Consiglio di Stato, Sez. V, 22 aprile 2024, n. 3605

Massima

La cremazione costituisce servizio pubblico anche se, al tempo, non elencato all'art. 1 T.U. di cui al R.D. 15 ottobre 1925, n. 2578, elenco che aveva carattere esemplificativo e non tassativo. consentendo ai comuni di estendere il catalogo dei servizi pubblici anche ad attività non comprese tra i servizi obbligatori o tra quelli elencati dal legislatore. La qualificazione di servizio pubblico locale non è ostacolata dalla circostanza che, all'epoca, non esisteva una norma di fonte primaria che lo considerasse in tali termini.

Testo

Pubblicato il 22/04/2024
N. 03605/2024REG.PROV.COLL.
N. 03439/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 3439 del 2023, proposto da
Società per la Cremazione di Torino APS – SOCREM Torino, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Riccardo Montanaro e Laura Ferrua Magliani, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Torino, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giuseppina Gianotti e Susanna Tuccari, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Giuseppina Gianotti in Torino, via Corte D’Appello n. 16;
Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, non costituito in giudizio;
nei confronti
AFC Torino S.p.a., Patrigest S.p.a., non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte (Sezione Prima), 17 gennaio 2023, n. 61, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Torino;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 ottobre 2023 il Cons. Giorgio Manca e uditi per le parti gli avvocati Ferrua, Magliani e Gianotti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con sentenza 17 gennaio 2023, n. 61, il Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte ha respinto quattro ricorsi proposti dalla Società per la Cremazione di Torino (di seguito Socrem) per l’annullamento della revoca della concessione del servizio di cremazione svolto a Torino, che il Comune di Torino ha adottato al fine di affidare il medesimo servizio con procedura di evidenza pubblica.
1.1. La società riferisce di aver ricevuto dal Comune di Torino (con deliberazione della Giunta Municipale del 14 ottobre 1886) la concessione della “facoltà di erigere nei terreni compresi nel perimetro del Camposanto generale (ora Cimitero Monumentale) il Tempio crematorio ed i locali per la conservazione delle ceneri”. Con successiva convenzione del 5 luglio 1978, il Comune ha concesso alla medesima società, in uso gratuito e per una durata novantanovennale, un’ulteriore area di 3.380 metri quadrati presso il Cimitero Monumentale, per la costruzione, a propria cura e spese, di un nuovo impianto crematorio e di cellette per le ceneri.
1.2. L’attività di Socrem, quindi, sarebbe esercitata da un tempo precedente all’entrata in vigore delle norme che hanno dapprima qualificato la cremazione come servizio pubblico a domanda individuale (art. 12, comma 4, del decreto-legge 31 agosto 1987, n. 359, introdotto dalla legge di conversione 29 ottobre 1987, n. 440) e, successivamente, hanno previsto la gestione dei crematori da parte dei Comuni (art. 6, comma 2, della legge 30 marzo 2001, n. 130: «La gestione dei crematori spetta ai comuni, che la esercitano attraverso una delle forme previste dall’articolo 113 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267»).
1.3. Con convenzione stipulata nel 1989, e rinnovata nel 1994 per la durata di venti anni, il Comune ha affidato a Socrem anche il servizio di cremazione negli impianti realizzati dalla stessa società nell’area oggetto di concessione presso il Cimitero Monumentale.
Successivamente, tre le stesse parti, è stato stipulato un apposito contratto per la gestione del servizio di cremazione, ai sensi dell’art. 113, comma 14, del TUEL, dal 1 aprile 2007 al 31 dicembre 2009.
1.4. Con deliberazione del 22 dicembre 2014, sulla base del parere richiesto all’Autorità garante per la concorrenza e il mercato (AGCM), il Consiglio Comunale di Torino ha approvato la revoca delle concessioni a favore della Socrem (di cui alle citate deliberazioni del Consiglio 5 ottobre 1886 e della Giunta 14 novembre 1977), a far data dall’individuazione del nuovo gestore, all’esito della gara per l’affidamento del servizio di cremazione.
1.5. Con ricorso innanzi al T.a.r. per il Piemonte, Socrem ha impugnato la predetta deliberazione, denunciandone l’illegittimità sotto plurimi profili.
