Norme correlate: Art. 92 d.P.R. 10/9/1990, n. 285
Massima
La sopravvenienza di norme quali quelle contenute nel nuovo regolamento di polizia mortuaria di cui al DPR n. 285/1990, non può di per sé costituire motivo per una modificazione in senso restrittivo delle facoltà a suo tempo concesse agli interessati dalla P.A. per l’uso perpetuo di un privato sepolcro, ostandovi il generale principio di irretroattività della legge, salva ovviamente la potestà pubblica di revocare la concessione per ragioni di pubblico interesse (TAR Emilia Romagna, Bologna, sez. II, 25 novembre 1993, n. 616).
Testo
TAR Piemonte, Sez. II, 6 aprile 2001, n. 794
Pubblicata il 6 aprile 2001
Sent. n. 794/2001
R.G. n. 1412/92
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte – 2^ Sezione – ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 1412/92 proposto da BUECHI Gualtiero, rappresentato e difeso dall’avv. prof. Andrea Comba e dall’avv. prof. Mario Comba ed elettivamente domiciliato presso il loro studio, in Torino, via Mercantini n. 6,
contro
il Comune di Torino in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Maria Antonietta Caldo e Mariamichaela Li Volti, presso lo studio il quale ha eletto domicilio in Torino, p.zza Palazzo di Città n. 1,
e nei confronti
della sig.ra Monateri Emma, cointeressata, non costituita in giudizio;
per l’annullamento,
dell’atto prot. 341/C del Comune di Torno (rectius: Torino, N.d.R.), Servizi cimiteriali, in data 8 maggio 1992 con cui è rifiutata al ricorrente l’autorizzazione alla riesumazione di una salma sita nella sepoltura a sterro n. 72.C e 72.D del cimitero acattolico di Torino, nonché di ogni altro atto presupposto, consequenziale o connesso con quello impugnato.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore il dott. Bernardo Massari;
Comparsi, alla pubblica udienza del 22 marzo 2001, l’avv. Mario Comba, per la parte ricorrente e l’avv. Spinelli, per delega dell’avv. Caldo, per l’Amministrazione resistente.
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Riferisce il ricorrente di essere titolare per successione mortis causa di una concessione perpetua di sepoltura, originariamente rilasciata dal Comune di Torino, in data 30 novembre 1918, ai sigg. Giovanni Buechi Geiger e Giacomo Buechi Jucker, nel cimitero acattolico della città.
In data 14 aprile 1992 il ricorrente richiedeva al Comune l’autorizzazione alla esumazione, dal loculo n. 4 del sepolcro, della salma della sig.ra Emma Jucker Buechi, deceduta nel 1918.
Con l’atto in epigrafe indicato l’Amministrazione comunale competente comunicava il diniego al rilascio dell’invocata autorizzazione.
Contro tale atto ricorre il sig. Buechi chiedendone l’annullamento, con vittoria di spese e deducendo i motivi che
seguono:
1. Insufficiente e contraddittoria motivazione.
2. Errata interpretazione della concessione rilasciata il 30 novembre 1918 n. 257.
2. Violazione del DPR 21 ottobre 1975 n. 803.
3. Violazione dell’art. 87 del DPR 21 ottobre 1975 n. 803.
Eccesso di potere.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata opponendosi all’accoglimento del gravame.
Alla pubblica udienza del 22 marzo 2001 i procuratori delle parti hanno insistito nelle proprie tesi ed il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Viene impugnato l’atto, in epigrafe specificato, con il quale il Comune di Torino ha sostanzialmente respinto l’istanza del ricorrente volta ad ottenere l’autorizzazione alla esumazione della salma della sig.ra Emma Jucker Buechi, deceduta nel 1918, dal loculo n. 4 del sepolcro di cui alla concessione originariamente rilasciata, in data 30 novembre 1918, ai sigg. Giovanni Buechi Geiger e Giacomo Buechi Jucker, nel cimitero acattolico della città.
Afferma l’Amministrazione, nell’atto in controversia, che “avendo i concessionari d’origine vincolato a perpetuità tutti i posti componenti la sepoltura in oggetto” l’eliminazione di tale vincolo, previo accordo di tutti gli eredi, costituisce la condizione necessaria per addivenire ad un positivo riscontro della richiesta dell’interessato, dovendo, peraltro, in tal caso ritenersi compiuta anche una novazione oggettiva del titolo originario del provvedimento concessivo.
