Consiglio di Stato, Sez. V, 30 giugno 2014, n. 3273

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Consiglio di Stato, Sez. V, 30 giugno 2014, n. 3273
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso iscritto in appello al numero di registro generale 7991 del 2013, proposto dalla Saie S.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Maurizio Zoppolato e Marco Napoli, con domicilio eletto presso Zoppolato & Associati in Roma, via del Mascherino, n. 72;
contro
Comune di Varese, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avv. Mariano Protto, Massimiliano Ferrari ed Ignazio Pagani, con domicilio eletto presso il primo in Roma, via Cicerone, n. 44;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA – MILANO, SEZIONE III, n. 2245/2013, resa tra le parti, concernente affidamento in concessione del servizio di cremazione presso il Cimitero di Giubiano;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Varese;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 maggio 2014 il Cons. Nicola Gaviano e uditi per le parti l’avv. Angelo Clarizia, su delega dell’avv. Marco Napoli, ed altresì l’avv. Mariano Protto;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La Saie S.r.l. proponeva ricorso dinanzi al T.A.R. per la Lombardia impugnando la determinazione n. 833 del 10 settembre 2012, notificatale il successivo giorno 13, con la quale il dirigente responsabile dei servizi amministrativi ed istituzionali del Comune di Varese l’aveva esclusa, per difetto del requisito della capacità tecnica, dalle successive fasi della procedura ristretta avente ad oggetto “l’affidamento della concessione del servizio di cremazione presso il Cimitero di Giubiano e prestazioni accessorie”.
Venivano altresì impugnati il bando di gara ed il relativo disciplinare.
Degli atti oggetti di gravame veniva dedotta l’illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili, chiedendosene l’annullamento.
La ricorrente domandava anche la condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danno, in forma specifica o, in subordine, per equivalente.
Si costituiva in giudizio ex adverso il Comune di Varese, che eccepiva l’inammissibilità e l’infondatezza dell’impugnazione proposta e ne chiedeva il rigetto.
La domanda cautelare formulata dalla ricorrente, respinta dal T.A.R., veniva accolta in appello dalla Sezione, che ammetteva la ricorrente con riserva al prosieguo della procedura.
All’esito del giudizio il Tribunale adìto, con la sentenza n. 2245/2013 segnata in epigrafe, respingeva il ricorso, reputandolo infondato.
Seguiva avverso tale decisione la presentazione del presente appello da parte della soccombente, che riproponeva le proprie censure e domande e criticava gli argomenti con cui il primo Giudice le aveva disattese.
Il Comune si costituiva in giudizio in resistenza all’impugnativa della società anche in questo grado, reiterando le proprie eccezioni di inammissibilità dell’originario ricorso, finite assorbite, e deducendo, inoltre, l’inammissibilità di alcuni dei motivi d’appello e comunque l’infondatezza di tutte le doglianze avversarie, concludendo per la conferma della decisione appellata.
L’appellante, dal canto suo, riprendeva le proprie tesi insistendo per l’accoglimento del gravame e l’annullamento dell’impugnata esclusione.
Le parti sviluppavano le rispettive tesi mediante ulteriori scritti.
Alla pubblica udienza del 13 maggio 2014 la causa è stata trattenuta in decisione.
Rileva la Sezione che la sicura infondatezza dell’appello consiglia di concentrarsi subito sulla disamina dei suoi motivi, prescindendo dal vaglio delle svariate eccezioni di inammissibilità opposte dall’Amministrazione appellata.
1 La controversia verte sul significato da assegnare alla clausola del bando della procedura in narrativa riflettente il requisito di capacità tecnica.
La prescrizione di cui si tratta era quella dell’avere svolto “con buon esito certificato dall’ente concedente, nell’ultimo quinquennio (2008-2012) almeno un servizio – sia in appalto che in concessione – analogo a quello messo a gara (gestione del servizio di cremazione di cadaveri/resti mortali/resti ossei con conduzione dei relativi impianti) per la durata di almeno 12 mesi consecutivi durante i quali dovrà essere dimostrata l’esecuzione di almeno 1000 cremazioni”.
La ricorrente, all’atto della richiesta di invito, nel dichiarare il possesso del requisito aveva allegato a comprova la gestione dell’impianto crematorio da essa espletata in favore del Comune di Massa, gestione che si era sviluppata dal 1° dicembre 2009 al 30 settembre 2011 conducendo al compimento di un numero di cremazioni pari, rispettivamente, a 41 nel 2009, 521 nel 2010 e 497 dal 1° gennaio al 30 settembre 2011.
