Cassazione civile, 19 dicembre 1991, n. 13676 [1]

Norme correlate:
Art 338 Regio Decreto n. 1265/1934
Capo 10 Decreto Presidente Repubblica n. 285/1990

Riferimenti:
Cassazione civile, 19 dicembre 1991, n. 13676
Il vincolo di inedificabilità previsto dalla legge per le fasce di rispetto cimiteriali (art. 338 t.u. 27 luglio 1934 n. 1265, come modificato dalle l. 4 dicembre 1956 n. 1428 e 17 ottobre 1957 n. 983, nonché art. 57 d.p.r. 21 ottobre 1975 n. 803) non può essere derogato dai piani urbanistici, in considerazione del sistema di gerarchia delle fonti, ma solo nei casi e nei modi contemplati dalla stessa legge art. 338 cit., 1° comma e 5° comma (quest’ultimo come modificato dall’art. 1 l. 17 ottobre 1957 n. 983) i quali prevedono, rispettivamente, il potere del prefetto, all’esito di appositi procedimenti, di autorizzare l’ampliamento di cimiteri a meno di duecento metri da preesistenti centri abitati ovvero di ridurre la fascia di rispetto.

Testo completo:
Cassazione civile, 19 dicembre 1991, n. 13676
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE I CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:
Dott. Giuseppe SCANZANO Presidente
” Antonio SENSALE Consigliere
” Vincenzo CARBONE Rel. ”
” Giovanni OLLA ”
” Ernesto LUPO ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto
da
MORGESE PIETRO e GRIMALDI ANTONIA, entrambi elett. dom. in Roma, Via
C. Poma, 2 c-o Studio Assennato, rappr.ti e difesi dagli Avv.ti
Giuseppe Tucci e Filippo Barone, giusta delega a margine ricorso.
Ricorrenti
contro
COMUNE di ALTAMURA.
Intimato
E sul 2 ric. n. 6287-88 proposto
da
COMUNE di ALTAMURA in persona del Commissario straordinario P.T.
elett. dom. in Roma, Piazza SS. Apostoli, 80 c-o Avv. Maria Pia
Buccarelli rappr.to e difeso dall’Avv. Raffaele Caso, giusta delega
margine controricorso e ricorso incidentale.
Controricorrente e ricorrente incidentale
contro
MORGESE PIETRO e GRIMALDI ANTONIA, entrambi elett. dom.ti in Roma,
Via C. Poma, 2 c-o Studio Assennato, rappr.ti e difesi dagli avv.ti
Giuseppe Tucci e Filippo Barone, giusta delega margine controricorso
incidentale.
Controricorrenti
Avverso sent. n. 103 della C.A. di Bari del 15 febbraio 1988.
Sono presenti per il ricorr. l’Avv. Tucci per il res. Comune di
Altamura l’Avv. Di Roberto (delega).
Il Cons. Carbone svolge la relazione.
La difesa del ricorr. Acc. ric. primo rig. ric. inc.
La difesa del res. chiede rig. ric. princ. acc. ric. inc.
Il P.M. dr. Renato Golia conclude per rig. 1 m. ric. princ. accogl.
p.r.r. 2 m. assorb. il 3 ass. il ric. incid. in sub. rigetto.
FATTO
Pietro Morgese e Antonia Grimaldi, premesso che il Comune di Altamura aveva occupato d’urgenza nel 1976 un suolo di loro proprietà esteso ha 1.65.61, sito nell’immediata periferia dell’abitato al fine di ampliare l’adiacente cimitero, convennero l’amministrazione comunale davanti al Tribunale di Bari, con atto del 30.8.1983, chiedendo il risarcimento del danno conseguente all’intervenuta irreversibile perdita del suolo divenuto parte integrante dell’opera pubblica.
Instauratosi il contraddittorio, l’adito Tribunale, con sentenza del 10.6.1986, determinò il valore in lire 12.000 al mq., condannando il comune al pagamento della somma di lire 198.732.000, oltre soprassuolo, interessi e svalutazione.
Propose gravame principale l’Amministrazione comunale, e la corte d’appello di Bari, con sentenza 18.2.1988, accogliendo la predetta impugnazione, negò la natura edificatoria del suolo, situato nella fascia di rispetto cimiteriale, come tale inedificabile, ed escluse altresì per mancanza di prova da parte degli istanti, di ogni e qualsiasi possibilità di utilizzazione del suolo che non fosse quella agricola.
