Bara

Nell’ordinamento italiano vige il principio, implicito e quindi fondativo, secondo cui tutti i cadaveri sono sempre trasportabili, naturalmente nei modi e tempi stabiliti dalla legge e dall’autorità competente a vigilare sull’azione di polizia mortuaria (l’AUSL secondo il DPR 285/90 il comune, invece,in alcune recenti riforme regionali sui servizi necroscopici, funebri e cimiteriali).

So consigli ala lettura di tre articoli sulla storia del cofano funebre, cliccando STORIA

Estratto dalla circolare Ministero della sanità n. 24 del 24/6/1993.

9. INDICAZIONI SU CARATTERISTICHE COSTRUTTIVE PER LE BARE. CAUTELE PER I TRASPORTI FUNEBRI OLTRE UNA CERTA DISTANZA. VALVOLE O ALTRI DISPOSITIVI PER FISSARE O NEUTRALIZZARE I GAS DI PUTREFAZIONE.

9.1. I materiali da impiegare per la costruzione dei contenitori atti al trasporto dei cadaveri devono assicurare la resistenza meccanica per il necessario supporto del corpo e l’impermeabilità del feretro (legno massiccio e lastra di zinco o piombo quando richiesta).

La cassa di legno può essere indifferentemente interna o esterna a quella metallica anche se per motivi estetici è invalso l’uso di disporla all’esterno.

La cassa metallica, deve essere ermeticamente chiusa mediante saldatura (è permessa oltre alla saldatura a fuoco anche quella a freddo) continua ed estesa su tutta la periferia della zona di contatto degli elementi da saldare.

.. omissis .. L’art. 30 del DPR 285/90 fornisce le specifiche tecniche da seguire per la costruzione della bara di legno. Il criterio base è che ogni parete, sia essa più o meno estesa, con funzioni di supporto o contenimento, deve essere costituita da tavole di un solo solo pezzo nel senso della lunghezza, saldamente congiunte con collante di sicura duratura presa. Nel senso della larghezza possono essere utilizzate più tavole secondo quanto indicato dall’art. 30. .. omissis ..

Per i trasporti da un comune ad un altro comune si usano criteri diversi per la confezione del feretro a seconda della distanza da compiere e ciò, indipendentemente dal tipo di sepoltura prescelta. Con l’art. 30 si è inteso stabilire in 100 km il discrimine fra l’uso di una sola cassa (di legno) o della doppia cassa (legno e metallo).

E’ richiesto che lo spessore minimo del legno, a fondo intaglio, dopo la lavorazione, sia di almeno 20 mm. se il trasporto al crematorio è inferiore a 100 Km. 25 mm. se il trasporto al crematorio supera i 100 Km.

I 100 km sono da intendersi come tragitto prevedibile, essendo alla partenza necessario verificare il tipo di feretro da usarsi.

La norma di cui all’art. 30/13 stabilisce l’impiego della sola cassa di legno se la distanza da coprire nel trasporto funebre è inferiore ai 100 km. Essa è pertanto da intendersi nel senso che non è da prevedere né il controferetro metallico, né la cerchiatura con le liste di lamiera di ferro di cui all’art. 30/11 del DPR 285/90. Oltre i 100 km, è d’obbligo la doppia cassa, anche se il feretro è destinato ad inumazione o cremazione. Quella in legno sarà di spessore minimo di 25 mm; quella di zinco di 0,660 mm e quella di piombo di 1,5 mm. Con successivi decreti ministeriali in attuazione dell’art. 31 del DPR 285/90 è stato consentito sostituire la cassa metallica con un involucro interno al cofano, di plastica biodegradabile, con speficiche autorizzate. .. omissis ..

La stessa procedura per trasporti oltre i 100 Km si applica sempre in caso di cadavere portatore di malattia infettivo diffusiva e per i trasporti internazionali da e verso Paesi non aderenti alla Convenzione Internazionale di Berlino.

Per i trasporti da e verso Paesi aderenti alla Convenzione Internazionale di Berlino le caratteristiche tecniche dei feretri sono dettate dall’articolato stesso della Convenzione.