2. Con successiva deliberazione del 18 febbraio 2020, la Giunta Comunale ha deliberato di procedere alla valutazione degli impianti concessi alla ricorrente e dei relativi impianti asserviti al servizio, mediante affidamento a terzi del servizio di valutazione patrimoniale degli stessi, nonché per la redazione del piano economico e finanziario (PEF) da allegare alla relazione di cui all’articolo 34, commi 20 e 21, del decreto-legge n. 179 del 2012, come convertito dalla legge n. 221 del 2012.
Anche tale deliberazione è stata impugnata dalla Socrem, con autonomo ricorso al T.a.r. per il Piemonte.
3. Con determina dirigenziale del 21 ottobre 2021, il servizio relativo alla valutazione degli immobili e degli impianti è stato affidato alla società Patrigest S.p.a.
La Socrem ha proposto altro separato ricorso per l’annullamento anche della predetta determinazione.
4. Il Tribunale amministrativo, riuniti i ricorsi, ha ritenuto infondate tutte le censure dedotte dalla società Socrem, essenzialmente sull’assunto che le decisioni dell’amministrazione comunale erano incentrate sul legittimo esercizio del potere di revoca della concessione delle aree e del servizio di cremazione, per rivalutazione di interessi pubblici, in vista dell’affidamento del servizio con gara.
5. La società, rimasta soccombente, ha proposto appello con il quale reitera i motivi dedotti in primo grado, in chiave critica della sentenza di cui chiede la riforma.
6. Resiste in giudizio il Comune di Torino, il quale – dopo aver eccepito l’inammissibilità di alcune parti dell’appello (il riferimento è alle pp. 13-14 del gravame che introdurrebbero critiche non dedotte in primo grado) – conclude per la reiezione dell’appello in quanto infondato.
7. All’udienza pubblica del 5 ottobre 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.
8. Si può prescindere dall’esame delle eccezioni di rito sollevate dal Comune appellato, stante la infondatezza nel merito del gravame.
9. Con il primo motivo (cfr. pp. 11- 14 dell’atto di appello), l’appellante critica la sentenza nella parte in cui non ha riconosciuto l’esistenza di un diritto originario di Socrem (così definito dall’appellante) alla gestione del servizio di cremazione, con la proprietà esclusiva degli impianti di cremazione. Il servizio, fin dal 1886, non sarebbe mai svolto in concessione; per cui, contrariamente a quanto sostenuto dal primo giudice, l’attività di Socrem non potrebbe essere definita come “municipalizzata” ai sensi della normativa richiamata in sentenza (vale a dire: l’art. 12, comma 4, del decreto-legge n. 359 del 1987 e l’art. 6, comma 2, della legge 30 marzo 2001, n. 130), norme che si applicherebbero unicamente ai crematori di nuova istituzione (realizzati in proprio dai Comuni o affidati a terzi nelle forme di affidamento dei servizi pubblici) e che comunque presupporrebbero un affidamento a terzi, che nel caso di Socrem non ricorrerebbe posto che questa svolgerebbe il servizio in forza di un diritto originario che non ha subito alcuna “municipalizzazione”. Le convenzioni stipulate tra Socrem e il Comune di Torino si sarebbero limitate a regolare una sorta di contratto di servizio, stabilendo i reciproci rapporti; gli impianti crematori appartengono a Socrem, che esercita l’attività di cremazione in base ad un diritto originario che non si basa su alcuna concessione o affidamento da parte dell’amministrazione comunale. La conferma della proprietà dei beni immobili costruiti da Socrem si ritrova anche nelle predette convenzioni che definiscono le strutture in argomento come “proprietà della Socrem“.
Ne conseguirebbe che il Comune non poteva né revocare né mettere a gara un servizio che non ha mai municipalizzato. Il Comune avrebbe potuto solamente procedere mediante esproprio; oppure – ammesso e non concesso che si tratti di concessione – mediante il riscatto degli impianti ai sensi degli articoli 24 e 25 del regio decreto n. 2578 del 1925 (recante «Approvazione del testo unico della legge sull’assunzione diretta dei pubblici servizi da parte dei comuni e delle provincie») e del D.P.R. 4 ottobre 1986, n. 902 («Approvazione del nuovo regolamento delle aziende di servizi dipendenti dagli enti locali»), che – anche dopo il d.lgs. 23 dicembre 2022, n. 201 – sarebbero ancora in vigore.
