Tar Veneto, Sez. II, 15 gennaio 2014, n. 19

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Massima

Testo

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 723 del 2000, proposto da:
Boschelli Delio, rappresentato e difeso dagli avv. Stefano Baciga, Claudio Codognato, con domicilio eletto presso Claudio Codognato in Venezia-Mestre, Calle del Sale, 33;
contro
Comune di Brenzone – (Vr), rappresentato e difeso dagli avv. Giorgio Pinello, Cesare Righetti, con domicilio eletto presso Giorgio Pinello in Venezia, San Polo, 3080/L;
per l’annullamento
del provvedimento 13.12.1999, n. 11.983 di rigetto della domanda di concessione edilizia per recupero edilizio opere abusive.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Brenzone – (Vr);
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 dicembre 2013 la dott.ssa Alessandra Farina e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Espone il ricorrente, proprietario di un albergo in Comune di Brenzone, frazione di Castelletto, sulla riva veronese del lago di Garda, di aver presentato nel 1986 istanza di condono edilizio per una serie di abusi, consistenti in un manufatto con destinazione a magazzino e lavanderia; una costruzione all’interno della quale erano state ricavate tre stanze da letto con servizi igienici; un manufatto destinato a cantina e centrale termica.
L’istanza veniva tuttavia respinta, con provvedimento di diniego del 7.7.99 e successivo ordine di demolizione delle opere, datato 5.8.99.
Nelle more della definizione del ricorso proposto avanti il TA.R. avverso i provvedimenti di diniego della sanatoria, il ricorrente, come già anticipato in occasione della proposizione di detto gravame, proponeva istanza per l’esecuzione di interventi di trasformazione degli immobili non sanati, modificando le strutture abusive in porticati e strutture di sostegno del terreno esistente, onde utilizzarli in maniera diversa rispetto a quanto effettuato in precedenza.
Tuttavia, con provvedimento del 19.10.1999, prot. n. 9807, il Comune denegava il rilascio del titolo richiesto, ritenendo i lavori progettati in contrasto con la norme di attuazione del P.R.G., le quali hanno previsto per l’area interessata dagli interventi la destinazione a zona di rispetto cimiteriale, per la quale è consentita la sola costruzione di chioschi provvisori per la vendita di fiori e arredi sacri, nonché i soli interventi di manutenzione e restauro per gli edifici già esistenti..
Inoltre, veniva sottolineato come gli interventi proposti riguardassero manufatti abusivamente realizzati.
Avverso il diniego così opposto, il ricorrente con il nuovo gravame ha dedotto i seguenti motivi:
– Eccesso di potere per errore nei presupposti di fatto ed erronea applicazione della disciplina comunale relativa alle zone di rispetto cimiteriale, in quanto l’amministrazione ha erroneamente configurato gli interventi proposti, trattandosi di interventi che miravano alla eliminazione delle opere precedentemente realizzate in assenza di titolo, al fine della loro trasformazione in manufatti compatibili con la destinazione di zona, non più destinati alla residenza o all’utilizzazione da parte degli ospiti dell’albergo o a ricovero di impianti termici.
– Erronea applicazione dell’art. 338 R.D. n. 1265/34, in quanto, sebbene la norma prescriva il divieto di costruire nuovi edifici o ampliamenti di quelli esistenti nella fascia di rispetto cimiteriale, seguendo un’interpretazione maggiormente aderente alle finalità per le quali è imposto detto divieto (decoro dei luoghi di sepoltura e garanzia di adeguate condizioni di igiene), non è da escludere l’ammissibilità di interventi anche in tali ambiti, laddove tali garanzie risultino comunque assicurate.
Tale sarebbe la situazione che verrebbe a determinarsi a seguito delle trasformazioni progettate dal ricorrente, da cui il vizio di violazione di legge denunciato.
L’amministrazione intimata si è costituita in giudizio, ribadendo la legittimità dell’opposto diniego, stante la chiara ed inequivocabile previsione urbanistica di zona, che non ammette la realizzazione, anche per trasformazione, di edifici diversi da quelli strettamente connessi con il luogo di sepoltura dei defunti.
All’udienza del 18 dicembre 2013 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
DIRITTO
Con il provvedimento oggetto del presente ricorso, l’amministrazione comunale di Brenzone ha respinto la richiesta di concessione edilizia, presentata dal ricorrente al fine di procedere al recupero edilizio di alcune stanze ed accessori abusivamente costruiti in area di rispetto cimiteriale in località Castelletto.
Trattasi di interventi di trasformazione e recupero di manufatti realizzati in precedenza abusivamente, per i quali non era stato concesso il condono edilizio.