Con questa impostazione, riformò la sentenza impugnata e condannò l’Amministrazione comunale al pagamento della somma di lire 43.237.438, comprensiva sia della rivalutazione che del soprassuolo con gli interessi legali. Con la stessa decisione la corte, dichiarò che l’intera fascia di rispetto della profondità di 200 è inedificabile e che, in mancanza di provvedimento prefettizio, il solo p.r.g. del Comune non può apportare deroghe di sorta al vincolo ex lege. Riformò, infine, la sentenza di primo grado per aver concesso l’indennità di occupazione legittima non richiesta.
Avverso questa decisione i proprietari dei fondi oggetto dell’ampliamento cimiteriale propongono ricorso sulla base di tre motivi. Resiste con controricorso l’Amministrazione comunale che ha altresì proposto ricorso incidentale in ordine alle spese del giudizio di gravame. Resistono i ricorrenti con controricorso incidentale ed hanno altresì depositato memoria.
DIRITTO
Con i primi due motivi della proposta impugnazione i ricorrenti censurano la sentenza della corte territoriale che avrebbe violato l’art. 338 t.u. 1265-1934, il regolamento di polizia mortuaria, la normativa sulla valutazione del bene espropriato; la decisione della Corte territoriale sarebbe inoltre affetta da insufficiente motivazione su un punto decisivo, per aver ritenuto che l’intero fondo rientrasse nella zona di rispetto, da non potersi considerare agricola, tenuto conto del reale stato dei luoghi, quale emerge dalla perizia d’ufficio.
La questione che si pone all’esame del collegio è la rilevanza, ai fini della determinazione del valore di un suolo, del vincolo di inedificabilità, vincolo non derivante da piano urbanistico, né necessariamente preordinato o finalizzato ad una successiva espropriazione, ma scaturente da specifiche leggi che impongono siffatti vincoli per ragioni di interesse generale, quali appunto ragioni di sicurezza o di sanità pubblica. Si pensi all’art. 41 septies, della legge urbanistica, aggiunto dall’art. 19 della legge 765-1967 e al successivo D.M. 1.4.1968 nonché all’art. 9 della legge 24.7.1961 n. 729 (piano di nove costruzioni stradali ed autostradali) che fissano fasce di inedificabilità senza indennizzo di 60 metri dal ciglio stradale, se si tratti di un’autostrada, di 40 per strade di grande comunicazione, di 30 per strade di media importanza fino al limite di 20 metri per strade di interesse locale. Si pensi ai limiti di inedificabilità, senza indennizzo, per la presenza di strade ferrate (art. 235 l. 20.3.1865 numero 2248 all. F.), di aeroporti statali o privati aperti al traffico (artt. 714-717 cod. nav.), di servitù stabilite da leggi speciali (art. 46, co. 3 lege 25.6.1865 numero 2359). Lo stesso art. 338 T.U. 27.7.1934 n. 1265 della legge sanitaria, così come modificato dalle leggi 4.12.1956 n. 1428 e 17.10.1957 n. 983, al primo comma sancisce una fascia di rispetto di 200 metri, vietando di costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici o di ampliare quelli preesistenti. La stessa fascia di rispetto è ribadita e riconfermata dall’art. 57 del D.P.R. 21.10.1975 numero 803 che è il regolamento di polizia mortuaria, all’epoca vigente ed oggi sostituito dal D.P.R. 10 settembre 1990 n. 285.
Proprio in relazione a questi vincoli, che non derivano dalla programmazione e dalla pianificazione urbanistica, ma sono espressamente sanciti nell’interesse pubblico con leggi speciali che prevedono apposite fasce di inedificabilità, senza alcun indennizzo, la Corte Costituzionale, con sentenza del 22.6.1971 n. 133 ebbe a dichiarare la piena costituzionalità di queste normative e l’inesistenza di ogni contrasto con gli artt. 3 e 42 Cost.
Tanto premesso, poiché nel caso di specie il Comune di Altamura non si è avvalso della normale procedura espropriativa, ma ha lasciato scadere i termini dell’occupazione legittima, procedendo ugualmente all’ampliamento del cimitero, durante l’occupazione sine titulo, senza provvedere a far emettere il relativo decreto di esproprio, ritiene il collegio che il problema del valore del suolo, già facente parte della fascia di rispetto, debba risolversi in conformità di propri precedenti, in base ai quali il valore del suolo in questione, non può assolutamente valutarsi come edificatorio anche se nella zona esistono costruzioni illegittimamente realizzate (Cass. 1.8.1980 n. 4908) – stante il predetto vincolo assoluto di inedificabilità ex lege direttamente incidente sul valore del bene e non suscettibile di deroghe di fatto – ma neppure deve necessariamente valutarsi come agricolo, dovendo, invece, consentirsi alla parte di poter dimostrare, quando ne ricorrano le condizioni, che il valore agricolo del suolo sia mutato in conseguenza di una diversa destinazione dello stesso, ugualmente compatibile con la predetta non edificatorietà, come parcheggio, presenza di chioschi o di altre strutture mobili per la vendita di fiori o di altre merci (Cass. 25.2.1987 n. 1988; 16.3.1987 n. 2685).
