancora legittima?

Come chiarito dal paragrafo 2 della stessa Circolare regionale n. 7 del 9 febbraio 2004 la cosiddetta “constatazione di morte” non rileva ai fini di implementare tutta la procedura di polizia mortuaria riguardo ad un decesso (avviso/dichiarazione di morte all’Ufficiale di Stato C i v i l e, delimitazione del periodo d’osserva z i o n e, visita necroscopica, certificazione del decesso, licenza di seppellimento (oppure autorizzazione alla cremazione, chiusura della cassa, trasporto funebre, sepoltura (oppure cremazione e seguente destinazione delle ceneri….).

06 La “constatazione di morte” serve solo in caso di decesso in luogo pubblico (ad esempio sinistro stradale) come atto da abbinare al decreto di trasporto firmato dalla Pubblica Autorità o dall’Autorità Giudiziaria accorse sul posto.
Essa ai sensi della Circ. Reg. n. 7 del 9 febbraio 2004, deve essere compilata da un medico, non necessariamente incaricato delle funzioni di necroscopo, allorquando, vi sia il rinvenimento di un cadavere e l’autorità giudiziaria sopraggiunta sul luogo del ritrovamento debba ordinarne la rimozione ed il conseguente trasporto, (così il morto non entra in ospedale attraverso il Pronto Soccorso, ma giunge direttamente al deposito d’osservazione-obitorio-istituto di medicina legale/servizio mortuario ospedaliero (dipende da come siano organizzati in quel particolare c o mune di servizi necro s c o p i c i c o munque obbligatori ex Decreto Ministeriale 28 maggio 1993.).

In effetti ai termini dell’Art. 4 comma 5 L.R. n. 22/03 le strutture sanitarie pubbliche o private accreditate che operino in regime di ricovero in forza del quale debbono disporre di un servizio mortuario ospedaliero con le caratteristiche di cui al DPR 14 gennaio 1997, oltre alle salme ed ai cadaveri di persone ivi decedute ricevono i corpi di persone morte in luoghi pubblici o in abitazioni delle quali l’ASL abbia certificato l’antigienicità per il periodo di osservazione e per l’effettuazione di riscontro diagnostico, autopsia o altro provvedimento disposto dall’autorità giudiziaria. Pertanto, le funzioni poste dal DPR n. 285/90 in capo ai comuni in tema di obitori e depositi di osservazione transitano, in Lombardia, nell’ambito delle strutture sanitarie, ma obitori e depositi d’osservazione comunali già esistenti debbono esser mantenuti in attività (paragrafo 9 circolare regionale 30 maggio 2005 n. 21).

Tale disposizione è ripresa dall’Art.41 del regolamento regionale n. 6/04, secondo cui sono le AUSL ad i n d i v i d u a re il fabbisogno di spazi aggiuntivi per le attività necroscopiche sul territorio, mentre gli oneri sono ripartiti tra i comuni.

La norma di cui sopra s’interseca, riguardando l’affidamento di un servizio, con la materia della tutela della concorrenza che è di competenza esclusiva statale, per cui anche in tal caso si porrebbe un problema di legittimità costituzionale. Secondo altri il riferimento ai privati andrebbe limitato alle strutture sanitarie pri vat e accreditate perché solo così si giustificherebbe l’intervento regionale nell’ambito della competenza concorrente della tutela della salute.

La “constatazione di morte”, invece, se redatta nella forma prevista dal modulo allegato n. 2 alla delibera n. 20278 del 21 gennaio 2005 diventa titolo necessario e sufficiente per il trasporto a cassa aperta (durante, quindi, del periodo d’osservazione) dal luogo di morte verso:

1. Deposito d’osservazione/obitorio/ dipartimento di medicina legale.

2. Servizio mortuario ospedaliero ex DPR 14 gennaio 1997 (ossia camera ardente di istituti ospedalieri o strutture sanitarie accreditate che operino in regime di ricovero come case di cura private, ospizi…

3. Case funerarie.

4.Il domicilio del de cuius (se la morte ovviamente non è avvenuta dove il defunto abitava o abitualmente risiedeva) ai sensi dell’Art. 41 comma 5 Reg. Reg. n. 6 del 27 ottobre 2004.

L’elenco non sembra ampliabile, anche se rimane da esplorare l’ipotesi di camere ardenti allestite in luoghi pubblici (cattedrali, basiliche, municipi, sedi di associazioni o partiti politici) per esequie solenni e di particolare importanza.