10. Con il secondo motivo (cfr. pp. 15-20 dell’atto di appello), l’appellante censura la sentenza anche per aver ritenuto non applicabili alla fattispecie le norme in materia di riscatto, sopra citate; e invece, erroneamente, ha ritenuto che al servizio di cremazione di Socrem si applichi il disposto dell’art. 34, comma 21, del decreto-legge n. 179 del 2012 e dall’art. 13 del decreto-legge n. 150 del 2013 (che da ultimo avrebbe previsto la cessazione ope legis, alla data del 31 dicembre 2014, degli affidamenti di servizi pubblici non conformi ai requisiti previsti dalla normativa europea).
11. Con il terzo motivo (pp. 20-23 dell’atto di appello), l’appellante sostiene altresì che non sarebbe applicabile al caso di specie l’art. 21-quinquies della legge n. 241 del 1990, non trattandosi di revoca della concessione ma eventualmente, come dedotto in precedenza, del riscatto della concessione.
12. I motivi, che per la loro stretta connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.
12.1. La questione fondamentale sollevata (o. meglio, riproposta) dall’appellante si riassume nello stabilire se il servizio di cremazione svolto da Socrem Torino fin dal 1886 avesse, o non, natura di servizio pubblico locale esercitato su concessione del Comune, tramite impianti di proprietà della società.
12.2. Il T.a.r. ha rammentato come nelle leggi di inizio del secolo scorso che hanno disciplinato la cosiddetta municipalizzazione dei servizi pubblici locali (disposta in particolare con la legge 29 marzo 1903, n. 103, legge Giolitti; e poi con il successivo testo unico sull’assunzione diretta dei pubblici servizi dei comuni, di cui al regio decreto 15 ottobre 1925, n. 2578) non fosse espressamente contemplato il servizio di cremazione; il quale tuttavia era preso in considerazione da altre norme sia di livello legislativo che regolamentare, essenzialmente a fini di igiene e sanità pubblica.
12.3. Peraltro, il problema di qualificazione del servizio – già all’inizio del secolo e anche prima della legislazione sopra richiamata – si presentava non con riferimento alle ipotesi in cui una norma di fonte primaria qualificava espressamente l’attività come servizio pubblico, obbligando altresì i comuni a procedere alla sua assunzione e al suo concreto svolgimento, ipotesi che non suscitava particolari questioni di qualificazione (se non sotto il profilo della individuazione delle forme giuridiche e organizzative mediante le quali i comuni dovevano attuare il servizio). La questione si prospettava, invece, soprattutto con riguardo alla facoltà dei comuni di assumere, fra i loro compiti, anche attività non comprese tra quelle che il legislatore (si pensi all’elenco di cui all’art. 1 della legge Giolitti, riproposto come art. 1 del testo unico del 1925) individuava quali servizi pubblici locali.
In ogni caso veniva sottolineato come si trattava di un elenco a carattere esemplificativo e non tassativo, che consentiva ai comuni di estendere il catalogo dei servizi pubblici anche ad attività non comprese tra i servizi obbligatori o tra quelli elencati dal legislatore.
12.4. In tale contesto, la qualificazione del servizio di cremazione svolto da Socrem Torino come servizio pubblico locale fin dalla originaria deliberazione consiliare del 14 ottobre 1886 non è ostacolata dalla circostanza che all’epoca non esisteva una norma di fonte primaria che lo considerasse in tali termini. Occorre invece procedere attraverso l‘esame della concreta disciplina dettata per il rapporto instaurato (con la citata deliberazione) tra il Comune di Torino e Socrem, da cui si evince che il Comune, fin dal primo atto del 1886, ha previsto la concessione alla società della «facoltà di erigere nei terreni compresi nel perimetro del Camposanto e designati nell’unita planimetria, il Tempio crematorio ed i locali per la conservazione delle ceneri», riservandosi espressamente il potere di revoca della concessione e di cessazione del rapporto (in particolare se «per qualsiasi motivo venga a cessare al Cimitero l’attuale sua destinazione»).
12.5. Come già riferito, inoltre, nel 1978 il Comune decise di estendere gli impianti concedendo a Socrem un’area di altri 3380 metri quadri presso il Cimitero monumentale, realizzati a spese della società.
