TAR Sicilia, Catania, Sez. III, 14 aprile 2009, n. 729

Norme correlate:  

Massima

Testo

Riferimenti: Cass. civ., sez. II, 29/09/2000, n. 12957; T.A.R. Veneto, Venezia, sez. III, 26/09/2006, n. 3074

Massima:
TAR Sicilia, Catania, Sez. III, 14 aprile 2009, n. 729
In materia di cappelle gentilizie, tra i familiari aventi diritto al sepolcro “iure sanguinis” si costituisce una particolare forma di comunione che è destinata a durare sino al venir meno degli aventi diritto, nel qual caso lo jus sepulchri si trasforma da “familiare” in “ereditario”. Nel caso di sepolcro gentilizio o familiare, da distinguersi rispetto al sepolcro ereditario, la identificazione dei soggetti titolari del diritto primario di sepolcro o “ius sepulchri” è fatta in base alla volontà del fondatore in stretto riferimento alla cerchia dei familiari presi in considerazione come destinatari del sepolcro eretto.
In caso di silenzio o di dubbio deve presumersi il carattere gentilizio, e non ereditario, del sepolcro. Ove manchi da parte del fondatore l’indicazione dei destinatari del sepolcro familiare, il diritto ad esservi seppelliti viene riconosciuto, in base a norme consuetudinarie di remota origine, a tutti i discendenti maschi del fondatore per linea maschile e loro mogli, alle discendenti femmine per linea maschile rimaste nubili, con l’esclusione in ogni caso dei mariti delle discendenti femmine e dei collaterali, anche se fratelli del fondatore, a meno che, limitatamente però a questi ultimi, il fondatore sia morto senza figli o altri discendenti.
Il diritto ad essere inumato o tumulato nel sepolcro familiare si acquista per il solo fatto di trovarsi con il fondatore nello specifico rapporto previsto nell’atto di fondazione o desunto dalle regole consuetudinarie.
Alla morte dell’ultimo superstite compreso nella cerchia dei familiari del fondatore di un sepolcro gentilizio il diritto si trasferisce secondo le ordinarie regole della successione “mortis causa”.
«6) Si consideri che la Corte di Cassazione ha da tempo evidenziato come in materia di cappelle gentilizie (qual si presume essere quella in esame) tra i familiari aventi diritto al sepolcro “iure sanguinis” si costituisce una particolare forma di comunione che è destinata a durare sino al venir meno degli aventi diritto, nel qual caso lo jus sepulchri si trasforma da “familiare” in “ereditario” (cfr. Cass. Civ., sez. II, 29 settembre 2000 n. 12957). Ed in quest’ultimo caso, il sepolcro non può – di regola – non entrare nella normale disponibilità giuridica dell’erede. Il T.A.R. Veneto, a sua volta (cfr. Venezia, sez. III, 26 settembre 2006, n. 3074), ha perspicuamente osservato che:
– nel caso di sepolcro gentilizio o familiare (carattere questo da presumersi nel caso di silenzio o anche di solo dubbio al riguardo), da distinguersi rispetto al sepolcro ereditario, la identificazione dei soggetti titolari del diritto primario di sepolcro o “ius sepulchri” è fatta in base alla volontà del fondatore in stretto riferimento alla cerchia dei familiari presi in considerazione come destinatari del sepolcro eretto;
– ove manchi da parte del fondatore l’indicazione dei destinatari del sepolcro familiare,il diritto ad esservi seppelliti viene riconosciuto – in base a norme consuetudinarie di remota origine – a tutti i discendenti maschi del fondatore per linea maschile e loro mogli, alle discendenti femmine per linea maschile rimaste nubili, con l’esclusione in ogni caso dei mariti delle discendenti femmine e dei collaterali, anche se fratelli del fondatore, a meno che, limitatamente però a questi ultimi, il fondatore sia morto senza figli o altri discendenti;
– il diritto ad essere inumato o tumulato nel sepolcro familiare si acquista per il solo fatto di trovarsi in quel determinato rapporto col fondatore, previsto nell’atto di fondazione o desunto dalle regole tradizionali sopra ricordate, in ogni caso “iure sanguinis” e non “iure successionis”;
– lo “ius sepulchri” si concentrerà infine nelle mani dell’ultimo superstite compreso nella cerchia dei familiari, qualunque sia il suo vincolo col fondatore, sì che alla sua morte il diritto seguirà le sorti del trasferimento secondo le ordinarie regole della successione “mortis causa”, quale parte del suo patrimonio.»