Sotto i 100 km, viene usata una unica cassa solo se destinata ad inumazione o cremazione. Per la inumazione e la cremazione, se il trasporto è fuori del territorio del comune, si userà una cassa di spessore, comunque, non inferiore a 25 mm, La norma è pensata in quest’ottica: un trasporto fuori comune, anche se inferiore ai 100 KM, può risultare abbastanza lungo non tanto per la distanza effettiva, quanto per il tempo necessario (si pensi al traffico caotico delle grandi metropoli rispetto alle quali il cimitero si trova pur sempre all’estrema periferia, con la poco simpatica prospettiva, per il corteo funebre, di dover attraversare sia in uscita dal comune di partenza, sia in entrata di quello d’arrivo, interi quartieri).

Una bara più robusta, allora, offre qualche garanzia in più sulla tenuta del feretro.

E’, tuttavia, opportuno che per i cofani destinati all’inumazione o alla cremazione vengano realizzati gli spessori minimi consentiti ed essenze lignee tenere, facilmente degradabili. I regolamenti comunali di polizia mortuaria potrebbero contenere indicazioni più precise e ficcanti a riguardo, magari rese ancor più incisive dalla concreta minaccia di sanzioni amministrative.

Bisogna, però, considerare alcuni elementi di natura meramente operativa:

1) anche nei trasporti sotto ai 100 Km possono verificarsi fenomeni percolativi, che la sola cassa di legno non può trattenere, poichè i cadaveri possono esser interessati dai processi putrefattivi (produzione di gas e liquidi) già dopo poche ore dalla morte e dall’incassamento.

2) i tempi di attesa per la cremazione sono piuttosto lunghi e spesso i feretri debbono sostare anche diversi giorni in camera mortuaria, dove potrebbero formarsi odori nauseabondi o veri e propri rigagnoli di liquame cadaverico assolutamente antigienici.

Conviene sempre, allora, predisporre la cassa con un rivestimento interno (lenzuolino cosparso di polvere assorbente o dispositivo plastico ad effetto impermeabilizzante) proprio per neutralizzare eventuali miasmi o rilascio di liquidi.

La cassa di zinco esterna sortirebbe lo stesso risultato, ma con molte più criticità: essa infatti:

1) diventa pericolosa durante la movimentazione perchè di solito è priva di maniglie “portanti” e la lamiera è molto tagliente (il vero “imballo” per consistenza del materiale e spessori con cui trasportare una cadavere è pur sempre la bara lignea, mentre la controcassa metallica deve semplicemente garantire, nel tempo, la tenuta stagna.

2)Quando il feretro è pronto per la cremazione bisognerebbe comunque asportare la cassa di zinco, squarciandone il coperchio, con il rischio per i necrofori di ferirsi o di entrare accidentalmente in contatto con i liquami cadaverici che fuoriescono già dalla cassa di legno o si sono raccolti sul fondo di quella in lamiera.

3)Esteticamente la cassa di zinco esterna è piuttosto squallida ed in un funerale l’elemento principe è pur sempre la bara; questo aspetto, da non sottovalutare potrebbe inibire fortemente l’accesso alla pratica cremazionista.

4) E’ un rifiuto cimiteriale difficile da smaltire.

Ai termini di Legge s’intendono sostitutivi della cassa realizzata con nastro metallico, e saldata a fuoco o con equivalenti paste adesive, particolari cassoni di vetroresina o altro materiale facilmente disinfettabile, in cui deporre la bara di solo legno durante la sua movimentazione, essi sono in grado di garantire la perfetta ermeticità durante il trasporto proprio grazie a guarnizioni a tenuta stagna.

Rientra, benchè in senso lato, nel corretto confezionamento del feretro da avviare a cremazione, anche l’eventuale e preventiva rimozione del pace-maker.

Ad oggi non esiste nessun protocollo chiaro ed univoco, ma diversi impianti di cremazione chiedono espressamente l’asportazione dello stimolatore cardiaco, poichè esso, soprattutto se alimentato con batteria a nuclidi radioattivi, a contatto con il forte calore che si sviluppa durante la cremzione, potrebbe provocare improvvisi scoppi particolarmente dannosi per il rivestimento refrattario del forno.

Ai sensi della risoluzione del Ministero della Salute n. DGPREV-IV/6885/P/I.4.c.d.3 del 23.03.2004 per gli esiti da fenomeno cadvaerico di tipo trasformativo conservativo (cadaveri inconsunti provenienti da almeno 10 anni di inumazione o 20 anni di tumulazione) non occorre necessariamente la bara lignea richiesta per la movimentazione del cadaveri. Basterà anche un semplice contenitore rigido per reggere il peso del resto mortale e munito di coperchio così da celare la vista del suo pietoso contenuto ad eventuali passanti, curiosi o semplici frequentatori del cimitero.

