Norme correlate:
Massima
Testo
Norme correlate:
Art 340 Legge n. 2248/1865
Testo completo:
TAR Calabria, Sez. II, 11 maggio 2004, n. 1061
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Sez. II
alla presenza dei Signori:
LUIGI ANTONIO ESPOSITO – Presidente
PIERINA BIANCOFIORE – Primo referendario rel.
EZIO FEDULLO – Referendario
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso n. 454/2003 proposto da Nicola D’ALOTTO rappresentato e difeso dall’Avv. Vincenzo RINA ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Maurizio BARBERIO in Catanzaro, Vico II, P.zza Roma n. 15,
contro
il Comune di Rocca Imperiale in persona del Sindaco legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. Pietro POMPAMEO ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Luigi CIAMBRONE in Catanzaro alla Via Otranto, n. 4,
per l’annullamento
della deliberazione n. 247 del 31 dicembre 2002 con la quale la Giunta comunale ha proceduto alla rescissione in danno del contratto di appalto per la realizzazione e gestione del servizio di illuminazione votiva del Cimitero comunale e dei provvedimenti connessi e conseguenti;
VISTO il ricorso con i relativi allegati;
VISTO l’atto di costituzione in giudizio della resistente Amministrazione comunale;
VISTE le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
VISTI gli atti tutti della causa;
VISTA l’ordinanza n. 224 dell’8 maggio 2003 con la quale è stata respinta la richiesta di sospensione del provvedimento impugnato;
VISTA l’ordinanza n. 270 dell’8 luglio 2003 con la quale è stata respinta la richiesta di appello avverso la predetta ordinanza del T.A.R.;
Relatore alla Camera di Consiglio del 2 aprile 2004 la dr.ssa Pierina BIANCOFIORE; uditi altresì i difensori delle parti come da verbale di udienza;
RITENUTO in fatto ed in diritto quanto segue:
FATTO E DIRITTO
Il ricorrente, titolare di una ditta per la gestione dell’impianto votivo nel cimitero comunale di Rocca Imperiale, ha impugnato il provvedimento col quale è stata disposta la rescissione del contratto di appalto, con conseguente acquisizione degli impianti al patrimonio comunale e con rivalsa sulla polizza di garanzia. Il provvedimento è motivato a causa della circostanza che la ditta si è mostrata inadempiente nell’effettuare i versamenti nelle casse comunali relativi alla percentuale sugli introiti pattuita nel contratto.
La ditta ricorrente ha dedotto la carenza assoluta di motivazione e la violazione degli articoli 29 del D.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, della L. 20 marzo 1865, n. 2248 ed egli articoli 27, 28 e 29 del R.d. 25 maggio 1895, n. 350.
In buona sostanza ha lamentato che l’atto era completamente immotivato, in quanto non poteva essere sufficiente un semplice richiamo a presunte inadempienze contrattuali per giustificare la rescissione del contratto di appalto, anche perché in realtà la ditta ha sempre saldato anche più del dovuto e oltre tutto le norme regolatrici dei contratti pubblici prevedono che per l’avvio del procedimento di rescissione del contratto occorra una formale dichiarazione in tal senso effettuata dalla P.A.
L’Amministrazione comunale, costituitasi in giudizio, ha confutato ogni doglianza ed ha chiesto la reiezione del ricorso.
Venuta la richiesta di sospensione alla Camera di Consiglio dell’8 maggio 2003 è stata respinta con ordinanza confermata dal Consiglio di Stato.
Il ricorso è stato trattenuto per la decisione all’udienza pubblica del 2 aprile 2004 alla quale il Collegio ne ha rilevato l’inammissibilità per difetto di giurisdizione.
Infatti l’impugnativa tende a rimettere in discussione la decadenza dall’appalto con conseguente rescissione in danno del contratto stipulato tra la ditta ricorrente e l’amministrazione comunale per la realizzazione e la gestione del servizio di illuminazione votiva nel Cimitero comunale. Esattamente dal contratto accluso in atti si evince che la ditta ricorrente doveva provvedere alla costruzione dell’impianto e che a norma del capitolato speciale doveva pure provvedere alla gestione dello stesso, corrispondendo al Comune un canone pari al 35% dell’incasso netto annuale da liquidare a fine di ciascun anno.
Secondo quanto stabilito dagli articoli 6 e 7 della L. 19 luglio 2000, n. 205 sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie relative a procedure di affidamento di lavori, servizi e forniture, per cui la vicenda concernente l’inadempimento dei canoni e cioè del tutto susseguente a tutta la questione relativa all’affidamento dei lavori e del servizio, così come portata in giudizio dinanzi al T.A.R. non appare rientrare nella giurisdizione di tale giudice.
Conforme in tal senso anche la Cassazione la quale ha affermato come gli articoli 6 e 7 della L. n. 205 del 2000, nel devolvere alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie relative alle procedure di affidamento di appalti pubblici, si riferiscono alla sola fase pubblicistica dell’appalto (compresi i provvedimenti di non ammissione alla gara o di esclusione dei concorrenti), ma non riguardano anche la fase relativa all’esecuzione del rapporto. (Cassazione civile, sezioni unite, 18 aprile 2002, n. 5640) La Corte nel prosieguo ha pure specificato che rientra pertanto nella giurisdizione del giudice ordinario la cognizione della controversia sorta a seguito dell’impugnazione da parte dell’appaltatore della rescissione del contratto intimata dalla p.a.
Più di recente il T.A.R. del Lazio ha anche chiarito che l’atto di rescissione di un contratto di appalto, adottato da una p.a. ai sensi dell’art. 340 della L. 20 marzo 1865, n. 2248 all. F, non ha portata di provvedimento autoritativo ma inerisce ad un rapporto giuridico di diritto privato e quindi a situazioni giuridiche riconducibili a posizioni di diritto soggettivo in cui le due parti si raffrontano su un piano paritetico e per le quali la sede naturale di tutela è il giudice ordinario. (T.A.R. Lazio, sez. III, 21 gennaio 2003, n. 278).
Per quanto sopra il ricorso va dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione.
Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese di lite ed onorari.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria – Sezione Seconda definitivamente pronunziando sul ricorso in epigrafe, lo dichiara inammissibile.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza venga eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Catanzaro nella Camera di Consiglio del 2 aprile 2004.