Consiglio di Stato, Sez. V, 11 dicembre 2014, n. 6108

Testo completo:
Consiglio di Stato, Sez. V, 11 dicembre 2014, n. 6108
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 379 del 2014, proposto dal signor De Pertis Nicola, rappresentato e difeso dall’avv. Egidio Lamberti, con domicilio eletto presso il signor Massimiliano Marsili in Roma, via Belsiana, n. 100;
contro
Comune di Napoli, rappresentato e difeso dagli avv. Bruno Crimaldi, Fabio Maria Ferrari e Anna Pulcini, con domicilio eletto presso Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n. 18; nei confronti di
I signori Dora Di Maio e Gennaro Reparato;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI: SEZIONE VII n. 4022/2013, resa tra le parti, concernente la decadenza di una concessione di un suolo cimiteriale;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Napoli;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 luglio 2014 il Cons. Fulvio Rocco e uditi per le parti l’avvocati Orefice, per delega dell’avvocato Lamberti, e l’avvocato Crimaldi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.1.Il Comune di Napoli ha concesso con provvedimento commissariale dd. 31 maggio 1926 alla Sig.ra Concetta Corda la concessione di un’area di mq. 2,07 nel cimitero di Poggioreale, dove è stata susseguentemente realizzata un’edicola funeraria.
Con atto del notaio dott. Filippo Improta Rep. n. 99517 dd. 7 novembre 2001 tale Sig. Gennaro Reparato, che ha acquisito medio tempore il manufatto in questione, lo ha venduto al Sig. Nicola De Pertis.
Con determinazione n. 74 dd. 23 ottobre 2012, il Dirigente del Servizio autonomo Servizi Cimiteriali di Napoli ha disposto la decadenza della predetta concessione cimiteriale dd. 31 maggio 1926 e l’acquisizione del relativo manufatto al patrimonio del Comune, con la contestuale avvertenza che il manufatto medesimo doveva “essere reso libero da salme, resti mortali e arredi funebri entro 90 giorni dalla ricezione del provvedimento”.
Secondo il Comune la compravendita anzidetta violava l’art. 53 del Regolamento di Polizia Mortuaria approvato con deliberazione del Consiglio Comunale n. 11 dd. 21 febbraio 2006.
L’attuale appellante ha impugnato tale provvedimento innanzi al T.A.R. per la Campania, il quale peraltro ha respinto il ricorso con la sentenza indicata in epigrafe
1.2. Con il presente appello la parte soccombente in primo grado chiede pertanto la riforma di tale sentenza, deducendo al riguardo i seguenti motivi:
a) violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 97 Cost., violazione dell’art. 3 della L. 7 agosto 1990 n. 241, difetto di istruttoria, errore nei presupposti, sviamento di potere, illegittimità del regolamento di polizia mortuaria del Comune di Napoli.;
b) violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 97 Cost., violazione dell’art. 48 del Regolamento di polizia mortuaria del Comune di Napoli, violazione dell’art. 3 della L. 241 del 1990, eccesso di potere, mancanza dei presupposti essenziali;
c) violazione dell’art. 53 del Regolamento di polizia mortuaria;
d) violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 97 Cost., violazione degli artt. 3 e 21 -quinquies della L. 241 del 1990; eccesso di potere; difetto dei presupposti essenziali, violazione del principio del tempus regit actum;
e) abnormità della condanna al pagamento delle spese processuali.
1.3. Si è costituito in giudizio il Comune di Napoli, eccependo preliminarmente l’inammissibilità dell’appello e concludendo comunque per la sua reiezione.
2. Alla pubblica udienza dell’8n luglio 2014 la causa è stata trattenuta in decisione.
3.1. Tutto ciò premesso, l’appello in epigrafe va respinto per quanto qui appresso specificato,
potendo pertanto prescindersi dall’same dell’eccezione di inammissibilità formulata dalla difesa dell’appellata amministrazione comunale.