12.6. Ma al di là delle successive vicende del rapporto ciò che appare essenziale al fine di dare una soluzione alla controversia in esame è l’accertata natura di servizio pubblico locale del servizio di cremazione svolto da Socrem, in base alla concessione rilasciata fin dal 1886 dal Comune di Torino.
Il che comporta l’assoggettamento (anche) alle successive modifiche legislative che hanno inserito il servizio tra quelli di rilevanza economica e a domanda individuale e lo hanno normativamente incluso tra i servizi pubblici locali (art. 6, comma 2, della legge 30 marzo 2001, n. 130: «La gestione dei crematori spetta ai comuni, che la esercitano attraverso una delle forme previste dall’articolo 113 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267»); e (con le previsioni di cui all’art. 34, commi 20 e 21, del decreto-legge n. 179 del 2012 e dell’art. 13 del decreto-legge n. 150 del 2011, citati) hanno imposto che per i servizi affidati a terzi senza gara – previa l’eventuale applicazione della norma di cessazione ex lege degli affidamenti diretti – l’amministrazione proceda all’affidamento mediante l’indizione di una gara a evidenza pubblica (salvo il pagamento del valore residuo degli impianti di proprietà del concessionario, come del resto deciso dal Comune di Torino che – come già segnalato – ha avviato un procedimento connesso diretto a determinare l’importo da riconoscere a Socrem).
12.7. Ne deriva come ulteriore conseguenza che la revoca delle concessioni demaniali disposta dal Comune con la deliberazione del 2014, impugnata in primo grado, assume connotati peculiari perché, come correttamente affermato dal T.a.r., la decisione – nel quadro normativo sopra sinteticamente descritto – non poteva avere un contenuto diverso da quello deliberato, la revoca imponendosi al fine di procedere all’affidamento del servizio tramite gara; con la conseguente dequotazione della omessa comunicazione di avvio del procedimento, e della violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990, al rango di vizio non invalidante, il quale – pur esistente – impedisce l’annullamento giurisdizionale del provvedimento ai sensi dell’art. 21-octies, comma 2, della legge n. 241 del 1990 (anche quando il potere esercitato ha, in astratto, natura discrezionale).
12.8. In conclusione, i motivi fin qui esaminati sono, sotto ogni profilo, infondati.
13. Per le ragioni appena enunciate, va disatteso anche il quarto motivo (pp. 23-28 dell’appello), con cui la società appellante ripropone la violazione per l’omessa comunicazione di avvio del procedimento di revoca.
13.1. Irrilevanti e comunque infondati sono infatti i rilievi dell’appellante rivolti a denunciare la asserita contraddittorietà della condotta del T.a.r. (per avere, da un lato, sollevato in udienza la mancanza di una delibera di avvio del procedimento, e, dall’altro, appurato che tale avviso di avvio non c’era mai stato, deciso di superare la problematica richiamando l’art. 21-octies), così come le critiche avverso l’affermazione per cui la delibera del 2014 non avrebbe potuto avere un contenuto diverso [posto che, ad avviso dell’appellante, alla fattispecie non sarebbe applicabile la cessazione ex lege di cui all’art. 13 del decreto-legge n. 150 del 2013, né corrisponderebbe al vero che Socrem avesse comunque partecipato alla procedura per la revoca delle concessioni (la partecipazione avrebbe riguardato solo la procedura per l’affidamento del servizio di valutazione degli immobili)].
13.2. Irrilevante, infine, date le ragioni per cui sono state ritenute infondate le censure qui esaminate, anche la critica alla sentenza nella parte in cui il primo giudice ha asserito che nel caso di specie potrebbe trovare applicazione l’art. 21-quinquies della legge n. 241 del 1990 (asserzione erronea, secondo l’appellante, perché comunque l’applicazione di tale norma comporta necessariamente un procedimento amministrativo necessariamente preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento, che nel caso di specie non vi è stata).