La Stazione appaltante sin dall’avvio del procedimento di esclusione le aveva però opposto che il requisito di capacità tecnica previsto dal bando esigeva, precisamente:
a) lo svolgimento nel periodo in riferimento di uno o più servizi di cremazione;
b) che almeno uno dei servizi svolti fosse stato di durata di almeno 12 mesi consecutivi;
c) che, infine, durante i suddetti dodici mesi consecutivi dovevano essere state effettuate almeno 1000 cremazioni.
Veniva altresì precisato che lo specifico requisito di capacità tecnica prescritto rispondeva “alla necessità dell’amministrazione di garantirsi un operatore che disponga non solo di un’esperienza di durata adeguata sotto l’aspetto di durata del servizio (almeno 12 mesi consecutivi) ma anche sotto l’aspetto della capacità di gestione di un impianto analogo a quello oggetto di concessione per numero di cremazioni (1000 in dodici mesi)”.
L’Amministrazione nel proprio atto di esclusione opponeva, inoltre, l’impossibilità di valorizzare il contenuto della dichiarazione rilasciata dal Comune di Busto Arsizio, fatta pervenire dalla ricorrente solo il 30 agosto 2012 (ossia dopo l’avvio del procedimento di esclusione), dove si attestava che “nel periodo dal 16.01.2012 al 09.07.2012 (e quindi prima del termine di scadenza per la presentazione delle richieste di invito) sono state eseguite n. 725 cremazioni”. In proposito il Comune adduceva, infatti :
– che tale nuova dichiarazione era pervenuta oltre il termine perentorio di presentazione delle richieste di invito;
– che la stessa non sarebbe stata riconducibile ad una mera integrazione documentale, trattandosi invece di un documento relativo alla dimostrazione di un requisito di accesso alla procedura, e non di un adempimento meramente formale;
– che, in ogni caso, “nel merito la dichiarazione presentata non modifica la posizione sostanziale del candidato in quanto il servizio dichiarato ha durata inferiore ai dodici mesi (alla data di scadenza del termine di presentazione delle richieste di invito) ed il numero delle cremazioni nel periodo dichiarato non risulta pari a 1000 come richiesto dai documenti di gara…”.
2 La prima contestazione che viene ripresa con il presente appello, contenuta nel primo profilo del primo mezzo, riguarda l’ampiezza dell’arco temporale entro il quale la lex specialis esigeva che fosse stata raggiunta la soglia delle “almeno 1000 cremazioni”.
2a Al riguardo, il Tribunale ha reputato corretta la lettura della Stazione appaltante secondo la quale il suddetto arco temporale si identificava, giusta la clausola sopra ricordata, in “12 mesiconsecutivi”.
Il primo Giudice ha fatto sul punto le seguenti, ragionevoli considerazioni.
“La sola lettura della disposizione rende evidente che il requisito richiede che: 1) nell’ultimo quinquennio la concorrente abbia svolto almeno un servizio (quindi anche più di uno) analogo a quello messo a gara; 2) che il servizio sia durato almeno 12 mesi consecutivi; 3) che nell’arco dei dodici mesi consecutivi, ossia senza soluzione di continuità, la concorrente abbia eseguitoalmeno1000 cremazioni. … In ogni caso, resta ferma la necessità che il numero minimo sia raggiunto nell’arco di dodici mesi consecutivi, sicché la tesi della ricorrente, secondo la quale il numero minimo dovrebbe essere conseguito nel quinquennio, è destituita di ogni fondamento, con conseguente infondatezza della censura di cui si tratta.”
2b Con il corrente appello si allega che questo capo della pronuncia in epigrafe sarebbe contraddittorio, in quanto all’avverbio “almeno”, impiegato più volte nella clausola, verrebbero dati due significati diametralmente opposti: quando riferito ai servizi tale avverbio sarebbe inteso, correttamente, come “non meno di” un servizio; quando riferito, invece, all’arco temporale utile per il conseguimento della soglia numerica delle cremazioni, esso sarebbe arbitrariamente letto, al contrario, come “non più di” 12 mesi.