3.2. Occorre premettere che, come del resto rilevato dai primi giudici, nella materia de qua questa Sezione (8 marzo 2010, n. 1330) ha avuto modo di rilevare che in coerenza con gli indirizzi consolidati del giudice ordinario lo “ius sepulchri”, ossia il diritto, spettante al titolare di concessione cimiteriale, ad essere tumulato nel sepolcro, garantisce al concessionario ampi poteri di godimento del bene e si atteggia come un diritto reale nei confronti dei terzi. Ciò significa che, nei rapporti interprivati, la protezione della situazione giuridica è piena, assumendo la fisionomia tipica dei diritti reali assoluti di godimento. Tuttavia, laddove tale facoltà concerna un manufatto costruito su terreno demaniale, lo ius sepulchri costituisce, nei confronti della pubblica amministrazione concedente, ua posizione soggetta ai poteri regolativi e conformativi di stampo pubblicistico. In questa prospettiva, infatti, dalla demanialità del bene discende l’intrinseca “cedevolezza” del diritto, che trae origine da una concessione amministrativa su bene pubblico (Consiglio Stato, sez. V, 14 giugno 2000, n. 3313)”.
E’ stato quindi sottolineato che “come accade per ogni altro tipo di concessione amministrativa di beni o utilità, la posizione giuridica soggettiva del privato titolare della concessione tende a recedere dinnanzi ai poteri dell’amministrazione in ordine ad una diversa conformazione del rapporto”, trattandosi “di una posizione soggettiva che trova fonte, se non esclusiva, quanto meno prevalente nel provvedimento di concessione” , così che “a fronte di successive determinazioni del concedente” sussistono posizioni di interesse legittimo.
È stato precisato che il rapporto concessorio deve rispettare tutte le norme di legge e di regolamento emanate per la disciplina dei suoi specifici aspetti, osservando che “In particolare, lo “ius sepulchri “attiene ad una fase di utilizzo del bene che segue lo sfruttamento del suolo mediante edificazione della cappella e che soggiace all’applicazione del regolamento di polizia mortuaria. Questa disciplina si colloca ad un livello ancora più elevato di quello che contraddistingue l’interesse del concedente e soddisfa superiori interessi pubblici di ordine igienico-sanitario, oltre che edilizio e di ordine pubblico”.
E’ stata anche ritenuta non persuasiva la tesi “secondo cui, una volta costituito il rapporto concessorio, questo non potrebbe essere più assoggettato alla normativa intervenuta successivamente, diretta a regolamentare le concrete modalità di esercizio dello ius sepulchri, anche con riferimento alla determinazione dall’ambito soggettivo di utilizzazione del bene”, non essendo “pertinente…il richiamo al principio dell’articolo 11 delle preleggi, in materia di successione delle leggi nel tempo, dal momento che la nuova normativa comunale applicata dall’amministrazione non agisce, retroattivamente, su situazioni giuridiche già compiutamente definite e acquisite, intangibilmente, al patrimonio del titolare, ma detta regole destinate a disciplinare le future vicende dei rapporti concessori, ancorché già costituiti” (in termini anche Cons. St., sez. V, 27 agosto 2012, n. 4608).
E’ stato altresì evidenziato che il rapporto concessorio in questione è “…pienamente sottoposto alla disciplina contenuta nell’articolo 92, comma 4, del D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, il quale, a sua volta, riprende, sostanzialmente, i principi cardine della regolamentazione contenuta nell’articolo 93, comma 4, del D.P.R. 21 ottobre 1975, n. 803, in vigore sin dal 10 febbraio 1976”, tra cui è ricompressa anche “…la nullità degli atti di cessione totale o parziale del diritto di uso dei sepolcri”.
In definitiva nel nostro ordinamento il diritto sul sepolcro già costituito nasce da una concessione da parte dell’autorità amministrativa di un’area di terreno o di porzione di edificio) in un cimitero pubblico di carattere demaniale (art. 824 c.c.) e tale concessione, di natura traslativa, crea a sua volta nel privato concessionario un diritto soggettivo perfetto di natura reale (suscettibile di trasmissione per atti inter vivos o mortis causa) e perciò opponibile iure privatorum agli altri privati, assimilabile al diritto di superficie, che dà luogo a posizioni di interesse legittimo, nei confronti degli atti della pubblica amministrazione nei casi in cui esigenze di pubblico interesse per la tutela dell’ordine e del buon governo del cimitero impongono o consigliano alla pubblica amministrazione il potere di esercitare la revoca della concessione (Cassazione civile, sez. II, 30 maggio 2003, n. 8804; 7 ottobre 1994, n. 8197; 25 maggio 1983, n. 3607; Consiglio di Stato, sez. V, 7 ottobre 2002, n. 5294).