La non edificatorietà del suolo destinato a fascia di rispetto cimiteriale discende direttamente dall’esistenza stessa del vincolo sancito in apposita legge per la tutela di interessi generali come sicurezza o sanità. Né vale in contrario rilevare, come pure si è tentato, che nell’ipotesi di ampliamento del cimitero comunale con occupazione delle precedenti fasce di rispetto, i suoli già privati e non edificabili, acquistando il carattere di demanialità necessaria propria del cimitero, in base al disposto del capoverso dell’art. 824 c.c., sarebbero suscettibili di eventuale attività edificatoria (loculi, nicchie, cappelle cimiteriali) da parte del Comune stesso o di privati su concessione dell’amministrazione comunale. Ed infatti è sufficiente considerare, secondo la giurisprudenza formatasi sulla norma frammento contenuta nel vecchio art. 39 legge 2359-1865, la preminenza del valore di mercato o commerciale del suolo rispetto a quello connesso alla sua condizione giuridica; e il valore commerciale tra privati, in una libera compravendita, se può certamente tener conto di un maggior o più inteso utilizzo del bene rispetto a quello agricolo per la destinazione parcheggio, a localizzazioni di strutture mobili, non è assolutamente scalfito dalla possibilità edificatoria rimessa non a qualsiasi privato ma al solo Comune e solo dopo che il suolo stesso sia divenuto parte integrante del cimitero e cioè del bene demaniale comunale ex art. 824 c.c., su cui i privati non possono vantare alcun diritto se non di tipo concessorio.
La riconosciuta inedificatorietà ex lege e la conseguente esclusione della valutabilità del bene come edificatorio non comporta, come pure si è sostenuto, che i suoli stessi, ricadenti nelle fasce di rispetto cimiteriale, debbano necessariamente qualificarsi e valutarsi come agricoli sol perché tertium non datur.
Da tempo infatti la giurisprudenza ritiene che i terreni obiettivamente suscettibili di sfruttamento per cava o per altre utilizzazioni, diverse da quella agricola pur senza raggiungere i livelli dell’edificatorietà abbiano una valutazione di mercato che rispecchia queste possibilità di utilizzazioni intermedie tra l’agricola e l’edificatoria, anche nell’attuale inerzia da parte del proprietario (Cass. 18.12.1980 n. 6550), con la precisazione che di siffatta utilizzazione intermedia la prova dev’essere comunque fornita dal privato il cui suolo è divenuto irreversibilmente parte integrante dell’opera pubblica.
Sgombrato il campo dalla possibilità di valutare la fascia di rispetto cimiteriale come suolo edificatorio, occorre ora stabilirne la profondità, in quanto come sostengono i ricorrenti, l’inedificabilità non riguarda l’intero porzione del fondo occupato.
