Faenza e Lugo: accaparramento di funerali in camera mortuaria ospedaliera, 30 indagati

I carabinieri del nucleo Investigativo di Ravenna assieme ai colleghi delle locali Compagnie hanno notificato stamane 16 ordinanze di misura cautelare nell’ambito di una indagine per una contestata associazione per delinquere che ha riguardato gli obitori di Lugo e Faenza, nel Ravennate.
Si tratta di:
custodia cautelare in carcere nei confronti di 1 dipendente A.S.L., addetto alla camera mortuaria di Faenza;
5 custodie cautelari agli arresti domiciliari nei confronti di 4 dipendenti A.S.L., addetti alle camere mortuarie di Faenza e Lugo e di 1 impresario funebre;
10 interdizioni inerenti al divieto temporaneo (10 – 12 mesi) di esercizio dell’attività professionale di impresa nei confronti di altrettanti titolari di onoranze funebri dell’area faentina e lughese.

L’inchiesta ha messo alla luce in particolare dipendenti Asl – infermieri nelle camere mortuarie – accusati ora di corruzione per avere presumibilmente indirizzato parenti di defunti a specifiche pompe funebri e avere provveduto alla vestizione delle salme in violazione alla specifica direttiva regionale del 2019 di gestione dei decessi ospedalieri.
In totale gli indagati a vario titolo sono più di trenta.
L’indagine è partita dalle segnalazioni delle ditte non coinvolte in questo sistema di corruzione, imprese che avevano visto diminuire il proprio giro di affari e che, presentando cifre maggiori, rischiavano di finire fuori mercato.
Un sistema che, si ipotizza, sarebbe iniziato a seguito del nuovo regolamento emesso nel 2019 che vietava lo svolgimento di certe mansioni da parte degli addetti degli obitori.
La prospettiva accusatoria ha stimato il giro di affari in circa € 100.000 l’anno, con un ricavo in nero, per ogni operatore sanitario, tra i 15.000 e 20.000 Euro.
Le imprese funebri invece, sempre secondo la prospettiva accusatoria, avevano dei risparmi nei costi di gestione, attraverso il sistema posto in essere tra il 50 e il 70%, nella considerazione che, per ogni vestizione, pagavano somme che variavano tra 30 e 60 Euro a fronte di 120 – 140 Euro che avrebbero diversamente dovuto pagare.

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