Quesito pubblicato su ISF2000/3-c

Il Comune di … ha ricevuto un’istanza per ottenere una nicchia da destinare alla tumulazione di resti mortali risultanti da normale esumazione. Quando è iniziata la realizzazione di tali nicchie, il Comune ha proceduto ad effettuare una prevendita. Il soggetto, che aveva proposto istanza, ha regolarmente versato l’acconto richiesto ed ha operato la scelta della nicchia. In un momento successivo lo stesso ha fatto rilevare all’operatore del cimitero che i resti mortali del congiunto non erano presenti nel deposito di attesa, nonostante il fatto che avesse dato mandato ad un’impresa funebre locale di collocarli in cassetta di zinco per la futura tumulazione. I resti mortali in questione non sono stati trovati; il Comune di … suppone che siano involontariamente stati dispersi in occasione delle normali dispersioni periodiche. Il soggetto ha sporto denuncia all’autorità giudiziaria, che ha aperto un’indagine. Il Comune di … chiede, in relazione al fatto narrato, quale tipo di conseguenze debba affrontare.

Risposta:
Per dare risposta al quesito posto, occorrerebbe qualche informazione ulteriore: – in primo luogo in relazione al ruolo svolto dall’impresa funebre locale nella vicenda: a quale titolo è intervenuta e quali atti ha posto in essere; – in secondo luogo in relazione alla forma con cui è stata posta l’istanza di conservazione dei resti ossei: è stata redatta in forma scritta, esiste agli atti del Comune, è stata trasmessa al custode del cimitero? In altre parole, una volta accertato che sono state rispettate tutte le formalità richieste, vale a dire la legittimazione di chi ha presentato l’istanza a compiere l’atto medesimo e la regolare trasmissione dello stesso agli organi comunali competenti, si può concludere che sussista una responsabilità del Comune, a titolo di risarcimento del danno, ai sensi dell’art.2049 del Codice Civile. Individuato poi il soggetto al quale il fatto è addebitabile, si configura il reato di cui all’art.328 del Codice Penale (Omissione o rifiuto di atti d’ufficio) solo nel caso in cui questi sia intenzionalmente venuto meno ai suoi doveri. Se il fatto è stato causato da semplice trascuratezza o indolenza (deve comunque esserci l’elemento soggettivo della colpa) sarà passibile di sanzioni amministrative. In osservanza con quanto disposto dall’art.107 del Regolamento di polizia mortuaria DPR 10 settembre 1990, n.285, al caso in esame, in quanto violazione dell’articolo 85 del medesimo regolamento, si applica l’art.358 del testo unico delle leggi sanitarie RD 27 luglio 1934, n.1265. Tale articolo dispone che: “I contravventori alle disposizioni del regolamento generale e a quelle dei regolamenti speciali da approvarsi con decreto reale sentito il Consiglio di Stato ed eventualmente occorrenti per l’esecuzione delle varie parti delle precedenti disposizioni, sono puniti, quando non siano applicabili pene prevedute nelle disposizioni medesime, con la sanzione amministrativa da lire tremilioni a lire diciottomilioni, salvo che il fatto costituisca reato”. La sanzione amministrativa prevista dall’art.358 cit. si configura come residuale, in quanto risulta applicabile solamente alle violazioni regolamentari che non costituiscano reato ed alle violazioni di norme regolamentari per le quali non è prevista una specifica sanzione. Si tenga presente che il Comune è tenuto al pagamento in solido della sanzione amministrativa con l’autore del fatto se questi è dipendente ed ha agito nell’esercizio delle sue funzioni. Sulla base delle precisazioni da Lei inviate, si ribadisce quanto asserito in precedenza, vale a dire: – la responsabilità diretta del dipendente; – la responsabilità civile del Comune per il danno provocato dal dipendente durante l’esercizio delle sue funzioni; – l’applicabilità della sanzione comminata dall’art.358 del RD 27 luglio 1934, n.1265, per le violazioni regolamentari che non costituiscano reato e che non siano dotate di specifica sanzione. Si aggiunga che, dai fatti narrati, si evidenzia un’ulteriore violazione regolamentare, commessa dal custode, quando ha tralasciato di annotare sul registro delle sepolture le vicende relative ai resti mortali ora dispersi. L’art.52 del DPR 10 settembre 1990, n.285, dispone che il responsabile del servizio di custodia debba annotare molto diligentemente tutti i movimenti in ordine alle salme, inumate ed esumate, tumulate ed estumulate, cremate, trasportate altrove, ecc. Anche qui si individua una violazione regolamentare sanzionabile ai sensi dell’art.358 citato. È da ritenersi, invece, irrilevante il ruolo svolto dall’impresa funebre: l’ordine, la vigilanza ed il buon andamento del cimitero non possono dipendere dal fatto che essa abbia o meno consegnato la cassetta di zinco! Pertanto la prassi da Voi seguita in ordine alla procedura che si conclude o con la tumulazione in nicchia ossario o con la dispersione in ossario comune appare non conforme alle disposizioni del regolamento di polizia mortuaria. Ora, se tali violazioni sono il frutto di operazioni compiute in conformità ad ordini e direttive impartite dal dirigente del servizio oppure sono state compiute in assenza di disposizioni da parte della medesima autorità, la responsabilità è da ascriversi a quest’ultima in quanto ha impartito ordini illegittimi oppure è rimasto inerte rispetto all’obbligo di organizzare e dirigere i suoi subalterni. Se, invece, chi ha materialmente agito non ha rispettato le direttive e gli ordini relativi alla procedura in esame, la responsabilità è sua e non del dirigente.

Norme correlate:
Art capo09 di Decreto Presidente Repubblica n. 285 del 90
Art capo22 di

Riferimenti:

Parole chiave:
CADAVERE-esumazione,CADAVERE-resti mortali,CADAVERE-tumulazione,CIMITERO-custodia,CRITERI COSTRUTTIVI_E_GESTIONALI-nicchie,VARI-sanzioni,VARI-reati


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