Consiglio di Stato, sez. III, 24 aprile 2024, n. 3746

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Massima

In materia di gestione e smaltimento di sottoprodotti di origine animale, con particolare riferimento alle spoglie di animali da compagnia (PET), il Regolamento UE n. 1069/2009 non prevede un divieto assoluto di stoccaggio delle carcasse prima del loro incenerimento o smaltimento finale. I cadaveri degli animali da compagnia, pur rientrando tra i materiali di categoria 1 ai sensi dell'art. 8, comma 1, lett. a), iii) del citato Regolamento, possono essere oggetto di magazzinaggio in impianti debitamente riconosciuti dalle autorità competenti, come previsto dall'art. 24, comma 1, lett. i) del medesimo Regolamento, che si applica indistintamente a tutti i sottoprodotti di origine animale senza distinzione di categoria. La normativa unionale, infatti, contempla la possibilità che i sottoprodotti di origine animale, inclusi gli animali da compagnia, siano sottoposti a forme di smaltimento e uso diverse dall'immediato incenerimento, comprese eventuali trasformazioni preliminari. Tale interpretazione è coerente con le esigenze pratiche di gestione delle spoglie animali, che possono richiedere una temporanea conservazione per diverse finalità, tra cui consentire ai proprietari di ritirarle per provvedere autonomamente alla sepoltura o all'incenerimento. La tutela della salute pubblica e la prevenzione dell'ingresso di sottoprodotti animali nella catena alimentare sono garantite attraverso altri strumenti normativi specifici, non essendo necessario a tal fine imporre un divieto assoluto di stoccaggio. È pertanto legittima la previsione, nell'ambito di procedure di affidamento del servizio di prelievo e smaltimento di spoglie animali, del requisito del possesso di impianti di stoccaggio regolarmente autorizzati, purché dotati delle necessarie garanzie di conservazione.

Testo

Pubblicato il 24/04/2024

N. 03746/2024REG.PROV.COLL.

N. 09760/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 9760 del 2023, proposto dalla Pet S.r.l., in persona del legale rappresentante
pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato ((omissis)), con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,

contro

l’Azienda Sanitaria Locale Roma 6, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato ((omissis)), con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,

per la riforma della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione terza, n. 18503 del 9 dicembre 2023, resa tra le parti, concernente l’avviso pubblico per manifestazione di interesse per l’affidamento del servizio biennale di prelievo e smaltimento cadaveri delle spoglie di piccoli animali.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Azienda Sanitaria Locale Roma 6;

Visti tutti gli atti della causa;

Vista l’istanza di passaggio in decisione della società appellante;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 14 marzo 2024, il consigliere ((omissis)) e udito per la parte appellata l’avvocato ((omissis));

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. La Pet S.r.l. è una società operatrice del settore dell’incenerimento degli animali da compagnia. Con ricorso proposto al Tar del Lazio ha impugnato l’avviso della ASL 6 di Roma per una manifestazione di interesse per l’affidamento del servizio biennale di “
prelievo e smaltimento cadaveri delle spoglie di piccoli animali rinvenute nelle pubbliche strade, ritiro e smaltimento di spoglie di piccoli animali con prelievo a domicilio e con onere a carico dell’utente richiedente, ritiro e smaltimento di teste ovicaprine, su richiesta con importo a base di gara annuale di € 42.000,00”.

1.1. In particolare, la stessa società ha lamentato che l’avviso imponeva che il servizio, relativo soprattutto ad animali da compagnia a cui sono equiparati gli animali randagi che sono per legge di proprietà del Sindaco, fosse svolto tramite impianti di “stoccaggio” regolarmente autorizzati a monte dell’incenerimento, pretendendo ai fini della partecipazione alla procedura una dichiarazione di aver svolto servizio analoghi nel triennio.

1.2. In concreto, la società ricorrente ha sostenuto che gli animali di compagnia non potessero essere stoccati ai sensi del Regolamento UE n. 1069/2009 mentre avrebbero dovuto al più essere conservati provvisoriamente in una cella frigorifera.

2. Il Tar, con la sentenza breve indicata in epigrafe (n. 18503 del 2023), ha respinto il ricorso, compensando le spese di giudizio.

2.1. Più nel dettaglio, lo stesso Tribunale ha ritenuto che i cadaveri degli animali da compagnia, ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett.a), iii) del Regolamento UE n. 1069/2009, recepito dalla conferenza unificata Stato-Regione nella seduta del 7 febbraio 2013, a sua volta recepita dalla Regione Lazio con determina del 24 dicembre 2014, dovessero essere considerati “
sottoprodotti di origine animale ” e di conseguenza ricondotti ai materiali di cui alla cat. 1. E dell’art. 24, comma 1, lett. i), del richiamato Regolamento UE n. 1069/2009 (“
1. Gli operatori assicurano che gli stabilimenti o impianti sotto il loro controllo siano riconosciuti dalle autorità competenti, qualora tali stabilimenti o impianti svolgano una o più delle seguenti attività: … i) magazzinaggio di sottoprodotti di origine animale; …”) senza alcuna ulteriore specificazione quanto al suo ambito di

applicazione.

2.2. Secondo il Tar, l’esigenza rappresentata dalla ASL per cui l’animale poteva essere tenuto a disposizione del proprietario e/o della stessa Azienda per alcune ore sarebbe stata pertanto legittima e rispondente alla normativa in materia.