Non occorre, infatti, nessun altra autorizzazione comunale da parte dell’ufficio preposto al rilascio del decreto di trasporto secondo la normativa nazionale vigente (Art. 23 DPR 285/90) ( come precisato dalla Circ.Reg. n. 21 del 30 maggio 2005).

Questo chiarimento istituzionale è molto importante perché in dottrina si riteneva che la preventiva comunicazione all’ufficiale di stato civile del comune di decesso al fosse finalizzata al rilascio dell’autorizzazione al trasporto, mentre secondo altri giuristi tale adempimento si sarebbe dovuto intendere come sostitutivo, per tali casi, dell’autorizzazione stessa.

cassone da recupero Per il trasporto salma a cassa aperta la circolare ribadisce come non serva nessun’altra autorizzazione, anche se differita nel tempo (il trasporto, quindi, non va “regolarizzato” con un’autorizzazione ex post). Il DPR 285/90 integrato poi dal paragrafo 5 della Circ. MIn. 24/03 per i trasporti necroscopici di cui all’ART: 17 disposti dalla pubblica autorità o dall’AUSL prevedeva, invece, una procedura più complessa con il decreto di trasporto sottoscritto esclusivamente dalla Pubblica Autorità (e non anche dall’ASL) e trasmesso al Comune di decesso. Il successivo decreto di trasporto del Comune a posteriori avrebbe “sanato” il precedente trasferimento dal luogo in cui la salma si trovava sino all’obitorio-deposito d’osservazione- servizio mortuario ospedaliero, citandone tutti gli spostamenti. Nulla vieta, però, che anche in Lombardia il decreto di trasporto3[4] ex Art. 24 DPR 28/90 necessario per il funerale indichi per maggior completezza tutti gli spostamenti intermedi della salma, dal luogo di decesso, a quello di osservazione ed a quello di destinazione ultima.

Naturalmente l’accertamento di morte attraverso visita necroscopica se non svolto prima del trasporto al luogo della veglia funebre sarà incombenza dell’AUSL del comune in cui si svolgerà il residuo periodo d’osservazione.

Un’interpretazione troppo formale potrebbe condurre all’impasse operativo, poiché dopo la visita necroscopica la salma è divenuta cadavere ed i cadaveri vanno trasportati a cassa chiusa, tuttavia prima del rilascio dell’autorizzazione alla sepoltura; prodromica ad ogni trattamento irreversibile sulla spoglia mortale, tutta la dottrina concorda sull’impossibilità di procedere all’apposizione di coperchi e sigilli sulla bara.

Il periodo d’osservazione, infatti, è sempre di 24 ore7 (paragrafo 2 Circ. Reg.n. 7 del 9 febbraio 2004) anche secondo l’interpretazione ufficiale del Ministero di Grazia e Giustizia che così si è espresso con nota 1 50 FG 33 114 del 12 giugno 1992 fatti salve, naturalmente, le evenienze contemplate dai regolamenti speciali, come appunto quello di polizia mortuaria, esso, infatti, per particolari situazioni (minacce alla salute pubblica) ammette una compressione temporale nella procedura per autorizzare lo smaltimento di un cadavere. (Art. 74[9] DPR 396/2000 regolamento per la revisione e la semplificazione dell’ordinamento di Stato Civile).

In Lombardia Riduzione del periodo d’osservazione compete al medico necroscopo, mentre l’Art. 10 DPR 285/90, la Legge 833/1978, il Decreto Legislativo 267/2000 ed il Decreto Legislativo 112/1998 individuano questi poteri propri dell’Autorità Sanitaria Locale in capo al sindaco.

Ai sensi il paragrafo 7 Circ. Reg.. n.21 del 30 maggio 2005 il trasporto della salma dal luogo del decesso al luogo della veglia funebre può esser effettuato solo all’interno del territorio regionale ed indipendentemente dalla circostanza che sia intervenuto o meno l’accertamento di morte attraverso visita necroscopica purché si verifichi entro la durata del periodo ordinario d’osservazione.

Per i casi residui dovrebbe applicarsi l’Art. 17 DPR 285/1990, ma Secondo parte della dottrina il DPR 285/90 avrebbe ammesso i trasporti a cassa aperta solo “intra moenia”, ossia all’interno dei confini del comune di decesso.

