Consiglio di Stato, 29 marzo 2006, n. 1593

Norme correlate:
Art 28 Legge n. 166/2002
Art 338 Regio Decreto n. 1265/1934

Riferimenti: TAR Campania, Napoli, Sez. IV, n.455 del 20.2.1997

Testo completo:
Consiglio di Stato, 29 marzo 2006, n. 1593
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 6936 del 1997, proposto dalla s.r.l. IN.C.E.B. Sud San Luigi, in persona dell’amministratore p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Nicola Di Prisco, elettivamente domiciliata in Roma via dell’Oceano Atlantico n. 25 (presso Studio avv. M. G. Leuci);
contro
il Comune di S. Antonio Abate, non costituitosi;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Napoli, Sez. IV, n.455 del 20.2.1997, con la quale è stato respinto il ricorso proposto dalla Società.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Vista la memoria prodotta dall’appellante a sostegno delle proprie difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 20.1.2006 il consigliere Aniello Cerreto, ed udito l’avvocato Iaria per delega Di Prisco;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
Con la sentenza in epigrafe è stato respinto il ricorso proposto dalla società IN.C.E.B. Sud San Luigi avverso il diniego del Comune di S.Antonio Abate sulla richiesta di condono edilizio n. 4108/1986, certificato il 19.12.1989 ed il 28.12.1989 e gli atti del relativo procedimento.
Avverso detta sentenza ha proposto appello la Società. Ha fatto presente che possedeva nel comune di S. Antonio Abate un opificio adibito alla macellazione di carni bovine e suine; che l’intero manufatto, come risultava dalla perizia di parte depositata presso il TAR, occupava una superficie coperta di mq. 1373 e nello spiazzo antistante vi era uno spiazzo di mq. 580 destinato all’impianto di depurazione; che l’opificio era stato realizzato utilizzando un preesistente manufatto avente le stesse dimensioni e volumetria, con lavori di adeguamento;
che la parte coperta dell’opificio ricadente nella fascia di rispetto cimiteriale consisteva in mq 803, mentre la parte coperta ricadente oltre il limite era di mq. 300; che la parte rimanente, adibita a zona di carico, rientrava per mq. 300 nella fascia di rispetto e per mq. 280 al di fuori di tale limite; che non conoscendo la regolarità edilizia del manufatto preesistente, presentava integrale domanda di condono n. 4108/1986 ex L. n.47/1985 e versava le somme dovute; che l’Amministrazione non gli comunicava alcunchè e solo su richiesta certificava in data 19.12.1989 che la commissione edilizia integrata aveva espresso parere negativo, e poi veniva rilasciato in data 28.12.1989 il relativo verbale del 7.4.1989 nel quale veniva precisato che “l’immobile di cui si chiede il condono ricade per oltre il 50% della sua consistenza all’interno della fascia di mt. 50 di cui alla L. n. 983/1957”… e che “non risulta esistente il decreto del Prefetto il quale può, su motivata richiesta del C.C. e previo parere del consiglio provinciale, ridurre l’ampiezza della zona di rispetto a 50 metri avendo il comune di S. Antonio Abate popolazione inferiore a 20.000 abitanti”; che impugnati tali atti presso il TAR Campania ed a seguito di ordinanza cautelare rimasta inattuata, la Società deduceva ulteriori censure;
che il Comune manifestava l’intento di riesaminare la pratica, chiedendo apposito parere legale, che si esprimeva in senso favorevole, ma poi non riteneva di adeguarsi e quindi il TAR respingeva il ricorso con la sentenza appellata.
Ha dedotto quanto segue:
– il Tar nell’esaminare la censura sull’inapplicabilità dei vincoli cimiteriali per opere realizzate al di fuori dei centri abitati, come nella specie, l’aveva respinta in modo incomprensibile;
– come opificio doveva intendersi l’intera area di insediamento, per cui non potevano applicarsi i criteri seguiti dalla commissione edilizia per il calcolo delle superfici ricadenti nella fascia di rispetto;
– contrariamente a quanto ritenuto dal TAR, nella specie doveva ritenersi perfezionato l’iter per la riduzione della fascia di rispetto a mt. 50 in relazione alla delibera comunale n. 152/1989 sulla quale vi era stato il parere favorevole della competente USL;
– precedenti atti dell’amministrazione avevano generato nella società l’affidamento in ordine alla regolarità della struttura.
Con ordinanza n. 1596/97, questa Sezione ha accolto l’istanza cautelare proposta dall’appellante.
Con memoria conclusiva, l’appellante ha fatto presente che a seguito di richiesta da parte del comune di integrazione documentale del 22.2.2000, aveva provveduto a tanto anche con riferimento alla nuova pratica di condono ex L. 724/1994, come attestato dal Capo Area in data 14.5.2001, per cui ha richiesto in via subordinata ordinanza istruttoria per l’acquisizione della relativa documentazione.
Alla pubblica udienza del 20.1.2006 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Con sentenza TAR Campania, Napoli, Sez. IV, n.455 del 20.2.1997, è stato respinto il ricorso proposto dalla Società IN.C.E.B. Sud San Luigi avverso il diniego del Comune di S. Antonio Abate sulla richiesta di condono edilizio n. 4108/1986, certificato il 19.12.1989 ed il 28.12.1989 e gli atti del relativo procedimento.