Questi contenitori, come le normali bare, dovranno sempre esser identificabili riportando gli estremi anagrafici del de cuius In Emilia Romagna e Lombardia bastano Nome, Cognome e data di morte, mentre non è più obbligatoria quella di nascita.

Tali recipienti più “leggeri”, rispetto alla classica bara, potranno esser realizzati con materiali, diversi dal legno massello, facilmente combustibili ed ecologici come cellulosa, pasta di legno, cartone…

Anche per i cadaveri si stanno studiando soluzioni simili, il Ministero della Salute, infatti, con proprio Decreto del 14 aprile 2007 ha autorizzato la produzione di cofani in cellulosa con solo i bordi di legno per inumazione o cremazione.

62 thoughts on “Bara

  1. X Diego,

    la funzione fondamentale tra la nostra cassa funebre ed il casket/coffin americano è la stessa: cioè il contenimento del cadavere ai fini, principalmente del trasporto, ma anche in un secondo momento, differito nel tempo; si pensi alla pratica della tumulazione nei mausoleum (blocchi di colombari ricavati in edifici commemorativi costruiti e gestiti da soggetti privati) che lentamente si sta affermando anche negli Stati Uniti, seppur con modalità tecniche differenti rispetto all’esperienza italiana della tradizionale tumulazione stagna.

    Sotto il profilo costruttivo le differenze sono notevoli, per tipologia del materiali e criteri di realizzazione: in primo luogo la bara americana presenta forme più massicce e squadrate (oltreoceano non va di moda il cofano spallato) e soprattutto con il coperchio sdoppiato ed infulcrato nel corpo cassa attraverso un laborioso sistema di cerniere, mentre per la legge italiana le tavole lignee, nel senso della lunghezza debbono esser costituite da un unico pezzo. Anche negli States sono previsti cofani di metallo, ma lo scopo, massimamente estetico, è diverso, perché là i cadaveri vengono sottoposti a preventiva tanatoprassi e non c’è il bisogno del nastro di zinco a tenuta ermetica, per neutralizzare eventuali fenomeni percolativi…o meglio: feretri sigillati sono contemplati anche dalla normativa americana, ma attraverso apposite guarnizioni, molto più discrete e non evidenti saldature lungo la superficie di contatto tra cassa e coperchio, poi, per esser onesti, anche loro soffrono il problema del coffin leakage nelle tumulazioni, cioè del nostrano scoppio del feretro, anche diversi anni dopo la sepoltura. Poi si sa, l’America è il Paese dei paradossi: alcuni megalomani funerari, con il solito cattivo gusto prodotto dall’eccesso di $ nelle tasche, ordinano, su misura, cofani di pregiato titanio, materiale esotico e costosissimo impiegato, in larga scala, nell’industria bellica, aerospaziale e, di ricaduta, nei supertecnologici motori di Formula 1.

  2. X Anna,
    In buona sostanza si chiede se sia legale rimuovere il coperchio della bara prima di inserirla nella cella crematoria, magari per un “travaso” del cadavere in un nuovo contenitore.

    No, la risposta, tassativa e categorica è negativa, nel modo più assoluto, in quanto l’unico caso di lecita manomissione del feretro è contemplato, per espressa previsione del legislatore, dall’Art. 75 comma 2 e, di rimando, dall’Art. 86 comma 2 del Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria approvato con DPR 10 settembre 1990 n. 285 ed esso riguarda non la cremazione, bensì la sola inumazione dei feretri composti dalla duplice cassa lignea e metallica.

    La norma finale che disciplina questa fattispecie origina dal combinato disposto tra diverse disposizioni di differente rango, legislativo e regolamentare, ha, comunque, portata generale e vale, perciò, su tutto il territorio della Repubblica, non fosse altro perché il caso in esame ricade nell’Art. 349 Cod. Penale, poiché l’ordinamento penale ex Art. 117 comma 2 lett. L) Cost. non è in balia, per fortuna, dei “capricci” localistici di leggi e leggine regionali, essendo esso assoggettato alla sola potestà legislativa statale; e, tra l’altro, la applicazione della Legge Penale è obbligatoria entro i confini nazionali (Art. 3 Cod. Penale) senza distinzione alcuna tra i vari enti locali.