La Legge Regionale n. 22/03 ha eliminato la possibilità di estendere il periodo d’osservazione alle 48 ore dalla presunta morte per i casi di morte dubbia o morte apparente di cui all’Art. 9 DPR 285/90. 48 ore dalla morte, tuttavia, rappresentano il limite ultimo per la visita necroscopica ai sinsi dell’Art.40, comma 7 Reg. Reg. 6/04.

È di rilevo l’annotazione che l’osservazione è il periodo antecedente l’accertamento del decesso e solo in via subordinata si fa riferimento alle 24 ore (Art. 4 comma 1 Legge Regionale 18 novembre 2003 n. 22).

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Carlo Ballotta

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7 thoughts on “La constatazione di morte in Lombardia è una prassi ancora legittima?

  1. Il decesso di ogni persona è visto dalla società come un evento di tale importanza che la sua documentazione è ampia e minuziosa e coinvolge diverse figure e più uffici.

    Il primo atto che deve essere compiuto in occasione del decesso di una persona è la dichiarazione o l’avviso di morte ai termini dell’Art. 72 DPR n. 396/2000.

    In questo processo il medico ha funzioni esclusive (di tipo diagnostico) o può essere coinvolto come chiunque altro.

    Il medico che viene a conoscenza del decesso può essere chiamato a fare la dichiarazione nella sua veste di familiare, di responsabile o di persona informata (paragrafo 2.2 Circolare Ministeriale 24 giugno 1993 n. 24); ma ha pure il dovere d’ufficio di dichiarare la morte di un soggetto anche quando abbia motivo di pensare che le persone tenute per legge ometterebbero di inoltrare allo Stato Civile questa informazione essenziale per innescare tutto il meccanismo autorizzatorio della polizia mortuaria (decesso in ambienti sociali o culturali i quali non danno un’adeguata sicurezza sul sostanziale rispetto della norma, tanto più che il DPR n.396/2000 essendo fonte del diritto di rango secondario non può contemplare sanzioni come invece accadeva per il Vecchio Ordinamento di Stato Civile approvato con Regio Decreto n 1238/1939 ora abrogato).

    La dichiarazione di morte, anche se formalizzata dal sanitario con apposita certificazione (è la cosiddetta diagnosi di morte funzionale, per esempio, in molte regioni per autorizzare il trasporto salma a “cassa aperta”) non ha il significato della denuncia secondo la definizione medico-legale, essendo un atto che compete a qualunque persona.

    Inoltre, il valore giuridico della dichiarazione di morte è minimo, giacché l’Autorità Amministrativa (o l’Ufficiale di Stato Civile) che la riceve non attivano alcun procedimento prima di richiedere un accertamento della verità della morte (accertamento necroscopico) che può avvenire, salvo eccezioni particolari previste dalla norma, solo dopo almeno 15 ore dalla constatazione del decesso.

    Al medico che ha prestato assistenza al deceduto spetta la denuncia della causa di morte che va inoltrata al comune entro 24 ore dalla constatazione del decesso (art. 103 TULLSS; art. 1, c. 6 DPR n. 285/1990). Il certificato, redatto su apposito modello dell’ISTAT, è chiamato comunemente scheda ISTAT o scheda di morte. Il Comune trasmetterà poi la scheda all’USL.

