Privativa trasporto funebre

Domanda

Nei casi in cui sussiste ancora la privativa, è legittimo sostenere che per incaricato al trasporto (effettuato in Emilia Romagna) si debba intendere l'impresa di onoranze funebri a cui si commissiona il servizio?
E non l'impresa che materialmente lo svolge (stante le difficoltà da parte della prima nel determinare l'identità del defunto e l'uso di cofano appropriato, adeguatamente confezionato).

Risposta

La privativa, finché esistente, determina in capo al soggetto titolato l’obbligo di provvedere a tutte le incombenze connesse con il trasporto di cadavere.
Il trasporto di cadavere è presente nella sua definizione al comma 6 dell’art. 10 della L.R. Emilia Romagna n. 19/04.
Il comma 8 assegna la “verifica feretro” (comprensiva di identità defunto, osservanza norme per trasporto e sigillo) all’addetto al trasporto.
Questi è inequivocabilmente chi effettua il trasporto funebre e quindi, in caso di privativa, l’addetto al trasporto stesso.
Per svolgere il compito la L.R. 19/04 chiarisce che si deve lasciare aperto il cofano (per gli accertamenti, con visione delle autorizzazioni che accompagnano il feretro per la sua destinazione).
Dopo la sua chiusura (svolta da personale dell’impresa funebre, non sempre coincidente con chi effettua il trasporto) l’addetto al trasporto provvede alla sigillatura.
La stessa L.R. 19/04, all’art. 1, comma 3, lettera c), prevede che il trasporto di cadavere possa essere disgiunto dalla fornitura del feretro.
Anche in tal caso l’addetto al trasporto è distinto dal fornitore del cofano.
Si conclude specificando che l’attività di verifica feretro è analoga a quella svolta in passato da vigili sanitari, che erano nelle stesse condizioni dell’addetto al trasporto che non aveva confezionato il feretro.