Deve poi aggiungersi che il Regolamento di Polizia Mortuaria e dei Servizi Funebri e Cimiteriali, approvato con deliberazione del Consiglio comunale n. 11 del 21 febbraio 2006, per quanto qui interessa, all’art. 44 ha fissato i principi generali del regime concessorio, prevedendo, tra l’altro, che “Ai sensi degli articoli 823 e 824 del Codice Civile, il Cimitero ha carattere demaniale. La concessione di sepoltura privata è concessione amministrativa di bene demaniale con diritto di uso non alienabile, data la natura demaniale dei beni cimiteriali, il diritto d’uso di una sepoltura lascia integro il diritto alla nuda proprietà dell’Amministrazione Comunale. I manufatti costruiti da privati su aree cimiteriali poste in concessione diventando di proprietà dell’Amministrazione Comunale, come previsto dall’art. 953 del C.C., allo scadere della concessione, se non rinnovata” (comma 1); che “non può essere fatta concessione di aree per sepolture private a persone o enti che mirino a farne oggetto di lucro e di speculazione” (comma 5) e che “La concessione può essere soggetta: a. a revoca per esigenze di pubblico interesse, assegnando però fino alla scadenza della concessione originaria altra area e sistemazione equivalente; b. a decadenza, per inosservanza dei termini fissati per l’esecuzione delle opere oppure per inadempienza agli obblighi del concessionario in fase di costruzione dei manufatti e di mantenimento degli stessi; c. a rinuncia da parte del concessione con retrocessione del bene” (comma 9).
L’articolo 49, disciplinando specialmente l’ipotesi della decadenza, dispone al comma 4 che “il concessionario è tenuto a provvedere alla manutenzione ordinaria e straordinaria dell’area in concessione e del manufatto in diritto d’uso…In difetto dovrà essere dichiarata la decadenza della concessione del suolo e dal diritto d’uso del manufatto”, aggiungendo al comma 5 che “Il Dirigente del Servizio competente procederà alla determinazione della declaratoria della decadenza dalla concessione del suolo e contestuale incameramento del deposito cauzionale e del corrispettivo versato per la concessione del suolo ovvero degli importi a qualunque titolo versati e delle opere edilizie eventualmente realizzate”.
L’articolo 53 (“Cessione tra privati”) afferma che “E’ vietata qualunque cessione diretta tra privati”.
4.1. Ciò posto, i singoli motivi di gravame, che per la loro stretta connessione possono anche essere esaminati congiuntamente, non possono essere accolti.
4.2. Non può essere accolto il primo ordine di motivi, che enuncia principi assolutamente contrari con i coerenti principi di diritto dianzi enunciati in ordine assimilabile alla dianzi ribadita assimilabilità dello ius sepulchri al diritto di superficie, il quale come detto innanzi – dà luogo a posizioni di interesse legittimo nei confronti degli atti della pubblica amministrazione nei casi in cui esigenze di pubblico interesse per la tutela dell’ordine e del buon governo del cimitero impongono o consigliano alla pubblica amministrazione il potere di esercitare la revoca della concessione, essendo nella specie manifestamente inapplicabile, a fronte della cessione contra legem del diritto affievolito di cui trattasi, l’rt. 92 del D.P.R. 10 settembre 1990 n. 2895 che per le concessioni di durata eccedente i 99 anni la revoca delle stesse po’ avvenire dopo i 50 anni dalla sepoltura dell’ultima salma e si verifichi una grave insufficienza del cimitero rispetto al fabbisogno della comunità locale.
