Rinuncia affido ceneri: forma, natura dell’atto e competenze

Questo articolo è parte 1 di 7 nella serie affido urna cineraria

In primis, andrebbe considerato come poche leggi regionali, invero, prevedano indicazioni certe sulla “rinuncia” alla domiciliazione delle ceneri (o fattispecie simili). Alcune (ancora meno) considerano anche il caso (remoto?) del rinvenimento di urne (es.: a seguito del decesso del familiare affidatario).
Gli affidatari, come noto, (o anche i loro aventi causa, come ultima eventualità?) possono sempre rinunciare all’affidamento dell’urna.
Sulla relativa “trasmissibilità mortis causa” del titolo di affido si nutrono parecchie perplessità in diritto, proprio per la natura giuridica dell’atto di affido ceneri, che non pare, ad un’attenta analisi, riconducibile ad una semplice autorizzazione burocratica, tra quelle consuete della polizia mortuaria.
Esso, infatti, sorge primariamente intuitu personae, ossia è un provvedimento che scaturisce da un’Autorità promanante, ed a tempo illimitato, ma con particolar riguardo ad una determinata e particolare persona fisica, famigliare del de cuius.
Il decesso della persona affidataria, allora, solleva parecchi interrogativi, appunto su un improbabile subentro di terzi nell’intestazione del prefato atto di affido ceneri.
L’atto di affido è sì formato e rilasciato senza dubbio alcuno dal competente ufficio comunale (in genere quello di polizia mortuaria), ma produce effetti simili, sotto certi profili, ad un provvedimento (innominato?), non tanto di rimozione, nello specifico, di un limite/divieto di portata generale, bensì di valore “traslativo” (?) o, comunque ampliativo nella sfera giuridica di un privato, quasi fosse una concessione cimiteriale (si perdoni lo spericolato parallelismo con altro istituto molto praticato dagli operatori del diritto funerario).
L’autorizzazione in questione, a nostro avviso, è ancora a contenuto prettamente vincolato quanto alle persone legittimate ad ottenere l’affido secondo il principio di poziorità, quando il de cuius non abbia dimostrato inequivocabilmente altro suo volere, da eseguirsi postumo.
Ma quali diritti originano dalla predetta autorizzazione all’affido?
Si ha ragione di credere essa sia, quanto meno, costitutiva, perché istituisce una sorta di atipico jus sepulchri extra moenia, ossia presso un domicilio privato, e fuori del perimetro cimiteriale…di conseguenza.
Questa figura giuridica, relativamente nuova nel caleidoscopio dei diritti post mortem, se vista dalla prospettiva della Pubblica Amministrazione ii inquadra in modo perfetto con il disposto dell’art. 343, comma 2 TULLSS, quando prescrive “.. colombari privati che abbiano destinazione stabile e siano garantiti contro ogni profanazione …”.
Rinvenirebbe, allora, pieno fondamento l’ impostazione interpretativa sin qui esposta, anche se detta disposizione su cui fondare tutto l’assunto è, sul piano storico, risalente all’anno 1934, e quindi “di applicazione involontaria”, perchè del tutto precedente all’art. 3, n. 11, lett. e) (ultima prospettazione) della L. 130/2001 (e anche delle varie ll.RR. intervenute successivamente).
In effetti, l’ “affidamento ai familiari” si atteggia come si trattasse proprio di un diritto di sepolcro fuori dal cimitero, anche se sui generis (almeno alla luce dell’art. 340 TULLSS, che, per altro, sembrerebbe riguardare solo i cadaveri, o loro trasformazioni intermedie di stato, e non le sole ceneri.
Una simile, sottile, ma fondamentale differenza tra ossa e ceneri è stata più volte rilevata anche dalla Giurisprudenza, pure in epoche antecedenti la L. n. 130/2001.
Sia permesso osservare come questi istituti attengano sostanzialmente alla materia dell’”ordinamento civile”, per cui (art. 117 comma 2, lett. l) Cost.) non vi sarebbe competenza legislativa regionale (vizio di legittimità che nessuno sembra rilevare), anche se, nei fatti, le Regioni (anche quelle che non hanno considerato fattispecie di “rinuncia” e/o simili) si sono ampiamente sbizzarrite a regolare istituti corollario, rispetto alla cremazione, attorno alle destinazioni delle ceneri.
La rinuncia, quale atto solenne ed irrevocabile, dovrà essere espressa per scritto, meglio se dichiarando contestualmente la destinazione, questa volta finale e sicura delle ceneri, in ossequio al principio di stabilità delle sepolture.
La comunicazione è ufficialmente resa al Comune nelle forme semplificate contemplate per la presentazione di istanze e dichiarazioni alla pubblica amministrazione.
Sull’autenticazione della firma parrebbe sufficiente vi sia il richiamo all’art. 38 d.P.R. 28/12/2000, n. 445.
Siccome non si rinuncia a diritti reali, (sempre nel nostro ambito si veda la retrocessione di concessione cimiteriale) ma solo ad una facoltà personalissima (il privilegio – tecnicamente detto – di detenere in abitazione le ceneri di un proprio caro) non occorre obbligatoriamente all’assistenza di un Notaio.
In caso di affidamento a rotazione a più soggetti (è la soluzione più esiziale per le Amministrazioni Cittadine), la rinuncia di un soggetto non implica di default anche la retrocessione degli altri affidatari dal loro potenziale diritto di affido; esso non può esser inibito o compresso da una scelta, dopo tutto di ordine personalissimo.
Rinunciando alla custodia è, inoltre, diritto degli aventi titolo disporre la tumulazione o l’inumazione dell’urna negli appositi spazi e manufatti posti all’interno dei cimiteri, con oneri a proprio carico in conformità alle procedure vigenti. In mancanza le ceneri saranno deposte nel cinerario comune, per la loro conservazione/dispersione in forma anonima, indistinta e collettiva.
Ciò detto, la variazione del luogo di conservazione deve essere preventivamente comunicata al Comune, al fine di poter conseguire la necessaria autorizzazione al trasporto dell’urna cineraria per l’aggiornamento delle registrazioni, interne al circuito della polizia mortuaria (sostanzialmente: anagrafe mortuaria e catasto delle sepolture).
Si rimarca che, qualora si intenda rinunciare all’affidamento dell’urna, è possibile valutare il conferimento per la conservazione provvisoria in cimitero, sempre previa acquisizione dell’autorizzazione al trasporto da parte del Comune nel quale si trova l’urna affidata, che è quello di riferimento, dal punto di vista della competenza territoriale, per accettare formalmente la rinuncia, ed istruire tutto il necessario iter procedimentale volto ad ottenere il decreto di trasporto verso una nuova sepoltura (un ulteriore affido, ma a diversa persona?), forse questa volta più convenzionale, ma davvero definitiva.
Insomma: requiescant in pace!

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Written by:

Carlo Ballotta

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