    In effetti, ai sensi dell’Art. 30 DPR n. 285/1990, il trasporto funebre dal luogo di confezionamento del feretro alla volta del crematorio può esser svolto solo con cassa debitamente CHIUSA e sigillata ex paragrafo 9.7 Circ. Min. 24 giugno 1993 n. 24, mentre ex Art. 80 comma 1 DPR n. 285/1990 il processo di combustione deve riguardare l’intero feretro (= cassa + cadavere), in quanto è vietato aprire il cofano funebre, violandone i sigilli, per rimuovere successivamente il corpo, anche per ovvie ragioni igienico-sanitarie e di tutela della salute pubblica. non si sottovaluti mai l’ Art. 349 Cod. Penale che ha, appunto (anche se ribadire il concetto è un’inutile tautologia) rilevanza penale!

  3. Vorrei sapere, visto che è così avvenuto, perché non si può aprire la bara prima che avvenga la cremazione! Varia da regione a regione o è una predisposizione generale?
    Grazie a chi vorrà rispondere!

  4. X Massimo,

    Il legislatore è pienamente consapevole che, nella cosiddetta tumulazione stagna, possono avvenire fatti, mai, invero, del tutto prevedibili, i quali determinano perdite di liquami e cattivi odori, e così, sulla scia dell’esperienza maturata dai cimiteri italiani nell’ultimo secolo, quando la tumulazione diviene pratica di massa, ha elaborato una serie di norme tecniche per contrastare questo aberrante fenomeno:

    1) partendo dalla cassa che è composta di 2 involucri rigidi (uno di legno e l’altro di metallo): artt. 30 e 77 D.P.R. 285/90;

    2) richiedendo un confezionamento particolare del feretro e cioè con l’inserimento tra la cassa di legno e quella di zinco di un materiale assorbente: art. 30 comma 2 D.P.R. 285/90; senza poi dimenticare l’impiego della valvola depuratrice, in sostituzione dell’inefficiente cerchiatura della bara con le reggette.

    3) prescrivendo la perfetta?impermeabilità ai liquidi e ai gas del loculo: art. 76 D.P.R. 285/90;

    4) garantendo l’inclinazione del piano di posa feretro nel loculo verso l’interno, per evitare percolazioni esterne.

    È quindi l’insieme di queste misure a ridurre gli effetti di una situazione che è da considerare in qualche modo, per quanto patologica, sempre possibile, soprattutto quando vi sia alternanza tra caldo e freddo, tra il loculo assolato e non, ecc.

    Un cittadino acquista delle forniture, una prestazione di regolare confezionamento da parte di una impresa funebre, inoltre paga la concessione di un loculo che deve essere stato realizzato secondo i parametri di legge, infine, sostiene l’onere di una tumulazione con relativo tamponamento a regola d’arte.

    Egli è il concessionario dell’uso di un manufatto e lo sversamento esterno (di liquidi e gas) è immediatamente a lui imputabile, salvo rivalsa di quest’ultimo su tutti i soggetti che hanno provveduto a somministrargli beni e servizi sopra menzionati.

    Se il comune o comunque il gestore del cimitero provvede anche al tamponamento del loculo il mio consiglio è di fornire il servizio di bonifica senza oneri per il cittadino, in quanto sarebbe agevole il ricorso all?Autorità giudiziaria per ottenere il rimborso delle spese avute, con in più quelle legali.

    Difatti in base all?articolo 76, comma 3 del D.P.R. 285/90, il loculo stagno (visto che è permesso anche quello aerato), deve essere realizzato in modo da essere impermeabile ai liquidi e ai gas, con costruzione realizzata dopo la entrata in vigore del D.P.R. 803/75.

    Pertanto il mancato rispetto della impermeabilità ai liquidi è imputabile a difetti costruttivi e, in ultima analisi all’ente concedente, non certo al concessionario, mentre più difficile è dimostrare la cattiva tenuta ermetica del feretro tumulato

    L’utilizzo di cofani con spessore inferiore al minimo di legge, o, che, per converso, eccedano la misura massima consentita, ai sensi del paragrafo 9.1 Circ. Min. n.24 del 24 giugno 1993, nonché il ricorso a materiali non biodegradabili in caso di inumazione, la mancanza della prescritta cassa metallica, quando occorrente, implicano la non ottemperanza rispettivamente agli articoli 30, 75 o 77 del D.P.R. 285/90; detti comportamenti antigiuridici sono punibili con sanzione amministrativa monetaria da applicare per ogni violazione pari a Euro 3098,76 ossia a Lire 6.000.000 del vecchio conio.