Nella specie, infatti, va disposta – semmai – la decadenza dalla concessione per l’inosservanza dei propri obblighi (cfr. sul punto, ad es., Cons. St. Sez. V, 2 agosto 2011 n. 842).
4.3. Né può essere accolta l’ulteriore censura secondo la quale il giudice di primo grado avrebbe di fatto individuato ipotesi decadenziali diverse da quelle espressamente previste dal Regolamento di polizia mortuaria di Napoli, non risultando la fattispecie in esame normata quale revoca ovvero quale decadenza (cfr. al riguardo gli artt. 44 e 48 del Regolamento di polizia mortuaria) ed essendo comunque il provvedimento impugnato in prim grado qualificato formalmente quale decadenza per inadempienza del concessionario, anche con riferimento all’abusiva costruzione del manufatto(art. 44, comma 9, del Regolamento comunale).
La realizzazione di tale fattispecie a contenuto sanzionatorio esclude, comunque, che la parte appellante possa ottenere ai sensi dell’art. 48 del Regolamento di fonte comunale l’assegnazione di altra area in sostituzione di quella da essa illecitamente acquisita,
4.4. Neppure può essere considerata la prospettazione dell’appellante secondo la quale l’art. 53 del Regolamento comunale non osterebbe alla cessione dei diritti superficiari costituiti su manufatti installati dal concessionario qualora i manufatti medesimi non siano mai entrati nella disponibilità del Comune: e ciò in quanto l’art. 53, comma 1, del Regolamento anzidetto dispone, in via del tutto generale, nel senso che “è vietata qualunque cessione diretta tra privati”.
4.5. Né può affermarsi che l’art. 53 predetto non sia applicabile alle concessioni rilasciate prima della sua entrata in vigore.
Al riguardo, si deve osservare che il principio di irretroattività postula di per sé l’inapplicabilità di una disposizione di legge ad un fatto avvenuto nel passato, prima della sua emanazione: fattispecie che tuttavia non si riscontra nel caso di specie in cui, per la natura di “provvedimento di durata” riferibile alla concessione, è ben possibile che i relativi rapporti, nel loro concreto ed effettivo dipanarsi nel tempo, possano essere sottoposti anche ad una disciplina diversa da quella in vigore al momento della emanazione del provvedimento concessorio.
La normativa entrata in vigore dopo il rilascio della concessione si applica a tutti i fatti, gli atti e le situazioni verificatesi dopo la medesima entrata in vigore, oltre che gli effetti che non si siano ancora definitivamente consolidati (salva, in tal caso, la tutela del legittimo affidamento, che tuttavia non rileva nel caso in esame, non solo perché i fatti posti a base della decadenza sono riferibili al periodo successivo all’entrata in vigore del regolamento, ma anche perché non è configurabile un affidamento “legittimo” quando chi lo invochi abbia volontariamente violato la normativa di settore).
4.6. Da ultimo va rilevato che la condanna alle spese di giudizio comminata dal giudice di primo grado, in quanto espressiva della discrezionalità di cui dispone il giudice in ogni fase del processo, può essere modificata in appello solo se è modificata la decisione principale e non è sindacabile, salvo manifesta abnormità (così Cons. St., Sez. V, 29 ottobre 2013 n. 5222) nella specie in alcun modo rilevabile. 5. Le spese e gli onorari del presente grado di giudizio seguono la regola della soccombenza di lite, e sono liquidati nel dispositivo.
Va – altresì – dichiarata irripetibile la somma corrisposta dall’appellante nel presente grado dio giudizio a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 9 e ss. del T.U. approvato con D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta). definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante al pagamento delle spese e degli onorari del presente grado di giudizio, complessivamente liquidati nella misura di Euro 5.000,00.- (cinquemila/00), oltre ad I.V.A. e C.P.A.
Dichiara – altresì – irripetibile la somma corrisposta dall’appellante nel presente grado di giudizio a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 9 e ss. del T.U. approvato con D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 luglio 2014 con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Carlo Saltelli, Consigliere
Manfredo Atzeni, Consigliere
Antonio Amicuzzi, Consigliere
Fulvio Rocco, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/12/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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