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Massima
Testo
Riferimenti: cfr. Cons. St., sez. VI, 27 marzo 2003, n. 1605; Cass. civ. 27 aprile 1993, n. 4692
Testo completo:
Consiglio di Stato, Sez. V, 5 ottobre 2005, n. 5326
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso n. 7871/2004 R.G., proposto dal COMUNE DI MONTEPARANO, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Giovanni Motolese ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv.ssa Daniela Compagno, in Roma, via Pozzuoli n. 7,
contro
il sig. ROCCO ANTONACCI, rappresentato e difeso dall’avv.ssa Gabriella Spata ed elettivamente domiciliato in Roma, via L. Mantegazza n. 24 presso il cav. Luigi Gardin,
e nei confronti della
ditta ALESSANDRO CONTE, non costituita;
per l’annullamento e/o la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, Sezione II, n. 3043/2004, depositata il 9 maggio 2004 e notificata il 1° giugno 2004.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del sig. Rocco Antonacci;
Vista l’ordinanza n. 4745/04 dell’8 ottobre 2004;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, alla pubblica udienza dell’8 febbraio 2005, il Consigliere Nicola Russo;
Uditi per le parti gli avv.ti G. Spata e Carella in sostituzione dell’avv. Motolese;
FATTO
Con ricorso notificato in data 28 aprile 2003 il sig. Rocco Antonacci impugnava dinanzi al T.A.R. per la Puglia, sezione staccata di Lecce, la delibera G.C. n. 11 del 23 gennaio 2003 con la quale il Comune di Monteparano (TA) aveva affidato provvisoriamente il servizio di illuminazione votiva nel cimitero comunale fino al 31 dicembre 2003 alla ditta Alessandro Conte, nonché la nota 10 marzo 2003 prot. n. 947 di diffida alla disattivazione dell’impianto di illuminazione votiva cimiteriale, chiedendo l’annullamento per i vizi di legittimità enunciati nel ricorso e la declaratoria del diritto al risarcimento del danno patito, con conseguente condanna del Comune al pagamento delle relative somme.
Con sentenza n. 4739 del 14 luglio 2003 il T.A.R. adito respingeva il ricorso, sia nella sua parte demolitoria, sia in quella concernente la pretesa del sig. Antonacci a vedersi risarcito dei “mancati utili del periodo di gestione provvisoria del servizio (fino al 31/12/2003) da quantificarsi nella misura di cui all’offerta della ditta Conte Alessandro”. Contestualmente il T.A.R. disponeva consulenza tecnica per l’accertamento delle opere eseguite e la valutazione dei loro costi, con riferimento alla pretesa, avanzata dal ricorrente, riguardante il valore degli impianti che egli assumeva di aver realizzato nel cimitero.
Con sentenza n. 3043 del 9 maggio 2004 il T.A.R. Puglia, sezione staccata di Lecce, disattesa l’eccezione di litispendenza sollevata dal Comune (per la proposizione di altra analoga azione con citazione dinanzi al Tribunale Civile di Taranto, che ha rigettato la domanda con sentenza n. 1458/2002, confermata dalla Corte di Appello di Lecce con sentenza n. 14/2005) ed affermata la giurisdizione del giudice amministrativo in materia, accoglieva la domanda di indennizzo avanzata dal sig. Rocco Antonacci, condannando il Comune di Monteparano al pagamento in suo favore della somma di euro 11.645,42, oltre al pagamento delle spese processuali.
Tale ultima sentenza, notificata in data 1° giugno 2004, è stata impugnata dal Comune di Monteparano con ricorso notificato il 27 luglio 2004 e depositato il 23 agosto successivo, in quanto nulla per difetto di giurisdizione, nonché affetta dai vizi di ultrapetizione od extrapetizione, oltre che errata ed ingiusta nel merito.
Si è costituito il sig. Rocco Antonacci, eccependo, in via pregiudiziale, l’irricevibilità per tardività dell’appello, in quanto non notificato nel termine decadenziale dimezzato di trenta giorni ex art. 23 bis L. n. 1034/1971, introdotto dalla L. n. 205/2000, e, cioè, nella specie entro il 1° luglio 2004.
In vista dell’udienza di discussione le parti hanno depositato memorie, con le quali hanno ulteriormente ribadito il contenuto delle rispettive domande, eccezioni e deduzioni, replicato a quelle avversarie ed insistito per l’accoglimento delle già prese conclusioni.
Alla pubblica udienza dell’8 febbraio 2005 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
E’ impugnata la sentenza del TAR Puglia, Lecce, n. 3043/2004, meglio descritta in epigrafe, che, in accoglimento della domanda proposta dal sig. Rocco Antonacci relativa all’indennizzo ex art. 2041 c.c. a titolo di arricchimento senza causa conseguente alla acquisizione di un impianto di illuminazione votiva al patrimonio comunale, che il ricorrente assumeva aver realizzato nel cimitero, ha condannato il Comune di Monteparano (TA) al pagamento della somma di euro 11.645,42, pari al valore dell’impianto come quantificato dal consulente tecnico d’ufficio.
Il TAR ha accolto la domanda di indennizzo ritenendo applicabile nella fattispecie non l’art. 2041, avente natura di norma sussidiaria, bensì l’art. 936 del codice civile (“Opere fatte da un terzo con materiali propri”).
Il Comune appella ribadendo il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in subjecta materia.
L’appellato eccepisce la tardività dell’appello, in quanto non notificato nel termine dimezzato di trenta giorni ex art. 23 bis L. 6 dicembre 1971, n. 1034, introdotto dall’art. 4 della L. 21 luglio 2000, n. 205.