    Alcune imprese adottano questa politica della qualità totale: rispondono di eventuali rotture del feretro anche al di là del tempo massimo di garanzia previsto dal Codice Civile, proprio per preservare una buona immagine… magari regalando anche il cassone esterno di zinco per il cosiddetto rifascio ex Circ. Min. 31 luglio 1998 n. 10.

    L’acquisto di un cassone da avvolgimento, nell’economia generale di una ditta, non rappresenta certo una spesa da tracollo, al contrario può esser un gesto importante per mantenere e corroborare il rapporto di fiducia tra l’impresario e la sua potenziale clientela.

    Il messaggio negativo ed assolutamente ingiusto di un’impresa funebre che spaccia cofani di bassa qualità, tra l’altro illegali, potrebbe esser deleterio, soprattutto nel breve o medio periodo sino a quando non si sia fatta luce sulla vicenda.

    Post scriptum: Per i feretri tumulati eventuali irregolarità relative alla tenuta stagna sono più difficili da individuare siccome a volte, il feretro è interessato da fenomeni percolativi anche se si sono rispettate tutte le prescrizioni di Legge ed il “rifascio”proprio perché esterno non permette di esaminare spessori e qualità del nastro metallico o della saldatura.

  5. Ho letto tutte le risposte che lei ha correttamente dato agli utenti e le faccio davvero i complimenti per la competenza e disponibilità. Tutte le domande nascono dall idea , errata , che con la morte dell individuo tutto cessi: invece non e’ cosi . dopo la morte hanno inizio i fenomeni di decomposizione che sono biologicamente evolutivi per anni. A me e’ capitato la scorsa settimana un problema analogo a quello già descritto da altri: odore ripugnante dal loculo di mio padre deceduto a dicembre 2010. Dovremo in settimana procedere con la estumulazione e rifascio tutto a nostre spese.Ora le mie domande da non addetto ai lavori sono : se la ditta di pompe funebri non può garantire a vita sulla tenuta della cassa perché non si avvisano i parenti al momento del acquisto del rischio suddetto di modo la lasciare la scelta libera verso una eventuale cremazione? Se la cassa e’ fornita di valvola che si apre a 2 atmosfere di press e se è’ vero che i fenomeni di decomposizione procedono negli anni anche in virtù di cambi termici perché non si estende ” la garanzia” del prodotto – cassa- ad un tempo più lungo visto che si tratta di tessuti biologici contenuti all’ interno e non di un elettrodomestico? Noi parenti possiamo vigilare ed essere responsabili della corretta inclinazione del loculo al momento della costruz ma che colpa abbiamo se la cassa che non deve esplodere , invece per cause che non dipendono da noi esplode? Questo mi lascia solo pensare che il fenomeno sia tanto diffuso che le ditte di imprese funebri se estendessero la loro responsabilità ex lege anche ai casi di percolazione da scoppio di cassa si troverebbero a reintervenire in una percentuale discretamente alta di casi ; il tutto sarebbe per loro economicamente molto svantaggioso. I fenomeni corrosivi della cassa di zinco o lo scoppio nelle zone deboli sono eventi non prevedibili e come tale , se non prevenibili , da riparare a spese non nostre ma di chi ha confezionato la cassa. L’ esplosione della cassa non è’ prevista dal legislatore : allora credo sia necessario ritornare a legiferare in merito ai canoni di costruzione tecnica della cassa funeraria .grazie infinite

  6. X Claudio:

    Consiglio preliminarmente la consultazione di questo link: https://www.funerali.org/?p=581 dove potrà reperire tutte le informazioni necessarie.

    Ad ogni modo cercherò, qui di seguito di fornerLe alcune ulteriori indicazioni sui cosiddetti fenomeni percolativi nelle tumulazioni stagne.

    Secondo gli studi di una ditta, che si è specializzata nell’introduzione sul mercato funerario di un dispositivo per riparare all’eventuale perdita dei liquidi corporei dai cofani destinati alla tumulazione, la spoglia mortale umana in un soggetto adulto, indicativamente, contiene e sviluppa anche sino a 50 litri d’umori organici, naturalmente questo calcolo varia in base alla dimensione corporea.