  2. “[…omissis] L’atto di morte può essere formato anche immediatamente dopo il decesso, comunque entro le 24 ore dal decesso stesso, sulla scorta di un certificato del medico che sia intervenuto all’occorrenza o della scheda Istat, che – ai sensi dell’art.1, 9 comma, del dpr 285/1995 – ha esclusivamente finalità sanitaria, epidemiologica e statistica. Essa scheda, comunque, deve essere redatta, anche se l’atto di morte sia stato formato in base a un semplice certificato medico che attesti l’avvenuto decesso. Circa il termine di 24 ore per poter rendere la dichiarazione di morte, è stato evidenziato il dubbio sulla cogenza endogena di detta norma nel nostro sistema ordinamentale, dal momento che non è prevista alcuna sanzione in caso di inosservanza. Orbene, è vero che con il nuovo Regolamento dello stato civile è stata eliminata ogni sanzione per le contravvenzioni già previste dal Titolo XII dell’abrogato R.D. 9 luglio 1939, n. 1238, per cui si potrebbe pensare anche di superare il termine in questione atteso che non si intravedono conseguenze invalidanti per l’atto e sanzioni a carico dell’ufficiale dello stato civile, però è pur vero che vi è una norma cogente di azione che stabilisce che l’atto di morte deve essere formato entro le 24 ore dal decesso. Gli uffici pubblici sono tenuti al rispetto delle norme anche quando le stesse non prevedano sanzioni penali o disciplinari. Nei casi in cui, ad esempio, una impresa di pompe funebri sistematicamente disattende detto termine (senza dubbio non perentorio) si suggerisce di segnalare il fatto al Prefetto come Autorità di vigilanza sullo stato civile”.
    Pubblico questo stralcio di un notevole studio sulle procedure di Stato Civile per il Post Mortem pubblicato dal DR. Donato Berloco, in data dicembre 2010 e liberamente reperibile sul web per segnalare come, a giudizio di autorevole dottrina, certa prassi, per altro molto consolidata e legittimante, abbia finito con il rovesciare la tempistica formale di tutti gli adempimenti di polizia mortuaria disciplinati dal Capo I del DPR 10 settembre 1990 n. 285, senza mai dimenticare l’Art. 103 comma 1 Lettera a) del Testo Unico Leggi Sanitarie approvato con Regio Decreto 27 luglio 1934 n.1265. In altre parole sussistono elementi di una qualche isteresi burocratica (leggasi compressione temporale nella consegna del modulo ISTAT) che non vanno giudicati del tutto negativamente, purché vi sia sufficiente chiarezza semantica sulle distinzioni funzionali tra denuncia sulla causa di morte (Scheda ISTAT) e gli altri atti come certificato necroscopico, denuncia o avviso di morte o constatazione di morte i quali, a cascata innescano tutto il “meccanismo” della polizia mortuaria di competenza dello Stato Civile oggi regolato dal Titolo IX del DPR n.396/2000.

  3. Sì, mentre i controlli sul corretto confezionamento del feretro a a cura dell’ASL, di cui al al paragrafo della Circ.Min. 24 giugno 1993 n. 24 erano random, cioè a campione e casuali, oggi le nuove leggi regionali trasferiscono quest’incombenza in capo all’addetto al trasporto di cui all’Art. 23 DPR 285/1990.

    Per ogni trasporto funebre entro o fuori il comune debbono esser verificate:identità del defunto e caratteristiche tecnico costruttive della cassa (vasca e poperchiozincati, valvola depuratrive, spessore delle assi, dispositivo plastico in sostituzione della cassa metallica…) e della sula sigillatura (si pensi ad esempio al caso di infetti).

    Per la Lombardia si applica l’Art. 36 del REg. REg. 9 novembre 2004 n. 6, cos’ come specificato dalle relative circolariesplicative 7SAN del 9 febbraio 2004 21/SAN del 30 maggio 2005.

    A garanzia dell’avvenuto controllo deve esser SEMPRE apposto un sigillo, così anche come ribadito dal REg. REg. 6 febbraio 2004 adottato a modifica dello stesso Reg. Reg. 9 febbraio 2004 n. 6.

  4. Vorrei sapere, se i sigilli in cera lacca e il Verbale di chiusura feretro, vanno fatti anche per i trasporti all’interno dello stesso comune. Grazie

  5. La cosidetta “constatazione di morte”, appare e scompare quase fosse un fiume carsico nel nostro ordinamento ormai purtroppo plurilegislativo di polizia mortuaria.

    Nel Bollettino Ufficiale della Regione Trentino-Alto Adige n. 11/I-II dell’11/03/2008 è stato pubblicato il D.P.P. n. 5-112/Leg. del 12/02/2008, con cui si modifica il D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, per quanto riguarda il territorio della Provincia Autonoma di Trento.

    All’art. 3, del provvedimento, infatti, sotto la rubrica di “Accertamento della morte”, si considera preliminarmente un istituto non presente, almeno terminologicamente, nel D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, cioè la “constatazione di morte”. Si tratta della conseguenza di comportamenti di prassi, variamente presenti, e che trovavano fonte (storicamente) in funzioni dei medici “comunali” (prima del T.U.LL.SS.), cioè della figura dell’ex Ufficiale sanitario, ma che si collocano piuttosto nell’alveo della denuncia della causa di morte di cui all’art. 103, sub a) T.U.LL.SS. (che trova attuazione nell’art. 1 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285).

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