Consiglio di Stato, Sez. V, 20 marzo 2001

Norme correlate:
Art 7 Legge n. 241/2000
Art 8 Legge n. 241/2000
Art 32 Legge n. 142/1990

Testo completo:
Consiglio di Stato, Sez. V, 20 marzo 2001
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
II Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Quinta Sezione ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 5318/1995 proposto da Ada Menarmi, rappresentata e difesa dagli avvocati Renato Salimbeni, Flavia Pozzolini e Piero D’Amelio, elettivamente domiciliata presso quest’ultimo in Roma, via G.B. Vico n. 29,
CONTRO
il Comune di Sesto Fiorentino, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Natale Giallongo e Fabio Lorenzoni, elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo, alla via Alessandria n. 130, in Roma;
PER L’ANNULLAMENTO E LA RIFORMA
della sentenza del TAR – Toscana, sez. I , del 9 marzo 1995, n.239;
Visto l’atto di appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dall’appellato Comune di Sesto Fiorentino;
Viste le memorie depositate dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti di causa;
Relatore il consigliere Paolo De Ioanna all’udienza del 20 marzo 2001;
Uditi gli avvocati Sciacca, su delega dell’avv. D’Amelio e Loria, su delega dell’avv. Lorenzoni;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
II Comune di Sesto Fiorentino aveva concesso in uso perpetuo, negli anni 1940-41, ad Augusto Mainardi, alcuni colombari posti nella cappella Chiostri del Cimitero Maggiore.
Con delibera di Giunta, si è disposto il recupero di detti colombari, ai sensi dell’art. 54/ter del regolamento comunale di edilizia mortuaria; Ada Menarini, discendente di Augusto, ha impugnato sia la delibera di giunta che il regolamento di edilizia mortuaria, nella parte in cui consente la revoca di concessioni perpetue.
In sostanza, la ricorrente in primo grado ha dedotto tre motivi: incompetenza della Giunta ad adottare misure nella materia de qua; violazione delle norme in materia di comunicazione di avvio del procedimento; violazione delle norme, di legge e di regolamento, che riconoscono la legittimità delle concessioni cimiteriali a carattere perpetuo.
Il TAR – Toscana, 1a sez. ha respinto il ricorso ritenendo non fondati tutti e tre i motivi dedotti.
Ada Menarini ha proposto appello contro la sentenza del TAR – Toscana, svolgendo in sostanza gli stessi motivi: in particolare l’appellante osserva che l’erroneità della sentenza di primo grado si radica su una ricostruzione completamente errata delle norme in materia di concessioni cimiteriali, norme che consentirebbero tuttora la possibilità di riconoscere come legittime le concessioni cimiteriali ad uso perpetuo già rilasciate, le quali potrebbero essere soppresse solo se viene deliberata la soppressione di tutto l’impianto cimiteriale.
L’appello è stato trattenuto per la decisione nell’udienza del 20 marzo 2001.
DIRITTO
II primo motivo dedotto anche in appello è la violazione di legge e l’incompetenza.
La materia della concessione dei beni demaniali comunali, quali sono i colombari in causa, sarebbe di competenza del Consiglio comunale anziché della giunta.
Al riguardo, è fondata la ricostruzione operata dal giudice di prime cure dove si sottolinea la non scindibilità dell’endiadi “appalti e concessioni” richiamata nell’art. 32, lett. m) della legge 142 del 1990: pertanto i meri provvedimenti concessori, quali quelli relativi ai sepolcreti, sono di competenza della Giunta comunale e non del Consiglio.
Il secondo motivo è costituito dalla violazione degli articoli 7 ed 8 della legge n. 241 del 1990 (mancata comunicazione di avvio del procedimento).
La censura non è fondata in quanto, come osserva il giudice di primo grado, la comunicazione di avvio del procedimento ha natura strumentale, avendo la funzione di consentire all’interessato la presentazione di difese e deduzioni: ma nel caso di specie l’interessata aveva in corso un contenzioso con l’Amministrazione proprio sulla revoca della concessione: dunque non solo aveva piena conoscenza degli atti dell’amministrazione volti a recuperare i colombari, ma aveva avuto modo di rappresentare nel tempo le proprie posizioni.
II terzo motivo, che pone la questione di diritto che è alla base della sentenza di primo grado, è quella della legittimità del divieto di concessioni cimiteriali sine die.
L’art. 842, 3° comma del cod. civile include espressamente i cimiteri nel demanio comunale: è pacifico che atti dispositivi, in via amministrativa, non possono configurarsi, senza limiti di tempo, a carico di elementi del demanio pubblico.
Al riguardo, la sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione civile del 16 gennaio 1991, n. 375, richiamata nella sentenza di primo grado, ha chiarito che la concessione da parte del Comune di aree o porzioni di un cimitero pubblico è soggetta al regime demaniale dei beni, indipendentemente dalla eventuale perpetuità del diritto di sepolcro.
Pertanto, verificata l’esistenza dei presupposti, è fuori discussione che il Comune può revocare la concessione, che è connotata da poteri autoritativi incompatibili con la perpetuità della stessa.
E del resto l’art. 54/ter del regolamento comunale, che costituisce l’immediato e diretto fondamento normativo della delibera impugnata, prevedeva la revoca delle concessioni a tempo indeterminato, rilasciate anteriormente al 1° gennaio 1977, nell’ipotesi di insufficienza dei siti del cimitero.
Si tratta di una previsione del tutto coerente con l’art. 93 del DPR n. 803 del 20 ottobre 1975 (vigente al momento dell’adozione del regolamento comunale prima indicato) e con l’art. 92 del DPR n. 285 del 10 settembre 1990, che è poi intervenuto a regolamentare la materia.
Tale articolo, al comma 2, prevede che le ” concessioni a tempo determinato di durata eventualmente eccedente i 99 anni, rilasciate anteriormente all’entrata in vigore del DPR n. 803 del 1975, possono essere revocate quando siano trascorsi 50 anni dalla tumulazione dell’ultima salma, ove si verifichi una grave insufficienza del cimitero rispetto al fabbisogno del comune e non sia possibile provvedere tempestivamente all’ampliamento o alla costruzione del nuovo cimitero.”
Dunque è piuttosto chiaro: – che la cornice legislativa e regolamentare, di fonte statale, è improntata al criterio del divieto generale delle concessioni cimiteriali sine die ; – che l’art. 54/ter del regolamento comunale costituisce il coerente svolgimento di questa cornice; – che la deliberazione impugnata è stata assunta dalla giunta nell’esercizio legittimo di un potere normativamente strutturato, previa verifica dei presupposti di fatto che consentono la revoca delle concessioni a tempo indeterminato.
Per i motivi esposti l’appello è infondato e deve essere respinto.
Sussistono giusti motivi per compensare le spese anche nel presente grado di giudizio.
P.Q.M.
II Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione quinta, respinge l’appello in epigrafe.
Compensa tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio tenutasi nella sede del Consiglio di Stato, Palazzo Spada, il giorno 20 marzo 2001, con l’intervento dei seguenti magistrati:
Alfonso Quaranta Presidente
Andrea Camera Consigliere
Corrado Allegretta Consigliere
Aldo Fera Consigliere
Paolo De Ioanna Consigliere estensore

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