Un genovese su due decide di farsi cremare. Negli ultimi cinque anni secondo i dati forniti dall´ufficio dei cimiteri del Comune, il 47% preferisce ricorrere alle urne cinerarie, anziché occupare tombe e lapidi, nelle silenziose necropoli. Una vera ascesa, tra il 2005 e il 2006 (800 euro la tariffa ministeriale) e un piccolo macabro record se si considerano anche gli «affidi» a quelle 150 famiglie che tengono il proprio estinto in casa dentro l´apposita cassetta.
In sostanza una significativa diversificazione tra le estreme dimore scelte post mortem che dà un po´ il senso a questo nuovo corso del lutto: il 30% resta tradizionalista, optando per l´inumazione in terra, i restanti in colombari e loculi. Un dato importante secondo la progettualità cimiteriale che in qualche modo alleggerisce i 36 campi santi della città (sei sono chiusi a nuove sepolture come Pianderlino e Murta) dove per trovare un posto tra gli 8300 defunti all´anno si presentano situazioni talvolta penosamente sorprendenti.
A questo proprosito Tursi sta pensando alla realizzazione di un´azienda speciale, «Siamo la città con più cimiteri in Italia, la sola gestione comunale – spiega l´assessore Gianfranco Tiezzi – non è sufficiente e adeguata.
Stiamo pensando al coinvolgimento di soggetti privati, un´azienda atipica essenzialmente comunale, ma più flessibile per creare nuovi loculi nei cimiteri più periferici e sveltire i tempi. Il problema è fare in modo che i defunti possano essere collocati più vicino possibile al luogo di residenza. Ci sarebbe anche meno incuria e trascuratezza, se uno frequentasse di più i cimiteri. Sarebbero tenuti meglio, solo che spesso sono lontani da chi deve raggiungerli. Nelle altre città sono più curati». L´obiettivo sarà quello che un nerviese non venga tumulato a Oregina, o che i sampiardarenesi non debbano finire a Bogliasco, il tutto con evidente disagio per i familiari (piccoli ampliamenti mirati riguarderanno i cimiteri di Voltri, San Giovanni Battista e Sestri).
A proposito dello stato dei cimiteri genovesi, c´è una sorta di categoria doc, di prima e di seconda fascia.
Detta così potrebbe sembrare un curioso controsenso, comunque è vero che non tutti sono sullo stesso livello, alcuni offrono servizi extra, altri sono autentici mortori, «Quelli di prima categoria come Staglieno, Castagna, Pini Storti, Nervi 3, in tutto sono undici e sono aperti e presidiati tutti i giorni», è lapidario Roberto Burchielli, responsabile servizi cimiteriali Tursi. «Gli altri come Fegino e Borzoli sono aperti solo due giorni alla settimana». Anche l´oscillazione dei prezzi varia a seconda della posizione e del livello «qualitativo» del campo santo: a Nervi in un´atmosfera di esclusiva eleganza, un colombaro al coperto in seconda fila in concessione per quarant´anni viene a costare 6.000 euro.
Dai 4.700 ai 5.200 mediamente si spende altrove, quelli meno cari, si fa per dire, sono i loculi più scomodi in settima, ottava fila, (3.000 euro), mentre per uno spazio all´aria aperta si arriva a sborsare 5.400 euro, dolore escluso. «L´altra nota dolente è la mancanza di ossari», spiega Burchielli. In giacenza tra Castagna, Torbella, Giovanni Battista e Pini Storti restano ad oggi oltre 1.200 cassette in attesa di una cripta, «Le smaltiremo al più presto».
Infine, nello scenario delle onoranze funebri, verrà disciplinata secondo recenti norme europee, una nuova figura specializzata in thanatocosmesi, una sorta di estetista-truccatore che interviene sul viso e le mani del defunto per fare in modo che si mantenga meglio visibile fino al giorno delle esequie.
fonte: La Repubblica cronaca di Genova