Avverso detta sentenza ha proposto appello la Società.
2. L’appello è fondato nei limiti di cui in motivazione.
2.1. Prive di pregio sono le doglianze con le quali si sostiene che i vincoli cimiteriali erano inapplicabili per le opere realizzate al di fuori dei centri abitati (come nel caso in esame) e che comunque nella specie doveva ritenersi perfezionato l’iter per la riduzione della fascia di rispetto a mt. 50 in relazione alla delibera comunale n. 152/1989 sulla quale vi era stato il parere favorevole della competente USL.
Occorre tener presente che l’art. 338 R. D. 27.7.1934 n. 1265 e successive modificazioni, nel testo vigente nel 1989, disponeva quanto segue:
“I cimiteri debbono essere collocati alla distanza di almeno duecento metri dai centri abitati. E’ vietato di costruire intorno agli stessi nuovi edifici e ampliare quelli preesistenti entro il raggio di duecento metri” (comma 1). “Il prefetto, quando abbia accertato che a causa di speciali condizioni locali non è possibile provvedere altrimenti, può permettere la costruzione e l’ampliamento dei cimiteri a distanza minore di duecento metri dai centri abitati.
Può altresì il Prefetto, su motivata richiesta del Consiglio comunale, deliberata a maggioranza assoluta dei consiglieri in carica, e previo conforme parere del Consiglio provinciale di sanità, quando non vi si oppongano ragioni igieniche e sussistano gravi e giustificati motivi, ridurre l’ampiezza della zona di rispetto di un cimitero, delimitandone il perimetro in relazione alla situazione dei luoghi, purché nei centri abitati con popolazione superiore ai 20.000 abitanti il raggio della zona non risulti inferiore ai 100 metri ed almeno a 50 metri per gli altri Comuni” (commi 4 e 5).
Per cui le menzionate disposizioni sono rivolte a disciplinare da una parte l’attività costruttiva dei cimiteri da parte del Comune, che deve scegliere aree distanti almeno duecento metri dai centri abitati (salvo la deroga del comma 4) e dall’altra l’attività costruttiva del privato (una volta realizzato il cimitero) che non può costruire intorno al cimitero entro il raggio di duecento metri (salvo la deroga del comma 5).
Di conseguenza il riferimento ai “centri abitati” rileva unicamente per la realizzazione e l’ampliamento dei cimiteri da parte del Comune e non per l’attività costruttiva del privato, che deve comunque rispettare le prescritte distanze dal cimitero anche se la costruzione dovesse essere edificata fuori dai centri abitati.
Inoltre, la riduzione della zona di rispetto del cimitero a 50 metri (per i comuni con popolazione non superiore ai 20.000 abitanti, come il Comune di S. Antonio Abate) poteva all’epoca conseguirsi solo con provvedimento del Prefetto (nella specie mancante), non essendo sufficiente la delibera comunale ed il parere favorevole della USL. Invero, solo con le modifiche introdotte dall’art. 28 L. 1°.8.2002 n. 166 il relativo potere (peraltro limitatamente alle opere pubbliche e di interesse pubblico ivi indicate) è stato conferito al Consiglio comunale, previo parere favorevole della competente ASL.
2.2. Va condivisa invece la censura secondo cui come opificio doveva intendersi l’intera area di insediamento, per cui non potevano applicarsi i criteri seguiti dalla commissione edilizia per il calcolo delle superfici ricadenti nella fascia di rispetto. La Superficie ricadente nella zona di rispetto ammontava a circa il 35% (V. relazione tecnica di parte nel giudizio di 1° grado), e non per oltre il 50% della sua consistenza come ritenuto dalla commissione edilizia, per cui deve ritenersi che tale erronea valutazione abbia negativamente pregiudicato l’esame dell’istanza di condono della Società.
Inoltre, dovrà essere dal Comune riesaminata la pratica anche in considerazione dell’affidamento generato nel privato con riferimento alla richiesta comunale di riduzione della fascia di rispetto a soli metri 50, anche se poi il relativo provvedimento finale non è intervenuto, ed al ritardo con il quale il diniego di sanatoria è stato reso noto all’interessato.
In conclusione, l’appello merita accoglimento nei limiti indicati, ma sussistono valide ragioni per disporre la compensazione tra le parti delle spese dei due gradi di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, accoglie come in motivazione l’appello indicato in epigrafe e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso di primo grado con l’annullamento degli atti impugnati, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 20.1.2006, con l’intervento dei signori:
Agostino Elefante, Presidente
Raffaele Carboni, Consigliere
Chiarenza Millemaggi Cogliani, Consigliere
Paolo Buonvino, Consigliere
Aniello Cerreto, Consigliere estensore
Depositata in segreteria il 29 marzo 2006

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