    Quest’insieme di fluidi fisiologici infine, consiste, principalmente nella massa acquea, racchiusa all’interno dei diversi tessuti molli del corpo (muscoli, organi e strati di grasso).

    Dai risultati d’alcune stime mediche si suppone che, forse, oltre 75% del nostro peso corporeo sia da imputare alla presenza della sola acqua contenuta nell’organismo.

    Quando sopravviene la morte in un individuo si verifica un cambiamento del tutto insignificante nella quantità liquida trattenuta nei tessuti del corpo, a prescindere dai trattamenti conservativi cui la salma è sottoposta oppure dallo stato degenerativo post mortale che aggredisce la materia organica.

    Tutti i corpi, siano essi di persone ancora in vita, o di defunti, contengono determinati microrganismi aerobici, batteri anaerobici ed enzimi.

    I microbi cominciano ad attaccare, scomporre e digerire le strutture molecolari e proteiche che formano tessuti della salma immediatamente dopo il decesso.

    Secondo determinate circostanze, relative alla causa ed al tipo di morte, all’eventuale trattamento conservativo ed alla temperatura ambientale, questi enzimi e gli stessi acidi gastrici, combinati all’effetto degli agenti batterici, possono indurre anche un cadavere anche se sottoposto ad interventi antiputrefattivi, come, appunto la siringazione cavitaria con 500 cc. di formalina, ad entrare normalmente nella tumultuosa fase colliquativa della decomposizione cadaverica entro un tempo quantificabile nel lasso compreso tra i trenta giorni e tre mesi.

    Il corpo non imbalsamato, invece, può iniziare il processo di liquefazione spontanea anche dopo una sola settimana dalla celebrazione delle esequie e dalla conseguente sepoltura, quale che sia il metodo prescelto, ovvero tumulazione o semplice interramento.

    D’altra parte lo scoppio del feretro sepolto in nicchia muraria, sgradevole evento che spesso infesta i colombari, è strettamente collegato ai fenomeni putrefattivi di cui sopra, siccome si sviluppa parallelamente a quest’ultimi e può manifestarsi anche in tempi piuttosto diversi, dalle poche settimane sino ai due o tre anni,

    Quando un cadavere attraversa tale stato colliquativo gli organi cavi all’interno del torace, le viscere situate nell’addome e l’encefalo protetto dal cranio si trasformano in un liquame nerastro e pastoso dall’aspetto viscido e dall’odore acre, terribilmente ripugnante.

    In questo momento l’acqua, prima trattenuta nella fibra muscolare o nel tessuto grasso è completamente rilasciata all’esterno.

    Tutto il liquido d’imbalsamazione iniettato nel sistema circolatorio, costituito dalla rete di arterie e vene, esce dai vasi sanguigni che si sfaldano e viene riversato completamente fuori della propria sede naturale, soprattutto attraverso i principali orefizi, almeno nei primi momenti.

    Nel momento in cui si attua questo stato della decomposizione, tutti i liquidi organici si riversano sul fondo del cofano mortuario, costituito in molti casi da una vasca metallica.

    Liquami, balsami conservativi come il formolo ed il sangue residuo, contenuti nel comparto artero-venoso, sono rilasciati anche attraverso l’intera superficie corporea, a causa del disfacimento della pelle che, normalmente, mantiene i fluidi fisiologici all’interno del corpo durante la vita.

    La cute, in effetti, è resa umida e scivolosa dalla filtrazione del liquido siero-sanguinolento.

    Se per ipotesi si procedesse ad esumazione straordinaria di un feretro interrato oppure alla rimozione del coperchio in una cassa racchiusa in cella muraria parecchi mesi dopo la sepoltura o la tumulazione, con ogni probabilità si rinverrebbero da 10 – 25 galloni, oppure una quantità anche maggiore di liquami che ristagnano nella cassa lignea oppure depositati nel guscio impermeabile della controcassa metallica.

    La forte pressione esercitata dai gas putrefattivi provoca il sanguinamento di ferite, la perdita di materiale guasto dai diversi orefizi, il prolasso del retto e dell’utero, sino al rigurgito del contenuto gastrico dalla bocca.