L’eccezione è priva di fondamento.
Il Collegio, invero, ritiene che il rito speciale, più celere, di cui all’art. 23 bis si applichi anche nel caso in cui, insieme ad un ricorso tipicamente impugnatorio, sia proposta una domanda risarcitoria ex art. 33 e seguenti del decreto n. 80/1998, correlata alle materie considerate dalla norma in questione, in quanto la ratio ispiratrice della riforma tende a semplificare lo svolgimento e la definizione dell’iter processuale derivante dalla proposizione di domande giudiziali potenzialmente idonee a determinare la stasi dell’attività amministrativa in settori particolarmente delicati.
E, del resto, la capacità assorbente del rito speciale rispetto al rito ordinario è stata ritenuta dalla giurisprudenza nelle ipotesi di contestuale impugnativa di provvedimenti rientranti tra quelli indicati dal comma 1 dell’art. 23 bis congiuntamente a provvedimenti di diversa natura (cfr. Cons. St., sez. VI, 27 marzo 2003, n. 1605).
Tuttavia, quando, come nel caso di specie, si tratti di domanda del tutto distinta ed autonoma – per petitum e causa petendi – decisa con sentenza separata, allora la predetta ratio ispiratrice non appare ricorrere.
Nella specie la domanda accolta con la sentenza impugnata, n. 3043/2004, riguarda la richiesta di indennizzo per la realizzazione dell’impianto di illuminazione del cimitero di Monteparano da parte del sig. Rocco Antonacci (soggetto dichiarato fallito) sulla base del rapporto di fatto intercorso tra le parti.
Tale domanda, che non è accessoria, ma è del tutto distinta ed autonoma rispetto a quella di annullamento della deliberazione di G.C. n. 11 del 23 gennaio 2003 del Comune di Monteparano, avente ad oggetto l’affidamento provvisorio del servizio di illuminazione votiva del cimitero comunale fino al 31 dicembre 2003 alla ditta Alessandro Conte (decisa con precedente sentenza n. 4739/2003), è stata decisa con sentenza separata (n. 3043/2004) dal TAR pugliese.
Pertanto, il termine per impugnare quest’ultima sentenza era quello ordinario di sessanta giorni dalla notifica, così come, appunto, è avvenuto nel caso di specie (sentenza notificata in data 1 giugno 2004 e appello notificato il 27 luglio 2004).
Tale domanda, però, come ammesso dallo stesso appellato (v. pagg. 1, 6 e ss. del controricorso, laddove si afferma che trattasi di controversia risarcitoria dipendente da meri comportamenti della P.A. e si richiama la recente sentenza della Corte Costituzionale 6 luglio 2004, n. 204), appartiene alla giurisdizione dell’Autorità giudiziaria ordinaria.
La norma di cui all’art. 936 c.c., richiamata dal giudice di prime cure per la risoluzione della controversia de qua, si applica, infatti, anche nell’ipotesi di incorporazioni fatte sul suolo demaniale (cfr. Cass. civ. 27 aprile 1993, n. 4692, secondo cui lo Stato acquista, per accessione, la proprietà dei manufatti realizzati dal terzo sul suolo demaniale ed ove – anziché obbligare colui che li ha fatti a levarli – ritenga di ritenerli è obbligato a pagare, a sua scelta, il valore dei materiali ed il prezzo della mano d’opera, oppure l’aumento di valore recato al fondo).
Il principio di accessione (quidquid inaedificatur solo cedit), dunque, si applica anche in favore della P.A. quando l’opera costruita dal privato è incorporata in un terreno di proprietà pubblica (cfr. Cass. Civ., 9 dicembre 1996, n. 12631, che ha dichiarato la proprietà comunale di una conduttura costruita dal privato nel sottosuolo di una strada del Comune).
Le relative controversie (sia di natura reale che indennitaria) appartengono, tuttavia, alla giurisdizione dell’A.G.O. e non a quella del giudice amministrativo, non venendo in rilievo l’esercizio di poteri autoritativi da parte dell’amministrazione pubblica (cfr. Corte Cost., sent. n. 204/2004 cit.) in materie appartenenti alla giurisdizione esclusiva del G.A., ma soltanto l’esercizio di diritti soggettivi di natura reale (l’incorporazione, il ius tollendi, ecc.) o di credito (l’indennità, a scelta del proprietario, tra l’ expensum e il melioratum) e, quindi, l’istituto dell’accessione quale modo di acquisto della proprietà ai sensi del diritto civile, applicabile anche in favore della P.A. (nella specie il Comune) per le costruzioni eseguite da privati su beni appartenenti al proprio demanio o patrimonio.
In base alle suesposte considerazioni l’appello in esame deve, dunque, essere accolto e, per l’effetto, il ricorso di primo grado deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione, nella parte riguardante la domanda di indennizzo per la realizzazione dell’impianto di illuminazione nel cimitero comunale.
Sussistono, tuttavia, giusti motivi per disporre la compensazione integrale delle spese, competenze ed onorari del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione V – accoglie l’appello e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, dichiara inammissibile il ricorso di primo grado per difetto di giurisdizione nei sensi di cui in motivazione.
Spese del doppio grado compensate.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’8 febbraio 2005, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, con l’intervento dei Signori:
Raffaele Iannotta Presidente
Raffaele Carboni Consigliere
Aldo Fera Consigliere
Claudio Marchitiello Consigliere
Nicola Russo Consigliere, rel. est.
L’ESTENSORE f.to Nicola Russo
IL PRESIDENTE f.to Raffaele Iannotta
IL SEGRETARIO f.to Rosi Graziano