Anche questa censura non è fondata. Ed infatti, i vincoli legali di inedificabilità non possono essere derogati dai piani urbanistici, e quindi, nella specie, dalla norma tecnica di attuazione dell’art. 32 del p.r.g. di Altamura. L’unica deroga possibile è quella prevista nella stessa legge che ha posto il vincolo e che richiede un apposito procedimento che garantisca con tempi e modi prefissati la ponderata valutazione dell’interesse pubblico. Ed infatti l’art. 338, 4 co. del t.u. della legge sanitaria, demanda al Prefetto il compito di autorizzare, sulla base di speciali situazione locali e sull’impossibilità di provvedere altrimenti, l’ampliamento dei cimiteri a meno di duecento metri dal centro abitati. Inoltre, il quinto comma dello stesso art. 338 sul punto modificato dall’art. 1 della legge 17.10.1957 n. 893, prevede espressamente una possibilità di riduzione della fascia di rispetto, ma richiede un provvedimento prefettizio di modifica, fondato su gravi e giustificati motivi e sull’inesistenza di controindicazioni igieniche, nonché subordinato ad una motivata richiesta del consiglio comunale deliberata a maggioranza assoluta dei consiglieri in carica ed al previo conforme parere del Consiglio provinciale di sanità. Come si evince dal contesto normativo, il delineato procedimento che assicura una corretta e ponderata valutazione del pubblico interesse è presupposto indispensabile per l’eventuale riduzione della fascia di rispetto. Non essendo stato provato l’esistenza del predetto provvedimento prefettizio, neppure aliunde attraverso l’espletata consulenza tecnica, e non essendo possibile, in un sistema di gerarchia delle fonti, come il nostro, che una tavola del piano regolatore o una norma di attuazione dello stesso piano regolatore possa derogare una disposizione di legge, anche questa parte della motivazione dei giudici di merito, correttamente argomentata, si sottrae ad ogni censura in questa sede. Infatti, al più il p.r.g., ove fosse stato adottato con una delibera del consiglio comunale a maggioranza assoluta dei consiglieri, potrebbe valere quale motivata richiesta del consiglio comunale, ma non potrebbe mai sostituirsi al provvedimento prefettizio che è l’unica possibilità di deroga prevista dalla legge con esclusione, pertanto, di ogni forma di automatismo. Infine il regolamento di polizia mortuaria del 21.10.1975 n. 803, all’art. 57, non modificato sul punto dal più recente d.p.r. 10.9.1990 numero 285 distingue tra fasce di rispetto di cimiteri preesistenti e fasce di rispetto di cimiteri dopo l’avvenuto ampliamento, ribadendo per i primi, che sono poi quelli che interessano la fattispecie, la puntuale applicazione del predetto art. 338 della legge sanitaria.
Applicando questi principi al caso di specie ne consegue che la sentenza della Corte barese relativa all’ampliamento del cimitero comunale mediante l’occupazione del suolo dei ricorrenti non merita le censure che le sono state mosse con la conseguenza che l’intera doglianza relativa ai due primi motivi, va respinta.
Con il terzo motivo del proposto ricorso si censura l’impugnata sentenza per violazione del principio della domanda nel senso che la Corte ha erroneamente ritenuto che vi fosse ultrapetizione ed ha negato l’indennità di occupazione legittima perché non richiesta né in citazione né nelle conclusioni. Infatti, secondo i ricorrenti nel giudizio di primo grado da parte degli istanti, fu integrata la domanda, nella prima udienza di trattazione del 26.10.1983, chiedendosi espressamente l’indennità per il periodo di occupazione legittima sulla quale il Comune avrebbe accettato il contraddittorio.
La censura non è fondata. Esattamente la Corte d’appello ha rilevato che l’indennità per l’occupazione legittima non risulta richiesta, né con la citazione introduttiva, né con le conclusioni rassegnate a verbale davanti al Tribunale. Ed infatti nonostante l’affermazione posta a fondamento del terzo motivo di ricorso di una richiesta, tra l’altro riportata tra virgolette, il collegio non ha rilevato proposta all’udienza del 26.10.1983, e cioè alla prima udienza di trattazione alcuna domanda integrativa di Morgese e Grimaldi, risultando in tal modo pienamente fondata e correttamente motivata la decisione della Corte territoriale.
Il rigetto del ricorso principale, comporta l’esame dell’unico motivo del ricorso incidentale da parte del Comune di Altamura relativo alle spese, con il quale si censura l’impugnata sentenza per la regolamentazione globale delle spese di primo e secondo grado per avere appunto stabilito la compensazione per metà delle spese del doppio grado.
La censura non è fondata. Ed infatti la Corte territoriale non ha affatto violato il principio secondo cui il carico delle spese non può gravare sulla parte totalmente vittoriosa, perché non ha liquidato solo le spese del gravame, ma avendo riformato la sentenza di primo grado che vedeva soccombente il Comune di Altamura ha dovuto riliquidare globalmente le spese di primo e di secondo grado ed ha ritenuto, ricorrendo i giusti motivi, di compensare per la metà le spese di entrambi i gradi, perché gli istanti senza il processo non avrebbero ottenuto il risarcimento del danno, sia pure in misura inferiore a quanto richiesto, non avendo il convenuto comune, dopo l’occupazione d’urgenza provveduto ad espletare la procedura espropriativa nei modi e nei tempi previsti dall’ordinamento.
Atteso l’esito del giudizio le spese che si liquidano come in dispositivo vanno poste a carico dei ricorrenti principali.
P.Q.M.
La Corte, riunisce i ricorsi e li rigetta entrambi.
Condanna i ricorrenti principali al pagamento delle spese processuali che liquida in lire 4.098.500, di cui 4.000.000 per onorario difensivo.
Così deciso in Roma addì 21.11.1990 nella camera di consiglio della prima sezione civile.

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