14. Con il quinto motivo (pp. 28-31 dell’atto di appello), deduce l’ingiustizia della sentenza per aver respinto le censure con le quali sono stati allegati i vizi di difetto di istruttoria e di motivazione della deliberazione del 2014, con particolare riferimento al dovere dell’amministrazione locale, che intenda procedere all’affidamento dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, di basare la decisione su una relazione in cui indicare le ragioni della forma di affidamento prescelta, attestare la sussistenza dei requisiti previsti dall’ordinamento europeo, specificare gli obblighi di servizio pubblico e di servizio universale (art. 34, comma 20, del decreto-legge n. 179 del 2012). Il Comune, al contrario, si sarebbe limitato ad affermare genericamente che la gestione del servizio ad una struttura associativa come quella di Socrem «non si è rilevata probabilmente la scelta più opportuna» a livello economico, senza peraltro aver effettuato alcuna indagine circa gli aspetti economici e finanziari del servizio medesimo (piano degli investimenti, piano industriale, valore dei cespiti, dati non noti al Comune atteso che Socrem non è mai stata consultata).
14.1. Il motivo è infondato.
14.2. L’art. 34, commi 20 e 21, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, come convertito, prevedeva (prima della sua abrogazione per effetto dell’art. 37, comma 1, lettera h), del d.lgs. 22 dicembre 2022, n. 201): «Per i servizi pubblici locali di rilevanza economica, al fine di assicurare il rispetto della disciplina europea, la parità tra gli operatori, l’economicità della gestione e di garantire adeguata informazione alla collettività di riferimento, l’affidamento del servizio è effettuato sulla base di apposita relazione, pubblicata sul sito internet dell’ente affidante, che dà conto delle ragioni e della sussistenza dei requisiti previsti dall’ordinamento europeo per la forma di affidamento prescelta e che definisce i contenuti specifici degli obblighi di servizio pubblico e servizio universale, indicando le compensazioni economiche se previste». La norma si riferisce espressamente alla fase dell’affidamento del servizio, mentre la deliberazione consiliare del 2014 ha riguardato (oltre alla decisione di revocare le concessioni di Socrem) l’approvazione delle direttive per lo svolgimento della procedura ad evidenza pubblica, non l’affidamento del servizio (fase che, dunque, rimane estranea alla deliberazione impugnata).
15. Con il sesto motivo, l’appellante lamenta l’erroneità della sentenza anche con riferimento alla violazione del diritto di libertà di associazione prevista e tutelata dall’art. 18 della Costituzione, perché la deliberazione impugnata pretenderebbe di imporre a Socrem di riversare al Comune una parte della quota annuale di associazione, allo scopo di garantire ai soci lo stesso trattamento già assicurato dalla Associazione. Si tratterebbe, ad avviso dell’appellante, di una previsione illegittima, che pretende di ingerirsi nel rapporto tra Socrem e soci, e di istituire una prestazione economica in assenza di qualsiasi base normativa.
15.1. Il motivo non coglie nel segno.
15.2. La deliberazione 2 dicembre 2014 ha previsto che – sul presupposto che «la SOCREM è un’associazione di promozione sociale che ha per scopo […] la cremazione di Soci defunti, i quali all’atto di adesione pagano una quota associativa pari al corrispettivo in vigore al momento dell’iscrizione e che possono anche ottenere la concessione di una celletta corrispondendo la relativa tariffa» – ai soci sia garantito analogo diritto (alle stesse «condizioni già pattuite con l’associazione»), anche dopo il subentro del nuovo concessionario, «dietro versamento da parte dell’ente morale all’Amministrazione di un importo da determinarsi forfettariamente per ogni socio iscritto alla data dell’effettivo inizio della nuova gestione ed entro sei mesi dall’inizio dell’esecuzione».
La quota posta a carico direttamente di Socrem rappresenta pertanto solamente una forma di contribuzione al costo per poter usufruire del servizio di cremazione, su base consensuale. Non vi sono ragioni, quindi, per intendere la disposizione come contenente una prestazione patrimoniale imposta, né come lesione della libertà di associazione.
16. In conclusione, l’appello va integralmente respinto.
17. Le spese giudiziali per il grado di appello vanno compensate tra le parti, in ragione della complessità delle questioni esaminate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Compensa tra le parti le spese giudiziali del grado di appello.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 ottobre 2023 con l’intervento dei magistrati:
Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Presidente
Stefano Fantini, Consigliere
Giuseppina Luciana Barreca, Consigliere
Sara Raffaella Molinaro, Consigliere
Giorgio Manca, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE (Giorgio Manca)
IL PRESIDENTE (Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti)
IL SEGRETARIO