L’argomentazione appena riferita viene contestata dal ricorrente secondo il quale, nella circostanza, assume decisivo rilievo l’interpretazione da assegnare alle disposizioni della concessione rilasciata agli originari titolari, secondo criteri logici e letterali in virtù dei quali non sarebbe possibile confondere l’evidente riferimento in essa contenuto ai posti della sepoltura, ossia ai loculi in cui è suddivisa, con quello ai depositi di essa, vale a dire ai resti mortali dei soggetti in essa custoditi.
L’assunto di parte ricorrente merita di essere condiviso.
In buona sostanza la questione sulla quale occorre pronunciarsi, con preliminare ed assorbente rilievo rispetto alla necessità prospettata dall’Amministrazione di una mutazione della concessione da perpetua a novantanovennale, è quella della corretta interpretazione delle clausole della concessione rilasciata nel novembre del 1918 ai sigg.ri Buechi, alla luce della volontà dai medesimi manifestata ed accettata dalla stessa Amministrazione.
Si osserva, in primo luogo, che l’interpretazione degli atti amministrativi soggiace alle stesse regole dettate dagli artt. 1362 e segg. cod. civ. per l’interpretazione dei contratti, tra le quali ha carattere preminente quella legata all’elemento letterale, avuto riguardo al potere che, in concreto e al di là del nomen iuris, l’Amministrazione ha inteso esercitare, tenuto anche conto di quanto può razionalmente intendere il destinatario dell’atto (Cass. civ., sez. II, 12 novembre 1998, n. 11409; Cons. Stato, sez. IV, 31 maggio 1999, n. 325).
Va inoltre considerato che la sopravvenienza di norme quali quelle contenute nel nuovo regolamento di polizia mortuaria di cui al DPR n. 285/1990, non può di per sé costituire motivo per una modificazione in senso restrittivo delle facoltà a suo tempo concesse agli interessati dalla P.A. per l’uso perpetuo di un privato sepolcro, ostandovi il generale principio di irretroattività della legge, salva ovviamente la potestà pubblica di revocare la concessione per ragioni di pubblico interesse (TAR Emilia Romagna, Bologna, sez. II, 25 novembre 1993, n. 616).
Orbene, secondo il R.D. 25 luglio 1982 n. 448, recante le norme del Regolamento di polizia mortuaria, in vigore al momento della sottoscrizione della concessione, “il posto per sepolture private potrà essere concesso per tempo determinato o a perpetuità”.
Inoltre, il disciplinare della stessa concessione (art.1) pone ad oggetto della medesima, con vincolo perpetuo, “due sepolture particolari a sterro della capacità complessiva di quattro fosse per adulti e quattro fosse per infanti”, soggiungendo (art.5) che “i concessionari sono informati dell’obbligo di pagare la maggior tassa di lire cinquanta per ogni tumulazione che si faccia in più degli otto posti di cui sono capaci le sepolture”.
Tanto premesso appare allora evidente che il vincolo di perpetuità non può che essere riferito al sepolcro o, meglio, ai singoli spazi (o posti) di cui esso è composto e nei quali andranno collocate le salme dei defunti, essendo, peraltro, dubbio che una diversa volontà, legata alla collocazione di queste ultime, possa venire in rilievo da parte di un soggetto che non sia il diretto interessato, atteso il carattere particolare dello ius sepulchri quale diritto soggettivo autonomo e distinto rispetto al diritto reale sul manufatto funerario da presumersi di carattere non ereditario, ma familiare (Cass. civ. sez. I, 16 febbraio 1988, n. 1672).
Per le considerazioni esposte il ricorso deve, pertanto, essere accolto con conseguente annullamento dell’atto impugnato.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza secondo la liquidazione fattane in dispositivo.
P. Q. M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte – 2^ Sezione – accoglie il ricorso in epigrafe indicato e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato.
Condanna il Comune di Torino al pagamento delle spese di lite, determinate in £. 2.000.000.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Torino, nella camera di consiglio del 22 marzo 2001, con l’intervento dei signori:
– Luigi Montini – Presidente
– Bernardo Massari – Referendario, estensore
– Donatella Scala – Referendario
f.to Montini f.to Massari
Il Direttore di Segreteria
f.to Ruggiero
Depositata in Segreteria a sensi di Legge il 6 aprile 2001
Il Direttore della Sezione
f.to Ruggiero