3. Contro la predetta sentenza ha proposto appello la società Pet sulla base di un articolato motivo di censura di seguito sinteticamente indicato:

i) erroneamente il Tar avrebbe richiamato la lettera i) del comma 1 dell’art. 21 del Regolamento UE n. 1069/2009. La lettera i) si applicherebbe ai soli sottoprodotti di origine animale di cui alla categoria 2 e non ai PET che rientrano invece nella categoria 1 ex art. 8, comma 1, lettera a ) sub iii);

ii) la sentenza avrebbe condiviso in maniera acritica la tesi dell’Amministrazione secondo cui non sarebbe stato necessario considerare il valore sociale dei Pet e l’evoluzione della normativa in materia (l’Unione europea avrebbe infatti introdotto maggiore cautela, eliminando in radice gli impianti intermedi per gli animali da compagnia). In sostanza, la lettera j) punto i) dell’art 24, comma 1, del citato Regolamento, richiamata dalla ASL, farebbe riferimento ai “prodotti derivati ” e non ai sottoprodotti di origine animale che devono essere smaltiti o inceneriti).

4. L’ASL 6 di Roma si è costituita in giudizio il 21 dicembre 2023, chiedendo il rigetto dell’appello, ed ha depositato memorie il 14 gennaio 2024, il 20 e il 27 febbraio 2024 (l’ASL ha anche eccepito la mancata prova di resistenza in relazione alla non dimostrata possibilità di aggiudicazione della gara da parte dell’interessata).

6. La parte appellante ha depositato una replica il 15 gennaio 2024.

7. La causa è passata in decisione all’udienza pubblica del 14 marzo 2024.

8. L’appello non è fondato a prescindere dalla eccezione sulla mancata prova di resistenza.

9. Secondo l’appellante, gli impianti di “stoccaggio” di carcasse di animali da compagnia sarebbero ormai totalmente vietati per effetto della disciplina introdotta dal Regolamento 2009/1069/CE.

9.1. La tesi della ricorrente non è fondata. Se è pur vero che la ASL ha erroneamente indicato come disposizione di riferimento l’articolo 24, par. 1, lettera j), punto i), del predetto Regolamento (disposizione che riguarda il “magazzinaggio” di “prodotti derivati”, fra i quali, alla stregua della definizione contenuta nell’articolo 3, n. 2), dello stesso Regolamento non rientrano i corpi di animali, i quali invece ricadono nella definizione di “sottoprodotti di origine animale”, e quindi nella previsione del precedente n. 1) dello stesso articolo), sono tuttavia d’ostacolo alla prospettazione dell’appellante una serie di indicazioni contenute nella normativa unionale.

9.2. In sostanza, al di là di tale erronea indicazione del riferimento normativo, va comunque rilevato:

a) che la lettera i) del par. 1 del precitato articolo 24, correttamente richiamata dal Tar come effettiva disposizione di riferimento, prevede il “riconoscimento” di impianti di “magazzinaggio” di “sottoprodotti di origine animale”, così onnicomprensivamente richiamando tutto quanto compreso nella definizione dell’articolo 3, n. 1), e quindi anche i “corpi interi o parti di animali”;

b) che l’affermazione dell’appellante, secondo cui la suddetta previsione sul “magazzinaggio” si applicherebbe soltanto ai sottoprodotti di origine animale di cui alla categoria 2 ex articolo 9 del Regolamento, e non anche a quelli di cui alla precedente categoria 1 di cui all’articolo 8 (fra cui rientrano, appunto, anche gli “animali da compagnia” di cui al punto iii), ossia i PET), non trova alcun aggancio normativo né risulta supportata da un’argomentata interpretazione dottrinale o giurisprudenziale;

c) che, in particolare, a norma dell’articolo 13 del Regolamento, tutti i sottoprodotti di origine animale di categoria 2 – e, dunque, anche gli animali da compagnia – sono suscettibili di forme di “
smaltimento” e “uso” anche diverse dall’immediato incenerimento (ad esempio, possono subire “trasformazioni preliminari” quali l’imbalsamazione prima di essere smaltiti o inceneriti), di modo che l’esigenza di una loro conservazione può dipendere anche da ragioni diverse da quella, che secondo l’appellante sarebbe l’unica ipotizzabile e non renderebbe necessario lo “stoccaggio”, cioè di consentire ai proprietari di ritirarli per provvedere in proprio alla sepoltura o all’incenerimento;

d) che, per converso, l’obiettivo di evitare l’impiego di sottoprodotti di origine animale, ai fini di non rendere possibile che entrino nella catena alimentare ovvero in altri usi non consentiti, che costituisce certamente uno dei principali scopi della legislazione unionale de qua (anche e soprattutto a tutela della salute pubblica), è perseguito dalla ridetta legislazione attraverso altri strumenti, così potendosi ipotizzare l’insussistenza di un divieto assoluto di “stoccaggio” dei corpi di animali da compagnia o randagi, seppure con le necessarie garanzie di conservazione.

10. Per le ragioni sopra esposte, l’appello va respinto e, per l’effetto, va confermata la sentenza impugnata.

11. Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come indicato nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello n. 9760 del 2023, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la società appellante al pagamento delle spese del presente grado di giudizio in favore della ASL appellata nella misura complessiva di euro 3.000,00 (tremila/00), oltre agli altri oneri previsti per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 marzo 2024 con l’intervento dei magistrati:

((omissis)), ((omissis)), ((omissis)), Consigliere, ((omissis)), ((omissis)), Consigliere

L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE

((omissis))
((omissis))

IL SEGRETARIO

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