TAR Campania, Napoli, Sez. VII, 6 giugno 2007, n. 6469 [1]

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Massima

Testo

Norme correlate:
Art 7 Legge n. 241/1990

Testo completo:
TAR Campania, Napoli, Sez. VII, 6 giugno 2007, n. 6469
REPUBBLICA ITALIANA
In NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania,
Napoli, sezione settima
composto dai Magistrati:
dott. Francesco Guerriero, Presidente
dott. Arcangelo Monaciliuni, Consigliere, rel.
dott. Carlo Polidori, Referendario
ha pronunciato la seguente
Sentenza
sul ricorso n. 8606/2005 Reg. gen. proposto da Musto Amalia, rappresentata e difesa, per mandato a margine dell’atto introduttivo del giudizio, dagli avv.ti Giuseppe Viparelli e Simona Viparelli, con domicilio eletto in Napoli, via Piedigrotta, n. 23
contro
il Comune di San Giorgio a Cremano, in persona del sindaco p.t., rappresentato e difeso, per mandato a margine dell’atto di costituzione in giudizio ed in virtù di delibera di g.m. n. 467 del 20.12.2005 e di determina dirigenziale n. 463 del 29.12.2005, dagli avv.ti Lucia Cicatiello ed Adele Carlino, con domicilio ex lege presso la segreteria di questo giudice
per l’annullamento
della deliberazione della giunta municipale di San Giorgio a Cremano n. 739 del 1 settembre 1998, formalmente comunicata alla ricorrente con plico postale del 28-29 luglio 2005, nonché avverso ogni atto o provvedimento ad essa presupposto, preordinato, connesso o conseguente;
Visto il ricorso ed i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione intimata e l’annessa produzione;
Visti gli atti tutti di causa;
Udito il relatore, cons. Arcangelo Monaciliuni;
Uditi, altresì, alla pubblica udienza del 6 giugno 2007, i procuratori delle parti, come da verbale d’udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto:
FATTO
A mezzo del ricorso in esame, notificato il 14 novembre 2005 e depositato il 9 dicembre successivo, la sig. ra Amalia Musto, nella dichiarata qualità di figlia ed erede del sig. Arturo Musto, deceduto e già titolare di concessione per un loculo sito nel cimitero di san Giorgio a Cremano, si duole della deliberazione n. 739 del 1 settembre 1998, formalmente comunicatale con plico postale del 28-29 luglio 2005, recante la decadenza dalle concessioni cimiteriali avute rilasciate in epoca pregressa di una serie di concessionari, fra i quali il genitore (come detto, defunto e dante causa) della ricorrente, che non avevano ottemperato all’obbligo di rendere, a pena di decadenza, apposita dichiarazione di accollo delle spese di manutenzione.
Il gravame è affidato a due mezzi di impugnazione, volti a denunciare la violazione dell’art. 7 della l. 241 del 1990 e l’abuso di potere, non potendo presumersi una volontà di rinuncia in carenza di notifica dell’avvio del procedimento.
L’amministrazione comunale si è costituita in giudizio e, in particolare con memoria depositata il 17 maggio 2007, ha replicato agli assunti attorei, previamente eccependo l’irricevibilità del ricorso in quanto (nel 2005) tardivamente proposto rispetto alla data di conoscenza legale del provvedimento impugnato (la delibera n. 739 del 1.9.1998), asseritamente a collocarsi al momento della sua pubblicazione all’albo pretorio (avutasi per quindici giorni decorrenti dal 7 settembre 1998);
Parte ricorrente ha concluso con memoria depositata il 25 maggio 2007, insistendo sulla fondatezza del gravame.
Alla pubblica udienza del 6 giugno 2007, il ricorso è stato chiamato e trattenuto in decisione.
DIRITTO
1) Il ricorso va dichiarato inammissibile per mancata impugnativa degli atti presupposti di seguito indicati, (già) essi direttamente ed immediatamente lesivi.
Ed invero, il provvedimento in questa sede esso solo impugnato dichiara sì la decadenza dei concessionari, fra i quali la parte qui oggi ricorrente, che non avevano ottemperato all’obbligo di rendere, a pena di decadenza, apposita dichiarazione di accollo delle spese di manutenzione, ma esso costituisce prosieguo meramente esecutivo di determinazioni risalenti all’anno 1996 e recanti prescrizioni lesive in via diretta ed immediata della posizione dei concessionari che non avessero adempiuto.