La ricorrente deduce, per contro, che se l’avverbio, quando riferito al numero di servizi espletati, viene debitamente inteso nel senso che la soglia minima di cremazioni possa essere raggiunta anche cumulando più servizi, allo stesso modo l’identico temine, quando riferito “alla durata di (…) 12 mesi consecutivi”, dovrebbe essere interpretato nel senso che il servizio/i valutabile/i per il raggiungimento della soglia delle cremazioni potrebbe essere apprezzato anche lungo un arco di tempo di durata superiore all’anno.
2c La contraddittorietà così denunziata, tuttavia, non sussiste.
La premessa interpretativa da cui muove la prospettazione di parte ricorrente è, invero, erronea.
La clausola del cui senso si discute esige, giova ripeterlo, che nel quinquennio di riferimento sia stato svolto “almeno un servizio … analogo a quello messo a gara … per la durata di almeno 12 mesi consecutivi durante i quali dovrà essere dimostrata l’esecuzione di almeno 1000 cremazioni”.
Un simile testo denota allora con immediatezza che l’espressione “durante i quali”, che ha la funzione di definire l’arco di tempo utile alla maturazione della soglia minima delle cremazioni eseguite, si riferisce solo alla precisa grandezza di “12 mesi consecutivi”, senza richiamare prima di essa anche l’avverbio “almeno”.
Non può ammettersi, in altre parole, che la formulazione “durante i quali” equivalga ad “almeno 12mesi consecutivi”, come sostiene invece la ricorrente quale presupposto delle proprie tesi.
Se così fosse, difatti, l’arco di tempo concesso per la maturazione del contingente minimo di cremazioni sarebbe stato determinato in modo del tutto innaturale ed irrazionale.
Il requisito in discorso ha la funzione di domandare un preciso livello minimo di consistenza della pregressa esperienza di settore delle concorrenti, obiettivo che l’interpretazione seguita dal primo Giudice linearmente soddisfa.
Se si adottasse l’interpretazione proposta dalla ricorrente, per converso, la Stazione appaltante avrebbe concesso un arco di tempo utile per la maturazione del numero minimo di cremazioni avente durata, in definitiva, quinquennale: ma la lex specialis si sarebbe riferita a tale durata solo con la formula, quanto mai contorta ed irragionevole, di “almeno 12 mesi consecutivi” nell’ultimo quinquennio. E con l’ulteriore anomalia che l’espressione “durante i quali”, cui è affidata nell’economia della clausola la funzione di definire proprio l’arco di tempo più volte detto, non cesserebbe di riferirsi, per il fatto di essere stata declinata al plurale, alla grandezza dei “12 mesiconsecutivi”, in luogo di quella dell’ “ultimo quinquennio”.
L’unica interpretazione ragionevole della clausola alla luce della connessione logica delle parole che la compongono è, pertanto, quella privilegiata dal primo Giudice, la cui interpretazione non presenta quindi contraddizioni di sorta.
2d L’appellante deduce, inoltre, che l’opposta lettura da essa patrocinata sarebbe imposta dal principio del favor participationis, in ossequio al quale le clausole ambigue dovrebbero essere interpretate nel senso più favorevole all’ampliamento della platea dei possibili concorrenti.
Per quanto si è appena detto, deve però recisamente escludersi che la clausola in esame avesse caratteristiche di ambiguità. Sicché anche questo rilievo critico si manifesta privo di fondamento.
2e Si conferma, allora, la necessità di convenire con il primo Giudice che ai fini della partecipazione alla procedura la soglia delle “almeno 1000 cremazioni” dovesse essere stata raggiunta entro 12 mesi consecutivi.
Donde l’inidoneità delle allegazioni fatte dalla ricorrente, in sede di richiesta di invito, a dimostrare il possesso del requisito in controversia, dal momento che il servizio prestato dalla soc. Saie per il Comune di Massa l’aveva vista attingere la soglia indicata soltanto in un orizzonte di tempo pluriennale.
3 Dopo questa prima puntualizzazione sulla materia del contendere conviene, per linearità espositiva, prima di esaminare il secondo profilo dello stesso primo mezzo d’appello, anticipare la trattazione del secondo motivo.
La censura è manifestamente infondata.
3a Con tale motivo si asserisce che l’interpretazione del T.A.R. appena confermata avrebbe assegnato al requisito in discussione un contenuto incompatibile con i principi comunitari di concorrenza, non discriminazione e massima partecipazione, richiamati dall’art. 30, comma 3, del d.lgs. n. 163/2006. Il requisito sarebbe stato del tutto ingiustificato rispetto all’esigenza di verifica dell’affidabilità dei concorrenti, oltre che distorsivo delle regole della libera concorrenza.