    Quando questi disgustosi mutamenti, cui è sottoposto il corpo umano, dopo il decesso, si consumano nel sottosuolo, come accade in caso di sepoltura in fossa comune gli enzimi naturali ed il proliferare della attività batteriche non producono alcun impatto emotivo o effetto sgradevole nei visitatori del cimitero.

    Nessuno, infatti, avverte il lezzo nauseabondo l’odore dei fetidi miasmi e nessuno può osservare nel cadavere la rovinosa perdita di liquidi della decomposizione.

    Un corpo, invece, che liquefà all’interno del loculo in cui è stato deposto, oppure in un posto salma ricavato nelle nicchie di una cappella gentilizia è molto più esposto all’accidentale contatto con il pubblico, perché qualunque visitatore del camposanto potrebbe imbattersi nell’orribile spettacolo non solo visivo di un denso liquame nerastro che cola a terra insinuandosi nelle fessure della lapide .

    Le circostanze specifiche che possono favorire o direttamente causare il grave problema della percolazione di liquidi cadaverici all’esterno del tumulo sono:

    1. Temperature calde con forti escursione tra le diverse stagioni dell’anno;

    2. Loculo tamponato con chiusura impermeabile a gas e liquidi che non tiene conto della ventilazione interna al sepolcro,

    3. Cella muraria costruita con materiali, come, ad esempio, il cemento, che trattengono fortemente il calore.

    4. Mancata evaporazione dell’umidità prodotta dai miasmi della decomposizione,

    5. Inefficienza del necessario sistema di drenaggio per liquidi organici e fluidi d’imbalsamazione che facilmente fuoriescono tramite le brecce ricavate tra le assi o le pareti foderate di nastro metallico delle casse ormai corrose o marcite.

    I cosiddetti cofani sigillati a tenuta stagna una volta chiusi secondo le regole con cui sono stati progettati e confezionati possono esser assimilabili ad una sorta “di pentola a pressione” che racchiude perfettamente e senza nessuno scambio con l’esterno le spoglie mortali, conservate entro le pareti di lamiera della controcassa inossidabile.

    Così corpo può gonfiarsi a dismisura, tendersi allo spasimo sino all’esplosione del ventre e rilasciare dai diversi orefizi residui, frammenti di organi e tessuti che si depositeranno nel cofano o, nei frangenti più sfortunati, inizieranno ad insinuarsi nella cella muraria, sino a filtrare all’esterno della tomba.

    Occasionalmente, la suddetta situazione può provocare il fenomeno conosciuto senza troppe formalità o aulici giri di parole nel gergo dell’industria funeraria come esplosione del feretro.

    Lo scoppio è, principalmente, dovuto ad un’eccessiva accumulazione di pressioni elevatissime all’interno della bara sigillata.

    Quando questo gravissimo inconveniente accade, il cofano può davvero saltare in aria, nel senso più letterale del termine, liquidi e parti degli organi del corpo ormai disfatte si spargono e dilagano lungo tutta la superficie del forno.

    Tale evento nefasto può provocare il serio danneggiamento della tomba stessa; ovviamente il cofano e la spoglia mortale in esso contenuta subiranno l’estrema ingiuria di una grave compromissione che potrebbe condurre, addirittura, anche all’esplosione, nel cadavere, dei tessuti molli del ventre.

    Le sostanze liquefatte liberate da un corpo in decomposizione sono altamente volatili, se ragioniamo della loro composizione chimica, quindi tendono naturalmente ad evaporare se rimangono per lungo tempo al contatto con aria fresca ed asciutta.

    La loro forte componente silicea, però le rende, al contempo, molto corrosive.

    Gli acidi putrefattivi possono, in casi estremi, bucare la vasca metallica ed insinuarsi tra le assi del cofano ligneo prima di spargesi liberamente nel tumulo per poi fuoriuscire anche da quest’ultimo, persino molti anni dopo la tumulazione.

  7. ringrazio x la risposta avuta,volevo sapere se è normale che dopo quasi 16 anni chiuso nella cassa ci possano assere queste uscite di liquido.

  8. X Claudio:

    per reperire un’esauriente risposta al Suo quesito potrà proficuamente consultare il commento scritto dalla redazione e pubblicato in data 21 novembre 2009 sempre in fondo a questa pagina.

  9. volevo sapere se esiste una garanzia sulla bara e di quanti anni, visto che il mio problema è stata la fuori uscita di liquido dopo quasi 16 anni dalla morte di mio padre grazie.

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