A tale riguardo va evidenziato, preliminarmente, che il diniego di condono e relativo ordine di demolizione delle opere abusive, benché impugnato con ricorso in precedenza proposto davanti a questo Tribunale Amministrativo, è stato confermato con sentenza n. 778/2011, che ha rigettato il gravame, così attestando l’abusività degli interventi per contrasto con la destinazione di zona.
La pronuncia, divenuta ora definitiva non essendo stata appellata, ha chiaramente definito il presupposto in base al quale gli interventi realizzati dal ricorrente, in una fascia destinata a rispetto cimiteriale ed espressamente disciplinata in ragione di tale peculiare destinazione delle n.t.a., non sono stati legittimamente ammessi a sanatoria (recte, condono edilizio).
Così infatti è stato ritenuto con la richiamata pronuncia: “..il condono è stato negato per l’esistenza di un vincolo d’inedificabilità (art. 33, I comma, lett. d l. 47/85) quale regolato dal precitato art. 338.
.. Questo prevede anzitutto (I comma) che “I cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato. È vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell’impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge”(I comma): peraltro, il consiglio comunale può approvare, “la costruzione di nuovi cimiteri o l’ampliamento di quelli già esistenti ad una distanza inferiore a 200 metri dal centro abitato, purché non oltre il limite di 50 metri” quando ricorrano determinate condizioni.
Il contravventore deve “demolire l’edificio o la parte di nuova costruzione, salvi i provvedimenti di ufficio in caso di inadempienza” (III comma).
… La tesi del ricorrente è che tali previsioni non si applicherebbero alle strutture non finalizzate alla stabile presenza di persone, e tali sarebbero quelle per cui è stato richiesto il condono.
… La censura va senz’altro respinta.
Anzitutto, la norma non pone alcuna distinzione: del resto, il vincolo di rispetto cimiteriale trova la sua giustificazione anche in ragioni di decoro (alla “peculiare sacralità che connota i luoghi destinati a cimitero”, si riferisce C.d.S., V, 8 settembre 2008, n. 4256), e di possibili successivi ampliamenti della struttura, oltre che in intuibili ragioni igienico-sanitarie.
È da aggiungere che sarebbe concretamente assai difficile stabilire quale tipologia di manufatto sia compatibile con i predetti motivi di tutela igienico-sanitaria: certamente non quelli oggetto della domanda di condono, parte integrante della struttura alberghiera e destinati, dunque, ad essere utilizzati con continuità dal personale e dalla clientela”.
Ciò premesso, il provvedimento di diniego qui impugnato, ha ribadito, anche per gli interventi di trasformazione proposti dal ricorrente (peraltro su manufatti già confermati come abusivi e quindi da demolire in toto), il contrasto della loro presenza con la destinazione impressa all’area sulla quale essi insistono dalle n.t.a. del vigente P.R.G., quale zona di rispetto cimiteriale, per la quale, in base al Testo Unico in materia sanitaria, n. 1265/34, è consentita la sola costruzione di chioschi provvisori con vincolo legale di precarietà per fiori ed arredi sacri, con specifiche dimensioni ivi parimenti indicate.
E’ quindi evidente che, al di là dell’eventuale osservanza delle garanzie di igiene che parte ricorrente ritiene sufficienti per consentire ugualmente la realizzazione di manufatti aventi diversa destinazione e conformazione, lo spirito della norma è quello di limitare proprio la tipologia dei manufatti da realizzare nell’ambito della zona di rispetto cimiteriale, la quale , come noto, è di per sé inedificabile, salvo le sole peculiari eccezioni di cui sopra, strettamente connesse al culto dei defunti.
Il contrasto con la destinazione di zona è quindi evidente e non superabile, anche seguendo l’interpretazione più estensiva suggerita da parte ricorrente, in quanto tali manufatti, anche se trasformati secondo il progetto di recupero presentato, esorbitano in ogni caso dalle specifiche tipologie ammesse dalle n.t.a., in perfetta aderenza alle prescrizioni del Testo Unico.
Oltre a tali considerazioni, di per sé comunque assorbenti ogni ulteriore motivazione del diniego opposto, va ribadita l’abusività dei manufatti sui quali il ricorrente intende realizzare gli interventi di trasformazione, con l’evidente conseguenza per cui trattasi di interventi non ammissibili in quanto aventi per oggetto immobili abusivi, di cui doveva già essere effettuata la demolizione.
Per tutte le considerazioni sin qui espresse quindi il ricorso non è fondato e va respinto.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la parte ricorrente alla refusione delle spese di lite a favore dell’amministrazione intimata, liquidandole nella somma di € 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre oneri ed accessori.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 18 dicembre 2013 con l’intervento dei magistrati:
Oria Settesoldi, Presidente
Alessandra Farina, Consigliere, Estensore
Giovanni Ricchiuto, Referendario
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)