3b Il fatto è che il primo Giudice aveva posto a base della confutazione della corrispondente doglianza della società delle considerazioni ben precise e puntuali, avuto riguardo alle risultanze ordinatamente esposte dall’Amministrazione sin dal proprio provvedimento di esclusione.
Segnatamente, dal Tribunale era stato fatto notare in proposito quanto segue.
“In primo luogo, il bando richiedeva che la prestazione di un servizio analogo, strutturato secondo i profili temporali e quantitativi già ricordati, fosse avvenuta nell’ultimo quinquennio, ossia 2008 – 2012, quindi non è coerente prendere in considerazione il dato quantitativo solo a partire dal 2009.
Difatti, se si considera il quinquennio, in coerenza con quanto indicato nel bando, risulta una media di cremazioni superiore al numero minimo di 1000 richiesto dalla lex specialis.
Del resto, l’amministrazione, sin dalla determinazione n. 833, ha evidenziato come dal 2003 in poi il numero di cremazioni annuo fosse superiore, a volte anche di molto, a 1000 unità, con due sole eccezioni, nel 2009 e nel 2010, quando il numero era sceso sotto la soglia indicata, in ragione di periodi di “forzato fermo impianto dovuto ad anomalie di funzionamento ed interventi di ristrutturazione del forno, nonché alla compressione delle ore di lavoro degli addetti ai quali è stata ridotta la possibilità di operare in orario straordinario” (doc. 8 di parte ricorrente).
Ne deriva, che il riferimento a 1000 cremazioni nell’arco di 12 mesi, quale requisito di capacità tecnica, è tutt’altro che sproporzionato, perché rappresenta le concrete esigenze dell’amministrazione, come emerge non solo dai dati esplicitati dalla stazione appaltante, ma anche dalla lettura dei documenti prodotti dalla ricorrente.
Né la violazione del canone di proporzionalità può essere correlata alla necessaria valorizzazione di un solo servizio, in quanto, come più volte ricordato, la mera lettura della clausola contestata, evidenzia la necessità dello svolgimento in 12 mesi di almeno un servizio, così consentendo che il numero minimo di cremazioni nell’arco di 12 mesi consecutivi venga conseguito in esecuzione di più servizi.
Contrariamente a quanto dedotto dalla ricorrente, neanche il riferimento alla necessaria esecuzione del numero minimo di cremazioni nell’arco di 12 mesi consecutivi viola il principio di proporzionalità, in quanto corrisponde alle effettive esigenze dell’amministrazione, corrispondendo all’entità delle cremazioni da anni eseguite e documentate dal Comune nell’arco di 12 mesi.”
Con il che il T.A.R. aveva posto dunque in piena luce l’appropriatezza e la proporzionalità dello standard di capacità tecnica richiesto dalla legge di gara.
3c Ciò posto, è di tutta evidenza come con il presente motivo d’appello la soc. Saie non si sia misurata in alcun modo con le circostanziate considerazioni che erano state svolte dalla sentenza impugnata sul punto in rilievo, ma abbia affidato il proprio assunto circa la supposta carenza di giustificazione del requisito ad asserzioni del tutto astratte ed apodittiche.
Conseguentemente anche questo aspetto dell’appello, non valendo a far emergere alcun vizio nella decisione in epigrafe, dev’essere senz’altro disatteso.
4 Il secondo profilo del primo mezzo d’appello riguarda la possibilità di conseguire il numero minimo di cremazioni prescritte anche mediante più di un servizio.
4a Secondo la ricorrente, se il Comune avesse accordato con chiarezza la possibilità di cumulare le cremazioni effettuate nell’espletamento di più servizi, essa società avrebbe potuto agevolmente allegare ab origine di aver eseguito nel corso del 2012 ben 1253 cremazioni complessive, presso i due impianti di Massa e di Busto Arsizio. Indicazione da essa non fornita in occasione della richiesta di invito sol perché il Comune aveva, invece, “costantemente sostenuto che il requisito delle 1000 cremazioni riguardasse il c.d. “contratto di punta” ”.