2) Il primo provvedimento emanato in riferimento alla vicenda è infatti costituito dall’ordinanza comunale n. 106 del 4 aprile 1996, versata agli atti del giudizio, che ha ordinato ai concessionari ed agli aventi diritto “di provvedere entro novanta giorni dalla data della presente ordinanza alla ristrutturazione, a propria cura e spese, dei loculi avuti in concessione, con l’espressa avvertenza che trascorso detto termine senza che si stato provveduto, il Comune dichiarerà la decadenza dalle concessioni con la perdita di qualsiasi diritto da parte del concessionari ed i resti mortali verranno traslati, a cura del Comune, in appositi loculi di transito e posti a disposizione degli aventi diritto per un periodo di un anno, dopo di che saranno collocati nell’ossario comune senza possibilità in futuro di eventuale recupero”.
Detta ordinanza reca, in chiusura, la precisazione che essa sarebbe stata “affissa, ad ogni effetto di legge, per trenta giorni all’albo pretorio del Comune ed a quello del cimitero e pubblicizzata con l’inserzione per estratto sui quotidiani “Il Mattino” e “La Repubblica” in un giorno festivo”, oltre che direttamente notificata a mezzo raccomandata a r.r. ai presunti concessionari o ai loro eredi aventi causa “ove l’individuazione degli stessi sia possibile o desumibile dagli atti di concessione giacenti presso l’archivio della direzione dei servizi cimiteriali”.
In appresso, “essendo pervenuto un numero esiguo di istanze” all’esito della procedura quale innanzi effettuata e “ritenuto opportuno riaprire i termini”, il Comune ha adottato una nuova ordinanza, la n. 352 del 28 ottobre 1996, anch’essa in atti, che reitera le statuizioni sopra riportate e dispone, questa volta, la sola affissione dell’ordinanza “per ogni effetto di legge, per giorni 30 all’albo pretorio del Comune ed a quello del cimitero, oltre che a mezzo di manifesti murali per le vie cittadine”, senza quindi più oltre prevedere la notifica individuale.
Peraltro, secondo l’amministrazione resistente la legittimità di siffatta forma di pubblicità, che non impone le notifiche individuali, si trae a monte dall’art. 63 del d.P.R. 285 del 1990, oltre che da apposite prescrizioni del regolamento comunale di polizia mortuaria, anch’esso depositato in stralcio agli atti del giudizio.
3) Orbene, di tali prescrizioni, in particolare riferimento a quelle recate dal secondo provvedimento, che ha soppresso ogni forma di onere di notifica individuale, palese si evidenzia la necessità di una impugnativa, nel caso utilizzando lo strumento dei motivi aggiunti.
È in tale sede, infatti, che la civica amministrazione ha normato quella “presunzione di una volontà di rinuncia in carenza di notifica dell’avvio del procedimento”, di cui qui parte ricorrente lamenta l’illegittimità. Dette statuizioni, quindi, se pur in una all’atto dichiarativo degli effetti prodottisi automaticamente non essendo stata manifestata la contraria volontà di adempiere, andavano necessariamente impugnate a pena di inammissibilità del gravame (ove, come avvenuto) rivolto solo avverso l’atto esecutivo a valle.
4) Aggiungasi che, ove si fosse dovuto ritenere ammissibile il ricorso, in ogni caso l’atto impugnato, anche in applicazione dell’art. 21 octies della l. n. 241 del 1990, mai avrebbe potuto essere annullato in quanto la possibilità di disporre unilateralmente la decadenza in presenza di abbandono della sepoltura per incuria o per morte degli aventi diritto è prevista dall’art. 70 del regolamento cimiteriale del Comune, anch’esso in atti. E che tale circostanza si sia qui verificata appare difficile negare, né peraltro vi è cenno alcuno in proposito nel ricorso, dovendo invece convenirsi con la resistente amministrazione che la ricorrente “non si recava frequentemente al cimitero”, posto che afferma di essere venuta a conoscenza degli atti sopra descritti e della loro esecuzione “solo dopo sei anni”.
5) In definitiva, come anticipato, il ricorso va dichiarato inammissibile per mancata impugnativa dei cennati atti presupposti e lesivi.
Le spese di giudizio possono comunque essere compensate per giusti motivi.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania – Sezione Settima dichiara inammissibile il ricorso in epigrafe.
Compensa le spese di giudizio.
Ordina che la presente ordinanza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli, nella camera di consiglio del 6 giugno 2007.
Dott. Francesco Guerriero, Presidente
Dott. Arcangelo Monaciliuni, Consigliere, rel. est.