La ricorrente torna perciò a lamentare la scarsa chiarezza della lex specialis anche su questo aspetto, desumendone che l’Amministrazione avrebbe dovuto fare esercizio del proprio dovere di soccorso, tanto più per il fatto che ci si trovava ancora nella fase di prequalificazione di una procedura ristretta. Onde la sua integrazione documentale del 30 agosto 2012, riflettente il servizio fornito presso il Comune di Busto Arsizio, avrebbe dovuto essere ammessa.
4b La Sezione ritiene, tuttavia, che la sentenza appellata meriti conferma anche sotto questo profilo.
Il Tribunale ha fatto invero correttamente osservare che la lettera della legge di gara era univoca anche per questa parte : “ … la tesi, secondo la quale il bando impone che il numero minimo di cremazioni sia raggiunto nello svolgimento di un solo servizio, non trova alcun riscontro nella lex specialis, dove si richiede espressamente lo svolgimento di “almeno un servizio”, quindi anche più di uno, purché il servizio o i servizi abbiano avuto una durata di “almeno 12 mesi consecutivi”, ossia senza soluzione di continuità ed abbiano condotto, in tale arco temporale, all’esecuzione di “almeno 1000 cremazioni”.
La concorrente che nell’arco di dodici mesi avesse svolto più servizi analoghi a quello in gara, quindi, avrebbe ben potuto cumularli ai fini del raggiungimento del numero minimo di cremazioni previsto dal bando, il chiaro disposto della legge di gara non lasciando spazio ad interpretazioni diverse.
Se è vero, inoltre, che il Comune aveva mostrato di voler seguire una lettura diversa della propria clausola, è però soprattutto vero che una simile (infondata) interpretazione non era stata prospettata in anticipo, quando cioè essa avrebbe potuto influenzare gli adempimenti delle imprese in sede di predisposizione delle richieste di invito, ma solo nel prosieguo del procedimento. Di conseguenza la ricorrente non è in condizione di giovarsene, non potendo ascrivere al Comune di averla indotta a credere di poter fare riferimento al solo contratto “di punta”.
In realtà, il fatto che l’attuale appellante abbia fatto riferimento esclusivo, nella propria richiesta di invito, al servizio prestato presso il Comune di Massa va imputato all’errore in cui essa è incorsa – per sua esclusiva responsabilità – sulla durata dell’arco di tempo utile per la maturazione del contingente minimo di cremazioni. Ove in tale errore non fosse caduta, infatti, essa avrebbe immancabilmente compreso che l’unico modo di conseguire, da parte sua, il numero minimo prescritto di cremazioni nei 12 mesi era quello di cumulare più servizi.
Nemmeno da questa angolazione emergono, perciò, estremi tali da poter integrare le condizioni del dovere di soccorso ad opera della Stazione appaltante.
La sentenza appellata è condivisibile, infine, anche nella parte in cui fa notare come la società abbia vantato il servizio svolto presso il Comune di Busto Arsizio solo dopo la comunicazione di avvio del procedimento di esclusione, ossia ben oltre il termine previsto dalla lex specialis. Sicché l’Amministrazione legittimamente ha ritenuto che un’ipotetica valorizzazione, da parte sua, del relativo documento, riguardante la dimostrazione di un requisito di accesso alla procedura da documentare, invece, nel termine perentorio, si sarebbe sostanziata in un’inammissibile violazione del canone della parità di trattamento delle imprese.
5 La soluzione data al punto oggetto di disamina nel precedente paragrafo esime il Collegio, infine, dall’esame del terzo motivo d’appello, avente natura condizionata.
Con tale mezzo si è riproposta un’articolata critica di illegittimità del bando soltanto sul dichiarato presupposto che questa Sezione -discostandosi dal T.A.R. sul punto- concludesse che il requisito delle “almeno 1000 cremazioni” avrebbe dovuto essere maturato nell’espletamento di un unico servizio.
Essendo la Sezione pervenuta, invece, alla più estensiva conclusione opposta, non è rinvenibile alcun interesse a sostegno del motivo.
6 Per le ragioni esposte, in conclusione, l’appello deve essere integralmente respinto, siccome infondato.
Si ravvisano, tuttavia, ragioni tali da giustificare anche per questo grado di giudizio la compensazione delle spese processuali tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe, lo respinge.
Compensa tra le parti le spese processuali del presente grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 13 maggio 2014 con l’intervento dei magistrati:
Carlo Saltelli, Presidente FF
Fulvio Rocco, Consigliere
Nicola Gaviano, Consigliere, Estensore
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
Carlo Schilardi, Consigliere
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)